
Piazzamento lo scorso campionato: 8°
Chi in più: David de Gea, Marin Pongracic, Andrea Colpani, Moise Kean, Nicolas Valentini (da gennaio), Amir Richardson.
Chi in meno: Nikola Milenkovic, Gaetano Castrovilli, Alfred Duncan, Giacomo Bonaventura, M’Bala Nzola, Arthur Melo, Maxime Lopez, Andrea Belotti, Davide Faraoni.
Una statistica interessante dalla scorsa stagione: Con Vincenzo Italiano, la Fiorentina è stata una delle squadre della Serie A con il delta più ampio tra dominio del gioco e la sua trasformazione in occasioni da gol. Nonostante fosse la seconda squadra del nostro campionato per PPDA e la terza per possesso palla, la “Viola” era ampiamente sotto media per tiri effettuati entro cinque secondi da una palla recuperata nella metà campo avversaria (secondo StatsBomb: in totale 91, contro i 102 della media della Serie A) e solo sesta per tiri su azione (376, contro i 351 della media della Serie A).
Probabile formazione: (3-4-2-1) Terracciano; Quarta, Pongracic, Biraghi; Dodo, Parisi; Mandragora, Amrabat; Colpani, Sottil; Kean.
L’uscita di scena di Vincenzo Italiano ha lasciato a Firenze sensazioni ambivalenti. Da una parte l’idea che inevitabilmente si stia voltando pagina, con una squadra che sta già cambiando molto in questa sessione di mercato; dall’altra quella che si sia lasciato qualcosa in sospeso, che ci sia ancora un cerchio da chiudere. L’allenatore siciliano ha raggiunto risultati che la Fiorentina non vedeva da tempo - mai sotto l’ottavo posto in campionato, tre semifinali di Coppa Italia consecutive, due finali di Conference League - ma allo stesso tempo anche un senso di incompiutezza che è il risultato da una parte delle tre finali perse e dall’altra di un gioco dominante ma allo stesso tempo fragile e inconcludente. La statistica in cima a questa guida è solo una delle tante che si potrebbero citare in questo senso e che comunque non possono restituire il senso di frustrazione di una stagione che ha avuto picchi autodistruttivi tragicomici, e che si è chiusa con una finale persa per un gol subito al 116esimo dopo aver tirato quasi il triplo del proprio avversario e aver prodotto quasi il doppio dei suoi Expected Goals.
Forse era inevitabile, quindi, che la discussione intorno a Vincenzo Italiano si polarizzasse come effettivamente si è polarizzata. Era possibile gestire meglio, cioè con più moderazione, i momenti decisivi della stagione o senza la fede da setta religiosa che Italiano era riuscito a instillare nei suoi giocatori la Fiorentina, a quei momenti, non ci sarebbe nemmeno arrivata? È una discussione che, come sempre, gira intorno anche al reale valore della rosa, che è reale solo negli occhi di chi guarda. Davvero la Fiorentina era scarsa ed è stata portata oltre i propri limiti da Italiano o i suoi giocatori sono riusciti a fare gli straordinari nonostante un gioco estenuante e, in fin dei conti, inefficiente? Sono interrogativi che galleggiano nell’aria di Firenze da quando ci è arrivato l’allenatore siciliano e che riguardano soprattutto i due aspetti più frustranti dell’esperienza Fiorentina in questi anni: la difficoltà nel convertire le occasioni da gol e la fragilità difensiva che sembrava rispuntare dal dominio territoriale viola come un’erbaccia.
Per provare a trovargli risposta la società viola si è affidata all’allenatore italiano emergente che probabilmente ha fatto meglio negli ultimi anni: Raffaele Palladino. Arrivato sulla panchina della prima squadra del Monza come una toppa momentanea dopo l’esonero di Giovanni Stroppa, a metà settembre del 2022, Palladino ci ha messo poco a dimostrarsi come una delle notizie più liete del panorama tattico italiano. Un allenatore dai principi gasperiniani ma allo stesso tempo con un amore per il pallone e per le rotazioni atte a portarlo in area avversaria. Quasi un unicum tra gli adepti del tecnico di Grugliasco.
Con Palladino in panchina, il Monza si è presto affrancato dalla condizione di squadra neopromossa alla ricerca disperata della salvezza e ha acquisito uno status da ultima arrivata della classe media, che senza di lui non sarà facile mantenere. Al di là delle classifiche, che comunque l’hanno vista conquistare un ottimo undicesimo e dodicesimo posto, quello che stupiva della squadra di Palladino era la serenità con cui ha vissuto questa nuova dimensione da squadra che, senza retorica, poteva giocarsela davvero con tutti. Anche in una stagione meno brillante come quella appena passata, il Monza ha avuto statistiche sorprendenti per la sua rosa non di primo livello: il 53% di possesso palla medio (più di squadre come Torino, Atalanta e Juventus), l’85% di accuratezza di passaggio (meno solo di Inter, Napoli, Bologna e Milan), i 28.17 Expected Goals prodotti su azione (decimo miglior valore in Serie A). Numeri che valgono di meno di alcune partite che i tifosi brianzoli faranno molta fatica a dimenticare: l’1-0 rifilato alla Juventus pochi giorni dopo il suo arrivo in panchina; lo 0-2 inflitto di nuovo ai bianconeri questa volta allo Juventus Stadium; e poi, in questa stagione, la vittoria casalinga sul Milan per 4-2.
Adesso per Palladino, come si dice, arriva il difficile: ripetersi a un livello più alto - soprattutto di ambizione, aspettative e quindi pressione - con una squadra che sta cambiando pelle e che ha davanti una marea di partite da giocare. Appena arrivato, il tecnico napoletano è sembrato volersi aggrappare alle sue certezze. La totemica difesa a tre, le rotazioni tra "difensori laterali, centrocampisti esterni e trequarti alle spalle del centravanti” (come recita la sua tesi di Coverciano), i due trequartisti a combinare tra le linee. Uno in particolare: quello che più ha valorizzato nella sua esperienza a Monza, cioè Andrea Colpani, per cui la Fiorentina in tutto potrebbe arrivare a spendere circa 23 milioni di euro. «La nostra squadra deve saper giocare a calcio, deve voler divertire e comandare la partita. Vedo tanta positività nell'ambiente e questo mi lascia ben sperare», ha detto nella sua conferenza di presentazione.
Qualcosa del gioco di Palladino già si è visto nelle amichevoli estive, ma la vera Fiorentina inevitabilmente si vedrà tra qualche settimana, e non solo perché il calcio d’agosto vale quello che vale. Una buona parte delle fortune della nuova stagione passerà infatti dal mercato, che a pochi giorni dalla conclusione della sessione estiva presenta ancora molti nodi da sciogliere. Il più grosso è quello che lega tra loro le storie di Nico Gonzalez, pretoriano di Italiano che dovrebbe approdare alla Juventus, e di Albert Gudmundsson, uno dei talenti emergenti che più hanno brillato nell’ultima stagione di Serie A. Per cambiare pagina non ci sarebbe nulla di meglio per la Fiorentina. L’argentino è stato di gran lunga il giocatore più influente da un punto di vista offensivo nelle ultime stagioni (soprattutto l’ultima, dove ha segnato 14 gol in tutte le competizioni), ma, in un sistema che lascia l’ampiezza agli esterni a tutta fascia, la sua riconversione in un trequartista associativo che gioca in spazi stretti era obiettivamente un’incognita. Gudmundsson, da quando è in Italia, ha invece quasi sempre giocato con la difesa a tre e la sua prima stagione in Serie A lascia ben sperare: 16 gol e 5 assist per un rookie di una neopromossa non si vedevano dai tempi di Dybala a Palermo. Certo, che Gudmundsson sia un talento di livello è chiaro a tutti, e infatti pare che la vecchia volpe Beppe Marotta stia provando a far saltare l'affare.
La sostituzione di Nico Gonzalez con Gudmundsson è solo una delle tante incognite che ha portato e che probabilmente porterà questa sessione di calciomercato. Davanti, per risolvere la penuria tragicomica di prime punte delle scorse stagioni, la Fiorentina ha per esempio deciso di puntare le sue fiches su Moise Kean, che è praticamente l’incognita fatta attaccante. Da anni ormai Kean crea aspettative solo per deluderle e viene da una stagione in cui ha segnato zero gol e giocato meno di 700 minuti: Firenze sarà la città che ci regalerà finalmente la storia di rinascita che da tempo ci si attende da lui? Il sistema che sta costruendo Palladino, con due trequartisti molto ingombranti tra le linee a calamitare quasi tutti i palloni, potrebbe aiutarlo a concentrarsi su quello che sa fare meglio: attaccare la profondità, sfilare alle spalle dei difensori avversari e tirare in porta. Sul segnare vedremo. Nelle amichevoli pre-campionato Kean ha alternato errori marchiani sotto porta a bei gol.
Se volete concentrarvi sugli errori.
A centrocampo da definire saranno soprattutto le gerarchie. Finita l’era di alcuni protagonisti degli ultimi anni, come Gaetano Castrovilli e Giacomo Bonaventura, dal Viola Park invece non si è ancora mosso Sofyan Amrabat, che è tornato alla base dopo il deludente prestito al Manchester United. Su di lui i rumor continuano a ronzare come mosche, ma non è detto che alla fine non rimanga. Il giocatore marocchino, alla fine, era andato in Premier League perché si era affermato come uno dei migliori centrocampisti difensivi della Serie A, e la sua capacità di coprire porzioni di campo gigantesche - se non è scomparsa nel frattempo - potrebbe tornare molto utile per una squadra che promette di sbilanciarsi molto in avanti (forse del Monza di Palladino il dato che è passato più in sordina è quello degli Expected Goals subiti: 48.16, meglio solo di Salernitana, Sassuolo, Frosinone e Cagliari). In attesa di capire che fine farà Amrabat, la Fiorentina comunque ha fatto una scommessa interessante, bonificando al Reims nove milioni di euro per assicurarsi il cartellino di Amir Richardson. Mezzala slanciata dal primo controllo al velcro e il passo elegante, Richardson viene da una stagione abbastanza convincente in Francia dove ha fatto vedere prospettive interessanti. Ottima tecnica nello stretto, progressione notevole per l’altezza (quasi due metri), grande sensibilità tecnica nei cambi di gioco. Difficile che farà il titolare da subito ma la sua crescita è da seguire.
Dove c’è ancora molto lavoro da fare è invece in difesa, dove la Fiorentina sembra essere corta per poter sostenere una linea a tre sul lungo periodo. La società ha venduto il suo leader difensivo, Nikola Milenkovic, al Nottingham Forest forse un po’ troppo alla leggera, e ha deciso di sostituirlo con Marin Pongracic, che al Lecce ha dimostrato di essere un centrale di buon livello. Adesso però avrebbe bisogno almeno di un altro rinforzo. Al momento i centrali sono appena quattro, di cui uno è Pietro Comuzzo, diciannovenne arrivato dalla Primavera che ha esordito in prima squadra alla fine della scorsa stagione. A questi vanno aggiunti capitan Biraghi, che nelle amichevoli Palladino sta provando da “braccetto” di sinistra, e Nicolas Valentini, ventitreenne centrale argentino cresciuto nel Boca Juniors che però approderà in Italia solo a gennaio. Negli ultimi giorni è uscito il nome di Modibo Sagnan, centrale classe 1999 del Montpellier, ma è probabile che è una questione che si risolverà negli ultimi giorni di questa sessione di mercato.
Come detto, la solidità difensiva è una delle questioni intorno a cui girerà il successo della stagione della Fiorentina, e forse è per questo che, ancora prima del centrale, la società si sia mossa per prendere un altro portiere, nonostante Pietro Terracciano abbia avuto un’ottima stagione. A Firenze è arrivato il nome pesante di David de Gea, fermo da un anno per incomprensioni contrattuali con il Manchester United, e pochi giorni dopo Terracciano ha rinnovato il proprio contratto. Forse uno dei due dovrà ricoprire il ruolo mitologico del “portiere di coppa”, di sicuro non sarà una situazione facile da gestire nello spogliatoio per Palladino, che deve parte delle sue fortune finora all'esplosione inattesa di Michele Di Gregorio. Certo, se de Gea si confermasse ai livelli di qualche anno fa la Fiorentina potrebbe prendere più alla leggera la necessità di prendere un altro centrale, ma insomma è un grosso “se” (su cui nei giorni scorsi ha ragionato Marco D’Ottavi).
Miglior scenario possibile
Dalle prime partite si capisce subito che è cambiata aria. La Fiorentina domina il possesso ed è molto più sicura di sé, a volte sembra poter vincere le partite senza sforzo. L’isteria della gestione di Vincenzo Italiano sembra improvvisamente evaporata. Moise Kean supera quota dieci gol già a Natale («È il regalo più bello che potessi ricevere»), Colpani viene accostato ad Antognoni, De Gea diventa in poco tempo il miglior portiere della Serie A e si prende addirittura la fascia da capitano. La Fiorentina arriva alla primavera a ridosso della vetta della classifica, ma le sconfitte in tutti i gli scontri diretti ridimensionano la sua stagione comunque eccellente. Alla fine arriverà una buona semifinale di Conference League e un quinto posto che, per via dell’ottimo ranking UEFA italiano, significherà di nuovo Champions League, a 15 anni dall’ultima volta.
Peggior scenario possibile
La Fiorentina inizia con grande ambizione: sono ben nove i gol segnati nelle prime tre vittorie d’esordio contro Parma, Venezia e Monza, che si stringe nell’applauso al suo ex allenatore. Al ritorno dalla pausa per Nazionali iniziano però a vedersi le prime crepe. La Fiorentina subisce troppi gol, De Gea viene messo fuori squadra dopo essere stato fermato sbronzo alla guida della sua auto, Pongracic ha continui problemi muscolari e dietro deve giocare Comuzzo. A gennaio la squadra viola guarda pericolosamente da vicino la zona retrocessione e la società decide di dare una svolta richiamando Vincenzo Montella, esautorato dalla panchina della Turchia dopo che un colpo di stato ai danni di Erdogan ha cambiato le gerarchie nella federazione turca. Dopo l’entusiasmo iniziale, suggellata dalla vittoria contro la Juventus al Franchi con tripletta di Kean a smitragliare verso le tribune, la Fiorentina appassisce in una stagione grigia, chiusa al decimo posto.
Giocatore chiave
Nikola Milenkovic era il difensore che chiamava il fuorigioco, che riprendeva i compagni, che alzava il livello dell’attenzione: chi prenderà il suo posto adesso? Cristiano Biraghi, già capitano e leader dello spogliatoio, è chiamato a mostrare di essere all’altezza di una nuova versione di se stesso. Non solo grande crossatore e trasformatore di calci piazzati, ma anche difensore di spessore, in grado di tenere il timone nella tempesta. Se ce la farà lui, il futuro prossimo della Fiorentina di Palladino sembrerà più roseo.
Giocatore da prendere al Fantacalcio
Sì, ci sarà chi spererà nell’ennesima rinascita di Moise Kean. E sì, ci sarà anche chi vi rilancerà Colpani fino alla morte, facendovelo pagare il doppio o il triplo di quello che avevate pensato prima dell’asta. Martinez Quarta, dopo l’exploit dell’anno scorso, potete anche scordarvelo a prezzi contenuti. Se preferite un colpo più sotto traccia provate allora a prendere Fabiano Parisi che quest’anno, con Biraghi spostato al centro della difesa, dovrebbe vedere molto più il campo, e anche molto più in alto, se Palladino dovesse (come sembra probabile) confermare la linea a tre. Nonostante abbia giocato relativamente poco la scorsa stagione, e segnato ancora meno, Parisi ha messo insieme statistiche che fanno ben sperare: 1.51 dribbling riusciti per 90 minuti (più di chiunque altro nella Fiorentina), 0.67 tiri per 90 minuti (meno solo di Martinez Quarta tra i difensori viola), 0.08 xG assisted su azione per 90 minuti (meno solo di Sottil, Bonaventura, Kouamé e Barak).