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Emanuele Atturo

Guida alla Repubblica Ceca

Una Nazionale che agli Europei fa spesso bene.

Ci sono cose del calcio per nazionali che non sono semplici da spiegare, per esempio: come mai la Repubblica Ceca si è qualificata ai Mondiali una sola volta, ma è sempre una delle migliori nazionali europee? Può vantare la celebre finale del 1996, persa contro la Germania, e poi le semifinali del 2004 e i quarti nel 2016 e nel 2020. Nonostante questo, facciamo fatica a considerarla una delle scuole calcistiche di prestigio del continente.

 

Anche a questi Europei la Repubblica Ceca arriva con premesse simili. La squadra è forte, ha giocato un girone di qualificazione solido eppure se ne parla poco. Non stiamo chiaramente dicendo che può vincere gli Europei, o che sia paragonabile alle migliori nazionali d’Europa, ma in quella fascia di mezzo può dare fastidio anche alle squadre più quotate.

 

Si è qualificata seconda con due punti in meno dell’Albania, ma 4 più della Polonia. È stata bruciante la sconfitta per 3-0 in casa dell’Albania; la classica partita sbagliata dall’inizio alla fine, condizionata da un’espulsione nel primo tempo che ha costretto la squadra a rincorrere di un gol e di un uomo per tutto il match. Esclusa quella partita, la Repubblica Ceca non perde da novembre 2022. Dopo le qualificazioni il CT Silhavy ha rassegnato le proprie dimissioni; una decisione che ha spiazzato l’opinione pubblica, che però fino a quel momento era stata molto severa nei suoi confronti.

 

Se da fuori non ci aspettiamo mai niente dalla Repubblica Ceca, nel paese c’è molta pressione attorno alla Nazionale.

 

Dopo la qualificazione Silhavy se ne è andato da signore: «Anche se ora siamo felici avevamo già deciso prima della partita di non continuare. Ho informato il presidente Fousek. La pressione è enorme e a volte nemmeno riesco a capirla. Non capisco perché ci sono così tante critiche aggressive nei miei confronti. È questo che ha contribuito alla mia decisione». Forse però c’era qualche problema anche con lo spogliatoio. Prima della partita decisiva delle qualificazioni contro la Moldavia Silhavy aveva rimandato a casa tre giocatori trovati in discoteca la sera prima della partita: Vladimir Coufal, Jakub Brabec e Jan Kuchta.

 

Al suo posto è arrivato Ivan Hasek, il cui ultimo campionato ceco vinto risale al 2001 con lo Sparta Praga; dopodiché ha girato per il mondo: Arabia Saudita, Emirati Arabi, Francia, Giappone. Il suo ultimo incarico è stato sulla panchina della nazionale libanese. Da giocatore è stato capitano della squadra ai Mondiali del 1990, mentre da allenatore è stato in carica già nel 2009, ma molto brevemente. Con lui, comunque, la squadra ha ottenuto tre vittorie su tre, con Norvegia, Armenia e Malta (7 a 1). I giornali dicono che l’atmosfera dello spogliatoio sia migliorata.

 

Hasek ha sottolineato qualcosa di cui ci siamo accorti anche noi, che scriviamo sempre con grande attenzione delle coppe del giovedì, e cioè che il calcio ceco sta vivendo un buon momento: «Ho notato un incredibile crescita nella qualità del campionato. Posso dire tranquillamente che una persona si diverte guardando giocare lo Sparta, lo Slavia o il Viktoria Plzen. Il livello è molto più alto e si può competere con nazioni calcisticamente più sviluppate».

 

Una squadra fisica e senza grossi punti deboli

Come in altre edizioni, la Repubblica Ceca propone un undici molto completo e senza grandi punti deboli. Una squadra che, da tradizione, abbina qualità fisiche e tecniche, senza incredibili eccellenze. Come altre formazioni in questo europeo gioca con una difesa a tre che diventa facilmente a 5, e poi con un triangolo di centrocampo con un vertice alto (col calzettone basso, biondissimo e abbronzatissimo: Antonin Barak). La coppia di centrocampisti è il motore della squadra. C’è il gigante Tomas Soucek, mediano fenomenale nei duelli e con una presenza aerea da sfruttare in entrambe le aree; accanto lui, come i poliziotti delle serie, il brevilineo e tecnico Sadilek. Una ex promessa del calcio ceco che si è un po’ persa con gli anni. Dopo aver esordito con van Bommel al PSV sembrava sul punto di spiccare il volo, ma ha dovuto abbassare le proprie aspettative. Rimasto in Eredivisie, si è ricostruito una credibilità al Twente. È un centrocampista con una bella sensibilità nel controllo palla e nel gioco di passaggi, ma anche molto dinamico e bravo nelle letture difensive. Con Soucek forma una coppia di grande equilibrio, che offre sicurezze ai compagni, e a un reparto difensivo che non brilla. È forse il reparto con più lacune individuali e ha bisogno di essere protetto, evitandogli troppi uno contro uno con spazio. È un reparto piuttosto giovane, con nessuno dei centrali che arriva ai venticinque anni: un bene o un male?

 

Gli esterni, Coufal e Jurasek, sono molto atletici ma hanno forse più responsabilità offensive di quanto siano in grado di sostenere. È una squadra che rifinisce spesso le azioni con un cross, anche per sfruttare la bravura aerea degli attaccanti: Hlozek, Chytil, Schick, Chory, Kuchta. Non ci sono però giocatori in grado di dribblare e disordinare le difese con azioni individuali. La Repubblica Ceca è una delle nazionali che ha dribblato meno durante le qualificazioni al torneo.

 

I limiti della Repubblica Ceca si vedono di fronte ad avversari più talentuosi. È raro, almeno negli ultimi due anni, che la squadra ottenga risultati di prestigio, che vadano oltre le proprie possibilità. In un complicato girone di Nations League, ha rimediato brutte sconfitte sia dalla Spagna che dal Portogallo, che ritroverà fatalmente anche all’Europeo. Nel girone c’è anche la Turchia, una squadra con più qualità e con cui la Repubblica Ceca ha perso in amichevole non troppo tempo fa. Riuscirà a fare da guastafeste di una Nazione che proietta grandi significati sul calcio?

 

Schick e Hlozek

Patrik Schick è la stella di questa squadra, lo ha ammesso anche il CT Hasek, che ha confermato la sua importanza tecnica ma anche di leadership nello spogliatoio. La sua carriera è piuttosto indecifrabile. Alla Sampdoria sembrava una specie di versione mitteleuropea di Dennis Bergkamp, un attaccante completo e con un’estetica impalpabile – la classe. Alla Roma è appassito nel 4-3-3 di Di Francesco e sembravano esserci troppe ambiguità riguardo il suo ruolo: è una punta centrale, ma al contempo non è del tutto a proprio agio spalle alla porta. A volte offre un’estrema impressione di fragilità, che fa brillare ancor di più il suo stile artistico. Come utilizzarlo? Al Leverkusen ha ritrovato un suo senso, in una squadra che gli permette di attaccare la porta partendo anche da lontano, senza fare sempre da riferimento centrale statico. Quest’anno ha avuto un infortunio importante che lo ha tenuto lontano dai campi per parecchio, ma una volta rientrato è stato decisivo per la vittoria del titolo della squadra con svariati gol segnati negli ultimi minuti. A 28 anni la sua presenza e il suo impatto in area di rigore sono decisamente migliorati.

 

Lo storico gol di Schick allo scorso Europeo.

 

In Nazionale ha sempre fatto bene; in un calcio meno organizzato tatticamente e meno intenso il suo talento riesce a emergere spesso in modo più chiaro: 18 gol in 37 presenze rappresentano uno score davvero notevole; anche se misuriamo il peso di questi gol Schick segna spesso ad avversari di alto livello (Paesi Bassi, Danimarca, Svizzera, Croazia fra le sue ultime vittime). Ad affiancarlo ci sarà il suo compagno al Leverkusen e “next big thing” del calcio ceco, il ventiduenne Adam Hlozek. Rispetto a Schick, è un giocatore più atletico ed esplosivo, con un’idea più diretta e brutale del proprio ruolo. Tuttavia anche lui è un giocatore con notevoli qualità tecniche nel controllo e soprattutto nel tiro. Un giocatore che ama defilarsi soprattutto a sinistra per accentrarsi nello spazio di mezzo e calciare. I due, insomma, sembrano molto compatibili sulla carta.

 

È impressionante, a pensarci, che Hlozek e Schick abbiano sei anni di differenza ma quasi lo stesso numero di presenze in Nazionale – segno dei diversi problemi fisici avuti da Schick finora in carriera. Dietro di loro ci sono centravanti più fisici come Chory o Chytil, che nel caso potranno entrare per farli rifiatare, o giocare anche dal primo minuto per stancare le difese al posto loro. Di certo dai colpi di Hlozek e Schick dipende la possibilità che la Repubblica Ceca riesca ad andare oltre i propri limiti.

 

 

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Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021) e "Visionari, la percezione alterata degli sportivi" (Einaudi, 2024).