Piazzamento lo scorso campionato: 16°
Chi in più: Mohamed Kaba, Nikola Krstovic, Ylber Ramadani, Hamza Rafia, Zinedin Smajlovic, Lorenzo Venuti, Pontus Almqvist.
Chi in meno: Morten Hjulmand, Assan Ceesay, Lorenzo Colombo, Samuel Umtiti, Giuseppe Pezzella, Kristoffer Askildsen, Remi Oudin, Alessandro Tuia.
Una statistica interessante dalla scorsa stagione: La scorsa stagione il Lecce è stata una delle squadre difensivamente più dure. Settima per npXg subiti (0.94 a partita, peggio solo di Torino, Juventus, Milan, Inter, Roma e Napoli), la squadra salentina è stata la migliore del campionato sia per aggressività (tecnicamente per azioni aggressive, cioè pressioni, contrasti o falli entro due secondi da una ricezioni avversaria) che per resistenza al pressing avversario (cioè per tiri concessi entro cinque secondi dalla perdita del pallone nella propria metà campo).
Formazione tipo: 4-3-3: Falcone; Dorgu, Baschirotto, Pongracic, Gendrey; Gonzalez, Ramadani, Kaba; Banda, Krstovic, Strefezza.
Un anno fa il Lecce tornava in Serie A guidato da due figure attorno cui aleggiava un certo scetticismo. Il primo, Pantaleo Corvino, era tornato a Lecce nel 2020, a 15 anni dall’ultima volta, dopo l’esperienza interlocutoria nell’ultimo decadente periodo della Fiorentina sotto la gestione Della Valle. Un’esperienza che oggi forse può essere rivalutata ma che allora sembrava essere il suo tramonto a questi livelli. Il secondo, Marco Baroni, non vedeva la Serie A dal maggio del 2019, quando era retrocesso insieme al Frosinone. Anche per lui quella sembrava essere l’ultima occasione nella massima serie, soprattutto dopo l’esonero ancora più duro a Benevento, nella stagione 2016/17, arrivato dopo 10 sconfitte consecutive. Il Lecce, nelle loro mani, non sembrava avere grandi speranze in Serie A, come confermato anche dalle quote dei bookmaker a inizio anno che lo vedevano solo sopra alla Cremonese nella corsa salvezza.
La realtà della scorsa stagione ha smentito clamorosamente queste previsioni. Il Lecce si è salvato con una giornata d’anticipo, e lo ha fatto con una proposta tattica moderna, un atteggiamento in campo sempre proattivo e una rosa che ha sorpreso su vari livelli. Hanno stupito i giocatori che sembrava impensabile potessero essere competitivi in Serie A, come Baschirotto e Gallo; ma anche quelli che cercavano a Lecce una rinascita, come Umtiti e in parte Falcone; o quelli che semplicemente non conoscevamo, come Banda e Oudin. Non stupisce quindi che i video delle conferenze stampa di Pantaleo Corvino siano tornati prepotentemente ad affollare Twitter, con tutta la loro sardonica ammirazione. Il lavoro del dirigente salentino si è visto forse ancora di più sulla Primavera, che a sorpresa ha vinto lo Scudetto grazie a una campagna acquisti quasi paragonabile a quella fatta per la prima squadra (basti pensare che l’acquisto più oneroso della scorsa sessione estiva del Lecce è stato Daniel Samek, centrocampista ceco classe 2004 che con la prima squadra non ha ancora mai giocato).
Se il Lecce ha funzionato anche sul campo, però, lo si deve quasi completamente a Marco Baroni. Spesso in Italia si dice che gli allenatori migliori sono quelli che sanno capire e adattarsi alle caratteristiche dei propri giocatori, eppure in pochi si sarebbero aspettati che una rosa come quella del Lecce potesse diventare uno dei sistemi difensivi più coraggiosi ed efficienti della Serie A. Forse si migliora anche superando i propri limiti, spingendosi in territori inesplorati. Raramente negli ultimi anni si è visto uno scollamento così clamoroso tra la qualità del reparto difensivo (o almeno quella che ci aspettavamo) e il suo effettivo rendimento in campo, ben oltre qualsiasi aspettativa. La squadra di Baroni - se si esclude l’ultima giornata contro il Bologna, a salvezza già ottenuta - non ha mai subito più di due gol e lo ha fatto con una difesa che per gran parte non aveva mai avuto esperienza di questi livelli. Particolarmente miracolose sono state le stagioni di Morten Hjulmand, la scorsa stagione insieme ad Amrabat il miglior centrocampista difensivo della Serie A (e il massimo livello a cui aveva giocato prima era stata la Bundesliga austriaca con l’Admira Wacker Mödling), e soprattutto Federico Baschirotto, reinventato centrale di difesa in Serie A sulla soglia dei 27 anni dopo una vita da terzino tra Serie C e D.
Il capolavoro di Baroni è arrivato a metà febbraio, con la vittoria sull’Atalanta al Gewiss Stadium per 1-2 che ha costretto Gian Piero Gasperini ad ammettere che «nel primo tempo ci contrastavano bene». È stata una costante nella stagione del Lecce: il pressing alto, organizzato e intenso, nel primo tempo anche come fonte di gioco, seguito da un secondo tempo dal baricentro più basso e da transizioni più lunghe. Una strategia che magari non rendeva il Lecce una squadra particolarmente pericolosa offensivamente, ma che gli ha permesso di giocarsela contro qualsiasi avversario, questo sì. A questo proposito, oltre alla vittoria contro l’Atalanta, andrebbe segnalato anche il pareggio al Maradona contro il Napoli, la vittoria casalinga contro la Lazio (incredibilmente simile nel risultato finale e nell’andamento della partita all’esordio di questa stagione) e ovviamente la folle vittoria a Monza che ha regalato l’aritmetica salvezza.
Una partita assurda, durata più di 100 minuti, che ha letteralmente messo in ginocchio Baroni, e che sarebbe potuta finire molto diversamente se all’84esimo non fosse entrato in scena il solito Wladimiro Falcone, con un rigore parato che è una perfetta sineddoche della sua incredibile stagione. Sarebbe miope parlare della solidità difensiva del Lecce senza citare i periodici miracoli di Falcone, la scorsa stagione uno dei migliori portieri del campionato per percentuale di tiri parati (75%, peggio solo di Provedel tra i portieri con almeno 2000 minuti di gioco). Un anno e mezzo fa, quando ancora il suo momento di grazia alla Samp sembrava poco più di un fuoco di paglia, a Marco D’Ottavi Falcone aveva detto che «il miracolo lo può fare chiunque, anche il portiere di prima categoria la domenica può toglierla da sotto l’incrocio». A Lecce il portiere romano sta però smentendo se stesso, dopo una carriera che lo ha portato a pensare in diversi momenti «di non farcela, di non arrivarci più in Serie A». L’eccezionalità di Falcone, in questo senso, è l’eccezionalità del Lecce.
A guardare la prima giornata di questo campionato si direbbe che non sia cambiato niente. Il Lecce al Via del Mare ha di nuovo battuto la Lazio per 2-1, e lo ha fatto di nuovo grazie a un intervento provvidenziale di Falcone arrivato al momento giusto. Una parata in contro tempo di piede aiutata dalla traversa all’82esimo, con il risultato ancora sullo 0-1, appena tre minuti prima che il Lecce avviasse la rimonta.
In realtà, come vuole la rivoluzione permanente che sta rigenerando Pantaleo Corvino, il Lecce ha cambiato molto, a partire dal suo allenatore. Marco Baroni a fine stagione è partito alla volta di Verona e al suo posto è arrivato Roberto D’Aversa, che ritrova Corvino come dirigente dopo addirittura 27 anni. Allora D’Aversa era ancora un calciatore all’inizio della propria carriera in cerca di fortuna al Casarano, in Serie C. «Quando me ne sono andato me lo sono trovato dietro la scrivania a urlare e chiedermi di rinunciare a tre stipendi», ha detto scherzando D’Aversa nella sua conferenza stampa di presentazione «È carico come oltre 20 anni fa». D’Aversa è un’altra scelta controintuitiva da parte di Corvino, che avrebbe potuto puntare su allenatori più giovani e lanciati. L’allenatore nato a Stoccarda viene da due esoneri consecutivi (al Parma e alla Samp) eppure il dirigente salentino è sembrato molto convinto. «Ho avuto molto coraggio nel portare Zeman dopo 5 esoneri e Delio Rossi dopo 4 esoneri. In quelle occasioni ho avuto bisogno di coraggio, nella scelta di D'Aversa no. Il suo curriculum parla da solo».
Forse il vero coraggio è stato effettivamente quello di D’Aversa, che si ritrova a giocarsi le sue ultime carte per rimanere in Serie A con una squadra che ha perso alcuni dei giocatori senza cui la salvezza della scorsa stagione non sarebbe stata possibile. Nel Lecce non c’è più Lorenzo Colombo, autore del rigore che ha messo la firma definitiva sulla salvezza, non c’è più Samuel Umtiti, la cui rinascita ha tenuto in piedi la difesa salentina per una parte della stagione, non c’è più soprattutto Morten Hjulmand, che faceva di fatto il lavoro di due centrocampisti in uno. Solo per sostituire quest’ultimo, venduto allo Sporting Clube per 18 milioni di euro, Pantaleo Corvino è andato sul sicuro, almeno per i suoi standard. Al suo posto è arrivato infatti Ylber Ramadani, nome che ai più non dirà niente ma che ha già oltre 260 partite tra i professionisti, è da tempo nel giro della Nazionale albanese e la scorsa stagione all’Aberdeen (dove era arrivato per sostituire Lewis Ferguson) ha fatto molto bene.
Certo, questo non significa che per lui sarà facile colmare il vuoto lasciato da Hjulmand e nelle prime due uscite stagionali si è già visto. La scorsa stagione il centrocampista danese in fase di difesa posizionale faceva con grande naturalezza un doppio lavoro che creava una specie di campo gravitazionale davanti all’area, scendendo tra i due centrali quando veniva minacciato un cross e uscendo aggressivo subito dopo nel caso la squadra avversaria fosse entrata nella trequarti. Contro il Como, nel primo turno di Coppa Italia, e contro la Lazio, nell’esordio in campionato, Ramadani è sembrato invece più svagato e oggi è lecito chiedersi se riuscirà a portare l’eredità del suo predecessore sulle spalle senza far perdere troppo al Lecce.
Due esempi di come la combinazione tra la passività di Ramadani e l'aggressività di Pongracic abbiano creati problemi al Lecce: nel primo il Como arriva alla conclusione in area con Cerri, nel secondo la Lazio al gol con Immobile.
Dopo la partita con la Lazio, D’Aversa è sembrato abbastanza severo con lui: «Giocatori come Ramadani e Gonzalez potrebbero fare due o tre chilometri in meno se ragionassero di più, ma la voglia li porta a correre a discapito della qualità, perché sono meno lucidi». Il centrocampista albanese comunque rimane la migliore opzione in quella posizione al momento, soprattutto dopo che Blin è stato adattato a centrale di difesa (scelta che a sua volta potrebbe essere letta come un’assicurazione di fronte all’inesperienza del nuovo arrivato Zinedin Smajlovic, centrale svedese diciannovenne prelevato dal Taby).
Per l’allenatore del Lecce, comunque, il contrasto tra i nuovi arrivati e l’identità della scorsa stagione è un tema che va oltre Ramadani. Il tecnico abruzzese ha tenuto i principi di gioco, ha tenuto il 4-3-3 ma per forza di cose sta cercando delle nuove soluzioni attraverso le diverse interpretazioni al ruolo dei nuovi arrivati. Forse il più grande esperimento fino ad adesso, visto nella partita contro il Como e poi confermato anche contro la Lazio, è stato quello di mettere Strefezza da prima punta per fare posto sull’esterno destro a Pontus Almqvist, uno degli acquisti più esoterici dell’estate caldissima di Pantaleo Corvino. Svedese classe 1999, Almqvist arriva a Lecce dopo una carriera già piuttosto lunga considerata la giovane età, passata tra Svezia, Russia, Olanda e Polonia. Appena arrivato è stato lui e non Strefezza a prendere il posto sulla fascia destra del Lecce, nonostante lo svedese avesse già ricoperto il ruolo di prima punta in carriera. L’intuizione ha funzionato: Almqvist ha segnato contro il Como il gol vittoria, contro la Lazio quello che ha avviato la rimonta e in generale ha dato un’elettricità all’attacco del Lecce almeno paragonabile a quella di Banda dall’altra parte.
A questo punto viene da chiedersi se questo esperimento è qui per restare o se dobbiamo relegare questa scelta al regno dei messaggi non verbali che gli allenatori inviano ai propri direttori sportivi attraverso le distinte. Insomma: Strefezza è stato messo lì per far notare la mancanza di alternative in attacco o c’è anche una ragione tattica? Non è escluso che la scelta sia stata dettata dall’esigenza di avere in attacco un giocatore in grado di massimizzare le transizioni corte derivanti dal pressing alto, d’altra parte in un’intervista alla Gazzetta dello Sport alla fine di luglio D’Aversa aveva dichiarato che il nuovo attaccante avrebbe dovuto sapere innanzitutto «attaccare la profondità». C’è da dire però che contro la Lazio avere una prima punta più fisica e ortodossa davanti (nel caso specifico il romeno classe 2004 Rare Burnete, la scorsa stagione 19 gol in 31 partite con la Primavera) ha aiutato il Lecce ad abbassare la linea difensiva avversaria e quindi a creare lo spazio da cui sono arrivati i tiri vincenti di Almqvist e Di Francesco. Da questo punto di vista c’è curiosità di capire l’impatto in Serie A dell’attaccante montenegrino Nikola Krstovic, arrivato negli ultimi giorni di mercato.
Fisico e movenze da attaccante di categoria, Krstovic ha trovato l’anno scorso la stagione della vita nella squadra slovacca del Dunajska Streda: nelle 35 partite giocate in tutte le competizioni sono stati 26 i gol segnati, tra cui 5 nelle 6 partite giocate nei turni di qualificazione alla Conference League, dove è sembrato semplicemente ingiocabile prima di incontrare la FCSB (l’ex Steaua Bucarest). Di Krstovic si può parlare della sensibilità con entrambi i piedi, della tecnica di calcio, della tendenza a uscire dall’area per associarsi coi centrocampisti, di quell’istinto intangibile che hanno certi attaccanti nel trovare la porta, ma molto della sua riuscita in Italia passerà da quanto riuscirà a reggere l’impatto con la Serie A da un punto di vista fisico e atletico. A questo proposito va detto che prima dell’exploit al Dunajska Streda, Krstovic era passato per la Stella Rossa di Belgrado senza lasciare traccia. Normale traiettoria di crescita per un attaccante ancora piuttosto giovane o sintomo di un livello non all’altezza di un contesto più competitivo? In ogni caso D’Aversa si è lamentato della scarsa precisione dei suoi sotto porta dopo la partita contro la Lazio e sicuramente Krstovic avrà le sue chance da giocarsi.
Visto il calciomercato del Lecce, comunque, spazio per sperimentare ce n’è ancora molto. Nelle prime due uscite ufficiali si è visto titolare come mezzala destra un altro nuovo acquisto, Hamza Rafia, l’anno scorso in Serie C. Trequartista tunisino tutto calzettoni abbassati e tocchi di suola, Rafia la scorsa stagione ha realizzato ben 15 assist, tra Juventus Next Gen e Pescara, ma a Lecce rischia di snaturarsi troppo in un centrocampo che chiede moltissimo lavoro senza palla. Per questa ragione occhio a un altro nuovo acquisto che contro la Lazio ha giocato i suoi primi minuti con la maglia giallorossa, cioè Mohamed Kaba. Mezzala molto dinamica nonostante la stazza (185 centimetri), Kaba ha già due stagioni in Ligue 2 francese nonostante i 22 anni non ancora compiuti. Per caratteristiche sembra entrare alla perfezione nelle idee di D’Aversa, che vuole «fare gol arrivandoci in più modi, anche con i centrocampisti occupando gli spazi dentro l’area». La scorsa stagione, con il Valenciennes, Kaba ha messo a segno 5 gol, anche tirando da fuori area con entrambi i piedi, ma il suo punto forte sembrano essere proprio i tagli in area.
Un altro volto nuovo che potremmo vedere spesso è quello di Patrick Dorgu. Terzino danese pescato la scorsa estate dalle giovanili del Nordsjaelland, Dorgu è subito partito titolare contro la Lazio (e contro il Como è entrato dopo solo un quarto d'ora), apparentemente senza accusare il salto dalla Primavera. La sua capacità atletica sulla fascia unita a una sicurezza tecnica impressionante per un 2004 senza alcuna esperienza a questo livello potrebbe seriamente mettere in pericolo il posto da titolare di Antonino Gallo, che pure viene da un’ottima stagione. Nel Lecce del demiurgo Corvino non si può mai stare tranquilli e tutto è in continua trasformazione. Per noi è solo divertimento e curiosità di scoprire nuovi giocatori, ma per una società piccola come il Lecce può essere una delle poche strategie di sopravvivenza a questi livelli. A volte in realtà sembra qualcosa di più di semplice sopravvivenza, o almeno credo questa sia l’ambizione di Corvino. «Lottiamo contro i Golia, ma alle volte anche i David riescono a vincere», ha detto durante la conferenza di presentazione di D’Aversa, per ringraziare pubblicamente Marco Baroni ma anche, forse, per augurarsi che il futuro si ripeta.
Miglior scenario possibile
D’Aversa riesce ad aggiungere il suo tocco mantenendo le basi del lavoro fatto da Baroni. Il Lecce è duro come la pietra, ma anche tagliente come una scheggia di vetro quando si avventura in attacco. Dopo la vittoria casalinga contro la Lazio nel girone d’andata arriva anche la vittoria casalinga contro il Napoli, la vittoria casalinga contro il Torino, la vittoria casalinga contro il Milan. Il Via del Mare diventa la nuova Bombonera italiana, il Lecce l’incubo della Serie A. A gennaio, dopo l’esonero di Massimiliano Allegri, esce il nome di D’Aversa per la panchina della Juventus e l’atmosfera si fa più pesante. Corvino va in conferenza stampa e cerca di utilizzare la metafora di Icaro e il sole ma utilizzando la storia di San Giuseppe da Copertino, il santo salentino che sapeva levitare e che per questo fu inizialmente accusato di abuso della credulità popolare. Nessuno ci capisce niente e pochi giorni dopo D’Aversa firma davvero per la Juventus. Per fortuna il Lecce ha già 30 punti - dieci in più rispetto all’anno prima. Corvino ne approfitta per mettere sotto contratto Fabio Grosso, a cui chiede di gettare le basi per la stagione successiva sperimentando il più possibile. Nella seconda parte di stagione il Lecce ha una media età di 19,8 anni e in campo si vedono soprattutto sconfitte, ma la squadra si salva comunque con cinque giornate d’anticipo. Il futuro, al Via del Mare, è radioso.
Peggior scenario possibile
La vittoria contro la Lazio si scopre essere un fuoco di paglia. Ai primi gol subiti D’Aversa abbassa il baricentro e la solidità del Lecce va in mille pezzi. Contro il Milan, a metà novembre, dopo una striscia di sei sconfitte consecutive, arriva un pesante 1-6. D’Aversa, infuriato, sostituisce Ramadani e in panchina arrivano alle mani. Corvino prende il toro per le corna e richiama Delio Rossi, ma la situazione precipita. A gennaio il Lecce è penultimo e deve fare i conti con la rottura del legamento crociato di Baschirotto. Nel frattempo la società cerca di rimediare sul mercato ma Corvino va in burnout. Nella sessione invernale mette sotto contratto 16 giocatori senza vendere nessuno e per garantire la sopravvivenza finanziaria della società il presidente Sticchi Damiani è costretto a licenziarlo. Prende il comando il direttore sportivo Trinchera che esonera Delio Rossi e richiama D’Aversa. Le cose sembrano migliorare, si vedono le prime vittorie convincenti. Dopo una buona seconda parte di stagione, il Lecce si gioca la salvezza all’ultima giornata. Avrebbe bisogno di una vittoria al Maradona contro il Napoli, che però a sua volta è in corsa per lo scudetto. La partita è tesa e nervosa fino al 90esimo, quando un tiro apparentemente innocuo di Osimhen passa tra le gambe di Falcone regalando il secondo scudetto consecutivo alla squadra di Rudi Garcia. Il Lecce invece è costretto a tornare in Serie B.
Giocatore da prendere al Fantacalcio
Gabriel Strefezza la scorsa stagione ha messo insieme 8 gol e 4 assist in una squadra che pensava soprattutto a difendersi. Quest’anno il Lecce sembra più interessato ad attaccare e Strefezza è ancora più centrale. Sapete già cosa sto per dirvi.
Giocatore da prendere a 1 al Fantacalcio
Con due gol nelle prime due partite giocate potete scordarvi di prendere ancora Almqvist a 1, ma per fortuna il Lecce rimane ancora una miniera di occasioni. Se siete amanti del bello e del rischio puntate su Rafia, se volete una scommessa più solida andate su Mohamed Kaba. Nikola Krstovic, invece, solo siete ultras di Pantaleo Corvino.