
Ed eccoci arrivati agli ottavi di finale di Champions League, il momento che tutti stavamo aspettando dopo l’utter woke nonsense della fase playoff (se invece il nuovo formato vi piace eccovi una bella puntata di 1 contro 1 sul tema per aiutarvi a discuterne). A differenza degli scorsi anni, tutte e otto le partite si giocheranno nella stessa settimana e, addirittura, sia di martedì che di mercoledì una delle sfide andrà in scena alle 18:45, una formula che forse valorizza le sfide del tardo pomeriggio (tranne per chi va allo stadio ovviamente) ma che permette di seguire un numero minore di partite, dato che andranno in scena su due settimane e non su quattro. Tutte questioni alle quali dovremo abituarci da qui ai prossimi anni.
Nel frattempo, comunque, l’urna di Nyon ci ha regalato incroci davvero interessanti. A distanza di otto anni dalla magia di Benzema sulla linea di fondo che proiettò il Real Madrid in finale di Champions, ritorna il derby di Madrid, una sfida che in Europa magari non dà spettacolo ma che offre sempre grandi storie e dettagli di qualità impareggiabili.
Se Atlético-Real Madrid è cinema d’autore, un film di Scorsese, PSG-Liverpool è un colossal della Marvel, pieno di effetti speciali, con giocatori pronti a correre a mille all’ora eterodiretti da due maniaci come Slot e Luís Enrique.
Di fronte a queste due sfide, rischia di passare in secondo piano il derby tedesco tra Leverkusen e Bayern Monaco, che in Champions si giocano buona parte della loro stagione.
Come per il turno precedente, per arrivare preparati a quello che, insieme ai quarti di finale, è il momento migliore del calcio europeo, qui per voi c’è una guida agli ottavi di finale. Nel primo paragrafo troverete una presentazione della gara dell’unica italiana rimasta, l’Inter, che affronterà il Feyenoord. Più avanti, invece, la preview del derby di Madrid e di PSG-Liverpool, dove si parlerà dei rispettivi stati di forma e delle chiavi dei match. Poi un breve excursus sul derby di Germania e, in generale, sulle altre partite degli ottavi, che sembrano meno equilibrate.
INTER-FEYENOORD
-STATI DI FORMA
Feyenoord: ↘️
Inter: ➡️
Prosegue la tournée del Feyenoord nel nostro Paese, che da qualche anno, ormai, passa quasi più tempo in Italia che in Olanda. Dopo aver affrontato Roma (una volta in Conference e due in Europa League), Lazio (in Europa League e in Champions League) e Milan (in Champions), stavolta tocca all’Inter.
La stagione della squadra di Rotterdam è stata a dir poco tribolata fino ad adesso: difatti, il passaggio del turno contro il Milan è stata l’unica gioia del 2024/25. Come sappiamo, prima della sfida con i rossoneri il Feyenoord aveva esonerato il tecnico Priske per sostituirlo momentaneamente con Bosschaart. Intanto, però, la società ha deciso di puntare in maniera definitiva su Robin van Persie. Una scelta interlocutoria, visto che al di là dello status di leggenda del club, van Persie di certezze ne offre ben poche.
Van Persie arriva direttamente dall’Heerenveen (in Eredivisie è possibile che un allenatore passi da un club all’altro in qualsiasi momento della stagione). Dopo aver vissuto un inizio di stagione difficile, in cui ha lambito la zona retrocessione e in cui ha anche perso 9-1 in casa dell’AZ Alkmaar, van Persie ha trovato la quadra e ha riportato l’Heerenveen a metà classifica: si tratta quindi di un tecnico che si sta formando sul campo.
Sabato ha disputato la sua prima e finora unica partita da allenatore del Feyenoord: uno 0-0 casalingo contro il NEC, in cui ha anche dovuto rinunciare a Milambo e Moder – che però dovrebbero esserci con l’Inter: visto il poco tempo a disposizione, vista la scarsa esperienza e visti gli infortuni che hanno falcidiato il Feyenoord quest’anno, è difficile pensa che van Persie possa proporre un piano gara diverso da quello di Bosschaart nelle partite contro il Milan.
Il Feyenoord dovrebbe quindi aspettare l’Inter con un 4-5-1 o con un 4-4-2 – il modulo usato al ritorno col Milan, che però si era rivelato meno impermeabile rispetto al 4-5-1 – per poi ripartire grazie a Paixão e Hadj Moussa, con Smal dalla difesa e Milambo da centrocampo pronti a innescarli. L’Inter dovrà stare attenta a coprire bene l’ampiezza, vista la precisione con cui gli olandesi usano i cambi gioco per innescare le ali.
Per quanto il Feyenoord sia insidioso in transizione, però, l’Inter non è ingenua come il Milan a palla persa e, soprattutto, ha più soluzioni contro squadre chiuse: se si lascia ai difensori dell’Inter campo per avanzare, in pochi sono in grado di creare scompensi come loro. Nell’occupazione dell’area, poi, la squadra di Inzaghi è molto più minacciosa. Il Feyenoord, insomma, per competere ha bisogno di qualcosa in più.
La squadra di Inzaghi sa essere estremamente fluida, ma quando vuole evitare pericoli muove uomini e pallone in maniera più accorta: posto che a San Siro ci sarà la versione più offensiva dell’Inter, nella partita d’andata al de Kuip i nerazzurri scenderanno in campo con volontà di mantenere sotto controllo la contesa oppure vorranno provare a chiudere subito il discorso qualificazione accettando di rischiare con la palla?
ATLETICO MADRID-REAL MADRID
-STATO DI FORMA
Atlético Madrid ↗️
Real Madrid ↗️
A dimostrazione di quanto sia inutile giudicare le squadre d’élite prima dell’arrivo di febbraio, il Real Madrid, che sembrava un gigante dai piedi d’argilla in autunno, ha trovato un modo di far convivere le sue stelle. Merito di come Ancelotti ha risolto i dubbi dettati dalle carenze della rosa, spostando Valverde terzino destro e affidando il centrocampo a Ceballos, ma anche del maggior impegno di Vini e Mbappé senza palla.
Al tredicesimo anno sulla stessa panchina, invece, Simeone è riuscito a dare nuovamente una forma ai suoi grazie a risorse inaspettate. Se da Julián Alvarez era giusto pretendere che si trasformasse nella stella della squadra, in pochi, dalle parti del Metropolitáno, erano disposti a concedere ulteriore fiducia a Rodrigo De Paul, che però negli ultimi mesi è tornato a rendere come non accadeva dai tempi dell’Udinese. Ma a dare una scossa a tutto l’ambiente è stato il figlio del "Cholo", Giuliano, che gioca esattamente con l’energia e la convinzione che in ogni momento dovrebbe connotare una squadra come l’Atleti. Insomma, per entrambi, nonostante qualche passo falso in campionato, si tratta del momento migliore per affrontare il derby.
Come sempre nelle eliminatorie dell’Atlético Madrid di Simeone, sarà il fattore campo a determinare l’andamento dell’eliminatoria. È facile immaginare la versione più reattiva in assoluto dei colchoneros nella gara d’andata, quella del Bernabéu, in una sorta di replica di quanto visto nell’ultimo derby in campionato. L’obiettivo del "Cholo" sarà quello di uscire dal primo confronto in svantaggio al massimo di un gol, perché poi, in casa, l’Atleti è sempre un’altra squadra, soprattutto nei primi minuti, quando estremizza il pressing alto e salta al collo degli avversari.
Nel secondo tempo della gara di campionato, il Madrid aveva preso il sopravvento e l’Atleti era stato sul punto di finire KO più di una volta. Sappiamo quanto la squadra di Ancelotti ami sviluppare a sinistra, dove tendono ad addensarsi i suoi fuoriclasse. Contro l’Atleti, però, rischia di essere decisiva l’altra fascia, quella dove dovrebbe difendere Javi Galán, un terzino che fatica a imporsi nei duelli: proprio per sfruttare quel punto debole, a ricevere sulla corsia di Galán, quella di destra del Real, nella gara di campionato non c’era solo Rodrygo, ma anche Mbappé, che vi si allargava.
Per evitare sofferenze simili a quelle del secondo tempo, l’Atleti dovrà difendere in maniera energica ed attiva in blocco basso. Anche perché il Real, persino nel momento di maggior impeto, di spazi per ripartire ne ha concessi. Vini e Mbappé hanno iniziato a difendere ma non sono diventati di certo degli specialisti nel pressing. Difesa e centrocampo di Ancelotti, poi, tendono a slegarsi facilmente. L’Atleti è riuscito spesso a ripartire, o con le conduzioni e i filtranti di De Paul, oppure con Llorente e Giuliano, che stiravano la squadra attaccando lo spazio dietro l’ultima linea. Le armi per colpire in transizione, con giocatori così verticali, l’Atleti le ha tutte, anche perché Julián, a dispetto della stazza, è un attaccante che vince duelli.
Insomma, sopravvivere al Bernabeu è difficile ma non impossibile, anche per via delle assenze del Real Madrid. All’andata mancherà Bellingham, fondamentale per reggere l’ammasso di talento offensivo della squadra di Ancelotti col suo atletismo e con i suoi movimenti da attaccante ombra. Bellingham, però, al Metropolitano dovrebbe tornare. Chi non ci sarà per un paio di mesi, invece, è Dani Ceballos, e nessuno lo avrebbe mai immaginato, ma l’andaluso è stato forse l’uomo che ha dato la svolta alla stagione del Real Madrid.
Ceballos ha ridato regolarità alla squadra, perché le ha offerto uscita palla, controllo dei ritmi e quindi anche maggior equilibrio a palla persa, funzioni alle quali non potevano adempiere né Camavinga per la sua vocazione troppo verticale né Tchouameni per i suoi limiti tecnici. Però, sappiamo come funziona con il Real Madrid: magari Camavinga prende il posto di Ceballos e gioca due delle migliori partite della sua vita. Del resto, in Champions League il francese è stato già decisivo, anche se soprattutto da subentrato e con Kroos ancora accanto. I veri romantici, però, si augurano di rivedere lì in mezzo Luka Modrić, per godere di una sua ultima grande esibizione, nella speranza che abbia raccolto le forze proprio per momenti come questo.
In ogni caso, l’andata deciderà buona parte dell’esito dell’eliminatoria. Il Real, dopo la prova di forza col City, è ampiamente favorito. Se però l’Atleti riuscisse a sopravvivere, ha le armi per superare il turno in casa. Oltre a generare occasioni col pressing alto e i calci piazzati che ne deriveranno, l’Atleti di quest’anno ha le idee più chiare anche su come attaccare contro difese schierate, con De Paul a innescare Griezmann e Julián, e Giuliano e Llorente a offrirgli sbocchi in verticale. Se la sfida dovesse mantenersi in equilibrio, poi, chi entra dalla panchina fa sempre la differenza per il Cholo: Correa da anni è il miglior subentrante al mondo, Sørloth può aggiungere centimetri e anche Koke, che non ha più il passo per partire dall’inizio, ha una grande influenza a partita in corso – ammesso che riesca a recuperare visto che anche lui è acciaccato. In Liga, su 43 gol l’Atleti, 17 sono arrivati dopo il 75’, quasi la metà.
PSG – LIVERPOOL
-STATI DI FORMA
PSG: ⬆️
Liverpool: ↗️
Nella prima parte di stagione il Liverpool è stata probabilmente la squadra migliore d’Europa, primo in Premier e nella fase campionato della Champions League. I "reds" sono virtualmente campioni d’Inghilterra, ma tra gennaio e febbraio hanno conosciuto qualche inciampo: pareggi contro squadre di alta classifica come Aston Villa e Nottingham, e contro le rivali storiche Manchester United ed Everton, ed eliminazione dalla FA Cup per mano del Plymotuh. Poco male, perché la velocità di crociera dei primi mesi era insostenibile. E poi, il momento di accelerare inizia proprio ora.
Il PSG, invece, nel nuovo anno ha raccolto 15 vittorie e 1 pareggio in 16 partite. La squadra di Luís Enrique ha già chiuso i giochi in Ligue 1, e questa non è una novità, ma il modo in cui sta asfaltando le sue avversarie non era mai stato così brutale.
PSG-Liverpool insomma ha tutta l’aria di essere l’incrocio più pirotecnico di questi ottavi di finale, tra due squadre dalla forte vocazione offensiva.
Come da tradizione, il Liverpool è sempre una squadra aggressiva e verticale, ma con Slot ha acquisito più controllo tecnico. Gravenberch, in particolare, è il fulcro della manovra. L’olandese, grazie alla sua capacità unica di eludere la pressione, anche di spalle, non ha bisogno di avvicinarsi ai difensori per ricevere: aspetta più avanti, lontano dai centrali, fornendo così un’altezza in più alla manovra del Liverpool. Konaté e van Dijk, così come Alexander-Arnold, hanno il compito di pescare Gravenberch o i giocatori più avanzati con passaggi che superino sempre le linee di pressione avversarie, senza essere quasi mai conservativi.
Se chi imposta può permettersi di esplorare passaggi rischiosi, è perché chi riceve sa come metterli a frutto. La precisione negli scarichi di prima dei giocatori offensivi del Liverpool è eccezionale, così come i loro primi controlli. Portato il pallone sulla trequarti, la qualità nello stretto e i dribbling di giocatori come Salah, Luis Díaz e MacAllister crea scompensi nelle difese e apre spiragli in cui possono triangolare e sfondare verso la porta, anche perché Salah e Luis Díaz, oltre alla tecnica, offrono movimenti verticali che pongono ulteriori variabili da controllare agli avversari. Tutto ciò rende gli attacchi del Liverpool incredibilmente dinamici anche contro difese chiuse.
Dall’altra parte, invece, la dittatura illuminata di Luís Enrique finalmente è riuscita a partorire una squadra efficiente: gioco di posizione classico, dove nessuno ha il diritto di avvicinarsi al pallone, con due giocatori fissi in ampiezza e gli altri ad aspettare di ricevere tra le linee. Gli obiettivi sono isolare Barcola a sinistra, far ricevere in condizioni di vantaggio i giocatori nei corridoi centrali, oppure far chiudere l’azione ad Hakimi sul lato cieco.
Niente di nuovo, ma non è solo il collettivo il motivo per cui il PSG si avvicina con fiducia alla sfida.
L’arma in più dei francesi, infatti, è quello che a tutti gli effetti possiamo considerare il miglior giocatore del 2025, già autore di 17 gol in 12 partite nel nuovo anno: sua maestà Ousmane Dembélé. Finalmente ai livelli più alti stiamo ammirando il Dembélé del Rennes, la vera notizia però è che spesso lo sta facendo da falso nove: non più relegato in fascia, se riesce a girarsi il francese può sfuggire dappertutto con la sua ambidestria. Dembélé quindi potrebbe essere il fattore decisivo di una eliminatoria di Champions, vedete voi se considerarla una cosa divertente oppure corruzione dei costumi.
Con premesse del genere, inquadrare PSG-Liverpool da un punto di vista tattico potrebbe essere complicato.
In generale, la maggior parte del possesso dovrebbe andare al PSG, anche per via dell’inflessibilità di Luís Enrique. Come poi si è visto contro il Manchester City, squadra posizionale per antonomasia, il Liverpool può affrontare fasi della partita in blocco medio, con la volontà di scatenare i suoi velocisti in transizione. È lo scenario più plausibile per la gara d’andata al Parco dei Principi.
L’elaboratissima fase difensiva del Liverpool, un 4-2-4 o 4-2-3-1 in cui gli attaccanti scivolano da un lato all’altro mentre i difensori devono rompere la linea per tamponare le ricezioni dietro il centrocampo, si regge non solo sull’ordine, ma anche sulla capacità dei suoi interpreti di ripetere gli sforzi e rientrare furiosamente sotto palla se una linea salta. È anche questo il segreto della continuità del Liverpool. La Champions, però, è un’altra cosa: se salta una linea contro un avversario come il PSG, e riesce a ricevere e a girarsi un giocatore come Dembélé, Doué o Kvara, rientrare e mettere una pezza è davvero difficile.
E poi, Slot dovrà fare di tutto per proteggere la fascia destra. Alexander-Arnold, in uno contro uno difensivo, a parte le preghiere non ha molte armi (non per sottovalutare le preghiere ma insomma avete capito). Qualche settimana fa Doku lo ha fatto ammattire e Barcola potrebbe fare lo stesso. Il francese non solo può puntarlo in dribbling, ma può anche attaccare lo spazio alle sue spalle, altro aspetto difensivo in cui Alexander-Arnold è carente, per usare un eufemismo. Il PSG cercherà di sfruttare in maniera sistematica quella debolezza, anche perché Salah, per quanto si impegni ancora in fase difensiva, non può garantire l’applicazione che forniva a 27 anni. Slot, quindi, dovrà escogitare qualcosa per evitare che il PSG si impadronisca di quella fascia.
Al netto delle questioni generali, comunque, in campo vi sarà una quantità tale di giocatori fenomenali in velocità e in dribbling, che la contesa potrebbe trasformarsi in un continuum di transizioni. Il PSG, per quanto non sia mai stato ordinato come quest’anno, non ha la coesione difensiva del Liverpool né la stessa capacità di rientrare, se non in Hakimi e Nuno Mendes. Lo scambio di colpi continuo favorirebbe il Liverpool.
BAYERN MONACO - BAYER LEVERKUSEN
-STATI DI FORMA
Bayern Monaco: ➡️
Bayer Leverkusen: ↗️
Dopo la travolgente cavalcata del Bayer Leverkusen dello scorso anno, le gerarchie in Germania sembrano essersi ristabilite. Al momento il Bayern Monaco comanda la Bundesliga con 8 punti di vantaggio sulle "aspirine", che pagano lo scotto per un inizio di stagione singhiozzante. La squadra di Xabi Alonso sembrava proiettata alla rimonta, ma lo 0-0 contro il Wolfsburg, seguito dal più pesante 0-0 nello scontro diretto di metà febbraio, ha frustrato le sue ambizioni.
Nessuna delle due squadre, quindi, può dirsi pienamente soddisfatta della propria stagione. Il Leverkusen perché il titolo sembra lontano e di certo non è una delle favorite per la Champions. Il Bayern perché, pur tornando a vincere in campionato, ha zoppicato più del dovuto, soprattutto in Europa, dove non ha nemmeno sfiorato la qualificazione tra le prime otto.
Lo scarto in campionato imporrebbe di pensare che, tra le due, la favorita sia il Bayern, ma l’equazione è meno automatica di quanto sembri. Nella partita di due settimane fa, infatti, per quanto Neuer abbia mantenuto la porta inviolata, il Bayer Leverkusen è riuscito a produrre 1,71 xG secondo StatsBomb, contro i soli 0,09 del Bayern. Numeri frutto di un domino sul campo che è stato netto.
Il Bayer, col pressing, ha esposto tutta la povertà della fase di possesso del Bayern Monaco. Kompany, nonostante il livello dei suoi uomini, non è riuscito a creare nessun circuito associativo, per cui al Bayern non resta che andare il prima possibile dalle ali, senza garantirgli nessuna condizione di vantaggio: un problema, visto che Coman non è più quello dei giorni migliori e Olise non è al livello dei suoi illustri predecessori.
Se dovesse ripresentarsi uno scenario del genere, la capacità del Bayern di uscire da dietro dipenderebbe soprattutto dal gioco spalle alla porta di Kane e Musiala, due giocatori fenomenali a liberarsi con un tocco solo, che vincendo il duello col diretto marcatore potrebbero inclinare il campo. È una questione dirimente soprattutto in vista della partita d’andata, che si giocherà all’Allianz Arena, perché è lì che il Bayern dovrà dimostrarsi superiore. Se i bavaresi dovessero uscire in vantaggio dalla gara d’andata, al ritorno potrebbero disegnare una partita di blocco basso e transizioni, scenario ideale per le ali e per Alphonso Davies: del resto, già lo scorso anno con Tuchel le gare migliori erano arrivate proprio quando la squadra aveva potuto giocare in maniera reattiva.
Il Bayer Leverkusen, dal canto suo, è una squadra duttile, capace di interpretare più piani gara. Tante volte in Europa, nel corso della stessa partita, l’abbiamo vista partire in maniera aggressiva per poi abbassarsi nel secondo tempo. Come vorrà affrontare l’andata in trasferta? Il pressing alto si era dimostrato un buon modo per tenere a bada il Bayern Monaco, ma si sa quanto la Champions sia diversa e quanto, anche in maniera inconscia, a volte inviti a comportarsi in maniera diversa dal solito. Ciò che non mancherà saranno quei momenti della partita in cui al Bayer sembra impossibile togliere la palla, in cui fa grande densità sulla fascia per combinare sul corto e trovare improvvisamente uno sbocco verso l’area.
C’è grande curiosità, poi, per la prima grande notte europea di Florian Wirtz: il tedesco ogni volta che riceve tiene sotto scacco almeno tre uomini, perché i primi due li salta sempre e il terzo non è detto che riesca a fermarlo. Riuscire a mantenere lo stesso ascendente, sui compagni e sugli avversari, in una partita di Champions, sarebbe il vero statement della sua carriera fino ad ora.
Al contrario, la Champions League di quest’anno rischia di essere una competizione davvero infausta per Vincent Kompany: nella fase campionato la sua squadra ha perso contro l’Aston Villa e ha rimediato un umiliante 3-0 in casa del Feyenoord; agli ottavi, poi, ha dovuto sudare fino all’ultimo contro il Celtic. Il fatto che la finale si disputi proprio all’Allianz Arena renderebbe inaccettabile un’eliminazione prematura: ancor più se dovesse arrivare contro un’altra squadra tedesca.
COSA ASPETTARSI DALLE ALTRE PARTITE?
Ad eccezione dei derby di Madrid e di Germania, e dell’incrocio tra Liverpool e PSG, le partite di questi ottavi di finale sembrano tutte squilibrate, almeno sulla carta.
Anche se è sempre un piacere ritrovare a questo punto della competizione scenari come il Da Luz e il Philips Stadion, è difficile pensare che Benfica e PSV possano superare Barcellona e Arsenal.
L’ultimo incrocio tra Arsenal e PSV in una eliminatoria di Champions risale alla stagione dell’addio di Henry, la 2006/07, la prima dell’Emirates, e fu decisa da una zuccata di Alex che qualificò gli olandesi. La solidità dimostrata dall’Arsenal nei suoi giorni migliori e la svagatezza del PSV nel nuovo anno (in campionato la vittoria manca da quattro turni), lasciano un margine di riuscita ristretto alla squadra di Bosz.
Il Benfica, invece, aveva messo alle corde il Barcellona a gennaio, salvo poi perdere in maniera rocambolesca per 4-5. Si trattava, però, del momento peggiore della squadra di Flick, che ha ritrovato efficienza e si presenta agli ottavi con un Pedri in forma smagliante. D’altra parte, sappiamo quanto il Barcellona giochi sempre sul filo, visto che Flick alza in maniera estrema la sua linea difensiva. Gli spazi per ripartire al Benfica non mancheranno, ma la potenza di fuoco del Barcellona sembra troppo difficile da arginare.
Brugge e Lille, invece, sono state le squadre più sorprendenti del torneo fino ad ora, ma quante speranze hanno rispettivamente contro Aston Villa e Borussia Dortmund? Unai Emery è uno dei più grandi specialisti delle sfide a eliminazione diretta e il suo progetto con l’Aston Villa era nato proprio per arrivare a vivere serate del genere: soprattutto col monito delle partite contro l’Atalanta, è facile pensare che il tecnico basco ceda il pallone agli avversari per colpire in transizione, dove Mekele e Ordonez potrebbero soffrire.
Il Borussia Dortmund, invece, anche quest'anno riesce a essere molto più risoluto in Champions che in campionato. Il divario di esperienza e, soprattutto, di atletismo nei confronti del Borussia sembra difficile da compensare per il Lille. La squadra di Genesio, però, fino ad ora ha saputo giocare con sfrontatezza. In ogni caso, questa potrebbe essere la sfida con gli highlights migliori: se amate i dribblatori pazzi (Bynoe-Gittens, Zhegrova, Haraldsson), le mezze punte classiche (Brandt, Cabella) e o centrocampisti di prospettiva (Angel Gomes, Bouaddi), Lille-Borussia Dortmund potrebbe darvi tante soddisfazioni.