Con l'arrivo del "Master" di fine anno 2019 si chiude un decennio di tennis, almeno per quanto riguarda i tornei individuali di alto livello. E se le presenze di Federer, Nadal e Djokovic rappresentano l'ennesimo prolungamento della narrativa sulla forza e sulla longevità dei tre grandi campioni, per una volta - grazie alla qualificazione di quattro U-23 su otto giocatori totali - la stagione ha dato una sterzata alla tendenza che voleva il tennis come uno sport sempre più controllato dai trentenni.
Per il nostro paese si tratta di un'edizione storica, quella del ritorno di un italiano al Master dopo ben 41 anni. Ma se le posizioni ai piani alti di Medvedev, Zverev e Tsitsipas appaiono abbastanza consolidate - vista anche la relativamente brutta stagione del tedesco, che sta concludendo comunque al numero 7 del ranking - Matteo Berrettini sarà invece chiamato a dare qualche risposta i per trovare la continuità che possa permettergli di restare a lungo almeno nella top 10. Queste e altre le domande fondamentali da porsi per le Finals cominciate da un paio di giorni.
Il tennis ha finalmente imboccato la strada del ricambio generazionale?
Lo scorso anno a Londra si erano inizialmente qualificati 6 over 30 su 8 partecipanti: l'indisponibilità di Nadal e Del Potro aveva poi aperto le porta alle due riserve, cioè un altro over 30 - Isner - e un giocatore di 29 anni, Nishikori.
In questa stagione sono molti i fattori che hanno contribuito a rimescolare la geografia anagrafica del tennis di alto livello: gli infortuni di Anderson, Cilic, Isner, Del Potro e Nishikori principalmente, ma anche il fatto che i giovani che per primi davano l'impressione di poter cambiare le dinamiche del tennis del futuro abbiano completato almeno il terzo anno nel circuito, mettendosi alle spalle una sufficiente dose di esperienza che ormai sembra fondamentale per issarsi nelle prime posizioni, come visto anche da un giocatore sbalorditivo ma ancora altalenante come Felix Auger-Aliassime.
La spaventosa esplosione di Daniil Medvedev, vincitore di due Master 1000 e arrivato a un passo dal primo Slam nell'affascinante finale contro Nadal a New York, ha forse contribuito anche a dare una scossa agli altri due profili cresciuti più o meno in parallelo a lui, cioè Zverev e Tsitsipas. Forse non è un caso che nel primo Master 1000 dopo l'estate, a Shanghai, siano stati proprio questi ultimi due giocatori a trovare la forza per battere Federer e Djokovic.
Eppure forse solo Medvedev in questo momento sembra potersi rendere competitivo per vincere questa edizione delle ATP Finals e per sfidare ad armi pari il grande favorito, Novak Djokovic. Alexander Zverev è il detentore del titolo e nelle ultime settimane è apparso in crescita, specie nella risposta, un fondamentale che in passato lo metteva in crisi sul veloce, ma le sue prestazioni del dritto appaiono decisamente discontinue e lo mettono a repentaglio in un girone con Tsitsipas e soprattutto Nadal e Medvedev, che a Shanghai ha controllato il match contro Zverev come pochi altri. Una simile discontinuità si è vista anche da Tsitsipas, maltrattato a Basilea e a Parigi-Bercy da Federer e Djokovic rispettivamente, considerando inoltre che soprattutto dalla parte del rovescio Tsitsipas quest'anno - e non solo - ha mostrato più difficoltà sui campi veloci, come quello delle Finals, rispetto alla terra battuta.
L'incostanza di atteggiamento mentale di Zverev provoca differenze nella sicurezza e nell'aggressività con il dritto. In rosso i punti di impatto medi del dritto contro Federer a Shanghai: più avanzati di più di un metro rispetto a quelli delle precedenti sfide contro Chardy e Rublëv, partite dove il tedesco dovrebbe avere più sicurezza nel comandare il gioco soprattutto al servizio.
Ma se è vero, oltretutto, che i giovani tennisti sembrano aver dato una sterzata ai canoni tennistici, rendendosi ormai sempre più alti e potenti eppure anche molto elastici e rapidi nei movimenti, appare quasi paradossale che il maggior successo lo abbia ottenuto un tennista che per trovare la chiave del proprio gioco abbia invece puntato su armi classiche, come la capacità unica di assorbire e rallentare il ritmo del gioco, modellandolo a proprio piacimento quasi con sadismo, cioè Daniil Medvedev.
Novak Djokovic è battibile?
Non serviva la stupenda prestazione di ieri contro Berrettini per rendersi conto che Djokovic fosse l'uomo più in forma su questi campi e in questo periodo della stagione. La superficie delle ATP Finals - a detta di Paolo Lorenzi che a Londra ha fatto lo sparring partner di Berrettini - sembra più veloce di quanto ci si aspettasse. Questo fattore, che in linea teorica dovrebbe destare qualche preoccupazione in più a Djokovic, lo rassicura in un eventuale scontro diretto contro Nadal, mentre quello con Federer nel girone - nonostante le condizioni di gioco più favorevoli allo svizzero - in questo momento appare segnato da uno stato di forma costantemente latente dello svizzero. Forse in un'eventuale semifinale o finale contro Tsitsipas il greco potrebbe essere rinfrancato dal precedente favorevole sul campo veloce di Shanghai, ma in questo momento Djokovic sembra aver alzato l'asticella della concentrazione e dell'equilibrio mentale in vista della lotta con Nadal per la posizione numero 1 di fine anno.
Djokovic nelle ultime settimane sembra aver migliorato il servizio, apparso per alcuni tratti inattaccabile a Parigi-Bercy. Per questo motivo, in questo momento, Djokovic appare il giocatore decisamente più forte combinando le abilità al servizio e alla risposta, nei due colpi di inizio gioco, fondamentali nel tennis indoor. Anche se sembra aver perso qualcosa in materia di elasticità nelle spaccate e nella copertura laterale del campo rispetto a qualche anno fa, la superiorità con i colpi di inizio gioco e i progressi al servizio gli consentono ora di diminuire il lasso di tempo trascorso in fase difensiva.
La straordinaria precisione del servizio di Djokovic, soprattutto in quelli centrali "alla T", osservata in questo caso della finale di Parigi-Bercy contro Shapovalov ma che più in generale appare ulteriormente accresciuta nelle ultime settimane.
Come stanno Federer e Nadal?
La prestazione relativamente deludente di Roger Federer ieri sera contro Dominic Thiem - va sottolineato relativamente perché stiamo comunque parlando di un uomo di 38 anni e 3 mesi - non ha sorpreso più di tanto chi lo aveva visto di recente. I problemi che lo svizzero ha fatto vedere a Shanghai - non solo nella sconfitta contro Zverev ma anche ad esempio contro Goffin - nella mobilità dei piedi e nella rapidità e nella coordinazione nei colpi in anticipo, non solo con il rovescio ma anche con il dritto soprattutto in corsa, si sono visti lungo tutto l'arco del torneo di Basilea, mascherati dalla difficoltà di Tsitsipas di colpire il rovescio sulle superfici molto veloci e da quella di De Minaur di spingere le tante palle in back che Federer gli aveva proposto.
Thiem è migliorato sul veloce ma Federer ha sbagliato tante palle in allungo e la lentezza dei suoi piedi è stata decisiva quando, sul 5-5 in entrambi i set, la risposta profonda in anticipo di Thiem lo hanno più volte trovato impreparato in uscita dal servizio, causando in entrambi i casi il break fatale nel rispettivo set.
La risposta in anticipo di Thiem è particolarmente incisiva, ma Federer non sempre è stato lucido con i piedi ad affrontarla. Qui perde subito il comando dello scambio e alla lunga perde anche il duello sulla diagonale del rovescio, commettendo una delle sue stecche old style tornate spesso in auge di recente, purtroppo per lui.
Ma non è tanto la sconfitta in due set secchi a preoccupare Federer, ancora in corsa per la qualificazione anche in caso di probabile sconfitta contro Djokovic, visto che Berrettini ha la chance di battere Thiem. È lo stato di forma generale mostrato dallo svizzero, sconfitto per giunta da un tennista spesso in difficoltà sui campi molto veloci, a suggerire che non sembra questo l'anno per la sua settima affermazione in carriera nel Master.
Il suo rivale storico, Rafael Nadal, era apparso invece in ottima forma a Parigi-Bercy nonostante il matrimonio celebrato pochi giorni prima, ma subito messo da parte nella sua lista dei pensieri con il viaggio di nozze rinviato di qualche settimana. Prima della semifinale contro Shapovalov, tuttavia, Nadal aveva rimediato uno stiramento addominale che lo ha costretto al ritiro nel torneo francese e lo ha messo in dubbio per le Finals.
Col senno del poi Nadal forse è stato però sfortunato nel sorteggio: affronterà tre U-23 molto esplosivi al servizio. In teoria parte favorito contro tutti e tre, considerato anche quanto in passato più volte sia Tsitsipas che Medvedev abbiano testimoniato le loro grandi difficoltà nell'affrontare la palla di Nadal. Sarà anche interessante scoprire se Nadal e Medvedev saranno capaci di generare una nuova sfida ricca di varietà tecnica e tattica come nella finale degli US Open.
Daniil Medvedev è l'unica grande alternativa ai Big 3?
Al Master 1000 di Parigi-Bercy per Medvedev è arrivata la prima sconfitta dopo sette finali consecutive, un filotto che stava cominciando a preoccupare i suoi avversari, compresi i più blasonati. Non è un caso che la sconfitta sia arrivata contro Jeremy Chardy, un tennista che pur non essendo di primo livello ha una vasta esperienza, anche nel doppio - giusto quest'anno ha giocato e perso la finale al Roland Garros nella specialità.
In questo momento per battere Medvedev serve completezza tecnica, saggezza tattica e capacità ed esperienza nel gestire i vari momenti dello scambio e della partita. Non è un caso che il giocatore ad aver messo più in difficoltà Medvedev a Shanghai sia stato Fabio Fognini e che per ora la frontiera imbattibile sia Rafa Nadal.
Due punti che fotografano chiaramente lo studio accurato della partita di Chardy e le sue scelte vincenti.
La presenza di Zverev e Tsitsipas nel suo girone, due giocatori che oltretutto hanno qualche lacuna sul veloce, sembra rassicurare Medvedev sul passaggio del turno in semifinale. Medvedev sembra il più adatto a mettere in difficoltà Djokovic. Il gioco del russo per sua natura è portato a soffrire molto di più la varietà e i cambi di ritmo e di rotazione di Federer e Nadal, mentre un giocatore più lineare e che ha bisogno di un po' più di appoggio sulla palla come Djokovic può trovarsi alla lunga in difficoltà sulle continue palle piatte e anestetizzanti di Medvedev, che l'appoggio non lo concedono praticamente mai. Non è un caso che non solo nei precedenti quest'anno Medvedev abbia vinto due volte su tre, anche sulla terra a Montecarlo, ma che anche nel confronto in Australia - con Djokovic al top della forma e Medvedev ancora lontano dall'esplosione - il russo abbia messo in seria crisi il serbo nei primi due lunghi set.
In un loro eventuale confronto diretto Djokovic appare ancora favorito, anche in relazione al suo spaventoso stato di forma. Ma se c'è un tennista della nuova generazione che più di ogni altro è stato in grado di mettere in crisi l'egemonia dei Big 3 e lasciare una marcata sensazione di forza, questo è senza dubbio Medvedev, che già da ora - almeno sul cemento - parte favorito in ogni torneo alla pari dei Big 3.
Cosa aspettarsi da Berrettini senza rimanere scottati?
Non fasciamoci subito la testa: contro Djokovic Berrettini ha pagato la tassa emozionale da pagare al debutto e l'avversario peggiore per caratteristiche, livello, esperienza e stato di forma. Ora arriva lo scontro con Federer e poi ci sarà quello con Thiem, che sarà utile - anche in caso di sconfitta con lo svizzero - per provare a incamerare 200 punti importanti per sostenere il ranking nel prossimo anno.
L'impressione lasciata ieri è che la superficie delle Finals - così veloce - possa condizionare leggermente in negativo Berrettini nel rovescio d'impatto, apparso da sempre deficitario e lo stesso anche ieri, anche in situazioni comode. Eppure potrebbe favorirlo un po’ contro Thiem, battuto in due set a Shangai in condizioni simili.
L'attesa lunga 41 anni per ritrovare un italiano al Master ha giustamente caricato di aspettative l'evento, ma va sempre ricordato che non solo Berrettini è l'ultimo della lista, ma che solo da pochi mesi ha raggiunto un livello da top 10 e che quindi la sua competitività potrà essere non sempre all'altezza di un giocatore consolidato a quel livello, come visto anche contro Tsonga a Parigi-Bercy. In ogni caso Berrettini è stato forse la sorpresa dell'anno a livello mondiale (dovrebbe entrare in lizza per il premio ATP Most Improved Player of the Year, quello del giocatore più migliorato nell'anno) e non solo contribuisce giustamente a innalzare in Italia l’interesse per il tennis a livelli cosmici, insieme anche a Sinner fresco di vittoria alle Next Gen Finals, ma sembra seriamente candidato a dialogare alla pari con tutti quei giocatori, suoi coetanei, che da sempre vengono considerati dei predestinati.