INTRO DUZIONE
Ecco, finalmente: i padroni di casa, i favoriti, la seconda squadra preferita di (quasi) tutto il mondo. Il Brasile, insomma. Che arriva al torneo con tanto casino fuori dal campo, con proteste, scontri e scioperi. C'è un movimento di pensiero popolare che si chiede se organizzare un torneo di calcio è la migliore delle idee quando ci sono tanti altri buchi da riempire: domanda validissima, se ne potrebbe parlare a lungo. A mio parere, se ci si interessa al mondo fuori dalla propria finestra, è una domanda che va fatta. Ma ci sono altri scrittori e giornalisti che hanno scritto belle cose sul tema, e questo non è il posto per discutere di ciò. Basta raccomandarvi di leggere questo, o questo, e infine guardare o questo o questo, perché è importante sapere cosa succede fuori dagli stadi. Intanto, qui tornerò a parlare di calcio.
UN PO' DI STORIA
Sul campo, invece, le cose sono molto positive. Il Brasile è favorito, in parte perché è il Brasile ed è sempre considerato uno dei favoriti, in parte perché giocano in casa, e l'argomento ha un certo senso. Un anno fa il Brasile vinse la Confederations Cup in grandissimo stile, battendo la Spagna 3-0 in finale. Hanno più stelle di molte altre Nazionali (sia sulle magliette sia sul campo), più giocatori esperti. Da un certo punto di vista, l'unica cosa che può mettere paura ai brasiliani è il Maracanazo, cioè il fantasma dei Mondiali persi a casa contro l'Uruguay nel 1950. Come ora, il Brasile era stra-favorito. Un 4-0 qua, un 7-1 là, la vittoria sembrava ovvia e inevitabile. Un pareggio con l'Uruguay nell'ultima partita e ce l'avrebbe fatta davvero. Proprio allora il Maracanazo scese in campo. Tutti volevano un pezzo della squadra che stava per diventare campione del mondo, tutti volevano una cosa o un'altra. La squadra aveva alloggiato in una villa isolata alla periferia di Rio per tutto il torneo, ma a tre giorni dalla partita decisiva la federazione cambiò sistemazione alla squadra. Gli ultimi giorni furono spesi nello stadio di Vasco da Gama, per facilitare le visite dei tanti VIP e della stampa. Il giorno della partita fu trasformato in una serie di riunioni, una dopo l'altra: il candidato per le prossime elezioni presidenziali, il governo dello stato di San Paolo, il ministro dell'educazione. Tutte questi riunioni rovinarono il pranzo dei giocatori e tanti salirono sull'autobus senza aver mangiato qualcosa. Sulla via per il Maracanã l'autista ha mandato a sbattere l'autobus contro il cancello di un parco; il capitano Augusto ha colpito con la testa il sedile davanti a suo. E per cinque minuti l'autobus è rimasto parcheggiato nel parco mentre l'autista esaminava i danni al veicolo. Dire che fu una preparazione inadeguata è comunque dire poco.
Per la cronaca la partita finì 2-1 per l'Uruguay. Niente oro, nessun trionfo brasiliano. Fu designato capro espiatorio il portiere Barbosa, prima della partita con l'Uruguay era considerato uno dei portieri più forti di sempre, dopo era l'uomo che aveva fatto piangere tutto il Brasile. Così nacque o complexo de vira-lata, cioè il complesso del bastardo: un senso di inferiorità con toni auto-denigratori e razzisti. Barbosa era un uomo di colore, e dopo quella partita anche l'ultimo portiere afro-brasiliano per 49 anni. Barbosa fu maltrattato al punto che nel 1993 quando visitò il ritiro della Nazionale prima dell'ultima partita della qualificazione, il CT Mário Zagallo gli proibì di andare a salutare Taffarel. La sua dignità fu distrutta, annullata. Da allora il “complesso di vira-lata” ha influenzato il Brasile, anche quello che vedremo quest'estate, fino a dettagli come la divisa di gioco. Nel 1950 il Brasile aveva giocato in maglia bianca con collo blu, che per scaramanzia non fu più riproposta. È da quel momento che il Brasile gioca con il classico giallo-verde, forse la divisa più conosciuta nel mondo del calcio.
LA ROSA
Scolari non ha perso tempo e ha nominato subito una rosa di 23 nomi. Nessuna rosa preliminare con 30 giocatori, nessuna speculazione, nessuno spazio per il lobbismo. In verità non c'erano sorprese nei 23, le convocazioni erano tutto sommato prevedibili da tempo. Ci sono dei giocatori fantastici anche fuori dalla lista, e giocatori meno fantastici in rosa: in particolare è legittimo nutrire dubbi sulla forma di Júlio César tra i pali, sovrappeso quando l'abbiamo visto al QPR. E chissà cosa ha combinato a Toronto. Vi faccio un esempio: Diego Alves del Valencia è un portiere di una qualità certamente non inferiore ai tre in rosa, ma non è stato incluso perché non è parte del gruppo. Scolari preferisce un gruppo unito, con giocatori che conosce da tempo. Questo approccio ci può piacere o no, ma non si può dire che Scolari abbia paura di metterci la faccia. Se vincerà, tutto andrà a posto e diventerà un tipo di santo nazionale informale. Se non vincerà, però, niente sarà a posto. Ma a quel punto non importa chi è stato incluso nella rosa e chi no, perdere i Mondiali a casa non sarebbe stato comunque accettabile. In questo modo almeno Scolari gioca le sue carte e si assume responsabilità delle sue scelte, e in questo c'è qualcosa da ammirare. Ormai si sa da tempo che il Brasile è costruito a partire dalla difesa. C’è stato uno spostamento, e adesso il talento brasiliano si trova soprattutto lì con Thiago Silva, Dani Alves, Marcelo, David Luiz. Per non parlare di Maicon e Dante in panchina, che se non fossero brasiliani probabilmente sarebbero titolari in 25-26 delle altre squadre del torneo. A cui vanno aggiunti: Filipe Luís e Miranda dell'Atlético Madrid e Marquinhos del PSG che guarderanno i Mondiali da casa come tutti noi. A centrocampo Scolari, essendo Luiz Felipe Scolari con annessi e connessi, ha optato per funzionalità più che fantasia. Paulinho, nonostante la stagione deludente al Tottenham, è certo della sua maglia titolare e considerate le partite che gioca abitualmente in maglia gialloverde, è giusto così. È più quel mostro fisico/tattico della Confederations Cup che il fantasma del nord di Londra. Con lui giocherà il mediano Luiz Gustavo, che a volte scende in difesa e permette a David Luiz di portare palla avanti. Paulinho e Luiz Gustavo formano insieme un blocco solido che filtra tanti palloni (tornerò sulla necessità di questo aspetto più tardi). Altre alternative lì includono Ramires, Fernandinho e Hernanes che, tranne l'ultimo, non sono proprio giocatori dotati di una tecnica raffinatissima. Non è per caso: il gioco di Scolari insiste sulla formula secondo cui i centrali difensivi e la coppia di centrocampisti davanti formano la spina dorsale della squadra. È sulla base di questi quattro che tutto il resto è costruito.
Scolari usa un undici (nel modulo 4-2-3-1) relativamente fisso con pochissimi punti interrogativi: Neymar ha il suo ruolo a sinistra dell'attacco, relativamente libero, mentre Hulk parte da destra per poi tagliare verso l'interno il prima possibile. È solamente una ipotesi mia, ma consiglierei a Hulk di andare alla grande fin dal inizio, altrimenti c'è pronto Bernard. Poi Fred come punta centrale. Neymar e Hulk d'accordo, sono forti, ma Fred può essere considerato un altro esempio della lealtà e della fiducia di Scolari verso i propri giocatori. Fred è un calciatore affidabile, non della stessa categoria di Neymar però (anche se, ehm, è molto popolare in patria). Altre squadre hanno attaccanti centrali come Diego Costa, Robin van Persie, Luis Suárez, Karim Benzema e Fred non può vantarsi di avere la stessa reputazione. Eppure funziona, ed è stato il capocannoniere della Confederations Cup un anno fa (5 gol in 5 partite). Erano solamente 5 partite, ma se Scolari insiste su di lui è difficile dargli torto. In totale con la maglia giallo-verde ha segnato 16 gol in 33 partite, o 0,48 gol per partita, mica male.
Quelli sopra descritti sono due reparti della squadra, nettamente diversi. Il rischio è che il Brasile finisca con avere due blocchi distinti: uno a difendere e l'altro ad attaccare. Ma abbiamo saltato una posizione particolare: quella di Oscar, trequartista moderno che collega il centrocampo con l'attacco. Combina il lavoro sporco con la capacità di servire con passaggi filtranti sui piedi degli attaccanti, dinamismo e rifinitura. Due esempi illuminanti: contro l'Italia nella Confederations Cup è stato lui (soprattutto) a pressare Pirlo e De Rossi, poi nella finale con la Spagna ha fatto cose come questa. Va detto però che viene da una primavera in netto calo, e verso la fine della stagione è stato bocciato da Mourinho (da aprile in poi Oscar non ha nemmeno giocato 4 partite intere, cioè 372 minuti). Può essere interpretato come un motivo in più per credere in lui, che così arriva ai Mondiali più fresco di tanti altri. Ma la verità è che se Mourinho lo ha ridotto ad una riserva un motivo probabilmente c'è. Un'alternativa potrebbe essere Bernard, o addirittura Willian che come Oscar sa fare entrambe le fasi di gioco. Ma è più adatto a un ruolo su una delle fasce che al centro, e la sensazione è che non ha la stessa intesa con il tridente davanti che ha Oscar.
Inoltre torniamo al concetto centrale di Scolari: sarebbe clamoroso se alla vigilia dei Mondiali cambiasse il trequartista, cioè l'organizzatore del gioco offensivo. Importanti sotto questo aspetto saranno anche i terzini, Dani Alves e Marcelo, per avere un gioco funzionante: con le loro incursioni offensive riducono i rischi che il gioco diventi statico e prevedibile. Sono i prototipi del terzino moderno che spinge in avanti, mantenendo l'ampiezza della squadra mentre gli esterni del tridente corrono verso la porta. Il rischio sarebbe invece che il Brasile non riesca a coprire gli spazi che lasciano quando salgono. Direi che è addirittura il pericolo maggiore, il difetto più difficile da nascondere visto il temperamento e la volontà offensiva dei due giocatori in questione. Diciamoci la verità, entrambi sono dei pessimi difensori quando il Brasile non ha la palla. È proprio per questo che Scolari insiste con Luiz Gustavo e Paulinho.
NEYMAR
Avevo pensato di scrivere di qualcun altro come uomo chiave per il Brasile. Neymar è una scelta così ovvia che rischia diventare solamente un'altra goccia nel mare di letterature dedicata a lui, ma alla fine ho sconfitto l'hipster che è in me. Certo che dobbiamo parlarne di Neymar. Del pischello che pare pesare poco più di 50 kg, ma che indossa quella maglia verde-oro pesantissima, col 10 sulle spalle, come se fosse una seconda pelle. Viene da un anno così così a Barcellona, il suo primo anno in Europa, e le cose non sono andate come dovevano. Ma forse quest'anno niente è andato come doveva per nessuno a Barcellona. Il Neymar che vedremo quest'estate invece somiglierà di più al Neymar che conoscono in Brasile, il fuoriclasse. La sua svolta è arrivata nel 2011 quando ha dovuto inventare un modo nuovo per saltare la marcatura dei difensori, segnando il 3-0 contro il Flamengo.
Quel gol, però, era solamente l'inizio di un duello stratosferico tra il vecchio re e il nuovo sfidante. Due minuti dopo quel 3-0, Ronaldinho (sì, proprio lui) segnava per il suo Flamengo, che poi otteneva il pareggio prima dell'intervallo. Neymar segnava di nuovo, lo faceva anche Ronaldinho portando il risultato sul 4-4. Verso la fine Ronaldinho ha segnato il suo terzo gol, quello vincente. Neymar ha perso quella partita, ma la stessa sera ha vinto la sfida per qualcosa di più grande: il prestigio di essere ritenuto il 10 indiscusso del Brasile. Neymar ha 22 anni, ma ha già giocato 48 volte per il Brasile. In quelle 48 partite ha segnato 31 gol e realizzato 23 assist. Scusate se urlo ma HA 22 ANNI E HA GIÀ SEGNATO 31 GOL IN NAZIONALE. Non per creare una rivalità inutile, ma solamente per darvi un punto di riferimento, sapete quanti gol ha segnato Ronaldinho in tutta sua carriera per il Brasile? 33. Cioè, uno dei giocatori più forti in assoluto degli ultimi 20 anni ha segnato un numero raggiungibile da un pischello di 22 anni nei prossimi 90 minuti che giocherà.
È facile citare le sue caratteristiche: la tecnica, il movimento, il tiro, l'intelligenza. Tante volte fa un numero che sembra spontaneo come salire i gradini delle scale. Magari per qualcuno è un numero inutile. Ma anche dal modo in cui fa i numeri si capisce la sua intelligenza, che Neymar è sempre consapevole di tutti i compagni intorno a sé. Guardatelo durante le partite, quando passa la palla non è mai — mai — la fine del suo coinvolgimento nell'azione. Passa la palla e si muove verso una nuova posizione. Non è un giocatore completo, e la stagione precedente è stata la prima in cui non ha superato gli ostacoli, ma se le speranze brasiliane restano sulle sue spalle non è difficile indovinare perché e oltre a essere quel giocatore che in un momento di ispirazione può decidere qualsiasi partita, Neymar ha un ruolo decisivo nello spogliatoio. Se mantiene la sua felicità e ottimismo, può essere un antidoto alla pressione esterna del pubblico.
CONCLUSIONI
Il Brasile è favorito, o almeno una delle squadre favorite. Un argomento pesante è la Conf Cup di un anno fa, vinta in maniera convincente e spettacolare. Ma è una competizione che ha poco a che fare con i Mondiali che vengono dopo: il vincitore della Confederations Cup precedente al Mondiale non ha mai alzato la Coppa del Mondo successiva. A pensarci in effetti l'anno scorso è stata la terza volta di fila che ha vinto il Brasile, e non è che hanno fatto un granché nei Mondiali di 2006 e 2010.
Tutto vero, ma quest'anno si gioca in America del Sud, un vantaggio potenzialmente enorme non solo per il Brasile (storicamente non ha mai vinto una squadra europea quando si gioca sul continente). In quella famosa partita del 1950, quando quasi 200.000 spettatori cantarono l'inno nazionale brasiliano al Maracanã, il centrocampista uruguayano Julio Pérez si è letteralmente pisciato sotto. Poi, come detto, l'Uruguay vinse lo stesso. Magari stiamo esagerando un pochino quando diciamo che giocare in casa sarà così decisivo? Forse sì, se si pensa che la Nazionale verde-oro giocherà in città come San Paolo, storicamente più ostile nei confronti della Nazionale rispetto a Rio.
Alla domanda di quanto lontano andrà il Brasile, ho la risposta pronta: dipende. Dipende a cosa si dà peso, lo spuntino che è stata la Confederations Cup o la mancanza di partite "vere" nella qualificazione sudamericana? Quanto conta che giocheranno a casa? Potrebbe essere anche uno svantaggio sentire le grandi speranze dal proprio pubblico? La maglia giallo-verde può pesare tantissimo, e i brasiliani saranno sotto pressione fino alla fine. Scolari ha ridato alla squadra uno slancio e fiducia in sé stessa. È un allenatore esperto che ha visto e fatto tutto a questi livelli, la possibilità di appoggiarsi a lui è un motivo per credere che i giocatori brasiliani faranno bene. Ma allo stesso tempo molto dipenderà da lui a livello tattico: oserà dare spazio ai panchinari se qualcosa non va? Può integrare Bernard o Hernanes nel gioco se qualcosa non funziona nell'11 titolare? E se Neymar dovesse saltare una partita? Poi non è detto che gli altri tecnici non si adattino sulla base di quel che ormai sanno. Non ho dubbi che la Spagna col doppio mediano e Xabi Alonso potrebbe chiudere proprio gli spazi che c'erano nella finale l'anno scorso (senza Xabi), e cosa farà in quel caso Scolari? Ci sono idee affascinanti che si potrebbero provare con questa rosa (anche senza l'omesso Lucas Moura), ad esempio si potrebbe passare ad un 4-4-2 con Willian e Bernard (o addirittura Ramires) sulle fasce e con Neymar alle spalle di Fred, o perché no con un rombo a centrocampo? Ma non è detto che Scolari oserà abbandonare una formula con cui ha già ottenuto un successo. Storicamente non è mai stato fissato su un modulo: in questo ciclo della Nazionale ha sempre usato lo stesso. La mancanza di partite vere, oltre alle 5 della scorsa estate, potrebbe aver impedito cambi necessari al suo gioco. Ho accennato alla Confederations Cup circa 1.294 volte in questo testo, e ha un suo perché: non sappiamo niente del Brasile di Felipão oltre a quel che abbiamo visto nel 2013. Presto, molto presto, ne sapremo di più.