Piazzamento lo scorso campionato: 17° (salvo allo spareggio)
Chi in più: Riccardo Saponara, Jordi Mboula, Federico Bonazzoli, Michael Folorunsho, Suat Serdar
Chi in meno: Ibrahim Sulemana, Adrien Tameze, Simone Verdi, Oliver Abildgaard, Miguel Veloso, Kevin Lasagna, Federico Ceccherini, Fabio Depaoli
Una statistica interessante dalla scorsa stagione: Nella scorsa Serie A il Verona è stata la squadra con la minor percentuale di possesso palla (41,2%) e di passaggi riusciti (68,7%), quella con meno passaggi tentati (13807) e riusciti (9481) e tocchi del pallone in totale (18056).
Formazione tipo: 3-4-2-1: Montipò; Coppola, Magnani, Dawidowicz; Faraoni, Hongla, Duda, Lazovic; Ngonge, Saponara; Bonazzoli.
Il 2023 del Verona, fin qui, ha avuto qualcosa del miracoloso. Alla pausa per il Mondiale in Qatar dello scorso dicembre la squadra aveva raccolto appena 5 punti in 15 giornate e sembrava spacciata. Gabriele Cioffi, chiamato a invertire la rotta tracciata da Juric e Tudor, era stato esonerato dopo appena 9 partite, ma il ritorno alla scuola “gasperiniana” con Salvatore Bocchetti (che è stato uno dei discepoli di Gasperini a Genoa) non aveva portato i suoi frutti. Poi da gennaio, con l’aggiunta all’equazione di Marco Zaffaroni, diventato primo allenatore per scadenza della deroga concessa a Bocchetti, sono arrivati 23 punti in 26 partite, sufficienti per arrivare ai 31 necessari per appaiare lo Spezia al terzultimo posto e poi batterlo 3 a 1 nello spareggio salvezza, grazie alla doppietta di Ngonge, l’eroe più inatteso arrivato dal mercato di gennaio.
C’è però poco da salvare dalla scorsa stagione oltre, appunto, la salvezza stessa. Il Verona del girone di ritorno è stato bravo nel registrare la fase difensiva passando da 1.98 gol subiti ogni 90 minuti a 1.15 (aiutata da un'improvvisa svolta nelle prestazioni di Montipò, passato da uno dei peggiori a uno dei migliori rapporti tra tiri ricevuti e gol subiti) grazie a un gioco estremamente conservativo che prevedeva grande attenzione alla fase difensiva e lanci lunghi per Djuric. Soprattutto tra gennaio e aprile, il Verona ha recuperato punti alle rivali grazie a qualche vittoria di puro agonismo con il minimo scarto (come la vittoria con il Sassuolo con gol al 95' o quella con la Salernitana). Lì dove sono mancati i centravanti (Djuric, Henry, Piccoli, Gaich e Lasagna hanno segnato 6 gol in tutto, anche se alcuni decisivi) i punti sono arrivati grazie alle prestazioni estemporanee di giocatori come Verdi, Ngonge, Doig e Lazovic, tutti capaci di contribuire in zona gol.
La sensazione però è che non sarebbe bastato ancora per questa stagione e che serviva una scossa, e una scossa è arrivata. In estate si è seduto sulla panchina del Verona Marco Baroni, autore di una pregevole salvezza con il Lecce la scorsa stagione, e che da queste parti ci è già passato sia come calciatore (dal 1995 al 1998) sia come vice di Malesani (2002/03). «Conosco la città, la squadra e la tifoseria. Sono fattori che aumentano il mio entusiasmo» ha detto appena arrivato, e la speranza di tutti i tifosi è che sia lui a risvegliare un ambiente che sembra aver perso l’entusiasmo degli ultimi anni.
In ogni caso, se Zaffaroni è stato lasciato andare via (per sua scelta, almeno secondo il comunicato della società), Bocchetti è rimasto come vice e, da queste prime settimane tra amichevoli e le due partite ufficiali, si è intravista la volontà di provare a ibridare le idee dei due, almeno all’inizio. Se infatti nel precampionato si è visto spesso il 4-3-3 che Baroni aveva usato con il Lecce, contro l’Ascoli in Coppa Italia e con l’Empoli alla prima in campionato la squadra si è schierata con il 3-4-2-1 visto la scorsa stagione, forse anche perché nelle amichevoli il Verona ha mostrato più di qualche difficoltà difensiva (sconfitte contro il Bastia per 3-1 e contro l’Heidenheim per 3-2).
Interrogato a riguardo Baroni ha detto che lui «segue le disponibilità, non solo degli undici che partono ma anche di chi è in panchina. La cosa importante è che dobbiamo farci trovare pronti dal punto di vista mentale e nervoso», lasciando intendere che le scelte tattiche dipenderanno anche da come si chiuderà il mercato, che è ancora parecchio attivo. Finora sono partiti giocatori importanti come Tameze, Lasagna e Ceccherini, mentre Hien sembra destinato all’Atalanta e il Bologna spinge per avere Ngonge.
L’inizio comunque è stato migliore delle attese. La vittoria contro l’Empoli non è solo un primo scontro diretto portato a casa, ma è un indizio di cosa può servire per la salvezza. In un caldo torrido che rendeva tutto difficile, la squadra di Baroni non ha brillato ma è riuscita a contenere l’Empoli grazie alla sua fisicità - e grazie a una grande parata di Montipò e a un errore tragico di Gyasi - per poi trovare il gol vittoria con l’ingresso dalla panchina di due dei nuovi arrivati, Saponara e Bonazzoli, a conferma della volontà di migliorare soprattutto la fase offensiva tramite il mercato.
La qualità del nuovo trequartista tra le linee, nel controllare il pallone e fare la giocata più adatta al momento adatto (il gol è stato poi annullato per fuorigioco).
Se infatti Baroni porta in dote, e proverà a ricostruire, l’eccezionale sistema difensivo visto con il Lecce, dove alternava con grande intelligenza fasi di pressione alta e ben organizzata ad altre con baricentro più basso e una difesa posizionale, molte delle possibilità di salvezza del Verona passeranno dalla capacità di avere giocatori in grado di creare o segnare gol in maniera continuativa. A quanto cioè Saponara riuscirà a migliorare la creatività del Verona sulla trequarti (e quindi a quanto riuscirà a mantenersi sano) e a quanto Bonazzoli, attaccante dai grandi colpi ma spesso discontinuo, riuscirà a diventare efficiente in zona gol. Insieme a loro sono arrivati dalla B spagnola Mboula, un’ala frizzantina finora schierata sulla trequarti o come seconda punta; e Folorunsho, che può giocare a centrocampo o anche dietro le punte, ed è dotato di un grande tiro da fuori (9 gol la scorsa stagione al Bari).
In campo comunque si è visto già qualcosa delle idee di Baroni, come una fase di possesso leggermente più elaborata della scorsa stagione, a partire da un embrionale fase di palleggio dal basso senza cercare subito il lancio lungo. Non ha sempre funzionato, ma è certamente una strada che Baroni vuole percorrere, soprattutto quando in campo non ci sarà Djuric a vincere tutti i duelli aerei (sabato è entrato dalla panchina al posto di Ngonge). L’aver vinto la battaglia del possesso palla (52% a 48%) è indicativo rispetto alla scorsa stagione, quando il Verona è stata la squadra con meno possesso palla della Serie A (41,2%).
In questo processo è stato responsabilizzato Dawidowicz, a cui Baroni chiede di toccare tanti palloni (sabato 66 passaggi, contro la media di 45 della scorsa stagione) e provare spesso o il lancio lungo verso il lato destro del campo o una verticalizzazione oltre la prima linea di pressione. Addirittura con l’Ascoli e nel finale di partita contro il Verona è stato impiegato a centrocampo come un novello Stones, mostrando una certa confidenza con il pallone tra i piedi, ma forse è stata una di quelle mosse che fanno gli allenatori per far capire cosa vogliono dal mercato (e infatti ieri è arrivato un centrocampista, Suat Serdar dell’Herta Berlino).
Ovviamente il rischio è che i problemi della scorsa stagione possano ripresentarsi dalla prossima giornata. Il Verona rimane una squadra con parecchi scompensi: in difesa la possibile partenza di Hien impoverirebbe un reparto già corto; a centrocampo e in attacco le cessioni nel corso degli ultimi mercati di Ilic, Tameze, Caprari, Simeone, Barak e Zaccagni non sono state adeguatamente sostituite, con l’idea che per salvarsi basta anche meno talento. L’anno scorso è stato così per un pelo, ma quest'anno? Certo, per salvarsi può bastare il lavoro di Baroni, le giornate in cui Saponara sembra Pelè, il solito ottimo contributo di Faraoni e Lazovic, la conferma di Doig o l’esplosione di Terracciano e Hongla, i gol di Ngonge (se resterà) e Bonazzoli, e le sponde di Djuric. Possono, ma non è detto che basteranno: per il Verona e i suoi tifosi sarà ancora una volta una stagione molto lunga.
Miglior scenario possibile
Hien e Ngonge rimangono, Baroni aggiusta la squadra in un 4-3-3 solido dietro e volitivo in avanti, che trova in un rinato Saponara il suo direttore d’orchestra. Al Bentegodi l’atletismo della squadra diventa un problema per tutti, il centrocampo Duda-Hongla-Serdar offre dinamismo e creatività. A gennaio la squadra è nella parte sinistra della classifica, poi arriva il calo tipico delle squadre senza obiettivi. La salvezza però non è mai in discussione e viene festeggiata dopo una vittoria contro la Fiorentina, arrivata grazie a un gol di Saponara che vincerà il Puskas Awards.
Peggior scenario possibile
La cessione di Hien e Ngonge acutizza i problemi della scorsa stagione: il Verona di Baroni è troppo passivo difensivamente e in attacco non riesce a concretizzare neanche il poco che crea. Perde in fila contro Roma, Sassuolo, Bologna, Milan e Atalanta, Saponara si fa male e salta tante partite. Baroni viene esonerato e al suo posto Setti prova a richiamare Tudor, che però dopo un tira e molla rifiuta. Torna allora Zaffaroni che riprova la magia della scorsa stagione, ma senza successo. A gennaio vengono ceduti anche Montipò e Doig. L'ultimo tentativo è un ritorno sulla panchina di Mandorlini, che però è più una mossa della disperazione che altro. Il Verona non è mai davvero in corsa per la salvezza e la retrocessione arriva dopo una brutta sconfitta in casa del Torino di Juric.
Giocatore chiave
Riccardo Saponara non devo certo presentarvelo io. La scelta di firmare con il Verona è una dichiarazione d'intenti: come ha detto lui «ho ritrovato negli ultimi anni una linfa che stava scemando in un periodo della carriera non semplice». Saponara ha infatti scelto una squadra che gli chiederà di essere leader in campo e fuori, di far vedere tutto il talento mostrato a sprazzi negli ultimi anni in maniera continua, partita dopo partita, per trascinare i suoi alla salvezza. Trovasse continuità fisica e mentale, sarebbe la chiave della stagione del Verona.
Giocatore di cui avere la maglia
Paweł Dawidowicz rappresenta una categoria di eroi minori della Serie A mai troppo raccontati. Arrivato dal nulla, affermatosi con gli anni passando da acquisto esotico e casuale a colonna dell'Hellas Verona, una delle poche certezze di una squadra sempre in movimento. «Ormai ho il cuore gialloblù» ha detto e questa appena iniziata è la sua sesta stagione a Verona. Dopo la partita con l'Empoli ha dedicato la vittoria al nonno in ospedale e nelle interviste il suo sorriso sembra contagioso e l'uso delle parole sempre calibrato. Inoltre il suo cognome occupa tutto lo spazio possibile dietro alle spalle (aiuta avere delle spalle come quelle di Dawidowicz).