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Guida ufficiosa al Giro d'Italia 2022
05 mag 2022
10 domande per arrivare preparati alla 105esima edizione della Corsa Rosa.
(articolo)
18 min
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Domani il Giro d’Italia ripartirà dall’Ungheria. Poi tornerà in Italia, più precisamente in Sicilia, per poi risalire tutta la penisola fino all’Arena di Verona. L’ultima volta che si arrivò lì i due autori di questa Guida erano insieme, ma ciò che è più importante è che la città di Verona era invasa da tifosi dell’Ecuador venuti da ogni parte del mondo per acclamare il loro beniamino, Richard Carapaz. In particolare, si erano concentrati nella parte alta dell’Arena creando una vistosa chiazza gialla che si estendeva lungo tutto l’anello superiore, urlando, cantando, sventolando bandiere con la gioia di chi ha vinto finalmente qualcosa di importante e non si cura di ciò che può pensare chi ti vede lì, sulle gradinate di un’antica costruzione romana, vestito come un’aquila o un tacchino o un condor delle Ande. Presi dalla voglia di condividere quella gioia con quegli sconosciuti vestiti di giallo, avevamo provato a scavalcare la catenella che teneva noi della stampa separati dal resto dei tifosi ma fummo fermati da un fin troppo paziente addetto alla sicurezza.

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Alla fine tutto quello che mi è rimasto è questa foto.

In ogni caso, insieme all'arrivo a Verona, a tre anni di distanza da quel momento, quest'anno tornerà a dare l’assalto alla Maglia Rosa anche Richard Carapaz, vestendo questa volta la maglia della Ineos Grenadiers, che ha vinto tre delle ultime quattro edizioni (Froome 2018, Geoghegan Hart 2020, Bernal 2021). Insieme a lui tornerà anche Tom Dumoulin, che proprio in quel Giro d’Italia del 2019 vinto da Carapaz iniziò il suo lungo calvario prima fisico e poi psicologico.

Dopo due anni di pandemia è tornata anche la partenza dall’estero, estremo tentativo del Giro d’Italia di trovare una propria cassa di risonanza internazionale oltre che nuove risorse per tenere il passo con gli altri grandi giri. Certo, nel farlo, il Giro continua a scendere a compromessi facendo scelte controverse e discutibili. Anche se l’Ungheria fa parte dell’Unione Europea, è giusto che una delle principali competizioni di questo sport si svolga in un Paese autoritario e repressivo? I dilemmi etici continueranno ad agitare i seguaci di uno sport che è finanziato anche da alcune delle peggiori dittature del mondo. Inevitabilmente parlare del Giro d’Italia 2022 non può prescindere da questo tipo di riflessioni.

Domani, però, comincia la corsa vera e propria, ed è quindi arrivato il momento di cercare di capire come andrà. Eccovi dieci domande che cercano di sviscerare tutti i principali temi di questa ultima edizione del Giro d’Italia.

Il Giro d’Italia sembra vivere una fase di lento declino, con il Tour che sembra ormai irraggiungibile e la Vuelta che incalza. A cosa può essere dovuto e come se ne potrebbe uscire?

Gabriele Gianuzzi

Il Giro non sta vivendo il suo momento di massimo splendore ma va anche detto che questo ha anche coinciso con gare piuttosto aperte e spettacolari. Le due cose sono in qualche modo collegate, principalmente perché l’assenza di grandi favoriti in partenza ha permesso l’esplosione di protagonisti meno conosciuti e una corsa meno controllata. Anche dal punto di vista del percorso l’organizzazione da tempo sta puntando su un mix di novità e tradizione che, almeno nel breve periodo, sembra una scelta vincente per quanto riguarda le sorprese che potrebbe riservare strada facendo.

Nonostante questo, RCS sembra aver perso la sua verve controcorrente e innovativa, da sempre uno dei punti di forza e distintivi della corsa Rosa. Perché non provare un Giro con le Alpi iniziali e gli Appennini protagonisti della terza settimana? O un giro completamente anacronistico con cento e più chilometri a cronometro e numerosi passaggi sopra i 2000 metri? Nel bivio tra il ciclismo del passato e il ciclismo moderno, attualmente il Giro si posiziona nel mezzo, e forse nel lungo periodo questa indecisione su che strada prendere potrebbe pesare in negativo.

A questo va aggiunta anche la mancanza di un grande protagonista italiano in grado di fare la differenza. Un campione in grado di attirare il grande pubblico e accompagnare il grande racconto nazional popolare che da sempre caratterizza il Giro d'Italia.


Parliamo del percorso: quali saranno i giorni da segnare sul calendario?

Umberto Preite Martinez

È un Giro con pochi chilometri a cronometro e con tante salite, anche se quasi tutte sotto la fatidica soglia dei 2000 metri di altitudine, sopra i quali subentra l'importanza di caratteristiche come la resistenza e la capacità di respirare bene in altura. È sopra quell'altitudine quindi che di solito si fa la differenza fra chi semplicemente va forte in salita e chi è invece uno scalatore di mestiere. Un Giro, insomma, che presenta tappe dure una di seguito all’altra che possono fiaccare la resistenza dei contendenti alla maglia Rosa ed esaltare le doti di fondo di alcuni di essi.

Gabriele Gianuzzi

Dopo le prime tre tappe in terra ungherese, che difficilmente rimarranno negli annali, il Giro riparte dalla Sicilia con l’ormai classico arrivo in quota sull’Etna. I 1358 metri di dislivello spalmati su 22.8 km potrebbero rimanere indigesti a qualcuno, a maggior ragione dopo il lungo trasferimento e il giorno di riposo, ma difficilmente qualche favorito vorrà andare all in. La tappa 7 di venerdì 13 maggio sembra invece perfetta per qualche imboscata. Non c’è un metro di pianura (4.500 metri di dislivello complessivo), le salite sono poco note e le strade tortuose faciliteranno gli attaccanti. La doppia scalata al Blockhaus chiuderà in bellezza la prima settimana dopo la panoramica tappa di Napoli. La prima ascesa è dal versante “facile” (nonostante un dislivello di 1200 m), mentre la seconda, da Roccamorice, avrà punte al 13-14%.

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La seconda settimana sarà un lungo trasferimento verso le Alpi, la tappa dei muri marchigiani sembra la versione decaffeinata di quello che siamo abituati a vedere alla Tirreno e le tappe 12-13 con Passo del Bocco e Colle di Nava sembrano il trampolino di lancio per fughe numerose ma poco succulente dal punto di vista della classifica generale. La tappa 14 di Torino con l’impegnativo circuito con doppia Superga e triplo Colle della Maddalena racchiusi in 80 km può essere difficile da controllare. Il giorno successivo le pendenze non eccessive e gli interminabili fondovalle della Valle D’Aosta non dovrebbero riservare sorprese (c'è da dire però che in una tappa simile Carapaz gettò le basi per la vittoria del 2019).

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La tappa che chiuderà la seconda settimana. Gli ultimi 15 km da Veyes a Cogne sono un lunghissimo falsopiano al 3-4% di pendenza media che potrebbero confermare o ribaltare il risultato.

L’ultima settimana è quella che senza dubbio genera più attesa. Si parte forte il martedì con il passo Crocedomini ad aprire la strada verso il Mortirolo (da Monno, quindi più dolce) e il valico Santa Cristina prima dell’Aprica: 13 km mai sotto al 10%. La tappa 17 ci porterà in Trentino con due GPM di prima categoria, cioè Passo del Vetriolo e Monterovere: salite lunghe (12 e 8 km rispettivamente) e dure (pendenza media 10% e punte al 12-15%).

La tappa 19 con lo sconfinamento in Slovenia sembra disegnata apposta per testare gli sfidanti nella salita finale verso il santuario di Castelmonte in vista del gran finale di sabato: Passo San Pellegrino, Passo Pordoi (cima Coppi con i suoi 2.239 m) e Passo Fedaia. Qui si deciderà buona parte della classifica del Giro. Da Malga Ciapela all’arrivo ci sono 6 km interminabili costantemente sopra l’11% con punte al 18%.

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Il profilo dell’ultima tappa in linea che verosimilmente deciderà le sorti di questa edizione del Giro d’Italia.

Infine la crono di Verona chiuderà il Giro con la tradizionale salita delle Torricelle e la sfilata dentro l’Arena, ma difficilmente si potrà recuperare più di 20-30” in quegli ultimi 17,4 chilometri.


Richard Carapaz torna al Giro con l’intenzione di vincerlo a distanza di tre anni dall’ultima volta. Ci può riuscire?

Umberto Preite Martinez

Nel 2019 Carapaz era una giovane promessa della Movistar di cui si parlava poco in ottica classifica generale. Certo, veniva da un 2018 molto positivo (fu 4° nella generale alle spalle di Miguel Angel Lopez) ma nessuno probabilmente poteva aspettarsi un exploit di quel genere.

Tre anni dopo, invece, Carapaz è una solida realtà nel panorama ciclistico, ha sfiorato la Vuelta nel 2020 ed è finito 3° al Tour de France nel 2021. Nel frattempo si è concesso il lusso di vincere l’oro alle Olimpiadi di Tokyo. Arriva al Giro d’Italia 2022 con i gradi di favorito numero uno, per forza di cose, visto che è allo stato attuale uno dei più forti ciclisti da grandi corse a tappe in circolazione (specialmente fra quelli presenti al via da Budapest). Oltretutto ha anche la squadra più attrezzata per questo genere di sfide, per la varietà dei gregari a disposizione e per l’abitudine della Ineos a gestire situazioni anche molto complesse nel corso delle tre settimane.

Nonostante questo, non mancano le incognite, in primo luogo proprio dentro la sua squadra. Porte è ormai molto vecchio, e questo accende qualche interrogativo sulla sua tenuta in una gara così lunga e stancante; Ben Tulett è un predestinato, ma ha solo 20 anni ed è alla sua prima esperienza in un grande giro; Sivakov è forse la maggiore garanzia se decidesse finalmente di fare il salto di qualità che ci si attende da lui.

Insomma, Richard Carapaz è indubbiamente il più forte se lo prendiamo singolarmente in un contesto asettico e la sua squadra è la più abituata a supportare un capitano per un grande giro. Detto questo, per lui non sarà semplice trasferire questa superiorità teorica in un dominio pratico e anzi è facile immaginare che anche qualora dovesse vincere non sarebbe con un distacco così netto come ci si potrebbe attendere.


Chi sono i suoi avversari più temibili?

Gabriele Gianuzzi

Sono passati 7 anni da quando Mikel Landa si è rivelato al mondo sulle strade del Giro vincendo a Madonna di Campiglio e Aprica. Nel mezzo ci sono stati numerosi tentativi sfumati più o meno rocambolescamente. Anche quest’anno il ciclista basco punta alla vittoria finale e ha serie chance di potersela giocare. La salita per attaccare non manca, di chilometri a crono dove perdere tempo ce ne sono pochi, la squadra che lo accompagna è esperta e ben assortita, e con Bilbao formano una coppia da tenere d’occhio. Potrebbe essere l’anno buono.

C’è anche Simon Yates che ha corso bene in Andalusia, ha concluso la Parigi Nizza in crescendo vincendo l’ultima tappa e si è preso due tappe alla Vueltina in Asturias, segno che l’abbandono per malattia in Catalogna di marzo è alle spalle. Le sue qualità sono note, così come le sue fragilità. Però quest’anno è anche andato molto forte a cronometro quindi mai dire mai.

Umberto Preite Martinez

In casa Astana torna in grande spolvero anche un Miguel Angel Lopez che è reduce da una stagione alla Movistar che si è conclusa nel peggiore dei modi con la brutta sceneggiata in mondovisione sulle strade della Vuelta (con conseguente divorzio immediato fra il colombiano e la squadra spagnola). Alla Astana però Lopez è in un certo senso tornato a casa e potrebbe aver ritrovato la giusta serenità per mostrare finalmente tutte le sue qualità. Certo, è discontinuo e fragile, a volte poco intelligente tatticamente, e sono tutte cose che in una corsa di tre settimane di solito le paghi a caro prezzo in un modo o nell’altro. Però in un Giro così povero di crono e che si deciderà necessariamente sulle salite, lo scalatore colombiano non può non partire nella rosa dei favoriti alla vittoria finale.


C'è qualcuno che potrebbe vincere a sorpresa?

Gabriele Gianuzzi

Romain Bardet è in forma, sta vivendo una seconda giovinezza in maglia DSM e sembra finalmente libero da quelle pressioni che in Francia lo limitavano. Quest’anno torna al Giro dopo le buone prestazioni dell’anno scorso e con la consapevolezza di aver vinto il Tour of the Alps da protagonista. Rispetto ai già citati favoriti ha un’arma in più, spesso sottovalutata: la discesa. Gli ultimi a vincere un Giro in discesa sono stati "il falco" Savoldelli e "lo squalo" Nibali: chissà che "il salmone di Brioude" non sia il prossimo.

Restando in Francia, Guillaume Martin arriva al Giro dopo un avvio di stagione buono ma senza picchi e un lungo ritiro in altura sull’Etna. Il francese fa della regolarità di risultati la sua arma migliore e dopo la top 10 al Tour e alla Vuelta è lecito aspettarsi che anche al Giro di quest’anno sia con i favoriti fino alla fine.

La EF parte invece con l’idea di Hugh Carthy capitano. I risultati in questo inizio di stagione sono stati inesistenti, ma l’inglese si sa esaltare nei grandi appuntamenti. Sulle montagne può far esplodere la corsa, bisognerà vedere la condizione strada facendo e la tenuta sulle tre settimane.

Umberto Preite Martinez

La Bora-Hansgrohe si presenta al via con tre punte, due delle quali le abbiamo già viste in azione insieme al Giro 2020 quando sono riusciti nell’impresa di perdere un Giro che sembrava ormai in cassaforte con scelte tattiche controverse.

Kelderman è il più talentuoso ed esperto dei tre, forse anche il più solido se riesce a non farsi male da solo per strada. Buchmann dovrebbe essere il più regolare e anche se dopo la pandemia non ha mai più raggiunto i livelli del 2019 un buon piazzamento lo può portare a casa. Hindley è la mina vagante, la scheggia impazzita che se torna ai livelli del 2020 può tranquillamente dire la sua anche per la vittoria finale. Si potrebbe dire che di tre non ne fanno uno, ma in realtà proprio il fatto di potersi muovere insieme potrebbe giocare a loro vantaggio. Sperando che stavolta riescano a sfruttarlo fino in fondo senza mandare tutto alle ortiche nell’ultima tappa.

L’altro nome buono è quello di Joao Almeida che torna al Giro stavolta da capitano unico e ha grandi ambizioni di salire almeno sul podio. Solido in salita, fortissimo a cronometro (anche se quest’anno gli servirà a poco), è un ciclista che ha grandi aspettative per questo Giro d’Italia e anche la sua squadra ci punta molto. È la sua grande occasione per cambiare il corso della sua carriera diventando il primo portoghese nella storia a vincere la Corsa Rosa.

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Joao Almeida dopo la tappa dello Stelvio nel 2020 in cui perse la Maglia Rosa (foto di Stuart Franklin/Getty Images).




Giro d’esordio per Van der Poel, grande ritorno per Dumoulin. E se fosse l’anno degli olandesi?

Umberto Preite Martinez

La partecipazione di Mathieu van der Poel è forse la nota più lieta di questo Giro d’Italia, perché può piacere o meno ma l’olandese è una delle stelle più luminose del panorama ciclistico contemporaneo e la sua sola presenza accende la curiosità degli appassionati. Abbiamo visto di cosa è capace quando si mette in testa di voler dare spettacolo e abbiamo anche già potuto ammirare al Tour dello scorso anno quanto la sua sola presenza possa rendere più movimentata e dinamica la prima settimana di un grande giro.

Quest’anno, poi, il Giro d’Italia sembra disegnato su misura per permettergli di dare spettacolo il più possibile, con tante tappe mosse, nervose, dove ci si può sbizzarrire con azioni di ogni tipo. Non sappiamo in che condizioni si presenterà al via di questo Giro d’Italia, ma un Van der Poel in buona forma potrebbe regalarci una prima parte di Giro da incorniciare.

Dall’altra parte, invece, Tom Dumoulin si è avvicinato a questo Giro d’Italia a luci spente, senza proclami, senza farsi mai vedere. Sappiamo che ha passato anni complicati fra infortuni e problemi personali, ed è comprensibile che sia lui che la sua squadra stiano cercando di togliere pressione inutile dalle sue spalle. Per la "farfalla di Maastricht" vale lo stesso discorso fatto per il suo connazionale: se quello che si presenterà al via da Budapest sarà una versione di Tom Dumoulin che sarà anche solo vagamente simile a quella che abbiamo ammirato nel biennio 2017-2018, allora potrà veramente essere un fattore determinante di questa Corsa Rosa.


Chi sarà il miglior velocista del Giro?

Gabriele Gianuzzi

Nonostante il percorso difficilmente premierà il miglior velocista con la Maglia Ciclamino, saranno al via quasi tutti i migliori di specialità. Caleb Ewan parte un gradino sopra tutti, quest’anno ha vinto almeno una tappa ovunque si sia presentato e sembra, se possibile, ancora più solido degli anni passati.

Cavendish guidato da Mørkøv fa paura. Abbiamo visto allo scorso Tour di cosa sono capaci e nel 2022 hanno già timbrato il cartellino negli Emirati Arabi e alla Milano Torino. Démare deve riprendersi dopo un 2021 sotto tono e sicuramente vorrà essere della partita guidato da Jacopo Guarnieri.

Biniam Girmay ha vinto in maniera splendida la Gent Wevelgem ma recentemente alla prima gara dopo il successo (Eschborn- Frankfurt, festival delle ruote veloci) non è sembrato per niente in forma. Se sia pretattica o se sia la lunga sbornia dei festeggiamenti ce lo dirà il Giro.

Anche Giacomo Nizzolo ha faticato in Germania, dopo un inizio di stagione buono, qualche acciacco fisico di troppo ha fermato la crescita del brianzolo che si presenta al via molto lontano dalla forma migliore.

Chi invece ha fatto molto bene, un po’ a sorpresa, in Germania è Fernando Gaviria. Non è dato sapere se sia il ritorno definitivo o l’ennesimo fuoco di paglia. Di sicuro sarà la sua ultima chance in maglia UAE.


Consigliateci qualche giovane interessante da tenere d’occhio.

Gabriele Gianuzzi

Thymen Arensman, Natnael Tesfatsion e Mauri Vansevenant sono i tre giovani (tutti classe ‘99) che seguirò con più interesse. Arensman si è messo in luce alla Vuelta 2020 e nel 2021 ha dimostrato una continua crescita che lo ha portato a un buon piazzamento al Romandia e al Giro di Sicilia. Quest’anno sta vivendo forse la stagione della consacrazione, lottando alla Tirreno con i big e chiudendo sesto in classifica generale e con ottime prestazioni al Tour of the Alps, dove invece ha chiuso terzo (primo tra i giovani). In questo esordio al Giro partirà da gregario di Bardet e questo lo libererà da eccessive pressioni.

Tesfatsion è alla sua seconda partecipazione alla Corsa Rosa. Se Savio ci ha puntato ancora nonostante il deludente 2021 le qualità ci sono. L’eritreo deve migliorare la gestione della corsa, spesso si trova fuori posizione nei momenti decisivi e ha qualche ingenuità di troppo, ma il talento è indubbio. Con la guida del DS Ellena e l’esperienza accumulata l’anno scorso potrebbe togliersi delle belle soddisfazioni.

Mauri Vansevenant dei tre è forse il più conosciuto al pubblico italiano avendo vinto l’anno scorso il GP Industria e Artigianato. Quest’anno è stato regolare ma non ha ancora avuto risultati degni di nota. Penso che questo sia dovuto alla programmazione del picco di forma in corrispondenza del Giro. Non correrà con grandi pressioni in squadra essendo all’esordio al Giro e non sarà controllato eccessivamente dal gruppo. Se si mettesse nella fuga buona la prima settimana potrebbe andare più lontano di quanto ci si aspetta.

La AG2R, ricca di cacciatori di tappe, punta tutto su Felix Gall come capitano unico per la classifica generale. Ex campione del mondo juniores nel 2015, l’austriaco non ha mai partecipato ad un grande Giro ma è fresco di ottime prestazioni al Tour of the Alps.

Umberto Preite Martinez

In casa Jumbo-Visma hanno dichiarato che faranno la corsa per Tobias Foss. Difficile credere che non sia solo pretattica per proteggere Tom Dumoulin da eccessive pressioni, ma è anche vero che il giovane norvegese sembra ormai pronto per migliorare il nono posto dell’anno scorso. Ciclista solido, regolare, uno di quelli che difficilmente cattura l’occhio dello spettatore ma che è sempre lì in ogni occasione. L’anno scorso ha mostrato di avere anche ottime doti di resistenza e di fondo che potrebbero tornargli utili in un Giro come quello di quest’anno. Forse il Giro però si deciderà su salite con pendenze più dure rispetto a quelle che Foss è abituato a digerire. Nessuno però gli sta chiedendo di vincere: solo di star lì, crescere e magari combinare qualcosa di buono. Tutto ciò che andrà oltre queste aspettative sarà solo di guadagnato.


Questa rischia di essere la sesta edizione consecutiva con un vincitore straniero (sarebbe record storico). Quali sono le speranze dei ciclisti italiani?

Gabriele Gianuzzi

Gli italiani al Giro partono con alcuni punti interrogativi e qualche certezza. I primi sono principalmente riguardo alla classifica generale: c’è qualcuno di veramente pronto?

Nibali non ha più lo smalto di un tempo e pensare che possa lottare sulle tre settimane al momento sembra difficile. Pozzovivo, per quanto sia un esempio di professionalità e di tenacia, forse può ambire a un piazzamento in top 10 come obiettivo massimo. Ciccone non ha mai più ritrovato la gamba del 2019 che lo aveva portato a vincere tappa e maglia azzurra al Giro e ad indossare la Maglia Gialla al Tour. Potrebbe provare a correre da protagonista e puntare alla classifica.

Lorenzo Fortunato - nonostante abbia già 26 anni - sembra invece la speranza per il futuro prossimo delle corse a tappe italiane. L’anno scorso, galvanizzato dal successo sullo Zoncolan, ha concluso la stagione in maniera ottima. Quest’anno ha ben figurato in Andalusia e nelle Asturie. Ivan Basso, team manager del suo team Eolo Kometa, ci crede fortemente.

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Lorenzo Fortunato che soffre allo scorso Giro (foto di Luca Tedeschi/LiveMedia).

Le certezze sono principalmente tra i cacciatori di tappe: Vendrame, Ulissi, Ballerini, hanno le potenzialità per vincere sia da una fuga che con un gruppo più o meno ristretto nelle tappe mosse. Sobrero e Affini, infine, sono le speranze italiane per quanto riguarda le cronometro, anche se sia quella di Budapest che quella di Verona non sono particolarmente adatte agli specialisti.


Tempo di pronostici: diteci chi vince secondo voi.

Gabriele Gianuzzi

Romain Bardet

Umberto Preite Martinez

Simon Yates




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