Sabato prende il via la 104esima edizione del Giro d'Italia, che torna nel suo consueto formato primaverile dopo lo spostamento dello scorso anno dovuto alla pandemia. Forse non ci sono mai state due edizioni così ravvicinate e questo accentua il senso di appagamento nei confronti del percorso e dei nomi dei protagonisti. Non ci saranno infatti i tre dei maggiori interpreti delle grandi corse a tappe del panorama attuale, e cioè Pogacar, Roglic e Carapaz. Nonostante questo, non mancheranno le storie interessanti: ci sono dei giovani in cerca di spazio per emergere, altri che invece cercano la consacrazione definitiva, altri ancora che vogliono riscattarsi dopo un periodo non facile. Ci saranno anche delle vecchie volpi del ciclismo, scalatori capaci di farci divertire pur con tutti i loro limiti che ben conosciamo. Storie di uomini, insomma, che si sfidano lungo un percorso di 21 tappe, da Torino a Milano scendendo giù fino in Puglia e poi risalendo la Penisola fino alle Alpi.
Anche il percorso è meno deludente e monotono di quanto non sembri a un primo sguardo. È vero che non ci sono tanti tapponi di alta montagna, di quelli in cui si fanno distacchi pesanti dopo 6 o 7 ore passate in bicicletta su e giù per le salite storiche della Corsa Rosa. Però il terreno per fare la differenza c’è, così come le salite per compiere delle grandi azioni. E le tappe interessanti sono anche ben distribuite lungo le tre settimane, senza grandi falle.
Dopo un 2020 che per tutti noi è stato estremamente particolare, e che lo è stato anche per il ciclismo e per i ciclisti, costretti a reinventare una preparazione atletica all’improvviso, questo del 2021 sarà un Giro d’Italia che sa di rinascita. E se l’anno scorso i grandi vecchi hanno faticato enormemente ad adattarsi al nuovo calendario improvvisato favorendo l’exploit dei più giovani, più flessibili alla rivoluzione delle date, quest’anno le cose potrebbero mescolarsi ancora una volta.
È un Giro d’Italia senza un vero favorito annunciato, perché tutti i grandi nomi - chi per un motivo, chi per l’altro - non sembrano avere a priori tutte le carte in regola per poter vincere una grande corsa a tappe di tre settimane. Tutti, chi più chi meno, hanno un punto debole o una spada di Damocle che penzola pericolosamente sopra le loro teste e che potrebbe tagliare ogni loro speranza di vittoria da un momento all’altro. Insomma, questa edizione del Giro si trova perfettamente in mezzo tra la vecchia guardia e la nuova. E in questo chiaroscuro nessuno sa con certezza che cosa ci ritroveremo a scrivere fra un mese alla fine di queste 21 tappe. Nonostante ciò, a poche ore dal via, abbiamo comunque provato a fare un po' di chiarezza, rispondendo a nove domande che speriamo esauriscano i temi principali che mette sul piatto questo Giro d'Italia. Nell'attesa che cominci non possiamo che augurarvi buona lettura e buon Giro.
Partiamo dal percorso: quali sono le tappe più importanti, quelle dove si deciderà la gara?
Gabriele Gianuzzi
Anche quest’anno le tappe più importanti del Giro saranno quelle che faranno più "vittime", dove cioè in molti perderanno definitivamente ogni chance di lottare per la maglia rosa. Anche più di quelle dove si avranno più possibilità di mettere tra sé e gli avversari distacchi importanti.
Quest’anno, più di altri, l’organizzazione del Giro ha voluto puntare sulle "imboscate", ovvero sull'effetto sorpresa. C'è lo Zoncolan, ma si sale dal versante opposto rispetto a quello a cui siamo abituati. Ci sono le Alpi in Piemonte, ma si va sulle Pennine. C'è il tappone dolomitico, ma è di lunedì. In questo paradiso dell’inatteso, gli Appennini giocheranno il ruolo del padrone dalla quarta alla dodicesima tappa e ci porteranno a una classifica verosimilmente corta e ribaltabile.
Se dovessi però scegliere solo due tappe, sceglierei senza esitazioni la 11 e la 20. La prima perché da una parte è quella in cui più si affronteranno le difficoltà dello sterrato, in quattro settori differenti, per un totale di 35 km nei 70 km conclusivi, e dall'altra è la tappa successiva al primo giorno di riposo, arrivando dopo una prima settimana abbastanza impegnativa. Se ciò non bastasse, i 2500 metri di dislivello complessivo potrebbero anche rimanere indigesti a qualcuno.
La tappa 20, invece, è per me proprio il simbolo di questo Giro. Innanzitutto è l’ultima tappa di montagna prima della crono conclusiva, e si sa che porterà con sé grande eccitazione nei tifosi, grande agitazione tra squadre e atleti, e spettacolo in corsa prossimo allo zero. In seconda battuta, si superano i duemila metri in due occasioni e anche in questo caso è cosa nota che nelle grandi corse a tappe gli equilibri di forza in gara cambino a queste altitudini (sempre che la neve ce le lasci). Infine, oltre al particolare che l’arrivo sull’Alpe di Motta è inedito e molto interessante, in questa tappa è previsto anche lo sconfinamento in Svizzera, tramite il San Bernardino e il rientro in Italia con il Passo Spluga. La situazione pandemica lo permetterà o si ripeterà la situazione del 2020 che ha portato all’annullamento del passaggio della corsa in Francia?
Questa tappa contiene talmente variabili che da sola potrebbe tranquillamente dare spunti per 20 puntate di Processo alla Tappa, per distacco il momento più bello dei prossimi 21 giorni.
Umberto Preite Martinez
È un Giro d’Italia che all’apparenza è disegnato male ma che nasconde parecchie insidie, come nelle due tappe segnalate da Gabriele. In più, però, è un percorso che va a coppie di tappe movimentate, sempre messe una dopo l’altra. Così, dopo lo sterrato di Montalcino c’è la Siena-Bagno di Romagna: una tappa di 212 km e piena di saliscendi, con gli ultimi 100 chilometri senza un metro di pianura. Sarà una tappa lunga e impegnativa, con salite anche piuttosto dure che potrebbero fare parecchio male in gruppo soprattutto fra chi ancora non avrà smaltito le scorie della tappa del giorno prima.
Il muro di Monte Morello è particolarmente tosto da affrontare anche se molto lontano dal traguardo. Le due salite chiave sono invece l’esatto opposto: lunghissime (entrambe oltre i 15 km) e con pendenze più morbide. Il Passo della Consuma ha un tratto centrale di una decina di chilometri con pendenze sempre intorno al 8-9% mentre il Passo della Calla tira su dritto regolare per 15 km fra il 5 e il 7%. Due salite che servono a mettere peso nelle gambe in vista dell’ultimo strappo del Passo del Carnaio: 10 km con punte al 14%, prima dell’arrivo in piano a Bagno di Romagna.
L’altra accoppiata da tenere d’occhio è a cavallo fra la seconda e la terza settimana. Sono in realtà tre giorni perché in mezzo c’è anche il giorno di riposo che è sempre un po’ un’incognita in queste situazioni. La tappa 16 è il tappone dolomitico: 212 km con Fedaia, Pordoi e Giau e l’arrivo a Cortina d’Ampezzo. Una maratona di 6-7 ore che farà sicuramente parecchi danni in classifica e che contiene diverse salite che fanno parte della storia del Giro d’Italia.
La tappa 17 è invece un po’ più infida e meno appariscente. Anche questa abbastanza lunga anche se di poco inferiore ai 200 chilometri e con salite che non superano mai i 2000 metri di altezza. L’accoppiata Passo San Valentino-Sega di Ala, però, è particolarmente dura: sono due salite con pendenze in doppia cifra che possono far male a tanti.
Un Giro d’Italia su misura per Simon Yates?
Gabriele Gianuzzi
Se guardiamo il disegno del percorso - dal tipo di salite incluse ai km a cronometro, fino ad arrivare all’incatenamento di alcune tappe importanti - teoricamente sì: questo è il Giro di Simon Yates.
Le prime due settimane sono letteralmente tagliate su misura per il ciclista inglese e questo senza contare che sembra in uno stato di forma molto buono. Per difendere la maglia rosa fino alla fine però solo questo non basta: serve anche una squadra di livello che ti permetta di tirare il fiato, controllando la corsa in ogni momento. Purtroppo per Yates, il team Bike Exchange non sembra quel tipo di squadra. Certo, ci sono molti elementi validi - come Nieve e Kangert, o buoni gregari come Juul Jensen, e un ragazzo molto in forma come Nick Schultz - ma complessivamente il livello non sembra sufficientemente alto per portare a casa un grande giro.
Quindi anche quest’anno torniamo al dilemma che ha caratterizzato la carriera di Yates fino ad adesso: capitalizzare una forma eccellente nelle prime settimane rischiando un tracollo nelle ultime decisive tappe o giocare al risparmio e puntare tutto sul finale con tutti i rischi connessi (cadute, inconvenienti vari)? Dalla risposta a questa domanda dipenderà il suo Giro d'Italia e probabilmente anche quello di tutti gli altri pretendenti alla vittoria finale.
Fra i nomi al via spicca quello di Egan Bernal, vincitore del Tour de France 2019 e grande promessa del ciclismo colombiano. Potrebbe essere lui il grande favorito?
Umberto Preite Martinez
Egan Bernal è sulla carta il ciclista più forte in gara. Ha a sua disposizione una squadra forte, piena di gente che può dargli una grossa mano in salita (penso a Sivakov, Daniel Martinez) e può tenerlo fuori dai guai nelle tappe più facili (Ganna, Castroviejo, Moscon e Puccio). Insomma, una squadra costruita per dominare il Giro d’Italia in ogni situazione, che può controllare la corsa anche nei momenti più complicati.
Sulle qualità di Bernal, poi, c’è anche poco da aggiungere: in salita va fortissimo, a crono non dovrebbe perdere troppo terreno, ha una resistenza incredibile e ottime doti di fondo. Il percorso sembra anche molto adatto alle sue caratteristiche che - al contrario di quanto siamo abituati a pensare quando parliamo di ciclisti colombiani - si sposano bene con le salite lunghe e con pendenze non troppo dure di questo Giro d’Italia. È vero che c’è anche lo Zoncolan, che potrebbe risultargli un po’ indigesto, ma la Corsa Rosa si deciderà verosimilmente in altre tappe, come il tappone dolomitico o l’ultima tappa di montagna. Frazioni con salite più lunghe e dove uno come Bernal può mettere in mostra tutta la sua potenza di pedalata.
Foto di Frederic DIDES/SIPA.
Il problema per il colombiano però sarà la tenuta della sua schiena. Un problema che lo sta tormentando ormai da un anno e che non sembra essere ancora risolto. Non è un qualcosa che si può davvero prevedere a priori, e chiunque abbia avuto problemi alla schiena sa che la ricaduta è sempre improvvisa e imprevedibile. Il Giro d’Italia di Egan Bernal sarà dunque una corsa contro sé stesso e la sua schiena. Una roulette russa in cui non si sa quando uscirà il proiettile, né se davvero alla fine uscirà. Però sappiamo che è lì e che quella pistola potrebbe sparare davvero da un momento all’altro mandando all’aria ogni speranza di vittoria per il giovane "escarabajo".
È l’esordio in un grande giro per Remco Evenepoel, che però non ha mai corso in questa stagione. Dove può arrivare?
Umberto Preite Martinez
Il fatto stesso che in questi giorni si stia parlando così tanto delle possibilità di Remco Evenepoel ci restituisce l’idea di quanto sia stato forte - e ancora tutto da valutare in prospettiva futura - l’impatto che questo ciclista ha avuto e probabilmente avrà con il ciclismo dei grandi.
Parlare di Remco Evenepoel significa parlare di un talento sconfinato, di quelli che veramente possono prendere la storia di uno sport, accartocciarla, buttarla nel cestino facendo il gancio alla Kareem Abdul-Jabbar, dare fuoco a tutto e lasciare sulle macerie un libro pieno di pagine bianche con un appunto scritto a penna che recita: “da qui in poi fate voi”.
Qualcuno starà già pensando che è troppo presto per dare valutazioni simile, il che in parte è vero. La mia eccitazione nel vederlo tornare a correre è però basata su fatti concreti, come il percorso devastante che Remco Evenepoel ha fatto fra gli Juniores, o ancora le vittorie clamorose al primo anno fra i professionisti dopo aver saltato a piè pari la categoria Under-23. Evenepoel avrebbe dovuto correre il suo primo grande giro nel 2020 ma la terribile caduta giù dal ponte al Lombardia ha frenato il suo percorso di avvicinamento al Giro. Dopo quell’infortunio non ha più corso neanche per un giorno, in modo da recuperare fino in fondo e allenarsi per bene.
Una scelta - quella di arrivare al Giro d’Italia senza aver mai corso in stagione - molto particolare e che può lasciare perplessi, soprattutto perché non sappiamo davvero a che punto sia con il suo recupero e con lo stato di forma, lasciandoci più di un dubbio sulla sua capacità di fare classifica. Quello che sappiamo è che da lui possiamo aspettarci di tutto, anche che alla fine questo Giro d’Italia lo vinca davvero.
In fondo è sempre la stessa persona che a 19 anni ha fatto questa roba qui, e l’anno scorso ha dato 32” a Filippo Ganna in una crono di 15 km.
Lui però dice di essere qui per imparare e per aiutare i compagni, che nello specifico sono Joao Almeida e Fausto Masnada. Quest’ultimo è reduce da un ottimo terzo posto al Giro di Romandia di pochi giorni fa e sta mostrando una crescita continua negli ultimi anni. Il portoghese, invece, dopo aver stupito tutti al Giro dell’anno scorso, vuole tornare per concludere l’opera - o almeno provarci davvero fino in fondo. E sinceramente, tutto sommato, le possibilità che ci riesca davvero non sono poi così scarse.
Ci sono altri nomi che potrebbero inserirsi nella corsa per la Maglia Rosa?
Umberto Preite Martinez
Come abbiamo detto all’inizio, tutti i grandi favoriti hanno un punto debole che potrebbe farli fuori a un certo punto. In questo scenario post-apocalittico potrebbero sorgere nuovi protagonisti più o meno inattesi, che dovranno esser bravi a farsi trovare pronti quando sarà il momento. Detto di Joao Almeida, fra gli altri ci sono sicuramente i due uomini di punta della Bahrain-Victorious: Mikel Landa e Pello Bilbao. I due baschi sono probabilmente i più accreditati per approfittare delle mancanze dei principali favoriti. Landa lo conosciamo tutti, ha grandi doti in salita ma anche dei punti deboli tecnici che l’hanno sempre limitato nella sua carriera.
Pello Bilbao è invece un trattore, senza grandi picchi ma sempre costante nei suoi risultati - che poi è quello che si chiede a un corridore da grandi corse a tappe. Nel 2018 finì sesto nella generale dopo un Giro condotto sempre all’interno della top-10 in classifica. L’anno scorso si classificò quinto, ancora una volta al termine di un percorso straordinariamente piatto e regolare: mai una prestazione fuori dall’ordinario, né in un senso né nell’altro. Pello Bilbao è un ciclista solido, compatto, affidabile. Forse, in tutto questo marasma, è davvero l’unico che non ha punti deboli così evidenti. Non c’è un motivo per cui non potrebbe vincere il Giro d’Italia, ma d’altra parte non c’è neanche nessun valido motivo per il quale potrebbe effettivamente vincerlo.
Pello Bilbao in maglia di campione spagnolo, un muretto in pietra, le vigne sullo sfondo: solo cose belle (Foto di Fabio Ferrari/LaPresse).
Gabriele Gianuzzi
Attenzione anche a George Bennett, che prenderà il via con il peso della squadra sulle spalle, da capitano unico. Dopo anni di gregariato, il Team Jumbo Visma ha finalmente offerto al campione neozelandese l’opportunità di puntare alla classifica generale. Le sue caratteristiche ben si adattano alle tappe delle prime due settimane, però i compagni a sua disposizione non sembrano in grado di offrirgli un valido supporto nella terza settimana dove verosimilmente potrebbe andare più in difficoltà.
Lo stesso Bennett in un'intervista a Cyclingnews, parlando delle sue aspettative ha dichiarato: «Realisticamente penso di poter puntare a essere tra i primi cinque, però la concorrenza sarà tanta. Oltre a Yates e Bernal vedo dieci/ quindici atleti più o meno allo stesso livello. Insieme a me vedo Hugh Carthy, Dan Martin, Romain Bardet, Sivakov e Vlasov. Sarà molto dura lottare con loro, anche perché quest’anno non ho mai corso da capitano e non ho modo di fare paragoni con loro. Penso solo ad arrivare nella migliore condizione possibile».
Parliamo di giovani. Quali sono i nomi da seguire con maggiore attenzione?
Gabriele Gianuzzi
L’Astana si presenta al via con un gruppo di giovani talenti sensazionale. Aleksandr Vlasov punterà alla classifica generale, Harold Tejada sarà deputato ad aiutarlo in montagna, Samuele Battistella (ex campione mondiale U23 nel 2019) ad accumulare esperienza e Matteo Sobrero con la libertà di poter andare a cercare il successo di tappa (magari già alla terza tappa quando si arriverà a Canale, a pochi chilometri da casa sua).
Aleksandr Vlasov, dopo aver stupito tutti nel 2020, quest’anno si sta confermando ad altissimi livelli con il secondo posto alla Paris Nice e il terzo posto al Tour of the Alps, e la sicurezza con cui interpreta le varie fasi di corsa da veterano lascia ogni volta stupiti. Il Giro sarà la sua occasione per consacrarsi definitivamente ed è difficile immaginare che se la lasci sfuggire.
Come al solito, attenzione anche alle scelte di Gianni Savio (manager dell'Androni Giocattoli-Sidermec), che non poteva presentarsi al Giro a mani vuote. E nonostante abbia lasciato a casa il 18enne Santiago Umba (di cui in Colombia si parla bene), punterà molto su Jefferson Cepeda. L’ecuadoriano si presenterà al suo secondo Giro d’Italia con una consapevolezza differente. Il quarto posto al Tour of the Alps (con relativa vittoria della classifica per i giovani) sembra dire che è pronto per un grande giro. L’unica incognita è nella preparazione: l’Androni fino a un mese fa non aveva in programma di partecipare al Giro, quindi è improbabile che Cepeda riesca a gestire lo sforzo con costanza nell’arco delle tre settimane. Le prime tappe ci diranno che Giro vorrà correre Savio con lui: se dovesse accumulare ritardo nelle prime tappe, ci aspetta una seconda parte di Giro scoppiettante.
Sono molto curioso anche di vedere come correrà Jai Hindley. La rivelazione del Giro 2020 sarà un gregario di Romain Bardet o punterà alla classifica? L’australiano quest’anno ha corso tre gare con risultati non proprio incoraggianti. A un’anonima Paris-Nice sono seguiti i ritiri in Cataluña e al Tour of the Alps.
Jai Hindley in maglia rosa davanti al Duomo. Purtroppo per lui, in quel momento, aveva appena perso la più grande occasione della sua vita. Finora.
Umberto Preite Martinez
Questa è la sezione in cui di solito tiro fuori nomi parzialmente sconosciuti, decantandone le doti, e che poi - alla fine - passano del tutto inosservati durante le 21 tappe del Giro. Quest’anno sarebbe facile interrompere questa tradizione citando ancora una volta Pavel Sivakov o Attila Valter, e invece mi butto a capofitto su due scommesse molto più rischiose come il francese Clément Champoussin e il norvegese Tobias Foss.
Champoussin compirà 23 anni il 29 maggio, alla vigilia della cronometro di Milano. L’anno scorso ha partecipato al suo primo grande giro, la Vuelta, piazzandosi 31° nella generale (non male, per un ragazzo così giovane alla prima esperienza) e cogliendo anche qualche piazzamento di rilievo nelle tappe più difficili, come il 10° posto sull’Alto de Moncalvillo a 1’37” da Primoz Roglic (e finendo davanti a gente come Valverde e George Bennett). Nel suo passato da Under-23 ci sono una vittoria al Giro del Friuli-Venezia Giulia e due piazzamenti in top-5 al Tour de l’Avenir. Insomma, stiamo parlando di un ragazzo molto interessante per il futuro delle corse a tappe. Non sarà il fenomeno epocale che la Francia sta cercando da anni ma può togliersi più di qualche soddisfazione.
Tobias Foss invece di anni ne farà 24 durante il Giro d’Italia e il Tour de l’Avenir fra gli U23 l’ha vinto - proprio davanti a Champoussin, fra gli altri - nel 2019. Corre con la Jumbo-Visma, quindi sarà abbastanza libero da compiti di gregariato visto che il suo capitano sarà George Bennett, uno che difficilmente dovrà tenere la corsa chiusa sacrificando i gregari. L’anno scorso stava andando abbastanza bene alla sua prima esperienza al Giro d’Italia, con un 5° posto nella cronometro di apertura di Palermo. Poi si è dovuto ritirare insieme a tutta la Jumbo-Visma nel primo giorno di riposo in seguito al tampone positivo di Kruijswijk.
È un Giro d’Italia che lascia anche molto spazio ai velocisti e ai cacciatori di tappe. Chi saranno i nomi più interessanti su questo fronte?
Umberto Preite Martinez
Ci sarebbero tanti nomi da fare quest’anno, da Sagan a Ewan, fino al ritorno alle corse di Groenewegen - che poi sono i nomi grossi che si giocheranno le tappe in volata. A fari spenti, però, sta arrivando al Giro d’Italia un nome ancora poco noto al grande pubblico ma che è già da un po’ che fa invece drizzare i capelli in testa ai suoi diretti avversari in giro per il mondo: Tim “Il Mago” Merlier. Il velocista belga corre con la Alpecin-Fenix, e già questo sarebbe una piccola garanzia di qualità. Viene dal ciclocross come molti dei suoi compagni di squadra e ha già vinto più volte anche su strada in volate più o meno numerose. A essere forte, Merlier è davvero forte. Il problema per lui è che la sua squadra spesso e volentieri si è rivelata incapace di portarlo nelle condizioni migliori per fare la volata, costringendolo spesso ad arrangiarsi da solo e quindi a partire molto indietro rispetto ai diretti avversari. Un problema che, se nelle semiclassiche del Belgio è abbastanza relativo, in un grande giro, contro avversari di livello altissimo con squadre iper-organizzate, può diventare uno scoglio fatale.
La Alpecin però potrebbe trovare la vittoria anche inserendosi nelle fughe con i vari nomi molto interessanti che schiera (uno su tutti: Gianni Vermeersch). Per le tappe mosse - per rimanere nel mondo delle Professional - occhio anche a Natnael Tesfatsion, 21enne eritreo della Androni.
Gabriele Gianuzzi
Due anni fa il duello Gaviria-Viviani ha infiammato i cuori di ogni appassionato di ciclismo. Senza nessun apparente motivo i due hanno smesso di vincere e lo hanno fatto senza nessuna parabola discendente, nessun segnale che potesse in qualche modo anticiparne il futuro.
Due anni dopo, senza nessun apparente motivo razionale, li inserirei tra gli sprinter da tenere d’occhio. Un po’ perché li ritengo due tra i massimi interpreti della velocità: la potenza pura sprigionata dal colombiano e la capacità da pistard del veronese di uscire dalla ruota giusta al momento giusto sono ineguagliabili e non si perdono così, da un giorno all’altro. Un po’ perché entrambi arriveranno a Torino con il treno su misura. Gaviria potrà contare su Richeze - uno dei migliori “pesci pilota” in circolazione - e su Molano; Viviani invece sui fidati Sabatini e Consonni.
Cosa possiamo aspettarci dai ciclisti italiani in gara?
Umberto Preite Martinez
Tra gli azzurri in gara ci sono tanti nomi interessanti, sia per le tappe che per la classifica generale. Quello che manca al nostro movimento, più che altro, è la punta di diamante, quello che è stato Vincenzo Nibali nello scorso decennio, per intenderci.
Per la classifica generale i nomi più caldi sono quelli di Giulio Ciccone, Damiano Caruso e Domenico Pozzovivo. Pozzovivo però è ormai nella fase finale della sua carriera e l’incidente avuto quasi due anni fa ha dato una bella mazzata alle sue speranze per questi ultimi anni. Ciccone non è più così giovane e ancora non ha mai ottenuto risultati degni di nota né nelle corse a tappe di tre settimane né in quelle di una settimana e sinceramente faccio fatica a immaginarlo lì davanti a lottare con i migliori quando le cose si faranno davvero interessanti.
Damiano Caruso, fra i tre, è il più solido - e questo, ancora una volta, la dice lunga. Se non avesse Pello Bilbao e Mikel Landa in squadra, potrebbe anche puntare a un piazzamento fra i primi 10, sfruttando le probabili crisi degli avversari e la sua consueta regolarità di rendimento. Però dovrà probabilmente lavorare per i suoi due capitani e vedremo quanto riuscirà a fare per conto suo.
Diego Ulissi sembra intenzionato a fare classifica, però anche lui non ha risultati nei grandi giri in tal senso. È anche vero, però, che non ci ha mai provato e il suo score nelle brevi corse a tappe è paradossalmente di gran lunga migliore di quello di Giulio Ciccone. Alla fine potrebbe anche riuscire a cogliere un piazzamento decente nella generale, ma è tutto da vedere.
Gabriele Gianuzzi
Io al contrario penso che vedremo molti italiani protagonisti in questo Giro - a guardare la startlist ci sarebbero una ventina di corridori italiani che potrebbero vincere almeno una tappa.
Gianni Moscon, Fausto Masnada e Davide Formolo hanno dimostrato nelle ultime gare di arrivare al Giro in ottima condizione. Hanno l’esperienza giusta e la non banale qualità di saper non solo attaccare da lontano ma anche di saper concludere l’azione con una vittoria. Per le tappe più dure li terrei d’occhio insieme al trittico targato Trek Segafredo: Ciccone, Nibali, Brambilla. Per motivi diversi hanno tutti una gran voglia di riscatto. Hanno già vinto al Giro e se la gamba li accompagnasse potrebbero decidere di far esplodere la corsa.
La vittoria che ci ha fatto credere di aver trovato finalmente “quello buono” (Foto di Marco Alpozzi / LaPresse).
Matteo Fabbro e Andrea Vendrame hanno già in passato dimostrato di potersi giocare la vittoria anche in un Grande Giro, tuttavia questo risultato ancora gli manca. Per le tappe simil classica non li scarterei. Per questo profilo di tappe aggiungerei anche due giovani che non stanno certamente attraversando il momento più felice della loro carriera: Alberto Bettiol e Valerio Conti.
Per le opportunità di sprint, giocherei le mie fiches su Giacomo Nizzolo, Matteo Moschetti e Davide Cimolai. Mentre se si parla di fughe da lontano è impossibile non considerare De Marchi e la coppia esperta Visconti - Battaglin che sicuramente ci terranno compagnia fin dai primi chilometri in molte giornate. La crono iniziale e quella conclusiva, infine, sono veloci e del chilometraggio perfetto per Filippo Ganna.
Aspetto non secondario è che molti dei citati, anche da Umberto, si giocheranno in questo Giro le speranze di una convocazione olimpica. Le motivazioni, insomma, non mancheranno di certo.
Diteci chi vince.
Gabriele Gianuzzi
Simon Yates.
Umberto Preite Martinez
Remco Evenepoel.