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Guida al Milan 2019/20
28 ago 2019
Per arrivare al quarto posto i rossoneri si sono affidati alle idee di Giampaolo.
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15 min
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Piazzamento lo scorso campionato: 5°.

Statistica interessante: Suso è stato il secondo miglior giocatore dello scorso campionato per passaggi che hanno mandato al tiro un compagno (98), dietro al “Papu” Gómez (112). Al quarto posto c’era invece Hakan Calhanoglu con 84. Anche se hanno avuto una stagione ambigua, insomma, Suso e Calhanoglu si sono confermati tra i migliori creatori di occasioni della Serie A.

Chi in più: Rade Krunic (Empoli), Theo Hernández (Real Madrid), André Silva (Siviglia), Ismael Bennacer (Empoli), Rafael Leão (Lille), Léo Duarte (Flamengo).

Chi in meno: Tiémoué Bakayoko (Chelsea), Stefan Simic (Hajduk Spalato), Cristián Zapata (Genoa), Patrick Cutrone (Wolverhampton), Alessandro Plizzari (Livorno), Ignazio Abate (svincolato), José Mauri (svincolato), Andrea Bertolacci (svincolato), Riccardo Montolivo (svincolato).

Una stagione ricca di contraddizioni

L’anno scorso al Milan è mancato un solo punto per raggiungere il suo obiettivo, la qualificazione in Champions League. Una minuzia, che ha forse spinto a guardare l’ultima stagione - iniziata invece con grande entusiasmo, alla luce del mercato condotto in estate - con occhi troppo critici, aprendo la strada a una nuova rivoluzione.

Le delusioni sono state diverse: il mancato inserimento di Higuaín, l’eliminazione in Europa League in un girone agevole, la sconfitta contro la Juventus nella Supercoppa italiana, i due derby persi. Eppure non bisogna dimenticare che il quinto posto con 68 punti è il miglior risultato degli ultimi sei anni. Cioè, il Milan non era mai stato così competitivo da quando ha centrato per l’ultima volta la qualificazione in Champions League (il terzo posto con Massimiliano Allegri nel 2013).

Anche il livello del gioco è stato ambiguo. Tra le migliori sei del campionato, il Milan era la squadra con più difficoltà a creare e a segnare (55 gol, la cifra più bassa tra le prime sei in classifica), ma aveva raggiunto una solidità difensiva invidiabile: con 36 gol subiti la difesa rossonera è stata la terza del campionato, dietro la Juventus e l’Inter, e bisogna risalire a sette anni fa per trovare un dato migliore.

Ci sono poi stati infortuni gravi (quelli di Caldara, Biglia e Bonaventura) e problemi a inserire i nuovi acquisti (Higuaín, all’inizio Bakayoko), e Gennaro Gattuso ha dovuto cambiare diverse volte la struttura della squadra, mostrando una flessibilità insospettabile.

All’inizio si era limitato ad aggiungere Higuaín senza toccare gli equilibri raggiunti due stagioni fa dopo essere subentrato a Vincenzo Montella, poi con gli infortuni di Biglia e Bonaventura si è spostato verso un gioco più verticale, inserendo Bakayoko e provando a risolvere l’isolamento di Higuaín mettendogli a fianco Cutrone.

Quando gli sono mancati quasi tutti i difensori centrali, Gattuso ha spostato Abate al centro della difesa con buoni risultati e poi a gennaio ha assorbito la cessione di Higuaín inserendo subito Piatek e Paquetá, recuperando con quest’ultimo un po’ di qualità nel palleggio e trovando nel polacco un attaccante più adatto di Higuaín a un gioco più verticale, capace di restare lucido anche senza essere troppo coinvolto nella manovra.

Per i milanisti già nostalgici: un riassunto di tutto quello che è successo nella scorsa stagione.

Un’altra rivoluzione

Alla fine, però, la qualificazione in Champions League non è arrivata, e il fallimento dell’obiettivo stagionale ha suggerito al Milan di trovare un compromesso con la UEFA, patteggiando con l’esclusione dall’Europa League le violazioni del fair play finanziario fino al 2018.

Il Milan è quindi ripartito con un progetto tutto nuovo, con nuovi vertici societari (Paolo Maldini come direttore tecnico, Zvonimir Boban come Chief Football Officer e Frederic Massara come direttore sportivo), e un nuovo allenatore, Marco Giampaolo, che sta cambiando radicalmente il modo di giocare.

Dal mercato sono arrivati solo giocatori Under-23, con l’unica eccezione di Krunic, e solo a titolo definitivo. L’idea alla base è di ricostruire una rosa solida, con margini di crescita non solo tecnici, per garantirsi la stabilità economica attraverso gli scambi sul mercato, un aspetto essenziale per ogni società, e a maggior ragione per il Milan, che deve rientrare nei parametri previsti dal fair play finanziario.

Come detto, l'unico nuovo acquisto leggermente più avanti con l'età è stato Rade Krunic, che comunque deve ancora compiere 26 anni. Krunic è stato allenato da Giampaolo a Empoli, conosce già le richieste del suo gioco ma il suo inserimento è stato finora rallentato da qualche problema fisico. Dall’Empoli è arrivato anche Ismael Bennacer, che in estate ha vinto la Coppa d’Africa con la nazionale algerina ed è stato nominato miglior giocatore del torneo.

In difesa sono stati aggiunti Léo Duarte, centrale brasiliano comprato dal Flamengo, e Theo Hernández, preso dal Real Madrid dopo una stagione interlocutoria alla Real Sociedad. Le idee di Giampaolo hanno poi cambiato forma all’attacco. Patrick Cutrone è stato ceduto al Wolverhampton e dal Lille è arrivato Rafael Leão, 8 gol in Ligue 1 la scorsa stagione.

La questione Suso

Per diversi motivi, nessun nuovo acquisto è però riuscito a giocare con continuità nelle amichevoli precampionato, e anche per questo il Milan sembra ancora indietro nello sviluppo delle idee di Giampaolo. Ne ha parlato lo stesso allenatore in conferenza stampa prima dell’esordio in campionato contro l’Udinese: «Alcuni giocatori sono arrivati in ritardo. Solitamente in ritiro hai più tempo da dedicare agli aspetti tattici, adesso che inizia il campionato ne hai meno, e chi è arrivato tardi ha bisogno di più tempo».

Il mancato inserimento dei nuovi acquisti, e l’arrivo a preparazione iniziata di giocatori importanti come Kessié e Paquetá, ha rallentato l’elaborazione dei nuovi princìpi soprattutto a centrocampo, il reparto che più di tutti racchiude l’essenza del gioco di Giampaolo. Come l’Empoli e la Sampdoria, le ultime due squadre allenate da Giampaolo, anche il Milan inizialmente si è schierato col centrocampo a rombo, una scelta che ha aperto molte questioni.

Quella più discussa è stata l’adattabilità di Suso alla nuova posizione di trequartista. In certi aspetti Suso da trequartista ha perfettamente senso: ha una grande tecnica in spazi stretti ed è uno specialista dell’ultimo passaggio. Nel Milan non c’è forse un giocatore più bravo di Suso a girarsi sulla trequarti e a dare il passaggio in profondità agli attaccanti.

In altri aspetti, però, la sua trasformazione in trequartista è apparsa problematica. Negli anni Suso si è infatti abituato a ricevere a destra già rivolto, almeno parzialmente, verso la porta, e non è sembrato altrettanto a suo agio a ricevere spalle alla porta. Non sempre riesce a girarsi col primo tocco e a volte tende a farsi anticipare con troppa facilità dal suo marcatore. Inoltre, avendo accentrato per anni il gioco del Milan a destra, Suso deve convertirsi a un gioco più veloce, a pochi tocchi, rinunciando a trattenere la palla e a dirigere la manovra come quando giocava da esterno destro. Anche nei movimenti senza palla Suso non sembra poter garantire inserimenti negli spazi aperti dalle punte, e da trequartista deve partecipare alla fase difensiva in modo più intenso e continuo rispetto alle abitudini, avendo il compito di pressare il mediano avversario.

Insomma, la sua trasformazione in trequartista non è per niente scontata, e infatti, dopo la sconfitta contro l’Udinese alla prima giornata, Giampaolo ha lasciato intendere che potrebbe rinunciare al 4-3-1-2 per trovare soluzioni più adatte alle caratteristiche dei suoi giocatori offensivi. A partire dal ritorno al 4-3-3, restituendo Suso al suo ruolo sulla fascia destra, come è successo nei minuti finali della partita contro l’Udinese.

Eppure Giampaolo sembrava credere fortemente all’idea di fare di Suso un trequartista, gli aveva dedicato frasi piene di ammirazione («È un fuoriclasse, sono innamorato», aveva detto dopo l’amichevole contro il Manchester United), ma si era comunque lasciato un’alternativa ammettendo che per Suso avrebbe cambiato il sistema di gioco. Insomma, lo spagnolo continua a essere il giocatore più determinante per gli sviluppi tattici del Milan, ma non è l’unico a doversi adattare ai nuovi princìpi di gioco. Giampaolo ha detto infatti di voler disciplinare Paquetá e Leão, a suo avviso troppo istintivi.

Per il poco visto, però, Leão sembra un’alternativa al tipico sviluppo palleggiato della manovra. Alto, veloce, forte nei duelli con i difensori e capace di grandi spunti palla al piede, Leão può far guadagnare velocemente metri alla manovra in conduzione o facendo da riferimento sui lanci lunghi, ma non partecipa molto al gioco ed è poco lucido quando conclude. Si è presentato dicendo di voler fare tanti assist, ma è inevitabile che da lui ci si aspetti qualche gol, per non dipendere troppo da Piatek, soprattutto se non ci saranno altri acquisti in attacco.

Intanto un assist lo ha già dato a Borini contro il Feronikeli, facendo vedere di poter essere decisivo anche ricevendo largo sulla fascia.

Giampaolo considera invece Paquetá una mezzala, e forse intende utilizzare le sue qualità soprattutto per alzare il livello del palleggio in zone intermedie o a inizio azione. Abbassandosi sul centro-sinistra, Paquetá può infatti aiutare la risalita del campo se il regista viene marcato. Soprattutto se il terzino sinistro sarà Hernández, a Paquetá potrebbe essere chiesto di andare spesso a ricevere dai difensori per far avanzare la manovra. Hernández è infatti un terzino molto diverso da Rodríguez: contribuisce poco al primo possesso, e quindi carica la mezzala di maggiori responsabilità a inizio azione, ma è un riferimento in ampiezza e dà uno sbocco a sinistra che al gioco del Milan mancava da anni.

I problemi del centrocampo a rombo

La preparazione svolta in estate con una rosa incompleta ha però rallentato lo sviluppo di queste connessioni, e a Udine il Milan è apparso in ritardo in quasi ogni aspetto del gioco di Giampaolo, se si escludono i movimenti di reparto della difesa, già abbastanza attenta a tenere la linea, a muoversi seguendo la palla, ad accorciare per mantenere corta la squadra, anche se comunque la tenuta difensiva andrà valutata meglio contro avversari che non puntino ad attaccare quasi solo in transizione come l’Udinese.

Il palleggio tra le linee del centrocampo a rombo era spezzettato, lento, incapace di aprire lo schieramento avversario. Le connessioni tra chi si muoveva nei corridoi interni erano difficoltose: non hanno funzionato i movimenti ad aprirsi delle mezzali, che dovevano creare spazi per le ricezioni interne del trequartista (Suso), del regista (Calhanoglu) o di una punta che si muoveva in appoggio (Castillejo o Piatek).

Suso è rimasto scollegato e, quando riusciva a girarsi, non aveva compagni vicini con cui scambiare la palla: le punte erano lontane, dovendo dare profondità con i tagli dietro i centrali di fascia della difesa a tre dell’Udinese, e le mezzali restavano invece larghe alle sue spalle. Il Milan ha insistito col palleggio centrale, ha provato ad allargare il campo solo nei minuti finali, dopo che Suso era tornato sulla fascia destra, ma non ha mai tirato in porta.

Il Milan imposta con la difesa in linea, le mezzali partono larghe per facilitare le ricezioni interne ma Calhanoglu è schermato dagli attaccanti dell’Udinese e Suso è preso in mezzo da Jajalo e Troost-Ekong, mentre Piatek e Castillejo partono decentrati per tagliare dietro Becão e Samir. L’unico a muoversi verso la palla è Paquetá.

Anche i tempi del pressing erano incerti e il campo da difendere è così diventato troppo grande, soprattutto in ampiezza. Con i tre difensori e i due centrocampisti centrali, l’Udinese era in superiorità numerica a inizio azione e poteva consolidare il possesso, e tenendo larghi i due esterni aveva due riferimenti comodi da trovare, ricorrendo di continuo ai cambi di gioco. La squadra di Igor Tudor non ha creato pericoli manovrando da dietro ma ha avuto diverse occasioni per ripartire, ostacolando alla grande il palleggio centrale del Milan.

Il tridente del Milan non riesce ad aggredire il primo possesso avversario, Fofana e Pussetto si posizionano tra i centrocampisti rossoneri, bloccano le mezzali e creano spazi per le ricezioni degli esterni, ma sono pronti a tagliare dietro i terzini del Milan sullo sviluppo dell’azione.

Dopo una sola partita Giampaolo sembra quindi sul punto di abbandonare il centrocampo a rombo, e in questa rincorsa all’equilibrio tra le sue idee e le caratteristiche della rosa c’è il tema principale che definirà la stagione rossonera. La ricerca di un punto d’incontro non si limita comunque alla scelta di un sistema, ma va a toccare aspetti più profondi.

La manovra che vuole costruire Giampaolo ha bisogno di centrocampisti tecnici, abili a ricevere in spazi stretti, a giocare in velocità senza perdere precisione e a muoversi subito dopo per creare una nuova linea di passaggio. La composizione del centrocampo è però ancora incerta. Biglia si è adattato in fretta alle nuove idee ma tende a infortunarsi spesso, Bennacer dovrebbe giocare al suo posto davanti alla difesa, ma non è detto che non possa venire utilizzato da mezzala, il ruolo in cui ha brillato in Coppa d’Africa. Il suo spostamento, però, metterebbe in discussione Paquetá e Calhanoglu, che contro l’Udinese era addirittura il vertice basso del centrocampo.

Sarebbe comunque strano se Giampaolo rinunciasse a Kessié, che non è forse abbastanza tecnico per sostenere gli scambi veloci tra le linee avversarie, ma è indispensabile per aggiungere forza fisica a un reparto piuttosto leggero componendo, con Suso e Calabria, una catena collaudata in cui far scorrere la manovra, un aspetto fondamentale in caso di passaggio al 4-3-3. Anche Krunic potrebbe tornare utile, avendo già sperimentato i metodi di Giampaolo a Empoli, e resta da capire quali siano le condizioni di Bonaventura, che però ha giocato una mezz'ora di alto livello in amichevole contro il Feronikeli.

Alzare la qualità del possesso in zone intermedie è essenziale per coinvolgere di più gli attaccanti, e in particolare Piatek. È inevitabile che le difficoltà a portare avanti la palla si ripercuotano sul principale finalizzatore della squadra, anche perché Piatek non ha un bagaglio tecnico abbastanza complesso da costruirsi da solo le occasioni se i compagni non riescono a raggiungerlo.

Giampaolo ha detto che il suo numero 9 deve innanzitutto smaltire la fatica accumulata, ma già in passato ha faticato a coinvolgere i suoi attaccanti e a creare occasioni per loro. La Sampdoria ha concluso lo scorso campionato al 14.esimo posto per tiri da dentro l’area (241) e addirittura all’ultimo per tiri all’interno dell’area piccola (22). Gli attaccanti blucerchiati, e in particolare Quagliarella, hanno però reso oltre le aspettative, permettendo alla Samp di avere il quinto attacco del campionato (60 gol). Insomma, Piatek dovrà alzare di molto il suo livello se vorrà garantire un’efficienza simile per sostenere con i suoi gol le ambizioni del Milan.

Si è parlato molto del legame che unisce Giampaolo e Sarri e, ripercorrendo la storia di quest’ultimo a Napoli, è sorprendente la quantità di punti di contatto con l’attuale situazione in cui si trova Giampaolo. Nel suo primo anno a Napoli, anche Sarri aveva puntato sul 4-3-1-2, provando a trasformare in trequartista un esterno molto tecnico che non era a suo agio al centro del campo (Insigne), aveva iniziato male il campionato ed era passato velocemente al 4-3-3, riportando Insigne al suo vecchio ruolo e inaugurando uno dei progetti tattici più ambiziosi ed entusiasmanti degli ultimi anni.

Sono solo coincidenze e non dicono nulla sulla piega che prenderà la stagione del Milan, ma è un esempio di come si può trovare la strada giusta anche cambiando improvvisamente e sconfessando le scelte fatte durante la preparazione. Si dice che chi ben comincia è a metà dell’opera, ma anche da una brutta partenza si possono trovare i rimedi per migliorare in fretta le cose. È la sfida che attende ora Giampaolo.

Miglior scenario

Giampaolo risolve i dubbi e le questioni tattiche, costruisce una manovra spettacolare attorno alla sua catena destra, Suso domina e Piatek ritorna a segnare con la continuità a cui ci aveva abituato la scorsa stagione. I nuovi acquisti si inseriscono bene e alzano il livello della squadra, Bonaventura e Caldara non hanno infortuni gravi, tornano in forma e aggiungono alternative a centrocampo e in difesa. A fine campionato il Milan riesce finalmente a conquistare il quarto posto e torna in Champions League.

Peggior scenario

Alle prime difficoltà Giampaolo si perde e la squadra rigetta le sue idee. Il palleggio resta sterile, i gol non arrivano e gli errori in possesso innescano di continuo le ripartenze avversarie. A novembre la dirigenza pensa all’esonero dell’allenatore ma, con la stagione ormai compromessa e in mancanza di alternative, Giampaolo resta al suo posto e la squadra conclude il campionato in decima posizione. In estate si apre un nuovo ciclo, l’ennesimo.

Giocatore di cui avere la maglietta

Il Milan non ha una grande tradizione di giocatori algerini. Anzi, prima di Ismael Bennacer gli unici algerini a vestire la maglia rossonera sono stati Samir Beloufa e Djamel Mesbah, due comparse (anche se di Mesbah va ricordato un gol in tuffo di testa in Coppa Italia contro la Juventus). Se non siete scaramantici, la 4 rossonera a righe strette di Bennacer è una delle maglie più eleganti che potete comprare quest’anno.

Giocatore da prendere al fantacalcio

Se lo avete seguito nelle amichevoli precampionato e all’esordio in campionato a Udine, probabilmente vi starete chiedendo cosa sia successo a Krzysztof Piatek. Però Giampaolo ha detto che vuole cambiare sistema anche per mettere più a suo agio il suo numero 9, e non va dimenticato che negli anni alla Sampdoria l’attuale tecnico rossonero è riuscito a valorizzare quasi tutti i suoi attaccanti. Potrebbe riuscirci anche con Piatek, nonostante le premesse sembrino suggerire il contrario.

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