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Guida alle semifinali di Champions League 2018
24 apr 2018
12 domande sul penultimo atto della più importante coppa europea.
(articolo)
23 min
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Chi è uscito peggio tra Barcellona e PSG?

Fabio Barcellona

Il Barcellona. Il PSG, al netto di una partita di ritorno giocata piuttosto male, è stato anche sfortunato: l’infortunio di Neymar e avere pescato, tra le seconde, il Real Madrid, non hanno certo agevolato i parigini.

È vero che il PSG è stato deludente rispetto alle aspettative, ma mi pare certo più grave essere eliminati dalla Roma che dal Real Madrid, specie dopo il 4-1 dell’andata. Anche perché l’eliminazione ai quarti di finale, la seconda di fila, certifica i grossi problemi del Barcellona nell’immaginare un futuro senza Messi. Se la pragmatica gestione Valverde ha consentito di vincere la Liga agevolmente, grazie anche alla complicità di un distratto Real Madrid, ad alti livelli il Barca sembra, sempre più, legato mani e piedi al suo fuoriclasse e incapace di tollerare i suoi infortuni e i suoi cali di forma.

Il progetto tecnico, che dalla prossima stagione farà i conti anche con la partenza di Iniesta, sembra di corto respiro e il Barça sta già pagando il conto. Il progressivo percorso di Luis Enrique verso una squadra meno corale e più centrata sullo sfruttamento ossessivo dei propri campioni in attacco, la partenza di Neymar, l’invecchiamento di alcuni giocatori cardine hanno impoverito la squadra e si fatica a scorgere la direzione che i dirigenti blaugrana hanno in mente per il necessario rinnovamento tecnico e tattico della loro squadra.

Fabrizio Gabrielli

Credo vada fatta una distinzione tra chi è uscito peggio e chi ne è uscito peggio. Nel primo caso, d’accordo con Fabio che il Barcellona ha davvero gettato alle ortiche, come si dice, la qualificazione contro un avversario tecnicamente inferiore, soprattutto dopo il vantaggio della gara d’andata. Il Barça è in una fase storica che preannuncia cambiamenti: in una stagione ha perso Mascherano e Iniesta, due capisaldi che ne hanno agevolato i successi negli ultimi anni, si avverte la fine di un ciclo (dove magari saranno centrali Coutinho e Dembélé) e magari sarebbe tempo di inaugurarne uno nuovo che torni a puntare sulla Masia (che la sua Champions l’ha vinta).

Per il PSG, invece, il ciclo dovrebbe già essere iniziato. Ma non inizia mai. Dopo l’eliminazione con il Real, Mbappé ha sottolineato come sia risultata evidente la «differenza tra i grandi giocatori e i campioni». Nell’intervista a Le Figaro è molto ottimista per il futuro, ma una società che affronta con tutta quella tracotanza il Fair Play finanziario credo abbia una concezione diversa di futuro, che dovrebbe essere adesso. Per questo il crollo che in potenza potrebbe fare più fragore è quello dei francesi. E i mal di pancia di Neymar sembrano i primi rombi del Perito Moreno che inizia a sfracellarsi, nella sua maestosità.

Qual è stata la sorpresa più grande finora?

Fabio

Non ci sono dubbi che sia stata la Roma. Già nella fase a gironi era difficile immaginare che i giallorossi potessero arrivare davanti a una tra Atletico Madrid e Chelsea e qualificarsi per gli ottavi. La vittoria del girone era già un ottimo risultato per Di Francesco e il passaggio ai quarti aveva confermato la bontà della stagione europea che sembrava però doversi arrestare davanti al Barcellona. E invece la Roma ha giocato una magnifica partita di ritorno, favorita anche da un Barcellona sconcertante, e ha meritato ampiamente la semifinale. Una magnifica sorpresa per tutta la Serie A.

Per la Roma, nel frattempo, è arrivato anche il tanto agognato main sponsor.

Emanuele Atturo

L’eliminazione del Manchester City è stata uno choc. Il City è stata forse la migliore squadra di questa stagione in Europa per rendimento, e il fatto che abbia vinto il campionato così presto sembrava poterla mettere nelle migliori condizioni per concentrarsi sulla Champions. Stiamo parlando di una squadra che ha perso 5 volte quest’anno. Il Liverpool in più sembrava una vittima designata perché non poneva al City particolari problemi tattici - sulla carta - o tecnici.

La sconfitta in più ha confermato le difficoltà europee di Guardiola: un tema che è stato usato spesso in maniera strumentale dagli haters del tecnico, ma che ora ha basi più solide.

Dario Saltari

A livello assoluto non c’è una sorpresa più grande della Roma, che nelle previsioni di praticamente tutti avrebbe dovuto fermarsi già ai gironi. Ma non bisogna dimenticare nemmeno il Liverpool, che ha avuto un percorso molto più semplice di quello della Roma di Di Francesco (almeno fino ai quarti di finale), ma che nessuno si aspettava potesse eliminare il Manchester City e che non arrivava in semifinale da dieci anni. Anche il Bayern Monaco, in un certo senso, è una sorpresa, alla luce della sua difficile prima parte di stagione e dell’esonero di Ancelotti. Sono delle semifinali inedite da tanti punti di vista, a parte quello del Real Madrid che sembra entrare in una dimensione diversa ogni volta che affronta una partita di Champions League.

Doveva essere la Champions League delle squadre inglesi, che bilancio possiamo fare finora?

Fabio

Il Chelsea è arrivato sin dove il suo attuale valore gli ha consentito di arrivare. Non è tra le prime 8 squadre d’Europa e la vittoria al Wanda Metropolitano contro l’Atletico Madrid ha nobilitato il suo percorso nel girone. Contro il Barcellona ha anche giocato bene, mettendo in difficoltà tattica la squadra di Valverde e non è stato nemmeno troppo fortunato. Il Tottenham ha vinto il girone davanti al Real Madrid, che ha battuto a Wembley e ha fermato al Bernabeu. Negli ottavi ha messo sotto per lunghi tratti la Juventus ed è servito tutto il cinismo dei bianconeri per eliminare la squadra di Pochettino. Come in patria, la proposta di gioco degli Spurs è stata ottima, ma manca sempre qualcosa per fare l’ultimo passo: esperienza o qualche sterlina in più da spendere sul mercato? In ogni caso il Tottenham non può certo essere considerato una delusione, anzi.

Del Liverpool è quasi inutile parlarne: è in semifinale con concrete possibilità di arrivare in finale, ha fatto fuori nettamente il Manchester City nel derby dei quarti e ha il migliore attacco, per gol realizzati, della Champions. Comunque vada Klopp ha già vinto, ma la finale è a un passo e non raggiungerla sarebbe una grossa delusione. Le due squadre da cui era lecito aspettarsi di più erano le due di Manchester. Il City per larghi tratti della stagione è sembrato ingiocabile per tutti, ma la doppia sconfitta contro il Liverpool ridimensiona, ai miei occhi, la stagione di Guardiola. Il tecnico catalano conosce molto bene Klopp e, oltretutto, già in campionato il City aveva perso ed era andato in difficoltà contro il Liverpool. Non avere trovato le giuste contromosse al combinato di pressing e ripartenze dei Reds e, anzi, avere operato alcune mosse (come lo schieramento con il doppio pivot e Walker esterno alto, al posto di Sterling o Bernardo Silva) che hanno favorito gli avversari non possono non pesare nel giudizio sulla stagione del tecnico e della squadra.

Salah e Firmino che fanno impazzire il Manchester City.

La scelta di Mourinho, infine, di rinunciare a giocare al calcio e di puntare tutto sui chili e i centimetri dei suoi giocatori è stata punita. Non mi aspettavo molto di più dallo United visto in stagione, ma non avere approfittato di un sorteggio tutto sommato comodo non può che ricadere sulle spalle dell’allenatore portoghese.

Emiliano Battazzi

Le inglesi hanno superato tutte la fase a gironi ma solo una è in semifinale. Può sembrare deludente ma credo ci siano discorsi differenti per ogni squadra. Sono d'accordo con Fabio sul Chelsea, è stata una stagione molto particolare per la squadra di Conte e onestamente ha dato il massimo. L'eliminazione del City è la vera sorpresa ma considerando le qualità del Liverpool e come queste si intrecciano con alcuni punti critici dei Citizens non è neppure così sorprendente. Il Tottenham ha giocato ottimi 180 minuti contro la Juve ma gli è mancata la gestione dei momenti, che è come entrare in un cinema senza i popcorn - prima o poi te ne penti. La vera grande delusione è il Manchester United, che per proposta di gioco e risultati è forse la più deludente, soprattutto in Europa. Ma l'anno prossimo mi aspetto miglioramenti da tutte, credo siano su strade calcistiche corrette, che alla lunga daranno i loro frutti. L’importante sarà soprattutto avere guide stabili.

Il Real Madrid rischia seriamente di vincere la terza champions league di seguito. Quali sono stati i meriti di Zidane quest’anno?

Daniele V. Morrone

Zidane e il Real Madrid in generale hanno scommesso tutto sulla vittoria di questa Champions League, e quindi un risultato diverso dalla vittoria finale renderebbe la stagione un fallimento. È una situazione inedita, inconcepibile per qualsiasi altra squadra, che però mostra l’incredibile fiducia nei propri mezzi di questo gruppo. I meriti di Zidane non sono tattici, perché da quel punto di vista si porta dietro un lavoro già fatto la scorsa stagione, ma soprattutto di gestione del gruppo. L’allenatore francese è stato bravo a risparmiare le forze fisiche e mentali negli ultimi mesi per arrivare nel momento clou della stagione con la maggior parte degli elementi in condizione psicofisica ottimale.

La capacità insomma di farli entrare in quella dimensione metafisica in cui il Madrid gioca le partite ad eliminazione della Champions League, e di farlo tra l’altro in condizioni fisiche ottime: tutti gli elementi fondamentali di questa squadra - Cristiano, Isco, Kroos, Modric, Carvajal, Marcelo, Sergio Ramos - sembrano in gran forma. Giocatori a cui ha saputo gestire i minuti in campo anche a scapito di giocatori importanti come Benzema o in rampa di lancio come Asensio, coinvolti più degli altri nel turn over, ma che sta mettendo il Real Madrid nella condizione in cui sarebbe voluto essere tre mesi fa.

Ronaldo continua a fare questo tipo di gol in allenamento.

Emiliano

Il discorso sul Real Madrid continua a farsi sempre più complicato. Onestamente, neppure questa stagione sarà ricordata per la qualità del gioco e per la costanza. Il grande merito di Zidane è di trovare sempre un abito tattico diverso per i suoi campioni, cioè aver reso i Blancos una squadra liquida, in cui i giocatori sono messi nelle migliori condizioni per rendere al massimo dal punto di vista individuale. Il grande paradosso del Real Madrid è che sono i singoli ad aiutare la squadra e non viceversa, quasi ribaltando la frase di Di Stefano («Ningún jugador es tan bueno como todos juntos», cioè “Nessun giocatore è più forte di una squadra”). Il Real Madrid continua a non convincere neppure nella singola partita (avrebbe meritato di perdere in casa contro il Psg, e non parliamo del ritorno contro la Juve) ma ha ottime chances di vincere la terza Champions consecutiva. La vera domanda per me riguarda la legacy di questa squadra: come sarà ricordato il Real Madrid di Zidane? Forse come una grande jazz band in cui nessuno seguiva lo spartito eppure tutti suonavano la stessa musica.

Sicuramente ci sarà un outsider in finale di Champions League, in futuro dovremo aspettarci più sorprese di questo tipo oppure sarà una piccola oligarchia?

Dario

Sorprese come le abbiamo avute quest’anno saranno sempre più improbabili per via dell’allargamento del gap finanziario che allontana i grandi club dai piccoli club sempre di più anche in Europa. D’altra parte, queste sorprese sono improbabili anche oggi. A meno che non si vogliano considerare l’Atletico Madrid e il Borussia Dortmund come “piccole” (stiamo parlando in realtà del 13esimo e del 12esimo club più ricco al mondo secondo l’ultimo rapporto Deloitte), bisogna tornare fino al 2004, quando in finale si ritrovarono di fronte il Porto di Mourinho e il Monaco, per trovare delle squadre comparabili alla Roma. Il Liverpool rimane un club che, per intenderci, ha un fatturato superiore a quello della Juventus, e, per quanto l’impresa sportiva contro il Manchester City sia innegabile, rimane difficile definirlo davvero un outsider. La squadra di Klopp è sicuramente una sorpresa ma non si può certo dire che non faccia già oggi parte di quella piccola oligarchia che tende a dominare le fasi finali di questa competizione.

Daniele V.

La Champions League è costruita per essere un’oligarchia. Nella fase ad eliminazione conta soprattutto gestire i momenti della gara e per saperlo fare bisogna averli già vissuti. Fosse un girone all’italiana sarebbe diverso, ma così com’è chi ha la capacità economica di mantenere un gruppo di grandi giocatori per più anni è destinato ad andare avanti con il tempo. Real Madrid e Bayern ne sono l’esempio più evidente. Le inglesi hanno la capacità economica di mantenere il gruppo nel tempo e quindi sono destinate ad entrare nella cerchia di chi può vincere ogni anno. Senza la Superlega quindi ogni anno ci sarà magari una sorpresa, ma sarà destinata a cambiare nel nome perché legata ad un singolo gruppo: come lo sono state Dortmund e Monaco in tempi recenti.

Jonathan Wilson sostiene che le squadre che dominano in campionato non sono abituate a difendersi e si trovano poi male in Champions League. Siete d’accordo?

Daniele V.

Detta così può sembrare una conclusione affrettata: ogni squadra ha una storia e un contesto diverso e non è giusto generalizzare. Già tempo fa poi questo discorso venne fatto da Michael Cox in relazione alle squadre che dominano nei campionati minori, come Celtic, Basilea o Olympiacos. Squadre abituate a vincere partendo dal dominio del pallone in patria e che si trovano poi a difendersi bassi contro i giganti della Champions League per via della differenza tecnica. I campionati nazionali minori diventano così poco allenanti per le competizioni europee, togliendo alle squadre che li dominano l’abitudine alla sofferenza e la capacità di cambiare registro tattico. In questo modo, finiscono in Champions League a difendersi senza saper poi ripartire, a provare a contendere la palla agli avversari per finire surclassati.

Non so se questo vale anche per le grandi che impostano il proprio gioco in modo sempre proattivo, però si può dire che in questa stagione questo è successo al Barcellona e in parte anche al PSG, due squadre che sono uscite mostrando totale incapacità di assumere un carattere diverso rispetto al piano A, quando questo non ha funzionato. Il Barça ha impostato una gara prettamente conservativa contro la Roma nel ritorno, in controtendenza con il DNA storico del gruppo e il risultato in campo è stato pessimo.

Emanuele

Sono d’accordo con la vecchia tesi di Michael Cox sulle grandi squadre dei piccoli campionati, ma questa di Jonathan Wilson mi sembra vaga e difficile da sostenere, anche perché non è chiaro capire cosa intenda con il concetto di difendersi: la fase di non possesso in generale o solo le situazioni in cui una squadra è costretta a difendersi bassa nella propria area? È chiaro che questo secondo piano è fallimentare in Champions League, ma lo è in generale nel calcio attuale, e raramente è una scelta - diciamo, non è mai una scelta a meno che non stiamo parlando della Juventus. Credo che il Barcellona avesse un piano di certo conservativo, ma non era nelle sue intenzioni giocare nella propria metà campo.

Il racconto per immagini dell'incredibile vittoria della Roma sul Barcellona all'Olimpico.

La tesi insomma mi pare forzata in alcuni dei suoi concetti principali. Un’idea però interessante, che viene fuori un po’ tra le righe, è che squadre che sappiano giocare una buona difesa posizionale sono rare e questo ha magari contribuito al successo della Juventus negli ultimi anni. La capacità della squadra di Allegri di alternare difese più alte ad altre più concentrate sulla propria area di rigore ha contribuito a tagliare il gap tecnico con le avversarie.

Quale delle due semifinali ha il pronostico più aperto?

Dario Saltari

Tutte e due le semifinali sono molto equilibrate sulla carta, ma se da Liverpool-Roma ci può ragionevolmente attendere ogni risultato, in Real Madrid-Bayern Monaco sono molto più definiti i ruoli di favorito e underdog. Non tanto per la differenza tecnica in sé, che forse vede il Real Madrid e il Bayern Monaco più vicini di quanto non siano Liverpool e Roma, quanto per la consistenza metafisica che assume ogni partita in Champions League della squadra di Zidane, che sembra poter plasmare il contesto a proprio favore in qualsiasi momento e contro qualsiasi avversario, compreso un gigante come il club tedesco. Forse un pronostico più aperto il Real Madrid ce l’ha con se stesso, perché riuscire a vincere 4 Champions League in 5 anni, di cui 3 di fila, è una cosa fuori da ogni immaginazione.

Emanuele

È impossibile capirci qualcosa di questo Bayern Monaco, che ha giocato pochissime partite di alto livello quest’anno, e in alcune di queste ha deluso (tipo contro il RB Lipsia), ma credo che il pronostico sia chiuso, più chiuso di Liverpool-Roma.

Il principale fattore che rende il Liverpool favorito è quello fisico. Specie nella partita d’andata ad Anfield la Roma dovrà contenere l’esuberanza atletica degli avversari,soprattutto nei primi minuti, e non è detto che ci riesca. Se la Roma passasse indenne il primo tempo, a quel punto il pronostico sarebbe davvero 50/50.

Robben+Ribery è ancora la coppia di ali più forte al mondo?

Dario

Robben e Ribery sono due giocatori simili per molti versi, ma allo stesso tempo perfettamente complementari, fattore che li rende ancora, nonostante il tempo e gli acciacchi fisici, la coppia di ali più ricca di opzioni e imprevedibile del calcio contemporaneo. Quello che ancora stupisce dei due, e che potrà causare diversi grattacapi ad una fase difensiva non certo equilibrata come quella del Real Madrid, è la capacità di muoversi uno in relazione all’altro: di venire dentro al campo quando l’altro è in isolamento sull’esterno, di scegliere i momenti in relazione all’altro, quando avvicinarsi per associarsi e quando invece tentare di andare da soli in porta in progressione.

In questo senso, si può parlare davvero di un unico organismo composto da due giocatori, una creatura mitologica con due anime che si trasforma in chimera per le difese avversarie nei loro migliori momenti di forma. È rarissimo trovare, anche a questi livelli, questo grado di dialogo invisibile eppure tangibilissimo che permette ai giocatori di sommare le proprie caratteristiche come due pezzi di un puzzle. Attualmente non trovo un’altra coppia d’ali per cui si possa fare lo stesso discorso, ma magari in futuro, chissà.

Fabrizio

Le successioni non sono mai un affar semplice, anche in un campo di calcio: raccogliere un’eredità significa replicare innanzitutto i successi, e poi, più ad ampio respiro, ricreare quell’atmosfera di incidenza e caratterizzazione del gioco della propria squadra, che è poi quella sfumatura che ha reso la doppia R così iconica.

Oltre alle caratteristiche individuali, ça va sans dire.

Per uno strano gioco di immagini, il futuro immediato dopo la RR potrebbe essere quello della SS: Sterling e Sané hanno giocato una Premier League esaltante, ingranaggi perfetti di una delle squadre più dominanti degli ultimi anni. Ma forse la coppia che oggi può competere con Robben e Ribery nell’immaginifica classifica delle migliori ali al mondo è quella composta da un’altra doppia S, Salah e Sadio Mané. Perché hanno preso per mano i destini del Liverpool e portato a un livello superiore l’interpretazione della concezione di calcio iperverticale di Klopp, ovviamente, ma anche e soprattutto perché sono riusciti a farlo, come ha detto Emanuele Atturo in un pezzo di qualche giorno fa. Basta per definirle le migliori ali al mondo? Un’ipotetica vittoria ne sarebbe, forse, la certificazione.

Che partita vi aspettate tra Bayern e Real?

Daniele V.

Mi aspetto una semifinale in linea con quella dello scorso anno: una sfida tra due squadre che sanno di essere alla pari dal punto di vista tecnico e che a turno si scambiano il controllo del gioco provando a segnare il gol decisivo. Entrambe giocano meglio con la palla e si ordinano in base ad essa, il Madrid attraverso il talento del suo centrocampo e il Bayern utilizzando di più gli esterni. In questo senso, non penso che l’assenza di Vidal pesi come si possa immaginare, perché questa non è propriamente la sua tipologia di sfida. Questa potrebbe essere più la partita di James e forse, in questo senso, l’assenza di Coman potrebbe essere pagata cara, perché porta lo sforzo sulle fasce sui 180 minuti a pesare ancora di più sulle spalle della coppia Robbery. Non avere un’alternativa, contro una squadra dalla panchina lunga come il Madrid può essere un fattore determinante. Parliamo di due squadre che difficilmente soccombono al primo gol subito e questo potrebbe trasformare la partita in una guerra di logoramento. Una situazione che può favorire la squadra di Zidane, che già lo scorso anno ha dimostrato come tra le due è la migliore nello sfruttare i momenti favorevoli.

Emiliano

Vorrei scrivere divertente come la doppia sfida della scorsa stagione, ma nutro molti sospetti sul Bayern. La versione di Heynckes mi sembra molto più sorniona del solito: una squadra che conosce perfettamente i momenti di queste sfide, che elimina con il minimo indispensabile il Siviglia, praticamente senza sporcarsi la maglia. Forse l'unico avversario in grado di competere con il Real sul lato magico, e con una batteria di fenomeni in tutti i ruoli (peccato per Vidal, un'assenza potenzialmente decisiva per dinamismo e aggressività). I giocatori sono perfettamente a loro agio, e forse questa è un'occasione da fine ciclo: io mi aspetto un Bayern da battere e levare, che prova a controllare il pallone solo a tratti, e che prova a surfare sui singoli momenti. Una partita tra chi riesce a dominare l'ultima onda.

Quante possibilità ha la Roma di andare in finale?

Fabrizio

Anche se sappiamo che non è così, quando una competizione così importante arriva a questo punto non è poi così irrazionale iniziare a pensare che tutti possano avere una possibilità. In primo luogo perché sia Roma che Liverpool, per arrivare a disputare la semifinale hanno avuto bisogno di un risultato assolutamente oltre la portata delle squadre e francamente impronosticabile a inizio competizione, dimostrando che non c’è rivale imbattibile per quanto favorito; che esistono piani-gara perfetti; che gli avversari, oltre allo scontro vero e proprio, possono essere battuti in fase di preparazione.

Poi ci sarebbe un secondo piano, quello che chiameremo SDG, e che oltre a Stile Di Gioco può significare Stato Di Grazia: la squadra di Klopp è in un periodo di forma eccezionale, ma lo stesso si può dire per i giallorossi, che negli ultimi venticinque giorni hanno giocato otto partite, tra le quali un quarto di finale apparentemente insormontabile con il Barcellona, un derby delicatissimo e deve anche convivere con l’assillo della corsa alla prossima edizione della Champions. Sorprendentemente la Roma non è crollata, come è abituata a fare, e si sa, ciò che non t’ammazza ti fortifica. Infine, perché per la Roma questa campagna ha assunto i contorni sfocati e onirici di una dimensione mitica fatta di rimonte epocali, riscatti, vittime che si trasformano in carnefici e tutta una serie di topoi narrativi - in parte, va detto, condivisi anche dal Liverpool - tali per cui non me la sento, di parlare di piatti della bilancia così disequilibrati.

Con la convincente vittoria contro la SPAL è arrivato anche il primo gol in campionato di Schick.

Emanuele

Diciamo meno di quelle che l’ambiente romano si conceda ma più di quelle che i media esteri concedano alla Roma. Nella capitale si respira un clima forse eccessivamente ottimista, con Di Francesco che ha caricato la partita di significati mitologici e Under che vede Kiev vicina. Da questo punto di vista l’ambiente romano fatica ad imparare dai propri errori, ma è anche bello così.

Il Liverpool è, tra le tre, l’avversario peggiore dal punto di vista tattico per la Roma. I vantaggi che i giallorossi hanno sfruttato in questa Champions League - l’organizzazione del pressing, l’intensità, la forza fisica - rischiano di ritorcerglisi tutti contro. Proprio per questa diversa abitudine a giocare ad alta intensità il Liverpool è nettamente la squadra favorita di questo doppio confronto, ma i media esteri sembrano al contempo tradire troppa sicurezza.

Il Liverpool ha alcune debolezze strutturali che la Roma potrebbe sfruttare, ed è la squadra - fra quelle in gara - che concede alla Roma più vittorie potenziali negli uno-contro-uno sparsi per il campo. L’algoritmo di FiveThirtyEight - pluricitato in questi giorni per la sua fallacia - concede alla Roma il 35% di possibilità: una quota che mi pare realistica, se vogliamo dare una misura numerica a questo sogno.

Difesa a 3 o a 4? Pressare alto o restare bassi? Come scioglierà queste domande Di Francesco

Dario Saltari

Sono tutte domande difficili a cui rispondere, ad iniziare dal modulo. Sono in parte d’accordo con Fabio Barcellona, quando dice che una difesa a tre potrebbe essere messa in difficoltà dal fatto di essere in parità numerica con il tridente del Liverpool, dandogli dei riferimenti chiari e precisi in fase di pressing. Ma è anche vero che avere Manolas come libero, e Kolarov e Florenzi non in costante uno contro uno con Salah e Mané, sarebbe una bella assicurazione difensiva. Il 3-4-1-2, inoltre, darebbe alla Roma dei riferimenti in fase di pressing, andando a specchio sia con il triangolo di centrocampo che con i due centrali avversari.

Secondo me, in ogni caso, una delle chiavi della partita sarà la gestione del gioco lungo e delle seconde palle da parte delle due squadre, sia in fase offensiva che difensiva. Sono convinto che il Liverpool sarà ben contento di bypassare il pressing alto della Roma affidandosi ai lanci lunghi verso la testa di Firmino, con la fiducia di poter creare entropia da portare dalla propria parte con le armi del gegenpressing. Anche la Roma, però, potrebbe utilizzare il gioco lungo a proprio favore: Lovren e Van Dijk sono che tutt’altro che perfetti nella gestione dei lanci lunghi e vanno spesso in difficoltà, figuriamoci contro un fenomeno del gioco aereo come Dzeko. La differenza di fisicità potrebbe pagare anche sulle palle inattive, un aspetto del gioco che il Liverpool continua a soffrire dall’inizio della gestione Klopp (basti vedere anche gli ultimi due gol che i “Reds” hanno concesso in campionato). In questo senso, Manolas e Fazio (ma anche uno specialista come De Rossi) potrebbero essere decisivi non solo in funzione difensiva.

Emanuele

Mi aspetto che Di Francesco si schieri a tre proprio per sfruttare il bonus dei recuperi di Manolas di cui parla Dario. Mi preoccupa però a quel punto l’uscita palla della Roma. De Rossi non godrà certo delle libertà che gli ha lasciato il Barcellona: tre giorni dopo quella partita la Lazio ha tolto De Rossi dal gioco e la manovra della Roma a un certo punto sembrava ancora più farraginosa del solito. Come dice Dario il gioco lungo può essere una strategia di fuga da questi problemi, ma il rischio è che alzando molto la palla la Roma finisca per alzare anche i ritmi, creando un contesto perfetto per il Liverpool, che rischia di distruggere la Roma sulle seconde palle. In più tutto lascia pensare che giocherà Under al posto di Schick, e così si perderebbe il vantaggio dei due riferimenti alti che la Roma ha sfruttato contro il Barcellona.

Uno dei giocatori più attesi, la variabile che potrebbe decidere la semifinale.

Non penso comunque che la Roma giocherà la partita di pressing ultraoffensivo vista contro il Barcellona, ma alternerà fasi di pressing alto a momenti di difesa più bassa. Un’interpretazione più simile a quella vista contro il Napoli al San Paolo. La Roma dovrà essere disposta a fare una partita più di controllo - del pallone e degli spazi - di come è abituata. Nonostante la squadra di Di Francesco finora si sia espressa al massimo quando ha alzato i ritmi, contro il Liverpool deve saper rinunciare a una parte di questa identità, facendo valere la capacità della scuola italiana di aggiustare le proprie caratteristiche su quelle dell’avversario.

Le prossime tre partite sono quelle che definiscono i campioni. Chi stamperà la propria faccia sulla Champions League?

Daniele V.

Vista la competizione giocata fino ad ora, mi piacerebbe fosse Edin Dzeko.

Fabrizio

C’è anche il rischio concreto che non riusciamo più a distinguere la faccia di Cristiano Ronaldo dalla sagoma della Champions League.

Dario

E se Salah suggellasse definitivamente la sua corsa al Pallone d’Oro mettendo i suoi ricci nella coppa?

Emanuele

Si sta parlando troppo poco di Roberto Firmino, che ha quindi bisogno delle prossime partite di Champions per mettere sotto gli occhi di tutti la sua forza e la sua modernità.

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