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Guida tattica alla Serie A 2020/21
01 ott 2020
Sette domande per leggere i trend tattici del campionato.
(articolo)
23 min
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Come ogni anno, anche in questa stagione la Serie A non sarà solo una sfida tra giocatori, ma anche tra allenatori e idee diverse. Il campionato italiano da tempo non è più il regno delle transizioni lunghe e negli ultimi anni si sta raffinando, assorbendo lentamente nuovi principi e filosofie da fuori. In questa guida facciamo il punto sulle varie tendenze tattiche della Serie A, sulla sua evoluzione, tra somiglianze con gli altri campionati e peculiarità. Buona lettura.

Qual è l’atteggiamento tattico più diffuso e distintivo del campionato italiano?

Flavio Fusi

Considerando che il divario tecnico tra le squadre che competeranno per le prime cinque posizioni e il resto del campionato è abbastanza netto, credo che continueremo a vedere un buon numero di squadre che adotteranno generalmente un atteggiamento reattivo. Costringere gli avversari a giocare in spazi ridotti verticalmente e orizzontalmente è una buona strategia per cercare di mettere in difficoltà anche i giocatori più tecnici.

Nella scorsa stagione persino le prime due classificate, ovvero Juventus e Inter, hanno quasi sempre avuto non pochi problemi a scardinare difese compatte, anche a causa di una proposta di gioco non sempre così incisiva nell’ultimo terzo di campo. Ciò non toglie che si possano prendere strade più coraggiose e magari decidere di aggredire alto e con decisione anche avversari più forti: è il caso della vittoria casalinga del Verona sulla Juve di Sarri, uno dei punti più bassi nell’annata bianconera nella scorsa stagione.

Ma se l’atteggiamento reattivo potrebbe essere prevalente, non si può non sottolineare quanto la Serie A abbia assimilato e rielaborato le tendenze tattiche del calcio europeo, proponendo negli ultimi anni una crescita importante sia nella varietà della proposta tattica, sia nella capacità di diversi allenatori di adattare la propria strategia partita per partita, o persino a gara in corsa. È ormai tipico vedere partite in cui il baricentro e l’aggressività delle squadre varia anche di molto nel corso della gara, senza che sia necessariamente il punteggio a dettare un cambio tattico. La stessa squadra può essere reattiva e proattiva durante la stessa partita, orientarsi sull’uomo o organizzarsi a zona, difendere con un sistema di gioco e attaccare con un altro, partire palla a terra dalla difesa o lanciare lungo. Forse è persino più interessante cercare di riconoscere i vari adattamenti e le sfumature tattiche proposte da ogni squadra, che cercare di riconoscere una tendenza prevalente.

Daniele Manusia

Si sottolinea poco come anche le squadre di media o bassa classifica siano in grado di giocare partite diverse all’interno degli stessi novanta minuti. Direi che la fluidità e la variazione degli atteggiamenti sono una caratteristica distintiva del nostro calcio, nel bene e nel male. D’altra parte è vero che alcune squadre, anche con un’identità definita, un modulo e delle soluzioni offensive chiare, finiscono spesso per avere atteggiamenti passivi o di “controllo” anziché provare a imporre il proprio ritmo, anziché costringere l’avversario a giocare la partita che vogliono loro. In Serie A la tattica è spesso dipendente della strategia (che varia a seconda dei momenti) ma c’è anche chi punta su una proposta di gioco forte e non si adatta all’avversario, quanto piuttosto alle caratteristiche dei propri giocatori e su concetti provati in allenamento - tipo l’Atalanta, la Lazio, l'Inter, il Sassuolo, per fare degli esempi - ottenendo ottimi risultati. In parte dipende anche dai molti cambi di panchina che avvengono da un anno all’altro o nel corso dello stesso anno: saper cambiare faccia è una garanzia anche di fronte alle avversità, mentre sposare un progetto totale comporta più rischi. Ma con un po’ di coraggio e fortuna nei risultati molte squadre anche non di primissima fascia possono costruire un gioco più a tutto tondo e vincente, anche perché di allenatori con idee peculiari è ricca la Serie A: Giampaolo, Di Francesco, Juric, Fonseca, Maran e persino Liverani lavorano per dare un’identità inconfondibile, anche se non tutti ci riusciranno o ne avranno il tempo.

Daniele V.Morrone

Aveva già trattato questo argomento alla fine della scorsa stagione Fabio Barcellona, scrivendo come secondo lui per la varietà di proposte tattiche la Serie A è uno dei campionati più interessanti d’Europa: «La fluidità degli schieramenti per ottimizzare la disposizione in campo nelle varie fasi di gioco è diventata nel giro di pochi anni quasi la norma in Italia. L’attenzione mai nascosta del nostro campionato per la fase difensiva e l’equilibrio non sembra comunque ostacolare un approccio offensivo più ricco e coraggioso e più in generale la ricerca di innovazione e di cambiamento». Pur con una minore caratura tecnica e minore ritmo di gioco, il campionato italiano ha assimilato e interpretato a suo modo alcune delle tendenze tattiche degli ultimi dieci anni nel calcio europeo come il gioco di posizione e il gegenpressing, con squadre che ne hanno preso a piene mani in un senso o nell'altro: come il Sassuolo col gioco di posizione e l’Atalanta (e quindi anche l’Hellas) col gegenpressing e che rappresentano non a caso i punti di riferimento dell’avanguardia tattica del campionato.

Va detto che la chiusura dell’esperienza di Sarri a Napoli ci ha privato di un’avanguardia tattica puramente italiana in termini proattivi, ma le sue idee che tanto successo hanno avuto col tempo sono entrate nel discorso tattico comune fondendosi con quelle provenienti da fuori e finendo per influenzare l’idea stessa di come si vuole attaccare in Serie A con la palla: impostando dal basso con pazienza e coraggio invitando il pressing avversario e risalendo il campo attraverso le combinazioni veloci. Anche squadre marcatamente verticali come il Milan di Pioli o la Lazio di Inzaghi ormai impostano prima di andare in verticale.

Emanuele Atturo

La cifra tattica del calcio italiano mi sembra essere ancora quella dell’equilibrio e della flessibilità, con un forte orientamento ad adattarsi all’avversario. Tolte le squadre estreme di cui parla Daniele, cioè il Sassuolo e l’Atalanta, credo che la maggior parte delle squadre di Serie A si caratterizzerà per il saper maneggiare diversi strumenti tattici a seconda del contesto che la partita gli metterà di fronte. Con questo non voglio in nessun modo dire che si tratta di un campionato “arretrato”: come dice anche Daniele, questi strumenti sono spesso d’avanguardia, ma vengono utilizzati in modo prudente, senza creare identità di gioco esasperate in un senso o nell’altro. Ormai quasi tutte le squadre provano a costruire dal basso, ma quasi nessuna (l’Inter lo fa) vuole attirare la pressione in modo estremo (per fare un esempio estero, come l’Arsenal di Arteta); tutte le squadre sono capaci di portare fasi di pressione, ma più per distruggere il gioco avversario che per riconquistare per attaccare; tutte utilizzano il gegenpressing, ma se non funziona amano risistemarsi in un’attenta fase di difesa posizionale. Guardando anche la scorsa stagione, le squadre che mi sembrano riflettere meglio la cifra tattica media della Serie A credo siano state la Lazio di Simone Inzaghi, il Napoli di Gattuso e il Parma di D’Aversa: squadre furbe, flessibili, attentissime al piano strategico della partita, brave a palleggiare dietro per aprirsi ampi spazi in cui attaccare.


Il pressing in Serie A è stato spesso usato come strumento puramente distruttivo, vi aspettate dei cambiamenti e da quali squadre?

Alfredo Giacobbe

Non mi aspetto cambiamenti sostanziali da questo punto di vista, soprattutto per il maggior orientamento che, penso, avranno le squadre di Serie A alla marcatura a uomo. L’atteggiamento distruttivo si nota subito sulle rimesse dal fondo. Nessuno concede una rimessa agevole alle squadre per poi provare a recuperare il pallone in zone alte, intercettando un pallone su una linea di passaggio, per imbastire così una pericolosa azione d’attacco contro una squadra sbilanciata nell’assetto difensivo. Quasi tutte preferiscono marcare tutti gli appoggi, per costringere la squadra avversaria a buttare via il pallone, per far finire subito quell’azione e farne iniziare un’altra, una nuova, in zone di campo diverse e con la difesa già schierata.

Daniele Manusia

Ci sono però degli esempi che ci danno indicazioni diverse. La Roma di Fonseca, che aveva cominciato con un pressing molto alto e una squadra cortissima ma poi per prudenza aveva cambiato atteggiamento, sembra aver trovato un equilibrio comunque piuttosto offensivo, con un baricentro alto e la volontà di intercettare palla intorno alla metà campo per poi ripartire in transizione. La Juventus di Pirlo poi sembra voler puntare molto sul gegenpressing, sulla capacità cioè di recuperare palla poco dopo averla persa in fase offensiva, aumentando di molto l’attenzione sugli avversari (marcature preventive e orientamento a uomo nella zona) rispetto a quella di Sarri. Il Sassuolo e l’Atalanta, poi, provano in ogni partita a passare più tempo possibile nella metà campo offensiva, con o senza palla, e il Verona di Juric, pur con un baricentro a volte più basso, ha un’aggressività notevole che punta al recupero del pallone lontano dalla propria porta. È vero quello che dice Alfredo sulle rimesse dal fondo e in generale in Italia si lascia palla alla difesa per farla lanciare, ma c’è un’intensità maggiore rispetto al passato nelle transizioni e un’organizzazione superiore senza palla, non ci si limita cioè a bloccare il centro nella propria metà campo scivolando da una parte all’altra, e questo secondo me è interessante.

Daniele V. Morrone

Ad eccezione delle poche squadre legate alla marcatura a uomo che naturalmente sono portate a una pressione alta che si adatta all’avversario, il pressing alto è meno sofisticato e comprende meno giocatori di quanto si vede ora negli altri grandi campionati. Le squadre che pressano alto come ad esempio il Bologna di Mihajlovic coinvolgono più giocatori ma lo fanno in modo quasi disordinato, con foga ma anche in modo poco costruttivo. In generale le squadre di Serie A preferiscono pressare in situazioni specifiche, provando lì a indirizzare il gioco avversario: mi viene in mente la Roma che contro la Juventus ha utilizzato Mkhitaryan e Pedro fermi nei mezzi spazi a schermare le linee di passaggio verso la zona di rifinitura così da togliere le ricezioni di Ramsey e Cristiano e indirizzare la manovra verso il centrocampo, dove Veretout e Pellegrini invece uscivano aggressivi su Rabiot e McKennie, ritenuti forse da Fonseca l’anello debole della manovra per le scelte con la palla. In Serie A le squadre che vogliono comunque contendere il pallone all'avversario sono più inclini alle azioni di gegenpressing, dove la squadra va ad agire per recuperare in zona palla dopo averla persa. Un esempio in tal senso è il Napoli di Gattuso, che tende a pressare con un blocco medio, ma pone molta enfasi, con successo, nel recupero immediato.

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Danilo ha la palla e Rabiot ingenuamente chiede palla, ma non si è accorto che Pellegrini sta andando in pressione perché ha riconosciuto il trigger, costringendo Danilo a tornare dal portiere.




Le marcature a uomo sono una specificità italiana?

Flavio Fusi

Credo ci siano pochi dubbi sul fatto che Atalanta e Verona proseguiranno nel solco dei loro principi di gioco, continuando a proporre una moderna marcatura moderna a tutto campo. Sia nel caso di Gasperini che del suo epigono Juric, si tratta di una marcatura a uomo flessibile, in cui i calciatori non marcano un solo avversario per tutta la partita, ma devono adattarsi, cambiando riferimento ogniqualvolta si crea una falla nello schieramento o per evitare di essere trascinati fuori da zone di campo vitali. Una strategia che non manca di punti deboli (è ad esempio particolarmente vulnerabile contro avversari forti nei duelli individuali, o contro squadre che usano il portiere in fase di costruzione), forse meno dispendiosa dal punto di vista mentale di una marcatura a zona, in cui i riferimenti sono più complessi, ma che richiede un notevole dispendio dal punto di vista fisico per essere efficace. D’altronde proprio l’intensità e la resistenza sono le caratteristiche più evidenti delle due squadre italiane più note per le marcature a uomo.

Atalanta e Verona rappresentano probabilmente un unicum, ma non mancano squadre che fanno del riferimento sull’uomo un importante meccanismo difensivo, soprattutto nelle fasi di pressing, come ad esempio Bologna e Milan. La maggior parte delle squadre italiane porta uno o al massimo due uomini in pressione sul portatore di palla, mentre i compagni di squadra si orientano a uomo sugli avversari. Questa tattica è popolare perché è relativamente semplice da implementare, visto che i riferimenti difensivi sono chiari e anche perché, pur lasciando spazio per la circolazione della palla rispetto ad altri tipi di pressing, permette di innescare molti duelli individuali, che avvantaggiano indubbiamente le squadre più fisiche.

Non direi però che il pressing con marcature a uomo sia una specificità italiana, anche perché è probabilmente quello più diffuso a livello europeo. È un metodo efficiente per organizzare un pressing e quindi si presta bene alle squadre del nostro campionato, ma non solo, per organizzare in breve tempo una nuova strategia difensiva (per esempio dopo un cambio in panchina) o per aggiungere un’arma tattica situazionale fondamentale per cambiare strategia in corsa in un campionato sempre più camaleontico.


Perché in Serie A paga avere un atteggiamento reattivo?

Alfredo Giacobbe

Paga per via della difficoltà della maggior parte delle squadre di attaccare in campo stretto. Non c’è tecnica a sufficienza nei piedi della maggior parte dei calciatori per saltare l’uomo e creare superiorità numerica con continuità. Inoltre i calciatori in fase di non possesso sono istruiti nel restare compatti, offrire raddoppi costanti all’interno del campo. Gli esempi del Sassuolo, che ha subito per prima un gol dopo aver dominato la partita contro il Cagliari, e della stessa Juventus di Sarri, che ha perso 21 punti da situazioni di vantaggio nello score, ci dicono molto. In Serie A anche a una squadra superiore nel possesso palla, che per dominio territoriale mette le tende nella metà campo avversaria, basta un calo di tensione per subire gol da avversari che spesso restano compatti in un blocco basso per poi sfruttare un’occasione quando la partita si approssima alla sua conclusione.

In Italia, gli allenatori hanno intuito presto una verità fondamentale del calcio odierno, che in Europa forse si è compresa soltanto dopo. Che non esistono più squadre dominanti, per via degli alti livelli di preparazione fisica, tattica, tecnica ormai largamente diffusi e disponibili per tutti (anche il Bayern sembrava imbattibile, e poi ha perso 4-1 con l'Hoffenheim). Che all’interno della stessa partita esistono più partite, differenti tra loro. Che una squadra che ha una comprensione superiore dei momenti della partita, e dei rapporti di forza che mutano fluidamente tra le due compagini, questa squadra ha maggiori probabilità di vittoria persino al di là dei valori tecnici in gioco.


Da quale neopromossa possiamo aspettarci la proposta di gioco più interessante?

Angelo A. Pisani

Quest’anno le neopromosse ci offriranno tre esempi di calcio abbastanza peculiari. Nonostante il miglior attacco, il Benevento di Inzaghi ha fatto della solidità la sua arma principale, dimostrandosi capace di alternare più registri di gioco, con il filo comune di una difesa molto alta e aggressiva nelle marcature preventive. Lo Spezia di Italiano, invece, si è distinto per il suo gioco intenso e verticale, che utilizzava il pressing anche e soprattutto come strumento offensivo. Fra le tre il Crotone di Stroppa ha mostrato il gioco forse più audace, che ha messo al centro la tecnica dei suoi interpreti, per quanto inseriti in un contesto solido e organizzatissimo.

Il 3-5-2 dei pitagorici si basa sui principi del gioco di posizione, pure se con alcune soluzioni atipiche. Uno degli aspetti più curati da Stroppa è la costruzione dal basso, fondamentale per liberare spazi e permettere un’uscita pulita del pallone. Quando la palla arriva a Cordaz i due difensori laterali si allargano sulle fasce, mentre il portiere si affianca al centrale Marrone, quasi a formare una linea a quattro: una soluzione che permette di avere più ampiezza già dal posizionamento iniziale, senza dover tenere bassi gli esterni.

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Davanti il Crotone cerca sempre di tenere quattro o cinque giocatori, in modo da occupare tutta l’ampiezza del campo: mentre i due esterni calpestano la linea laterale, i due attaccanti si dividono con una delle due mezzali il centro. Appena superata la prima linea di pressione il tentativo è quello di cercare la palla in verticale, preferibilmente nella fascia centrale, verso la mezzala rimasta a supporto o uno dei tre giocatori sulla linea offensiva.

La prima verticalizzazione passa spesso per i due difensori laterali, che approfittano dello svuotamento centrale per cercare in diagonale le due punte; da lì il Crotone può provare a sfondare centralmente, o allargare sul lato debole. Sulle fasce la palla arriva solo dalla metà campo in poi, quando gli esterni hanno possibilità di cercare il cross dal fondo dopo l’uno contro uno. Il Crotone porta sempre tre o più giocatori in area, ma è Simy il principale obiettivo.

Paradigmatica è l’azione del gol vittoria contro il Pordenone, in uno scontro diretto fondamentale per il consolidamento del secondo posto in classifica. Il centrale di destra (Curado) verticalizza in diagonale verso la Messias (seconda punta), che fa da sponda per Benali (mezzala destra); mentre il numero 10 riceve, Zanellato (mezzala sinistra) e Simy (centravanti) abbassano la difesa, aprendo lo spazio per Molina (esterno sinistro). L’esterno salta l’avversario e mette dentro per Simy, che non sbaglia.

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Lo scorso anno Simy ha segnato 20 gol in campionato: 8 di questi sono arrivati dai cross degli esterni.

Lo scorso anno il centravanti del Crotone ha fatto un salto di qualità sotto il piano tecnico, diventando un riferimento per la squadra anche lontano dall’area di rigore. Il lavoro con Stroppa ha trasformato il centravanti enorme e un po’ goffo visto due anni fa in un calciatore più completo, valido sia nel gioco spalle alla porta che nelle rifinitura.

Il suo ritorno in Serie A è un motivo sufficiente per guardare le partite del Crotone, ma quella di Stroppa è anche la squadra di Cordaz, Crociata, Marrone e Benali, giocatori dalle qualità peculiari che quest’anno torneranno in massima serie per dimostrare di meritarsi un posto al sole. Alla squadra dello scorso anno si sono aggiunti giocatori di esperienza come Cigarini, Rispoli e Rivière (autore di un’ottima stagione a Cosenza, già in gol all'esordio), insieme a giovani interessanti come Kargbo, Henrique e Vulic.

Nel suo complesso la squadra non sarà molto diversa da quella dello scorso anno, il che può rappresentare un vantaggio, ma anche alzare la pericolosità della scommessa. Bisognerà vedere se gli uomini di Stroppa saranno capaci di fare il salto di qualità, reggendo l’impatto con la Serie A, o se dovranno adattare il loro gioco a contesto. Sarà un banco importante anche per il tecnico rossoblù, che alla sua prima stagione in Serie A (dopo un’estate complicata) dovrà affrettarsi a trovare un equilibrio tra le esigenze di risultato e i suoi principi.


I moduli fluidi ormai sono una costante in Serie A, da cosa dipende?

Daniele V. Morrone

Ormai le squadre vengono talmente studiate dagli analisti avversari che se non c’è un qualche grado di fluidità negli schieramenti nell’arco di poche giornate in Serie A si viene arginati in modo semplice. Per questo ci sono squadre come il Sassuolo che fanno della fluidità nello schieramento il marchio di fabbrica, con scambi di posizione e scivolamenti continui studiati o lasciati alla sensibilità dei giocatori, tutti con una buona tecnica di base e ottime letture di gioco (ovvero i due ingredienti principali della versatilità in campo). Ad esempio in quest’azione contro lo Spezia il difensore centrale Chiriches, avanzato fino a centrocampo per giocare il pallone, legge la presenza di un varco che si sta aprendo dietro al lato forte e invece di tornare indietro decide di tagliare lui dietro la linea prendendo il posto di Defrel, che viene incontro per creare il lato forte. Chiriches riceverà il filtrante di Berardi e arriverà lui quindi a crossare libero dal lato dell’area.

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Ma anche le squadre con schieramenti teoricamente riconoscibili come l’Atalanta hanno però dei giocatori con ampie libertà di movimento che vanno poi a modificare il disegno in campo: basti pensare al Papu Gomez, che comportandosi da enganche può venire a prendersi palla a centrocampo o riceverla largo in fascia in zona di rifinitura. O anche il 3-4-2-1 ormai standard della Roma di Fonseca ha ad esempio nella posizione di Veretout, teoricamente schierato centrocampista centrale di destra, un giocatore che con i suoi ampi movimenti va a modificare costantemente la posizione in cui va a ricevere il pallone dall’uscita palla vicino alla linea difensiva alla fase di pressione in cui spesso si alza anche oltre i due trequartisti.

In termini però di meccanismi codificati che vanno a modificare lo schieramento a partita in corso l’esempio più interessante di queste prime due giornate è stato quello della Juventus. Al termine del suo esordio in Serie A, Pirlo ha detto che al momento il centrocampo a 2 è più imprescindibile della difesa a 3. Questa frase è la stele di Rosetta per poter leggere lo schieramento della Juventus nelle prime due partite, in cui per l’uscita palla ha disegnato un 3-2-5 bloccando Danilo e alzando il terzino sinistro (con la Samp era Frabotta mentre con la Roma era Cuadrado) per dare ampiezza in zona di rifinitura. Allo stesso tempo Ramsey, teoricamente schierato come esterno sinistro, scivola verso il centro andando a giocare accanto alle due punte (Cristiano e Kulusevski con la Samp, e Cristiano e Morata con la Roma).

L’unica vera costante tra lo schieramento in fase di difesa posizionale e quello di attacco posizionale quindi sono i due giocatori davanti alla difesa, ma proprio qui sta la parte interessante per capire meglio cos’è il calcio contemporaneo, perché alla Juventus interessa che ci siano due giocatori in linea in quella porzione di campo, ma non che siano per forza Rabiot e McKennie: se una specifica azione di pressione avversaria porta ad esempio Rabiot a scendere verso il portiere per aiutare l’uscita palla, allora semplicemente quella porzione di campo viene occupata da un altro giocatore, come in quest’azione del primo tempo contro la Samp, in cui Bonucci si ritrova all’altezza del centrocampo dopo un suo intervento e invece di scalare indietro nota come il suo posto viene preso da Rabiot al centro della difesa. Bonucci allora va a occupare il posto di Rabiot per ricostituire l’uscita palla con 3 centrali e 2 centrocampisti. Questo movimento non va a modificare lo schieramento in fase di uscita palla ma mostra la versatilità a cui Pirlo sta abituando i suoi giocatori, che devono riconoscere cosa serve alla squadra a seconda della porzione di campo in cui si trovano più che al loro teorico ruolo.

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Qual è la squadra più tecnica del campionato secondo voi?

Daniele V. Morrone

Pirlo ha a disposizione la rosa più tecnica del campionato, una squadra costruita per dominare con il pallone e schiacciare gli avversari nella propria area. Sto parlando di quella che dovrebbe essere la formazione titolare, quindi all'incirca quella vista contro la Roma sostituendo Bentancur e Arthur a centrocampo al posto di Rabiot e McKennie e aggiungendo Dybala e de Ligt. Che ovviamente vanno a unirsi ai già titolari Cristiano, Kulusevski, Bonucci, Cuadrado, Ramsey.

Ma anche uscendo dalle grandi ci sono esempi di squadre estremamente tecniche anche nella cosiddetta classe media, come per esempio il Sassuolo. Diceva Cruyff che la tecnica non è saper palleggiare mille volte, ma passare la palla con un tocco, con la giusta velocità, sul piede giusto del tuo compagno. Nessuno in Serie A cura questo come De Zerbi, che imposta il proprio gioco su questa idea. Ci sono diversi ruoli in cui il Sassuolo ha una tecnica di base sopra la media della Serie A, ad esempio. Ma è interessante anche vedere come De Zerbi cerchi di lavorare con le sue idee anche su quei reparti dove la qualità media non è altissima.

In difesa, ad esempio, il Sassuolo lavora molto sull’affinare il controllo del pallone e le letture con la palla (ad esempio attraverso l’importanza dell’utilizzo della suola del piede per tenere il pallone sotto controllo lasciandosi più opzioni di passaggio a disposizione quando si imposta). Ma anche guardando il resto della squadra ci sono terzini che sono praticamente ali come Rogerio e Toljan, centrocampisti che sanno resistere a qualunque tipo di pressione come Traorè e soprattutto centrocampisti che hanno fatto il salto di livello come Locatelli, che alterna gioco corto a cambi di gioco alla perfezione.

Per arrivare poi al punto di forza vero della squadra in un attacco che in zona di rifinitura schiera tutti giocatori in grado di giocare a un tocco come di saltare l’uomo con il dribbling nel trio Berardi, Djuricic, Boga e una punta in Caputo che ha dimostrato di poter giocare a un tocco fuori dall’area di segnare ormai con ogni tipo di conclusione. Senza tanta qualità tecnica il Sassuolo non sarebbe in grado di risalire il campo palla a terra e di creare quelle entusiasmanti azioni fatte di scambi sullo stretto di prima in velocità, ma anche di disordinare lo schieramento avversario in fase di attacco posizionale fino ad arrivare praticamente a poter entrare in porta con la palla.

Alfredo Giacobbe

Credo che la squadra più tecnica del campionato sia ancora il Napoli, anche se la Juventus le è molto vicina. Soprattutto se Gattuso schiera Maksimovic al posto di Manolas e Lobotka al posto di Demme, il Napoli può uscire facilmente da ogni tipo di pressione aggressiva. Zielinski e Fabian Ruiz sono due mezzali di possesso di qualità per la risalita del pallone, il primo utilizza entrambi i piedi per saltare l’uomo o per uscire dalla pressione, l’altro fa un uso sapiente della protezione col corpo. Anche la scelta di Osimhen, e il probabile maggiore impiego di Lozano, è un indice di come Gattuso intende il calcio: il Napoli non teme di attrarre la pressione nelle zone di campo più vicine alla propria porta, vuole anzi crearsi il maggior spazio possibile da attaccare successivamente con uomini che fanno della velocità e della tecnica negli spazi ampi la loro forza.

Emanuele Atturo

Bisogna per forza premettere che dopo la Juventus la rosa più tecnica del campionato è probabilmente quella dell'Inter, che ha inserito Kolarov nel reparto difensivo, Vidal a centrocampo e Hakimi sulla corsia di destra. Senza dimenticare dalla panchina Christian Eriksen. La verticalità con cui attacca la squadra di Conte ci fa dimenticare quanto l'efficacia del suo gioco dipenda dalla tecnica degli interpreti: non è un caso che il migliore gioco della scorsa stagione l'Inter l'abbia espresso quando c'era in campo Stefano Sensi; e non ci stupisce certo che la pericolosità offensiva sia aumentata con l'inserimento di un esterno tecnicamente più preciso come Hakimi.

Se guardiamo alla classe media la Serie A non è un campionato che punta sulla tecnica, lo sappiamo, e basta vedere la costruzione della rosa del Torino - una squadra con un allenatore che ama il possesso palla - per accorgersene. Oggi Giampaolo non ha neanche un vero trequartista da poter schierare, nessuna delle due punte ha le qualità associative che servirebbero per funzionare nel 4-3-1-2, e le mezzali sono in difficoltà in spazi stretti. In questo contesto allora è ancora più interessante il mercato della Fiorentina, che ha affiancato a Ribery altri due giocatori avanti con l’età e dal gioco totalmente orientato sulla tecnica, cioè Borja Valero e Bonaventura. Il livello tecnico della viola tra centrocampo e attacco comincia a essere non trascurabile e rappresenta un esperimento peculiare nel nostro campionato per come riuscirà ad abbinare questi calciatori - riflessivi e tecnici in spazi stretti - con quelli più verticali e caotici come Chiesa, Amrabat, Vlahovic.


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