«Gli appassionati di Serie B e Serie C si mettano l’animo in pace: i campionati non inizieranno prima di settembre». Con queste parole Nicola Binda, che si occupa del torneo cadetto sulla Gazzetta dello Sport, ha profetizzato la partenza in ritardo della seconda e della terza lega professionistica italiana. A cascata, probabilmente ci saranno ritardi anche per gli altri campionati. Un’altra estate di tribunali, ricorsi e controricorsi, aule, figli e figliastri, fino al giorno del giudizio, che sarà il 29 agosto, quando la B in teoria dovrebbe già essere arrivata alla terza giornata.
Niente di nuovo, forse, per noi appassionati di calcio italiano che ormai ci stiamo prendendo gusto ai campionati paralleli che si giocano nei tribunali. Sempre più abituati agli scandali e a un sistema spesso sull’orlo del collasso. Quello che sta succedendo però è forse straordinario persino per noi: forse è il più grande intrigo giudiziario nella storia della Serie B. Per tornare a una situazione di una portata paragonabile bisogna tornare al caso Catania, nell’estate del 2003, quando il calcio italiano venne rivoluzionato innescando un effetto domino che ha portato fino alla composizione a 20 squadre della Serie A odierna. Forse vale la pena ricordare quella pietra miliare della giustizia sportiva italiana.
In breve: Riccardo Gaucci, figlio di Luciano e presidente del Catania, chiese la vittoria a tavolino di un match pareggiato contro il Siena perché i bianconeri, fra l’altro vincitori del campionato, schieravano in campo Martinelli, un calciatore che non aveva mai scontato la squalifica presa contro il Cosenza nel match del 1° aprile. Non l’aveva scontata perché era stato schierato nel match della Primavera; da qui un effetto a valanga che permise di scoprire altre situazioni analoghe, un’estate fra TAR e Consigli di Stato fino alla decisione, molto salomonica ma anche molto italiana, di non far retrocedere nessuno e di allargare la Serie B da 20 a 24 squadre, con la Fiorentina al posto del Cosenza, dichiarato fallito. Ecco, questa è una sintesi estremamente stringata, ma sul caso Catania si potrebbe scrivere una tesi.
Oggi la rivoluzione dipende dalla situazione economica e delle strutture, inteso letteralmente come strutture, ovvero stadi, di due club di Serie B, ovvero la Reggina e il Lecco. La richiesta d’iscrizione al campionato dei calabresi è stata bocciata dalla Covisoc, l’organo di controllo delle società professionistiche, per ragioni di tipo economico; quella del Lecco, tornato in cadetteria dopo cinquant’anni, direttamente dalla stessa Lega B, per poi essere accettata dal Consiglio Federale e, pazzesco ma vero, nuovamente avversata dal Collegio di Garanzia del CONI, pur se indirettamente.
Ma conviene andare con ordine: oggi in Serie B ci sono soltanto 18 squadre.
Caso Reggina
Partiamo dal caso per così dire più semplice, quello della Reggina. Più semplice sulla carta, perché anche qui non ci sono particolari precedenti. La presidenza di Luca Gallo ha creato una voragine nei conti amaranto, tanto da costringerlo alla cessione a Felice Saladini, attualmente proprietario della squadra.
Nel dicembre 2022 la Reggina ha chiesto l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, concessa dal tribunale cittadino il 29 dello stesso mese con tempo limite di sessanta giorni, scaduti i quali lo stesso tribunale ne ha concessi ulteriori sessanta. A maggio gli amaranto hanno ricevuto l’ok per l’iscrizione al registro delle imprese, con immediato ricorso contrario di INAIL, INPS e Agenzia delle Entrate. Subito dopo il playout, è arrivata anche l’opposizione del Brescia. Il tutto fino al 12 giugno, quando il Tribunale di Reggio Calabria ha omologato l’iscrizione nelle società richiesta dagli amaranto e rigettato le opposizioni.
Anche la Lega B ha accolto la richiesta d’iscrizione della Reggina, che però non ha passato la mannaia della Covisoc. Il vulnus, in questo caso, è di tipo giudiziario: la norma che permette la ristrutturazione dei debiti è statale, mentre la Covisoc è un organo sportivo. C’è dunque una zona grigia nella quale, più o meno, vale tutto: finora i gradi di giudizio sportivo hanno respinto i ricorsi della Reggina, che adesso si appellerà al TAR (2 agosto) e al Consiglio di Stato (29 agosto). Le stesse due tappe che coinvolgeranno il Lecco.
Caso Lecco
Il caso Lecco è davvero unico, e di tipo completamente diverso da quello della Reggina. La Serie B ha delle norme molto stringenti in fatto di strutture, sia per quanto riguarda gli accessi sia per quanto riguarda i prati. Forse ricorderete Cosenza-Verona 0-3 a tavolino o l’assurdo manto erboso, o quello che era, di Lecce-Salernitana della stessa giornata, la seconda di Serie B 2018/19.
In questo caso, il Lecco, promosso in Serie B il 18 giugno scorso, non ha una struttura adeguata e deve presentare l’iscrizione alla cadetteria due giorni dopo: i lombardi trovano come campo di riserva l’Euganeo di Padova, ma l’autorizzazione da Questura e Prefettura della città veneta arriva il 21 giugno. La domanda d’iscrizione del Lecco viene bocciata perché la squadra di Foschi non ha uno stadio di riserva. O meglio: ce l’avrebbe, però i tempi della burocrazia gli hanno giocato contro e non ha fatto in tempo a registrarlo. Ovviamente il Lecco sapeva che il Rigamonti-Ceppi non sarebbe stato a norma per la Serie B, ma adeguare l’impianto alla cadetteria nel corso dei playoff sarebbe stato impossibile, così come chiedere tutte le verifiche per la verifica di uno stadio sostitutivo prima ancora di conoscere l’esito della finale contro il Foggia. Se c’è un problema, ed è evidente che ci sia, risiede nella rigidità delle tempistiche imposte dalla Lega B, che non ha contemplato la possibilità di una deroga a una società che, in due soli giorni, avrebbe dovuto ultimare l’intera iscrizione (18 giugno la finale, 20 giugno la scadenza delle iscrizioni alla B).
Fra l’altro, la società ha fatto soltanto iscrizione in Serie B e non quella alla Serie C, quindi in poche ore si materializza addirittura l’incubo di dover ripartire dai dilettanti.
La commissione infrastrutture, però, il 5 luglio dà ragione al Lecco; così il Consiglio Federale, al quale il Lecco fa ricorso per la prima esclusione, il 7 luglio dà ragione alla squadra bluceleste, che così torna in Serie B. Non ci sta però il Perugia, nell’ultima stagione di B retrocessa come terzultima e che, dunque, in ordine di riammissione, avrebbe preso il posto del Lecco, che presenta ricorso al Collegio di Garanzia del CONI. La risposta alla richiesta della squadra umbra, arrivata il 17 luglio, è favorevole, dunque i lombardi si ritrovano senza Serie B. Il tutto nel giro di un mese esatto, dal 18 giugno al 18 luglio.
Le pretendenti al trono
Come in Game of Thrones, ci sono quattro (più uno) pretendenti: il Brescia, retrocessa dopo il playout; il Perugia, terzultimo; la SPAL, penultima; il Benevento, ultimo; il Foggia, perdente dei playoff in finale contro il Lecco. La differenza fra le quattro è un’altra meravigliosa chicca giurisprudenziale molto semplice: in Serie B, in caso di mancata ammissione di una squadra al campionato, si varano prima le riammissioni delle squadre neo-retrocesse e, solo in subordine, i ripescaggi dalla Serie C. Dunque, l’ordine dovrebbe essere il seguente: Brescia, Perugia, SPAL, Benevento e Foggia.
Il punto all’ordine del giorno, però, riguarda proprio il Perugia, che ha fatto ricorso contro il Lecco per le infrastrutture senza avere le luci dello stadio Curi a norma per la cadetteria. Incredibile, no? Così la società di Santopadre ha chiesto all’Empoli di prendere in prestito delle lampadine per ricevere l’ok dalla commissione infrastrutture e dalla Lega B.
In Umbria i lavori sono partiti subito, ma nel frattempo è stata indicata come sede alternativa Benevento, mentre la SPAL, una volta venuta a conoscenza delle problematiche biancorosse, ha provveduto immediatamente a depositare domanda di riammissione, così come il Benevento, nella speranza che il Grifo non riesca a ottemperare alle richieste della Lega B o che il secondo torneo nazionale subisca un allargamento a più squadre.
Scusate, non è finita. A tutto questo andrebbe anche aggiunto che, il 25 maggio scorso, la Procura Federale ha aperto un’inchiesta sul gol di Kouan in Perugia-Benevento che ha permesso agli umbri di battere i sanniti e di finire così al terzultimo posto davanti alla SPAL per un solo punto (39 i biancorossi, 38 gli estensi). Forse vale la pena descrivere cosa è successo: il portiere del Benevento cede palla a Leverbe, che a sua volta la cede lentamente a un compagno il quale non vede arrivare Kouan che, a porta vuota, visto che il portiere è ancora lontano dai pali (nonostante abbia avuto il tempo di rientrare), realizza il gol vittoria che porta il Perugia al terzultimo posto. Insomma: si contesta la possibilità di un gol combinato.
Ora bisogna attendere gli esiti della giustizia ordinaria, dunque le risposte del Tar del Lazio (2 agosto) e del Consiglio di Stato (29 agosto). In caso di doppia bocciatura di Reggina e Lecco, allora sarebbero riammesse Brescia e Perugia. Se anche gli umbri non dovessero risultare a norma, spazio alla SPAL. E qui ci fermiamo: le ipotesi per la Serie B 2023/24, come i multiversi, possono essere infinite.