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Guida al Tour de France 2021
25 giu 2021
Nove domande per arrivare preparati, innanzitutto alla sfida tra Pogacar e Roglic.
(articolo)
15 min
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A chi lo fermava per strada, apostrofandolo come quello che ha perso il Tour de France per soli 8 secondi all’ultima cronometro, Laurent Fignon rispondeva: no, signore, io sono quello che ne ha vinti due. Ed era vero, in effetti: a fronte delle tante sconfitte rocambolesche, la carriera di Laurent Fignon è piena di vittorie, più di quante solitamente ne ricordiamo. Perché Fignon, pur essendo uno dei più forti ciclisti della storia, è rimasto nella memoria collettiva come “quello che ha perso il Tour per 8 secondi”. Racconto questo piccolo aneddoto perché, con tutte le dovute proporzioni del caso, quello di Fignon sembra un destino che per adesso lo accomuna con Primoz Roglic, reo di aver perso clamorosamente il Tour de France del 2020 all’ultima cronometro, subendo una rimonta ancora oggi inspiegabile da parte del suo giovane connazionale Tadej Pogacar. Ovviamente, però, Roglic ha ancora tutto il tempo per riscrivere la sua storia. A partire da questo Tour de France.

Quest’anno si torna alle origini e il Tour de France sarà in piena estate, dove siamo abituati a vederlo. Tornerà il caldo asfissiante sui Pirenei e vedremo come il fisico di Pogacar reagirà a una situazione per lui tendenzialmente nuova. Torneranno le cronometro piatte e le salite lunghe che hanno fatto la storia del Tour e quindi del ciclismo. Torna il Tour de France, insomma, con tutto ciò che questo comporta. Per la prima volta da svariati anni a questa parte ci saranno due grandi favoriti con i fari puntati addosso e forse per la prima volta in questo secolo sono entrambi della stessa nazione - la Slovenia, appunto. Un duello per nulla scontato e che si deciderà forse solo all’ultima cronometro, il giorno prima della consueta sfilata nel centro di Parigi. Fra poco più di ventuno giorno sapremo quindi se Pogacar sarà riuscito a ripetersi, mettendo un altro imponente tassello nella strada che lo porterà nella storia del ciclismo. Sapremo se invece Roglic sarà riuscito a vendicarsi della sconfitta dell’anno scorso o se magari qualcun altro sarà stato in grado di far saltare il banco. Fra poco più di ventuno giorni avremo, insomma, le risposte a tutte le nostre domande - o quasi.

Ma queste domande tutti noi ce le stiamo ponendo adesso, perciò proviamo a fare un po’ di chiarezza prima che parta questa nuova edizione della Grande Boucle.

Partiamo dal percorso: dov’è che si deciderà la corsa?

Gabriele Gianuzzi

I Pirenei saranno le montagne decisive, sia perché sono posizionati durante la terza settimana, sia per il disegno delle tappe. Le Alpi quest’anno sono solo un leggero antipasto alla fine della prima settimana e la doppia scalata al Ventoux nella seconda settimana è golosa sulla carta ma difficilmente dirà molto in termini di classifica generale.

È un Tour dove sarà molto importante saper guidare in discesa più che andare forte in salita e dove le abilità a cronometro saranno fondamentali. E secondo me a malincuore perché 50 km a cronometro (seppur divisi in due crono: la prima il 30 giugno, la seconda il 17 luglio) con il ciclismo di oggi, con i materiali e gli allenamenti di oggi, sono troppi. Soprattutto rispetto alla montagna proposta.

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La doppia scalata al Mont Ventoux nella tappa 11

Umberto Preite Martinez

Come spesso accade al Tour de France di questi ultimi anni, il percorso è decisamente sorprendente - sia in positivo che in negativo. Sorprende in positivo ad esempio la presenza di due cronometro: una di 27,2 km alla quinta tappa che sicuramente aiuterà a smuovere parecchio la classifica prima delle montagne e una conclusiva di 30,8 km alla ventesima tappa prima dell’arrivo a Parigi. Due cronometro che in realtà sono abbastanza brevi rispetto a quanto ci si aspetterebbe in un grande giro. Lo scopo degli organizzatori, però, è sempre più quello di mantenere i distacchi contenuti il più a lungo possibile e le cronometro in questo senso sono le più sacrificabili.

Sacrificate anche per questo motivo le Alpi, con due tappe anch’esse molto corte ma anche impegnative (il 3 e il 4 luglio). Non tanto per le pendenze - perché le salite presenti quest’anno sulle Alpi francesi sono tendenzialmente morbide - quanto per la rapida successione con cui verranno affrontate nelle tappe che chiuderanno la prima settimana prima del giorno di riposo. È probabile quindi che i primi veri danni li farà la tappa con la doppia scalata al Mont Ventoux, in mezzo alla seconda settimana (il 7 luglio per la precisione).

Sorprendono in positivo invece le ultime due tappe sui Pirenei (il 14 e il 15 luglio), stavolta disegnate con un senso logico al contrario di quanto successo lo scorso anno. Prima la scalata a Saint-Lary-Soulan in cima al Col du Portet al termine della tappa 17 in cui si affronteranno nel finale anche il Peyresourde e il Col de Val Louron. Salite impegnative, con pendenze abbastanza dure. Il Col du Portet è anche piuttosto lungo e in una tappa del genere i suoi 16 km al 8,7% di pendenza media faranno sicuramente male a tanti. Il giorno dopo, poi, si chiude con la scalata del Tourmalet, discesa e subito risalita verso Luz Ardiden: anche qui due salite complicate da affrontare, molto lunghe, in successione. È vero che la tappa è corta (poco meno di 130 chilometri) ma sarà l’ultima occasione per far qualcosa prima della crono finale. E stavolta il terreno per combinare qualcosa c’è.

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L’ultima tappa di montagna, con la scalata del Tourmalet prima di Luz Ardiden.

Tutto sommato, quindi, un percorso pensato per lasciare col fiato sospeso fino all’ultimo, nonostante la cronometro iniziale che farà subito una piccola scrematura. Un percorso che lascerà perplesso qualcuno (almeno fino ai Pirenei) ma che sulla carta è decisamente migliore rispetto a quello dell’anno scorso e questo - per il momento - ce lo facciamo bastare.


È l’anno della rivincita di Primoz Roglic o assisteremo al bis di Tadej Pogacar?

Umberto Preite Martinez

Dopo il ribaltone di un anno fa, anche quest’anno il vero duello sarà quello fra i due ciclisti sloveni che hanno scelto un “non-percorso” di avvicinamento molto simile, con pochissime gare di preparazione. Roglic addirittura non corre dal 25 aprile (ovvero dalla Liegi-Bastogne-Liegi) mentre Pogacar ha scelto di tornare in gara al Giro di Slovenia, una corsa minore che ha facilmente dominato, per poi prendere parte ai Campionati Nazionali del suo Paese senza però ottenere i risultati sperati (3° a cronometro, 5° in linea).

Si può dire, comunque, che entrambi hanno fatto una scelta controintuitiva, quella di arrivare al Tour de France con meno giorni di gara rispetto al solito negli ultimi due mesi. Un po’ per nascondersi, certo, ma soprattutto per smaltire le scorie di un biennio - questo - che a causa della pandemia ha costretto i ciclisti a sforzi extra nella scorsa stagione (con il calendario tutto compresso da agosto in poi) riducendo anche il tempo di riposo fra la fine delle gare del 2020 e l’inizio della preparazione invernale in vista del 2021. Una situazione che ha portato molti atleti a lamentare problemi legati alla stanchezza accumulata negli ultimi 12 mesi. La scelta di fermarsi per due mesi può essere quindi sensata da questo punto di vista, soprattutto per cercare di arrivare in fondo al Tour de France con maggiori energie ed evitare crolli improvvisi - e Roglic di crolli improvvisi nella terza settimana ne sa qualcosa.

Fra i due parte un po’ più in vantaggio Tadej Pogacar: è il vincitore uscente, si è messo in mostra in questa prima parte di stagione con prestazioni straordinarie sia alla Tirreno-Adriatico che alla Liegi-Bastogne-Liegi. Rispetto all’anno scorso ha anche una squadra che sulla carta è all’altezza del suo ruolo di favorito, con tanti gregari che possono aiutarlo a tenere in mano la corsa.

D’altro canto, però, è anche vero che Roglic è una macchina da guerra. Dal 4° posto al Tour 2018 - da quando, cioè, ha deciso con forza di puntare sulle grandi corse a tappe - non è mai uscito dal podio nei quattro GT disputati nelle ultime due stagioni (due vittorie alla Vuelta, un terzo posto al Giro 2019 e un secondo posto al Tour 2020). Nessuno al mondo, attualmente, ha un cammino così di alto livello nelle corse a tappe. Questo nonostante ogni tanto Roglic abbia mostrato delle crepe nella tenuta fisica nella terza settimana. Però c’è anche da dire che l’anno scorso nei duelli in salita ha sempre vinto lo scontro diretto con Pogacar al Tour de France (prima del crollo nell’ultima cronometro) e la sua squadra è ancora superiore a quella del rivale. Sarà un duello molto teso, tiratissimo fino all’ultimo secondo, in cui le cronometro giocheranno per forza di cose un ruolo decisivo. E in questo scenario, non è detto che Roglic parta già battuto. Anzi.




La INEOS come al solito porta una corazzata al via: riuscirà a inserirsi nel duello sloveno?

Gabriele Gianuzzi

Quando penso alla INEOS al Tour mi viene in mente la pesca con la dinamite. Con l’unica differenza che in quel caso la resa è assicurata, nel caso specifico del Tour c’è il rischio di rimanere con il candelotto in mano. Il problema a mio modo di vedere è che il capitano naturale di questa squadra, Richard Carapaz, abbia di fronte un percorso che non gli sorride moltissimo. E che di contro Geraint Thomas, perfetto per questo disegno del Tour, non sia in grado di battere i due contendenti sloveni. Insomma, sembra tutto apparecchiato perché sia necessario un colpo di mano e in queste ultime stagioni i britannici ci hanno colpito con il loro correre all’arrembaggio. Sarà molto interessante vederli all’opera.

In questo senso portare come gregari Richie Porte, sul podio dell’ultimo Tour de France e Tao Geoghegan Hart, vincitore del Giro 2020, penso possa dare una sorta di tranquillità relativa alla squadra britannica qualora le cose non si indirizzino per il verso giusto. Kwiatkowski si prepara al suo ruolo di tappare sul nascere gli attacchi avversari e Castroviejo dopo un Giro eccellente proverà a imporre il proprio ritmo nelle parti iniziali delle salite, qualora ce ne fosse bisogno. Van Baarle e Rowe completano il roster per proteggere i capitani nelle prime difficili parti di tappa con la licenza di dettare le sorti della fuga di giornata.

Uno dei punti favorevoli alla INEOS è la varietà di tattiche attuabili con gli uomini a disposizione. I britannici infatti possono sia giocare le proprie carte all’attacco senza tenere sotto controllo la corsa, sia provare a dominarla qualora le condizioni di gara lo richiedessero.




E se invece fosse il Tour di una sorpresa su chi puntereste?

Gabriele Gianuzzi

Miguel Ángel López è arrivato alla Movistar dopo averli in passato definiti “stupidi”. Certo, c’era di mezzo una tattica equivoca e la tensione della gara però ecco, quando si stacca la spina spesso si dice quello che si pensa senza il velo di retorica che rabbonisce i pensieri più complicati da esprimere. Nonostante questo ingombrante biglietto da visita il suo inizio in Movistar è sembrato ben gestito, guadagnandosi la fiducia sulle strade in gara. Il talento non gli manca. La squadra è buona, nonostante la classica ostinazione a portare più capitani. Se si trovasse in buona posizione di classifica nel momento cruciale potrebbe fare qualche scherzetto. Rimangono due incognite: la cronometro e la guida della bici, entrambi doti non di poco conto e in cui il colombiano non ha mai brillato.

Rimanendo in Colombia, Esteban Chaves potrebbe ritagliarsi un ruolo da protagonista in questo Tour. Ne ha le capacità e penso abbia anche la voglia di riscatto dopo qualche stagione di troppo in chiaroscuro.

Umberto Preite Martinez

Mi sembra davvero difficile pensare a una possibile sorpresa perché a parte i nomi già citati non vedo nessun altro che abbia la forza, la solidità e anche la mentalità per poter vincere un Tour de France. A questo punto tanto vale fare una scommessa completamente pazza e citare i nomi di Ben O’Connor e David Gaudu, due giovani prospetti che nell’ultimo anno sono cresciuti tantissimo e che nelle prossime tre settimane sono chiamati a fare il definitivo salto di qualità. Un altro nome interessante potrebbe essere quello di Julian Alaphilippe. Il campione del mondo potrebbe guadagnare qualcosa nelle prime tappe vallonate, tenere il vantaggio nelle prime cronometro e difendersi sulle Alpi. Nel caso in cui dovesse scavallare le Alpi con la Maglia Gialla sulle spalle, allora si potrebbero aprire degli scenari interessanti per lui. La sua condizione fisica di quest’anno, però, non sembra essere così eccellente e in ogni caso il piazzamento ottenuto al Tour 2019 è falsato dalla mutilazione delle ultime due tappe di montagna (in cui sarebbe molto probabilmente uscito dalla top-10 nella classifica generale) e dalla modestia dei suoi avversari di allora. Difficile, insomma, che possa davvero ribaltare in maniera così clamorosa le aspettative che lo circondano al momento.


I francesi non vincono il Tour dal 1985. Detto di Alaphilippe, c’è qualcuno tra i ciclisti in gara quest’anno che potrebbe rompere questa maledizione?

Gabriele Gianuzzi

La Francia attualmente ha un bacino di talento molto ampio ma in questo Tour la concorrenza sembra essere semplicemente troppo forte. È ingeneroso voler a tutti i costi trovare il “propheta in patria” e lo è ancora di più caricare di responsabilità dei giovani talenti per poi abbandonarli qualora non facciano una prestazione eccezionale. I ciclisti sono sempre o rivelazioni o delusioni e il rischio a mio avviso è quello di non godersi mai ciò che effettivamente si ha di fronte agli occhi. Gaudu, Madouas, Guillaume Martin, Peters, Cosnefroy, Latour, sono ottimi ciclisti. Un giorno magari riusciranno anche a finire sul podio a Parigi, magari anche già quest’anno (ne dubito), però al momento sembra mancargli qualcosa per poter vincere un Tour.




C’è qualche speranza per i ciclisti italiani invece?

Gabriele Gianuzzi

Gli italiani al via sono pochi e con pochissime chance di lottare per la vittoria finale. Possiamo però guardare con fiducia alla partecipazione del neo campione italiano Sonny Colbrelli che sicuramente proverà a giocarsi qualche vittoria di tappa, specialmente all’inizio in Bretagna dove i profili di tappa si adattano bene alle sue caratteristiche.

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Sonny Colbrelli ha recentemente dominato gli arrivi in volata al Delfinato, vincendo la maglia Verde nella corsa a tappe francese disputata qualche giorno fa.

Sarà interessante anche vedere il Tour di Mattia Cattaneo. Ha dimostrato nelle ultime gare di avere una buona gamba, è un discreto cronoman e in salita non è fermo, per le tappe più complicate potrebbe puntare al successo di tappa. È il classico esempio di corridore che dopo buoni exploit nelle categorie giovanili ha fatto fatica a trovare la sua dimensione nel massimo livello del ciclismo, ma ora sembra aver raggiunto la maturità e l’esperienza necessaria per iniziare a capitalizzare le occasioni.


Il Tour de France è da sempre terra di conquista per i grandi sprinter. Chi la spunterà alla fine?

Gabriele Gianuzzi

Per la gioia dei francesi, ci sono buone possibilità di vedere Arnaud Démare trionfare in verde sugli Champs Elysées. La sua condizione non è buona come quella strabordante dello scorso anno ma lo vedo molto più completo dei suoi rivali diretti per arrivare fino a Parigi. L’unico che potrebbe impensierirlo è Wout van Aert che però definire sprinter è riduttivo e bisognerà vedere quanto la squadra lo spremerà in salita (probabilmente molto). Caleb Ewan è attualmente il migliore su piazza ma difficilmente lo vedremo arrivare fino a Parigi in condizione ottimale per giocarsi la vittoria della maglia verde. Infine bisogna spendere qualche parola per Mark Cavendish. Il ciclista britannico prenderà la vittoria di tappa che tanto desidera, ci farà piangere per un'ultima volta, farà montare l’hype di tutti e col suo accento dell’Isola di Man dirà: “Per me è già un sogno essere qui, innit”.

Umberto Preite Martinez

Gabriele non ha fatto il nome di Peter Sagan perché effettivamente i tre citati sono al momento superiori in uno sprint di gruppo rispetto al tre volte campione del mondo. Nonostante questo, lo slovacco proverà comunque a piazzare una zampata in qualche tappa, magari provando ad andare in fuga in qualche tappa mossa. È proprio in quel tipo di tappe mosse - che sono tante quest’anno - che dovrà mettersi in mostra anche la grande stella di questo Tour de France: Mathieu van der Poel. Per la prima volta in una grande corsa a tappe, difficilmente proverà a puntare alla Maglia Verde perché è qui anche per rifinire la condizione in vista delle Olimpiadi, però anche lui vorrà lasciare il segno. Ci sono poi tanti altri cacciatori di tappe da tenere d’occhio soprattutto per la prima settimana, come Mads Pedersen o più o meno tutti gli uomini del Team DSM (soprattutto Kragh Andersen, Casper Pedersen e Nils Eekhoff, più Cees Bol per le volate).


Quali sono i giovani da tenere d’occhio quest’anno?

Umberto Preite Martinez

La cosa strana è che i favoriti alla vittoria di questo Tour sono quasi tutti molto giovani ed è quindi difficile dire dei nomi che possano davvero stupire. Nonostante questo, anche quest'anno non mancano alcuni nomi che sarà interessante seguire, anche se magari non faranno nemmeno classifica.

Il primo è Jonas Vingegaard, danese della Jumbo-Visma, gregario di Primoz Roglic che forse si rivelerà anche un bel gregario - come si dice spesso - “di lusso”. Perché Vingegaard è forte, e l’ha già dimostrato all’inizio di questa stagione. Ha talento e lo sta tirando fuori piano piano, un passo alla volta. E ora che ha ormai già 24 anni (e visti i tempi sembra già vecchio) è chiamato a compiere un ulteriore passo in avanti. Potenzialmente è un ciclista ben più interessante dell’altro giovane gregario di Roglic, quel Sepp Kuss che da un anno buona parte del pubblico acclama come “capitan-futuro” della formazione giallo-nera ma che a sua volta sembra poco di più di un altro gregario di lusso.

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Una foto di Jonas Vingegaard per farvi conoscere la sua faccia così come la vedremo spesso sulle salite dei prossimi giorni.

Gabriele Gianuzzi

Oltre a quello che ha già detto Umberto va detto anche che il ciclismo sta attraversando un periodo storico nel quale i giovani, per diversi motivi (dall’alimentazione, alle nuove tecniche di allenamento, i materiali), riescono a imporsi fin dalle prime fasi delle loro carriere. Per questa ragione, credo che, in un periodo storico in cui spesso i vincitori delle corse a tappe portano con sé anche il trionfo nella classifica destinata ai giovani, vada più che altro premiata l’eccezionalità dei meno giovani, che sembrano essere i più in difficoltà questo periodo. Magari si potrebbe istituire un premio apposito per gli over 35, e magari la potremmo chiamare Maglia Grigia. Se esistesse questa particolare classifica al Tour, insomma, il favorito sarebbe senza ombra di dubbio Alejandro Valverde, seguito a ruota da Richie Porte. In seconda battuta potremmo considerare Nibali lottare con Chris Froome. Pierre Rolland, Rigoberto Uran e Dan Martin, invece, avendo solo 34 anni rimarrebbero comunque fuori dalla lotta al titolo, ma sarà comunque interessante vedere come cercheranno di sopravvivere ai segni dell'età.




Basta così: ora diteci chi vince.

Gabriele Gianuzzi

Tadej Pogacar

Umberto Preite Martinez

Richard Carapaz


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