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Guida al Mondiale femminile
18 lug 2023
Quattro temi per arrivare preparati, a partire da cosa aspettarsi dall'Italia.
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Dopodomani, con Nuova Zelanda-Norvegia, comincia la Coppa del Mondo femminile che, va subito detto per non essere tacciati di essere dei semplici venditori di fumo, si presenta al via con molti problemi. Forse mai prima questo torneo aveva dovuto affrontare così tanti ostacoli ancora prima del calcio d'inizio della partita inaugurale.

Innanzitutto i Mondiali di Australia e Nuova Zelanda saranno un problema di fruizione per il pubblico europeo, perché per via del fuso orario quasi tutte le partite si giocheranno di mattina e questo non può non essere un problema, soprattutto in giorni feriali e in avvicinamento alle vacanze agostane. L'orario delle partite è al centro di una discussione ancora più grande di come riusciremo a vederle ed è al centro del duro scontro andato in scena negli scorsi mesi tra il presidente della FIFA, Gianni Infantino, desideroso di monetizzare per la prima volta la vendita dei diritti televisivi della massima competizione calcistica femminile (anche per coprire l’aumento vertiginoso del montepremi, triplicato rispetto alla passata edizione, e che ha raggiunto quota 150 milioni di dollari), e i network televisivi europei, accusati di aver offerto poco o pochissimo. È un dibattito in cui le argomentazioni sulla parità di genere si mischiano al reale appeal economico delle partite in questione, soprattutto per quelle che non vedranno impegnate la Nazionale di casa.

La frattura tra la FIFA e le TV è stata parzialmente ricomposta grazie all’intervento dei ministri dello sport di Inghilterra, Francia, Germania, Spagna e Italia, ma ha lasciato comunque qualche strascico, facendo tornare il calcio femminile nel cono d’ombra del sussidio, della protezione, della concessione. Alla fine la FIFA ha incassato complessivamente molto meno del previsto e i telespettatori europei interessati riusciranno a vedere meno di quanto ci si aspettava. In Italia, ad esempio, potremo vedere solo poco meno di un quinto delle partite in programma (in esclusiva sui canali Rai), che saranno 64, per via dell’allargamento a 32 squadre del format della competizione (rispetto alle 24 precedenti).

Il cammino d'avvicinamento a questi Mondiali, poi, è stato martoriato dalle assenze. Molte delle più forti e note calciatrici del panorama internazionale non saranno in Australia e in Nuova Zelanda per colpa di infortuni riportati nel corso dell’ultima stagione, nella maggioranza dei casi lesioni al legamento crociato del ginocchio. Un vero e proprio bollettino di guerra che ha continuato ad allungarsi anche in questi ultimi giorni, privandoci di talento, sfide, duelli, giocate, soluzioni. Possediamo una certezza scientifica: la diversità di conformazione corporea rispetto agli uomini espone le donne a una maggiore incidenza di questa tipologia d’infortunio, tuttavia la scarsità di studi sugli sport femminili impedisce di conoscere l’incidenza reale di altri fattori come il ciclo mestruale, l’aumento delle partite e della competitività avvenuta negli ultimi anni, la conformazione delle scarpe e dei terreni di gioco, o se si tratti al contrario solo e semplicemente di una distribuzione statistica disequilibrata e sfigatissima, una vendetta divina contro il talento, con sommo scorno di appassionate e appassionati che non potranno vedere in campo le varie Mead, Williamson, Miedema, Katoto, Cascarino, Press e tante altre. Una sorte infausta a cui anche noi italiani abbiamo pagato pegno, con l’assenza di Martina Rosucci.

Come si dice, è inutile però piangere sul latte versato. E quindi veniamo alla guida, che si snoda in tre temi principali: cosa aspettarsi dal Mondiale dell’Italia di Milena Bertolini e quindi da quello delle nostre avversarie del girone G; uno sguardo alle grandi favorite per la vittoria finale; e uno alle principali outsider.

Quale Mondiale per l’Italia?

Con il nuovo format allargato saranno solamente due le squadre per ogni girone a qualificarsi agli ottavi di finale. L’Italia (numero 16 nel ranking FIFA) è stata inserita nel gruppo G insieme a Svezia (numero 3), Argentina (numero 29) e Sudafrica (numero 54).

Guardando solo le posizioni nel ranking si potrebbe superficialmente stare tranquilli per la qualificazioni agli ottavi, ma la verità è che dopo la delusione dell’Europeo inglese bisogna necessariamente andare con i piedi di piombo. Il realismo – di nuovo - con il quale ci troviamo ad affrontare un ragionamento sulle potenziali chance delle Azzurre ai Mondiali non può non tenere in considerazione il percorso fatto dalla squadra di Bertolini da Manchester ad oggi. Un percorso difficile, fatto di concenti sconfitte e flebili vittorie, mancanza di continuità, un complicato equilibrio tra assetto tattico e motivazione collettiva, dentro a un quadro generale di affievolimento della passione da parte del numeroso pubblico che si era avvicinato a questa squadra nel biennio magico 2018-2019.

Tenendo in considerazione un arco temporale che va dalla fine degli Europei dello scorso anno all’ultima partita ufficiale disputata contro il Marocco, contiamo in totale dieci partite, cinque sconfitte, quattro vittorie e un pareggio. Un quadro numerico che rispecchia una situazione altalenante dalla quale è difficile trarre conclusioni definitive rispetto a ciò che potremmo aspettarci dalla fase a gironi dei Mondiali. Molte delle avversarie contro le quali abbiamo perso o pareggiato, dall’Austria al Marocco passando per l’Irlanda del Nord, erano considerate squadre totalmente alla portata nel nostro immaginario, un po’ come fu per Islanda e Belgio agli Europei. Aver ottenuto risultati grigi contro Nazionali al nostro livello porta inevitabilmente a ridimensionare le aspettative nei confronti di una squadra tutt’ora alla ricerca di un’identità nel complesso cammino del ricambio generazionale. Un percorso che perlomeno, guardando le 23 convocate della CT, sembra aver preso piede, anche a costo di passare per improvvise accelerazioni ed esclusioni eccellenti – Gama su tutte. La realtà con la quale abbiamo iniziato a confrontarci dall’Europeo in poi è quella di uno stallo generazionale che non ci ha portato, a differenza di altre Nazionali, a compiere un forte passo in avanti verso il futuro del calcio femminile.

Un rallentamento probabilmente naturale, considerando l'arretratezza da cui partivamo rispetto ad altri Paesi europei, e che le riforme e gli investimenti hanno bisogno di anni per raccogliere i propri frutti. D’altro canto però, gli esiti felici e inattesi del Mondiale 2019 ci hanno portato a riporre speranze e aspettative per questa Nazionale, desideri spesso tradotti in una dimensione di pressione generale su calciatrici e obiettivi.

A voler essere ottimisti, comunque, c'è da dire che nelle ultimissime partite di avvicinamento al Mondiale l'Italia è sembrata in crescita, con due vittorie e un pareggio nelle ultime tre partite. Risultati che vanno presi con le pinze ma che di certo possono aiutare il morale di una squadra che è lontana anni luce dall'entusiasmo che si respirava qualche anno fa.

La rosa che affronterà la spedizione in Australia e Nuova Zelanda è composta da tre portieri, sette difensori (più due, Beatrice Merlo e Maria Luisa Filangeri, aggregate momentaneamente al gruppo) sei centrocampiste e sette attaccanti. Il denominatore comune a tutte le 23 convocate, e che le differenzia dalle Nazionali più competitive, è soprattutto il fattore fisico. L'Italia, soprattutto a centrocampo, è composta da giocatrici estremamente tecniche ma anche molto minute (fatta eccezione per le solite Salvai, Linari e Girelli), e questo potrebbe rivelarsi un problema specialmente contro le Nazionali più forti, come la Svezia, che cercano di esercitare un dominio anche atletico sulle proprie avversarie.

L'Italia dovrà saper sopperire ai propri limiti atletici con il gioco ed è qui che iniziano gli interrogativi più importanti. Le novità principali sono le convocazioni dell’attaccante Chiara Beccari, diciotto anni, di proprietà Juve e reduce dalla prima stagione in Serie A, disputata con profitto con la maglia del Como Women, e della centrocampista Giulia Dragoni, anni sedici, passata in pochi mesi dal debutto in Serie A con l’Inter alla chiamata del Barcellona - prima calciatrice straniera a entrare nella Masia - al Mondiale. Di entrambe colpiscono sicurezza e personalità con cui hanno finora affrontato la chiamata della Nazionale, totalmente inattesa e inimmaginabile un’estate fa. Con ogni probabilità la giocatrice che troverà più spazio sarà Chiara Beccari, per offrire un’alternativa all’assetto offensivo, mentre Dragoni potrebbe essere utilizzata nei minuti finali di un match in bilico, per lanciarsi in progressione verticale e più in generale per dare più creatività nell'ultimo quarto di campo, come l’abbiamo vista fare nei minuti giocati contro il Marocco (c'è da dire però che la sua presenza da titolare nella sfida a porte chiuse contro la Nuova Zelanda potrebbe far presagire anche scenari diversi). In ogni caso la sua presenza tra le convocate è un vanto per il movimento del calcio femminile italiano, non solo perché sarà la seconda più giovane giocatrice presente alla competizione, ma soprattutto perché parliamo della prima calciatrice convocata in Nazionale maggiore completamente figlia delle riforme avviate dalla federazione a partire dal 2015 e dei successivi investimenti dei club professionistici. Certo, parliamo di una singola calciatrice, e questo ci dice che occorreranno ancora tempo e pazienza, ma il suo talento fa ben sperare.

Al di là di queste due belle notizie, però, c'è grande incertezza su come Milena Bertolini possa disporre le sue giocatrici in campo. Nelle dieci partite giocate dall’Europeo in poi la CT ha schierato la stessa formazione solamente in due occasioni e sembra non esserci grande chiarezza sui principi di gioco. Le uniche giocatrici che sembrano rappresentare il chiodo inamovibile per la CT, basandoci sui dati delle presenze, sono Lenzini con 8 presenze da titolare in 10 match, a seguire Boattin, Caruso, Giugliano e Giacinti con 7 presenze da titolari su 10, e Linari con 5 su 10.

Resta un punto interrogativo importante circa le intenzioni sul reparto offensivo, dove alcune volte si è giocato con le due punte e altre volte con il tridente, prediligendo, in quest’ultima combinazione, un assetto con Giacinti/Girelli centrali e a ruota Bonansea, Cantore, Serturini o Glionna sugli esterni. Il nodo dell'attacco è importante tanto quanto il fattore centimetri a centrocampo perché l'Italia, è inutile girarci intorno, segna poco. Senza contare la goleada ai danni della Moldova finita 8-0, dove cinque gol su 8 sono stati segnati da due centrocampiste (Giuliano 1, Caruso 4), la media gol è di circa 0.7: un po’ bassa, considerando che lì davanti giocano tre delle migliori realizzatrici del campionato di Serie A appena concluso. Stiamo parlando di Cristiana Girelli con 15 gol in 23 presenze, Valentina Giacinti con 13 gol in 25 presenze e Barbara Bonansea con 8 gol in 15 presenze. È solo una questione di lucidità sotto porta o manca anche la creatività per arrivarci? Queste prime partite ci daranno qualche risposta. Nell'attesa della partita d'esordio (che sarà lunedì 24 alle 8 del mattino contro l'Argentina) ci teniamo l'entusiasmo lasciato da quell’Italia-Corea del Sud dello scorso febbraio, che vide Martina Rosucci sare il gol per il definitivo 2-1 al 95esimo.

Chi sono le avversarie dell’Italia?

Sudafrica

La vera avversaria dell’Italia per il secondo posto? Se nel nostro immaginario un piazzamento delle "Azzurre" da seconde è piuttosto fattibile nonostante le incertezze, i sondaggi social lanciati dai vari media vedono un certo sbilanciamento di chi commenta a favore delle sudafricane. Le "Banyana Banyana" sono tra le squadre più competitive del continente africano e non a caso sono riuscite a raggiungere per cinque edizioni la finale di Coppa d’Africa vincendone, nonostante ciò, solo una nel 2022 contro il Marocco. Aver affrontato proprio le marocchine in amichevole prima di partire per la Nuova Zelanda, in questo senso, è stata un’ottima mossa da parte dell'Italia per capire il livello che si ritroverà ad affrontare la nostra Nazionale.

Sia Sudafrica che Marocco utilizzano infatti un 4-4-2 molto diretto e il livello tecnico è simile. Anche nelle ultime amichevoli giocate, le sudafricane hanno dimostrato di prediligere un gioco verticale per innescare le giocatrici più fisiche e veloci come Hildah Magaia - autrice dei due gol vittoria in finale di Coppa d’Africa- e Thembi Kgatlana, l’unica giocatrice sudafricana a giocare in NWSL. Tecnicamente, comunque, il Sudafrica è una squadra alla portata, soprattutto da un punto di vista tecnico. Come già detto, la differenza la farà la freddezza sotto porta, visto che difensivamente le sudafricane non sembrano solidissime.

Nonostante questo, la CT del Sudafrica, Desiree Ellis, si è comunque dimostrata molto ottimista, come d'altra parte è ottimista tutta la comunicazione ufficiale della Nazionale, che come hashtag ha scelto #LiveTheImpossibile. «Poteva andarci peggio», ha detto Ellis dopo il sorteggio «Avremmo potuto incontrare squadre come Spagna, Stati Uniti, Olanda, Francia e Brasile».

Argentina

Accostata alla Colombia - battuta dalle "Azzurre" in un’amichevole di aprile al Tre Fontane di Roma - l’Argentina è una squadra molto offensiva e aggressiva, senza per questo essere approssimativa da un punto di vista tecnico. Nelle amichevoli di preparazione al Mondiale, la Nazionale sudamericana ha dimostrato di saper creare occasioni grazie al palleggio - una circolazione veloce sulla trequarti tra le giocatrici offensive che dovrà essere controllato con grande attenzione. L'Argentina cerca di attaccare l'ampiezza per arrivare in area con i cross, riempendo l’area di rigore con almeno tre o quattro giocatrici. Un'altra soluzione cercata molto dall'Albiceleste è il tiro alla distanza, fondamentale che riesce piuttosto bene alla maggior parte delle centrocampiste.

La giocatrice più coinvolta in fase di costruzione, e a volte anche negli inserimenti in area, è Kamila Rodriguez. Ottimo senso della posizione, brava con i piedi e con un occhio sempre vigile ai movimenti delle compagne.

Il punto debole di questa squadra, come per il Sudafrica, è la fase difensiva. Come abbiamo detto, non siamo l'attacco più letale del Mondiale, ma nello scontro diretto dovremo essere comunque brave a cercare insistentemente gli inserimenti degli esterni d’attacco mentre le punte tirano fuori le centrali avversarie. Insomma, nella sfida contro l'Argentina avrà un ruolo centrale la prestazione di Cristiana Girelli.

Svezia

Con una medaglia di bronzo conquistata ai Mondiali del 2019, una medaglia d’argento alle Olimpiadi di Tokyo 2020 e il raggiungimento della semifinale agli scorsi Europei, la Svezia è indubbiamente la squadra da battere in questo girone.

Certo, l'Italia ha già dimostrato di sapersi esaltare contro squadre apparentemente di livello più alto ma questo per paradosso non ci deve portare a sottovalutare i punti di forza di questa Nazionale. La Svezia vanta ancora un solido terzo posto nel ranking Mondiale ma la sensazione rispetto ad altre Nazionali che hanno dominato la scena negli ultimi cinque anni è quella di una squadra al suo ultimo Mondiale, almeno con il gruppo che ha fatto la sua fortuna in questi ultimi anni. Un declino che in parte è confermato dalle recenti sconfitte contro Australia - con un pesate passivo per 4-0 - e Danimarca. Detto questo, il divario tra le svedesi e le squadre che compongono il gruppo G è ancora molto ampio.

La Svezia è una squadra ricca di giocatrici complete che fanno della fisicità e della velocità un punto di forza. Se a questo si aggiunge il fatto che è composta principalmente da calciatrici abituate a giocare insieme capirete che i discorsi sul recente calo della nazionale scandinava sono relativi.

I reparti più solidi sono il centrocampo e l’attacco grazie all’impiego di atlete di ottimo livello che riescono ad essere complementari tra loro: Fridolina Rölfo, imponente attaccante del Barcellona con 12 gol e 8 assist tra Champions e campionato, Stina Blackstenius, attaccante cinica ed elegante dell’Arsenal, Filippa Angeldahl, giovane centrocampista del City sempre più centrale nei piani svedesi, Sofia Jakobsson, attaccante del Bayern Monaco e storico riferimento di questa Nazionale.

Il punto di domanda per quest’edizione è principalmente la difesa, un tempo pilastro intoccabile della selezione svedese, che oggi vacilla apparentemente nel segno di un mancato ricambio generazionale di reparto. Un'incognita che non dovrebbe presentare grossi problemi nella fase a gironi ma che potrebbe riproporsi in un eventuale ottavo di finale contro gli Stati Uniti. Vedremo.

Le quattro grandi favorite

Stati Uniti

Iniziano subito le note dolenti perché proprio gli Stati Uniti potrebbero ritrovarsi l’Italia in caso di qualificazione agli ottavi di finale. Un bel problema se pensiamo che quella stelle e strisce è la Nazionale storicamente più importante all'interno del calcio femminile, dominatrice incontrastata delle ultime due edizioni dentro e fuori dal campo, tra vittorie sportive e giuridico-contrattuali, e detentrice di metà dei trofei mondiali assegnati dal 1991 a oggi. È possibile pensare oggi a degli Stati Uniti a mani vuote alla fine del torneo? Quattro anni fa in Francia abbiamo assistito a un torneo vinto grazie ad armi care alla tradizione calcistica italiana, con molti gol segnati nei minuti iniziali delle partite e un atteggiamento molto prudente e passivo. Mai egemonia vacillò così tanto come nel rigore parato da Naher a Houghton all’80esimo della semifinale contro l’Inghilterra - Naher che ci sarà ancora e alla veneranda età di 35 anni è ancora uno dei portieri più forti del torneo, in una Nazionale che però vedrà quattordici calciatrici su ventitré fare il loro debutto in un Mondiale. Insomma è una Nazionale inaspettatamente giovane e inesperta, e questo potrebbe contare.

Pesano anche per gli Stati Uniti, poi, le assenze per infortuni. Dalla capitana Becky Sauerbrunn, guida difensiva e spirituale dall’alto delle sue 216 presenze con la maglia della Nazionale, a Caterina Macario, attaccante ammirata in questi anni a Lione, che alla Juventus in Champions due stagioni fa ha segnato uno dei gol più belli visti negli ultimi anni, fino ad arrivare Mal Pugh, che negli scorsi mesi aveva ritrovato una forma realizzativa strabiliante.

Le certezze si chiamano Alex Morgan, esperta regina di questo sport e riferimento centrale dell’attacco americano, e Rose Lavelle, faro del centrocampo il cui gol all’Olanda nella finale di Lione è diventato un progetto di arte visuale grazie a un ipnotico video su Youtube che lo inquadra da 14 angolature differenti, mettendone in risalto le raffinate capacità tecniche. Le novità più interessanti, invece, si chiamano Trinity Rodman, attaccante figlia d’arte e di grande potenza fisica; Sophie Smith, attaccante di piccola taglia dalla grande accelerazione, dotata di ottimo dribbling e di uno spiccato senso del gol, che può agire in entrambe le posizioni del tridente; e Naomi Girma, difensore centrale nominata rookie dell’anno dello scorso campionato americano, figlia di immigrati etiopi e laureata in linguistica computazionale a Stanford. Proprio a Girma spetterà l’onere di sostituire Sauerbrunn come guida del reparto difensivo.

Al di là dei nomi e delle strategie, comunque, il grande interrogativo che continua ad accompagnare gli Stati Uniti negli ultimi anni, e al quale forse le prossime settimane daranno una prima risposta, è se un modello così atipico come quello dello sport scolastico americano potrà continuare a recitare un ruolo egemonico nel calcio femminile internazionale anche con l’avanzare del modello europeo dei club professionistici e dei rispettivi settori giovanili.

Inghilterra

Un anno fa l'Inghilterra si è presentata agli Europei da favorita, senza deludere le aspettative. Quella della Nazionale di Sarina Wiegman fu una vittoria storica, in un Wembley gremito di pubblico che diede il via a una lunga incoronazione popolare mai vista prima nel calcio femminile europeo. A distanza di dodici mesi quattro delle titolarissime dell’Europeo non ci saranno. Una per ritiro dall’attività agonistica (Ellen White, il riferimento centrale dell’attacco inglese), tre per infortunio (Kirby, Williamson e Mead). Le ultime due, il pilastro difensivo e l’attaccante esterna in grado di segnare sempre, tanto da vincere la Scarpa d’Oro, sono assenze ferali. La profondità della rosa, infatti, è stato uno dei fattori centrali nella vittoria agli Europei, in particolare con le giovani Russo, Toone e Kelly a determinare da subentrate, con gol pesantissimi e decisivi. Stavolta le prime due saranno titolari, e di conseguenza le rotazioni saranno più difficili, di certo meno di talento.

In attacco, al posto di White, c’è una sorpresa, Rachel Daly, 22 gol in 22 partite stagionali nel campionato inglese con la maglia dell’Aston Villa e la particolarità di aver sempre giocato in Nazionale da esterno basso sinistro.

Quello inglese resta tuttavia l’undici più completo, più forte e meglio allenato delle 32 squadre in gara, in grado, con un’intensità senza pari, di fare male alle avversarie nella pressione alta e nella velocità della circolazione della palla. Le grandi certezze sono Keira Walsh e Georgia Stanway, la prima con la sua capacità di orchestrare il gioco e dettare i tempi davanti alla difesa e di bucare le difese avversarie con i suoi filtranti, la seconda con la sua capacità di recuperare palloni, di buttarsi negli inserimenti e di fare male con il tiro da fuori. Occhio anche a Lauren James, sorella minore di Reece, al suo primo Mondiale, giocatrice offensiva di rara potenza e tecnica che ha tutto per essere la next big thing del calcio femminile europeo.

Germania

Chi invece può sfruttare le rotazioni, decisive nella fase a scontri diretti, è la Germania. Per profondità di talento, mix tra esperienza e gioventù, tecnica, velocità e forza fisica, quella tedesca è la squadra più completa delle 32 partecipanti al via, una generazione d’oro attesa nel prossimo decennio alla conquista di un grande titolo. Il simbolo di questa abbondanza è Lena Oberdorf. Perno basso del centrocampo e fulcro del gioco, soprattutto in fase di costruzione, Oberdorf è la più abile giocatrice al mondo nei contrasti e nel recupero palla, per via di un baricentro basso e di un fisico monumentale. Non a caso può anche giocare da centrale difensiva. L’inganno risiede nel fatto che, a fronte di un modo di stare in campo da veterana, ha solo 22 anni ed è la seconda giocatrice più giovane della rosa, dietro solo alla sua compagna di squadra Jule Brand (altro grande talento offensivo che si muove sulla corsia sinistra, che deve però affinare le scelte negli ultimi 30 metri per diventare veramente letale).

Nonostante l'abbondanza tecnica, però, la Germania parte comunque leggermente dietro a squadre affermate come Stati Uniti e Inghilterra. È una Nazionale ancora inesperta a questi livelli, insomma, e deve ancora dimostrare di gestire la pressione che si alza in un torneo ad eliminazione diretta. I limiti della Nazionale allenata da Martina Voss Tecklenburg sono stati particolarmente evidenti nell’ultima amichevole in casa persa per 2-3 contro lo Zambia, che potrebbe essere una delle grandi rivelazioni di questo Mondiale (occhio soprattutto a Barbra Banda e Rachael Kundananji).

Spagna

La Spagna è uno dei movimenti più forti e strutturati nel panorama del calcio femminile globale e questo è confermato dal fatto che possa permettersi di rinunciare per scelta tecnica ad alcune delle giocatrici più brillanti del panorama internazionale e rimanere comunque una delle favorite al titolo. È faccenda ormai nota quella delle quindici giocatrici che mesi fa firmarono una lettera di rinuncia alla Nazionale a causa di forti frizioni con il CT Jorge Vilda. Un ammutinamento in piena regola, un aut aut diretto alla federazione che nonostante tutto non ha ceduto alle richieste delle giocatrici e confermato la fiducia nel suo allenatore. Un fatto impossibile da ignorare per poter discutere di una potenziale corsa al titolo da parte della nazionale spagnola, che ad oggi, a causa di questo clima, rinuncia ad uno dei centrali difensivi più forti al mondo, Mapi Léon, e ad altre giocatrici di primissima scelta, tra cui Patri Gujarro, Marta Cardona e Sandra Paños.

Mentre molte giocatrici sono tornate sui loro passi e altre sono rimaste fedeli alle loro richieste, la Spagna si appresta a giocare un Mondiale senza una vera serenità di base all’interno del gruppo, ingrediente che, come sappiamo, è in grado di determinare il successo o l’insuccesso di una squadra in una grande competizione. Basteranno un Pallone d’Oro (Alexia Putellas), un Pallone d’Oro in the making (Aitana Bonmati), un’attaccante con un passato da ostacolista (Salma Paralluelo), il ritorno della miglior marcatrice spagnola (Jenni Hermoso) e l’affidabilità di difensori come Irene Paredes e Ona Battle? L’eleganza e l’intensità del gioco spagnolo non hanno molti eguali nel calcio femminile contemporaneo, anche se spesso ha accusato difficoltà di tenuta contro squadre maggiormente aggressive e fisicamente preparate come Germania o Inghilterra. Basterà?

Tre outsider

Francia

Nel progetto di dominio mondiale del calcio per Nazionali, specchio della grandeur gaullista che fa da timbro originario dello sport francese, spicca il vuoto di successi della Nazionale femminile, nonostante un ciclo di investimenti partito ormai venticinque anni fa. C’è il senso di un progetto incompiuto, specchio di un movimento che negli ultimi anni ha occupato le prime pagine della stampa sportiva transalpina più per le lotte interne tra l’ex CT Corinne Diacre e alcune delle calciatrici più rappresentative, le colonne del Lione plurivittorioso, da Wendy Renard ad Amandine Henry.

La novità con cui la Francia arriva in Australia è proprio la fresca nomina di un altro Renard, Hervé, a commissario tecnico, primo allenatore al mondo a disputare in meno di nove mesi due Mondiali calcistici di genere diverso. Il suo arrivo ha riportato calma e serenità in un ambiente tormentato, oltre a diverse senatrici in precedenza epurate da Diacre, anche se Amandine Henry ha dovuto dare forfait per infortunio. Inseriamo la Francia tra le outsider proprio perché parliamo della Nazionale più colpita dagli infortuni, soprattutto nel reparto offensivo, dove non vedremo Marie Antoinette Katoto al centro dell’attacco, sostituita nelle amichevoli pre-Mondiale da Eugenie Le Sommer senza esisti di rilievo, e Delphine Cascarino sugli esterni. Anche la giovane prodigio del Lione, Selma Bacha, proposta in maniera inedita nel tridente, si è infortunata nell’amichevole contro l’Australia della scorsa settimana, per giunta al 96esimo di gioco, e il suo recupero è ancora incerto. Insomma, la Francia dovrà dimostrare di essere cresciuta molto nel gioco con Renard per essere più forte delle assenze.

Australia

Il Mondiale dell’Australia è già iniziato davanti a 50mila persone in un match contro la Francia che di amichevole ha avuto ben poco. I due anni che hanno preceduto questo momento sono stati ripresi da Disney in un documentario sulle "Matildas", seguendone passo passo la preparazione al Mondiale tra amichevoli, infortuni, distanze chilometriche da percorrere e la ricerca di un equilibrio tra benessere individuale e collettivo.

Per molte giocatrici questo Mondiale arriva dopo un periodo intenso fatto di poche pause, tanti impegni e intere giornate passate a smaltire il jet lag per raggiungere il ritiro della Nazionale. Un ostacolo subito chiaro per Tony Gusavsson che da quando è stato nominato CT dell'Australia ha pianificato gli impegni e le convocazioni per consentire alle sue giocatrici di arrivare a questa competizione al meglio della forma.

La partita contro la Francia è stato un ottimo test dal quale abbiamo ricavato due informazioni importanti: la prima è che il pubblico di casa e l'Australia vivono un legame a doppio filo e saranno più importanti di quanto non ci si aspetti; la seconda è che Gustavsson è riuscito a lavorare bene per ricreare una squadra stabile. Ha ritrovato la forma fisica di Ellie Carpenter, uno dei migliori esterni destri del mondo, dopo l’infortunio al crociato, e quella di Katrina Gorry dopo la gravidanza; ha inserito in pianta stabile le giovani Mary Fowler e Cortnee Vine garantendosi un piano B a Caitlin Foord e Sam Kerr; e infine ha lavorato bene con Alanna Kennedy per guidare i movimenti della difesa. Un lavoro emerso visibilmente in occasione dell’amichevole con la Francia che ha rivelato un gruppo dinamico e affamato.

L’Australia giocherà nel gruppo B contro Canada, Irlanda e Nigeria. Il passaggio del turno è piuttosto scontato ma per passare da prima del girone e quindi avere un ottavo favorevole dovrà vedersela con il Canada, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokyo 2020.

Brasile

Affidare il timone della nazionale a Pia Sundhage, allenatrice con alle spalle altri due Mondiali con due squadre diverse, significa voler puntare in alto. Con la golden age di Marta e Formiga al tramonto, la Seleção affronterà questo Mondiale nel tentativo di ritagliarsi un posto tra le big dopo aver vinto la Copa América da imbattute.

Nel 2019 il Brasile uscì ai gironi confermando in qualche modo le basse aspettative nei confronti della squadra, reduce da un periodo di forma non ottimale. Quello che vedremo in Australia sarà però un Brasile diverso, forte e rinvigorito da una generazione di giocatrici notevoli nonostante la giovane età. Una rosa tecnicamente preparata e che ha tratti sembra atleticamente dominante, fattore che sembra fare la differenza nei tornei internazionali. Tra le giocatrici più conosciute in Italia menzioniamo Andressa Alves, ex centrocampista della Roma, e Kathellen Sousa, ex difensore centrale dell’Inter.

Le amichevoli di preparazione al Mondiale sono state positive. Due in particolare le partite che hanno rafforzato le convinzioni del Brasile: la vittoria in amichevole contro la Germania per 1-2 e la sconfitta solo ai rigori nella "finalissima" femminile contro l’Inghilterra fresca di titolo europeo (partite giocate a pochi giorni di distanza, ad aprile). Segnali positivi in vista di questo Mondiale, che finalmente ci dirà chi è questo nuovo Brasile, se una giovane squadra in via di formazione o una nuova potenza in divenire.

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