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Guida alla Francia
11 giu 2024
Una Nazionale costretta a vincere.
(articolo)
10 min
(copertina)
IMAGO / NurPhoto
(copertina) IMAGO / NurPhoto
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L’ultima partita giocata in un Europeo, dalla Francia, è stata quella incredibile con la Svizzera, in cui un momento vincevano 3-1 e Pogba poteva mettersi a ballare come se fosse tutto finito, e quello dopo Mbappé, in una partita piena di errori, stava sbagliando il rigore decisivo per il passaggio del turno. La Francia arrivava a quell’Europeo (giocato nell’estate del 2021) da campione del mondo in carica e si è fatta eliminare agli ottavi peccando di superbia. Perché pensava di aver già vinto, che fosse il suo destino o che gli fosse dovuto.

Anche lo scorso Mondiale (giocato alla fine del 2022) la Francia è arrivata in finale come se questo genere di tornei fossero organizzati solo per farle mettere in mostra i suoi talenti migliori. In un certo senso, sembra proprio così: nessuna squadra più della Francia sembra realizzare l’utopia di un insieme di giocatori che vince perché, semplicemente, sono più forti, uno su uno, dei loro avversari. Eppure anche in Qatar, la Francia ha perso senza sapere bene come, dominata per più di un tempo da una squadra più squadra, più organizzata e anche individualmente più pronta, come l’Argentina.

La tripletta di Mbappé è arrivata come una dimostrazione tanto impressionante quanto frustrante e alla fine di quel torneo c’è chi ha iniziato a pretendere la testa di Didier Deschamps. Insomma possibile che non si possa giocare meglio con tutti questi giocatori forti a disposizione? Eppure, come il fantasma di Nick Quasi-Senza-Testa, un sottile lembo di pelle ha tenuto insieme il collo di Deschamps, che anzi è riuscito a strappare un rinnovo fino al 2026, prossima Coppa del Mondo compresa.

Dopo la delusione della finale con l’Argentina, la Francia è ripartita nelle qualificazioni europee battendo 4-0 l’Olanda.

Costretti a vincere

In questi mesi Deschamps non ha cambiato niente, se non formalmente. Rimescola moduli e posizioni dei singoli come se magicamente bastasse questo a creare connessioni o uno stile di gioco riconoscibile. La Francia ha vinto tutte le partite del suo girone di qualificazione tranne l’ultima, pareggiata 2-2 contro la Grecia, subendo appena 3 gol in totale. Eppure ha quasi sempre annoiato, come se fosse una questione di educazione non eccitarsi troppo e non far eccitare troppo gli spettatori.

Dato che le cose stanno sostanzialmente come un anno e mezzo fa, e come tre anni fa, le aspettative anche non sono cambiate: tutto ciò che non è alzare il trofeo sarà una delusione. Anche perché, appunto, la Francia non è mai stata, almeno per ora, una di quelle squadre che possono consolarsi di un risultato sfortunato pensando alla prestazione. La Francia deve vincere e nessuno si aspetta che lo faccia giocando bene.

C’è stato un tempo in cui la Nazionale di calcio rappresentava la parte più irrequieta e turbolenta della Francia, adesso nel suo essere sempre uguale a se stessa è forse l’unica cosa rassicurante di un Paese pieno di conflitti. Pochi giorni fa, mentre la squadra di Deschamps scendeva in campo a Bordeaux nella sua ultima amichevole contro il Canada, il primo canale della TV di Stato, TF1, non ha trasmesso il primo quarto d’ora, perché il Presidente della Repubblica Emmanuel Macron (battuto dall’estrema destra alle elezioni europee) stava annunciando lo scioglimento del Parlamento. Non che in campo stesse succedendo chissà cosa, per carità.

Quell’amichevole poi è finita 0-0. La Francia ha avuto le sue due occasioni migliori proprio mentre Macron parlava, a dire il vero, ma alla fine la prestazione è stata così opaca che l’Equipe il giorno dopo ha parlato di “una triste Francia”, forse anche con qualche allusione politica. La Francia, hanno scritto, “è stata tenuta in scacco e ha persino tremato davanti alla 47esima nazionale della classifica FIFA”, con un po’ di ingiusta approssimazione, specie se si considera che era appena la seconda partita di Jesse Marsch sulla panchina del Canada.

Il più forte campanello d’allarme arrivato alle orecchie di Deschamps è la sconfitta in amichevole con la Germania.

È bastato perdere due amichevoli con la Germania (l’ultima volta lo scorso marzo) e non vincere tutte le altre partite come contro Gibilterra lo scorso novembre (in cui lo scarto finale è stato di 14-0) che la squadra più forte al mondo ha iniziato a respirare aria di pessimismo. Va aggiunto, come nota di colore, che parte dei francesi è solita seguire la Nazionale solo da un certo punto in poi, aggiungendosi in corsa al tifo, come se fosse un trenino a una festa di capodanno, dando letteralmente per scontato che la Francia arrivi almeno tra le prime quattro. Altrimenti, secondo alcuni, non merita neanche di essere tifata. Se in Italia abbiamo un livello di pessimismo che arriva fino quasi al gufarsi da soli, in Francia hanno questa roba qua.

Tutto questo serva più che altro per rendere il contesto con cui la Nazionale francese si appresta a cominciare il torneo, affrontando all’esordio una squadra organizzata e aggressiva come l’Austria, sulla carta perfetta per metterla in difficoltà.

No Mbappé, no party

Come detto, Deschamps ha provato varie formazioni. Ammettendo, però, pochi giorni fa, che «la Francia, con o senza Kylian, cambia sul piano delle posizioni e rispetto a quello che è capace di fare». Dopotutto la più grande differenza è questa: quando Mbappé non è in campo la Francia è una squadra magari forte, con picchi tecnici e atletici notevoli, ma non incredibile, un caminetto pieno di legna e carta di giornale a cui manca la scintilla per accendere il fuoco.

Non è un caso che con la Grecia e con il Canada, Mbappé non fosse tra i titolari, così come nell’amichevole di settembre persa 2-1 con la Germania. In quella di marzo, persa 2-0, a mancare è stato invece Griezmann, l’altro bilancino della Francia, il vero equilibratore e regista offensivo della squadra.

Il modulo di base dovrebbe essere il 4-3-3, che però con Griezmann può diventare 4-4-2 o 4-2-3-1. Rispetto al passato c’è maggiore fluidità per via dell’influenza accresciuta di Dembélé, che salvo cambiamenti dell’ultimo secondo sarà titolare a destra come lo scorso Mondiale. Quindi: un centravanti (probabilmente Giroud, capocannoniere all-time della Nazionale francese, che ha annunciato il ritiro internazionale dopo l’Europeo), Mbappé a sinistra ma sostanzialmente libero di andare dove vuole senza preoccuparsi della fase difensiva, Dembélé a destra e Griezmann mezzala oppure trequartista.

Salvo mettere Griezmann a destra al posto di Dembélé per recuperare un terzo centrocampista, come Deschamps potrebbe decidere di fare nelle partite più difficili, o giocare senza un vero centravanti (questo più difficile), i posti in mezzo al campo sono appena due.

Uno sarà quasi certamente preso da N’Golo Kanté, che Deschamps ha convocato in Nazionale dopo un’assenza lunga due anni, anche se nel frattempo è finito a giocare in Arabia Saudita. Kanté serve a dare equilibrio difensivo a una squadra che altrimenti soffre ad ogni palla persa, o quasi. Contro il Canada, per dire, Kanté ha recuperato 7 palle e sembra godere di ottima forma. Se possibile, per quanto conservatrice e passatista, questa di Deschamps sembra essere stata una mossa furba.

La partita del ritorno di Kanté, contro il Lussemburgo.

Sappiamo, poi, della passione del tecnico francese per Adrien Rabiot, che dovrebbe occupare l’altra casella alla sinistra di Kanté, ma c’è una piccola possibilità che Deschamps possa preferire uno tra Camavinga e Fofana (mentre Tchouameni non ha giocato da quando è tornato Kanté e sembra forse destinato a fare il suo vice). Si tratta non solo di coprire molto campo ma anche di aiutare la difesa a far avanzare il pallone, cosa non evidente per la Francia, specie sotto pressione.

La mancanza di movimenti fluidi e smarcamenti (dal centrocampo in su vogliono tutti la palla sui piedi) fa ricadere quasi interamente la responsabilità sulla tecnica dei centrali difensivi e dei terzini. E di Maignan, che ha sostituito Lloris dopo il ritiro dalla Nazionale.

Nel caso in cui Deschamps voglia aggiungere un terzo centrocampista aumenterebbero anche le chance di Zaire-Emery di vedere il campo, mentre in avanti Coman e Barcola dovranno prendersi gli avanzi dei due esterni titolari, da usare in corsa come il jolly Kolo-Muani utilizzato (come anche Thuram) sia al centro che a sinistra.

Il principale difetto: la passività difensiva

Forse la scelta più discutibile di Deschamps riguarda il centro della difesa, dove per la prima volta in un grande torneo non avrà a disposizione Varane. Il CT francese sembra preferire Upamecano a Saliba, anche se le rispettive stagioni indicherebbero di invertire l’ordine della gerarchia. Indiscutibile, salvo problemi fisici, dovrebbe essere la titolarità di Ibrahima Konaté, anche lui reduce da una stagione non brillantissima con il Liverpool; ma anche se ci si concentra molto sulle differenze individuali dei tre centrali francesi (a cui va aggiunto Pavard, in caso utile anche in quella posizione) i veri problemi difensivi della Francia derivano dall’atteggiamento tattico.

Di recente Konaté ha detto che la Francia si adatta agli avversari, che è sempre andato bene così e non c’è bisogno di cambiare un sistema che funziona. La finale Mondiale però ha dato un segnale totalmente opposto, mostrando una Francia incapace di leggere la mossa di Scaloni, che piazzò Di Maria dalla parte di Koundé, totalmente in balia dei suoi avversari.

In realtà la Francia è una squadra quasi sempre passiva, che ha la meglio individualmente anche in difesa, ma che quando prova ad alzare il livello della propria aggressività mostra scarsa organizzazione e preparazione, allungandosi e lasciando molto spazio tra i reparti. L’incapacità di pressare collettivamente, poi, costringe anche difensori solitamente aggressivi, molto più efficaci quando devono difendere in avanti, a correre all’indietro verso la propria porta: la ricetta perfetta per causare errori individuali.

Anche quando si abbassa la Francia non dimostra di poter difendere posizionalmente, gli avversari trovano facilmente spazi in cui infilarsi, soprattutto alle spalle dei terzini.

Vedere per credere il primo gol subito in amichevole con il Cile.

Deschamps ha sempre insistito che i terzini devono anzitutto difendere, ma anche qui il problema non è l’applicazione di Theo Hernandez, che comunque è meno offensivo rispetto a quando gioca con il Milan (volendo essere ancora più prudenti ci sarebbe Mendy), o i limiti di Koundé quanto piuttosto la difficoltà a tenere corta e stretta la squadra. A destra potrebbe giocare anche Pavard, che in passato, in quella posizione, ha mostrato qualche lacuna difensiva (e nel frattempo non è certo ringiovanito); oppure Jonathan Clauss, una soluzione più offensiva. Chissà che i raddoppi di Kanté non siano sufficienti a tamponare qualche buco.

Insomma se davanti la Francia dipende dall’iniziativa di giocatori con un potenziale stratosferico, che possono anche non associarsi per funzionare (tranne, ovviamente, Grizou, che ha bisogno di creare rapporti virtuosi in giro per il campo per dare il proprio meglio), dietro l’impressione è che i cani da guardia di Deschamps abbiano il guinzaglio sempre troppo corto.

La difesa francese sembra spesso sorprendentemente in bambola, passiva anche quando c’è da prendere contatto con l’avversario, forse anche per paura di commettere un errore che potrebbe costargli qualche brutto titolo di giornale e magari la panchina, visto che DD non è il tipo di allenatore che perdona facilmente.

Ci saranno novità?

La Francia deve quanto meno arrivare in finale. È il minimo sindacale richiesto, ma non sarebbe male, anche, se desse segni di una maggiore sintonia, se quei giocatori straordinari si divertissero un po’ di più giocando a calcio insieme. Tolti il redivivo Kanté e Griezmann, che prima o poi dovrà essere sostituito (ma per ora resta il giocatore più importante della Francia), parliamo di una squadra ancora giovane e con del potenziale ancora inesplorato.

Deschamps deve gestire l’ingresso in squadra di giocatori come Camavinga, Barcola e Zaire-Emery. Un ingresso graduale quanto si vuole, che però dovrà esserci prima o poi. Finora il tecnico francese ha cambiato solo se costretto, quando la squadra si è trovata in palese difficoltà, come in finale con l’Argentina quando ha buttato nella mischia Kolo-Muani e Thuram, riuscendo a raddrizzare la partita. Chissà che le circostanze - un brutto impatto nel torneo contro l'Austria, ad esempio - non lo costringano a provare qualche soluzione innovativa già nelle prime partite, almeno sul piano dei giocatori impiegati.

Il calcio, si sa, è imprevedibile, anche se Deschamps sta provando a fare di tutto per dimostrare il contrario.

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