L’edizione numero 101 del Giro d’Italia partirà per la prima volta fuori dai confini europei: in Israele, da Gerusalemme. Mai prima d’ora ci si era spinti così lontani. I corridori dovranno affrontare 3562 km divisi in 21 tappe dal 4 al 27 maggio prossimi.
La scelta di partire in Israele è legata principalmente a ragioni commerciali e l'obiettivo è chiaro: internazionalizzare ancora di più l’evento, e aumentare i ricavi grazie a una visibilità ancora più estesa. Se pensiamo che Chris Froome, il quattro volte campione del Tour de France, parteciperà al Giro d’Italia, l’obiettivo sembra già centrato: mai come quest’anno l’attenzione sarà così alta verso la corsa rosa.
Non è però solo una questione di marketing: anche la gara in sé quest’anno suscita particolare interesse. Per la prima volta si scontreranno per la vittoria finale due corridori post-moderni, uno, Chris Froome, all’apice della sua carriera, e l’altro, Dumoulin in continua ascesa. Due corridori - specie il keniano - che negli ultimi anni hanno ridefinito il concetto classico di ciclismo: dove la tattica, il peso della squadra, le specialità a km, la strategia e l’attendismo nella preparazione degli attacchi sono elementi più importanti di qualsiasi altro.
Dietro questo scontro, che è anche un po' quello tra un maestro e il suo discepolo, si nasconde la speranza italiana di Fabio Aru, un corridore completamente diverso, ma che quest’anno si presenta al Giro per vincere. Per il sardo, dopo l’infortunio dello scorso anno e l’improvvisa partecipazione al Tour de France, è il momento della verità: sarà in grado di competere con un corridore di levatura mondiale come Froome? Riuscirà a tenere una buona condizione per tre settimane?
Oltre agli outsider in corsa che animeranno la gara - Pinot, Chaves, Miguel Angel Lopez - sarà interessante assistere a questo Giro d’Italia anche per la scelta del percorso, con l’inedita idea di tagliare i km a cronometro - solo 44, mai così pochi da quarant’anni - e allungare le tappe in montagna con 8 arrivi in salita. Dopo 9 anni il Giro chiuderà poi a Roma, in via dei Fori Imperiali, che forse per valore simbolico riesce a eguadagliare quello degli Champs-Elysees nel Tour de France.
Sarà il Giro d’Italia guardato in più paesi e il primo che partirà fuori dall’Europa. In che condizioni è la corsa in questo momento storico?
Umberto Preite Martinez
Sotto la guida di Urbano Cairo il Giro d’Italia negli ultimi due anni è tornato finalmente a crescere, soprattutto dal punto di vista finanziario. Se due anni fa il fatturato della Corsa Rosa si attestava intorno ai 25 milioni di euro, oggi sfiora i 50 milioni. Un incremento dovuto sia all’aumento dei ricavi dai diritti televisivi (venduti alla Rai per un costo complessivo di 12,5 milioni di euro l’anno per il biennio 2017-2018, a fronte degli 8 milioni annui del biennio 2015-2016) e soprattutto ai soldi sborsati da Israele per ospitare la partenza del Giro 2018. Si parla di cifre che orbitano attorno ai 12-14 milioni di euro (di cui 4 milioni direttamente versati a Rcs Sport e gli altri tramite sponsorizzazioni varie). Un capitale finanziario importantissimo e imprescindibile per la crescita del Giro d’Italia nel mondo.
Sono dati che assumono una rilevanza fondamentale in uno sport, il ciclismo, che si basa esclusivamente sulle sponsorizzazioni delle aziende private, costantemente alla ricerca delle migliori prospettive di guadagno. Se fino a pochi anni fa la differenza fra Giro e Tour in termini di introiti era abissale (25 milioni contro i 110 della Grande Boucle), oggi questa differenza sta pian piano accorciandosi. Questo fa sì che molte squadre che prima snobbavano senza troppi patemi la Corsa Rosa scelgono di puntare sul Giro d’Italia.
In quest’ottica le tanto criticate partenze dall’estero sono fondamentali per aumentare i ricavi degli sponsor e rendere quindi di nuovo competitivo il Giro.
Vi piace il percorso di questa edizione? Quali sono le tappe più importanti, quelle in cui si deciderà la corsa?
Umberto
Se a un primo sguardo mi sembrava un percorso disegnato male, osservandolo più attentamente credo che possa venir fuori un gran bel Giro. I tanti arrivi in salita non sono necessariamente un fattore positivo, visto che tanti arrivano al termine di tappe completamente piatte (quindi sarà molto difficile fare una vera selezione), alcuni presentano pendenze ridicole (qualcuno ha detto Montevergine di Mercogliano?) e quasi mai si superano i 2000 metri d’altitudine.
Anche la presenza di così pochi chilometri a cronometro mi aveva inizialmente fatto storcere la bocca. La cronometro è una componente fondamentale nel ciclismo e vederla così bistrattata da tifosi e organizzatori fa male al cuore. Eppure questo Giro d’Italia sembra ben costruito. Si partirà subito forte con le tappe siciliane, molto insidiose anche perché arrivano dopo il maxi-trasferimento da Israele, disegnate in un continuo saliscendi che potrebbe causare qualche difficoltà a chi non è abituato a questo tipo di tracciati.
Anche la tappa conclusiva della prima settimana, da Pesco Sannita a Campo Imperatore, potrebbe riservare grandi sorprese con gli ultimi 46 chilometri in continua salita, anche se con pendenze pedalabili e ampi tratti per respirare. La seconda settimana si affronterà lo Zoncolan, ed è inutile dire che sarà lo spartiacque di questo Giro d’Italia, prima di affrontare l’ultima settimana che di sicuro stravolgerà la classifica.
La tappa regina sarà probabilmente la 19ª, con l’ascesa al Colle delle Finestre prima di Sestriere e Jafferau. Un percorso inedito di 181 chilometri ma molto duro. Uno sforzo di circa 6 ore dopo più di 3000 chilometri di gara, che renderà anche le dolci pendenze del Sestriere un ostacolo difficile da superare.
Marco Armillei
Fabio Aru, a precisa domanda su dove si vincerà questo Giro ha risposto con una battuta: «A Roma, mentre tutti i giorni precedenti sono buoni per perderlo». Il corridore Sardo ha sottolineato quindi che il percorso presenta difficoltà continue nell’arco delle tre settimane. Non ci sarà la tradizionale partenza più tranquilla in attesa di una terza settimana di fuoco. Lo Zoncolan non ha bisogno di presentazioni, anche solo nel 2010 la montagna friulana risultò essere davvero decisiva ai fini della classifica finale.
Personalmente credo che potrebbero risultare importanti sia la tappa di Prato Nevoso che la Assisi-Osimo, che presenta un finale decisamente nervoso (i muri marchigiani sono spesso stati protagonisti alla Tirreno-Adriatico). Le prove contro il tempo saranno solo due, con un chilometraggio complessivo di 44,2 km. In ogni caso a due specialisti come Froome e Dumoulin saranno sufficienti per guadagnare preziosi secondi rispetto ai diretti avversari. Anche in virtù della cronometro iniziale di 9,7 km per le strade di Gerusalemme il britannico e l’olandese sono anche tra i possibili candidati a indossare la prima maglia rosa.
Un fattore da considerare è quello dei giorni di riposo. In quest'edizione saranno ben tre e tutti saranno seguiti da tappe non facili. La Catania-Caltagirone, con arrivo su un muro che toccherà il 13%; la Penne-Gualdo Todino, frazione senza particolari difficoltà altimetriche ma che per via di un chilometraggio molto lungo (ben 239 Km) si presta a possibili imboscate (un po’ come la Lucera-L’Aquila del 2010 che riaprì il Giro); la già citata cronometro Trento-Rovereto. Il giorno successivo al riposo è spesso uno fra i più delicati perché dopo giorni di corsa continua il fisico, con il riposo, rischia di perdere brillantezza. Soprattutto in vista della cronometro, in cui si dovrà partire al massimo della velocità, sarà fondamentale trovare subito il ritmo.
Nel complesso il percorso si potrebbe prestare a una gara spettacolare proprio perché le continue difficoltà disseminate lungo le tre settimane renderanno difficile un controllo della corsa in stile Tour de France.
Andrea Minciaroni
Quando ho visto che il percorso presentava solamente 44 km di cronometro ho gridato al miracolo. Le gare contro il tempo sono un elemento imprescindibile per poter vincere una grande corsa a tappe, e sono una caratteristica necessaria per rendere un corridore completo. Su questo siamo d'accordo. Non ho però mai amato quei corridori che si difendono in salita - o addirittura si staccano - e poi recuperano tutto il vantaggio perduto a cronometro. Spesso le cronometro favoriscono un approccio conservativo al grande giro. Quindi mi piace l’idea generale di accorciare i km a cronometro.
Altra cosa che apprezzo: l’idea di proporre tappe più lunghe anche in frazioni di montagna. Questa tendenza generale ad accorciare le tappe nei grandi giri - abbiamo visto tappe anche al Tour de France superare di poco i 120km - non l’ho mai capita. Forse in una tappa speciale come quella con l’arrivo finale a Roma una cronometro poteva essere inserita.
Il Giro del 1974 che parte da Piazza San Pietro. Foto Keystone / Getty Images.
Chi vincerà più tappe per velocisti?
Umberto
Quest’anno le occasioni per le ruote veloci sono veramente poche, cosa che ha spinto tutti i migliori velocisti in circolazione a concentrarsi sul Tour de France. Senza contare che la riduzione del numero dei ciclisti per squadra ha fatto sì che al momento di creare le formazioni si sia scelto di escludere quei velocisti che facevano le prime due settimane per poi ritirarsi prima delle Alpi. Se con nove uomini puoi mettere in conto di perderne uno per strada, quando si corre in otto è già più difficile pensare una strategia del genere.
In questa penuria di sprinter, l’unica squadra attrezzata per vincere è la Quick Step di Elia Viviani, che in questo avvio di stagione è già riuscito a vincere diverse volate anche contro avversari di alto livello. Viene quindi difficile pensare che la maglia Ciclamino possa non essere sulle sue spalle a Roma. Viviani dovrà guardarsi però dagli stranieri Debusschere, Sam Bennett e Van Poppel, su tutti, e dai giovani velocisti italiani come Bonifazio e Mareczko. Nessuno di loro ha però una squadra tutta a propria disposizione come Elia Viviani, che quindi credo proprio che riuscirà spesso ad avere la meglio.
Marco
Viviani è senza alcun dubbio il principale favorito per la maglia ciclamino. Per l’esperienza, per la squadra a disposizione e per la capacità di reggere in salite. Questo potrebbe portarlo, in alcune occasioni, ad accontentarsi di alcuni piazzamenti. Per questo motivo mi aspetto molta incertezza negli sprint e non un mattatore assoluto. Due giovani italiani, Bonifazio e Mareczko, potrebbero approfittare di questa situazione. Si tratta di due giovani interessanti attesi al salto di qualità su certi percorsi. Bennet e Van Poppel sono invece altri due nomi da tenere d’occhio fra le ruote veloci, trattandosi di corridori, seppur di poco, più esperti.
In che condizioni arriva Chris Froome, che punta alla doppietta Giro-Tour?
Andrea
Froome si presenta al Giro in una condizione generale che definirei ambigua. Dopo 8 anni dalla sua ultima presenza, quando era uno sconosciuto, oggi si presenta come il favorito numero uno per la vittoria finale. La condizione atletica espressa nelle ultime gare tuttavia non è stata il massimo e diverse volte è andato in difficoltà durante la Tirreno Adriatico e nel recente Tour of The Alps - ultimo frangente di gara in prossimità del Giro - si è piazzato appena quarto nella classifica generale.
Sono elementi da non sottovalutare, ma Froome ci ha abituato che la sua preparazione per una corsa a tappe di livello - grazie anche alla meticolosità del suo team - è sempre stata corretta e vincente. La sua condizione è ambigua non tanto dal punto di vista atletico, quanto da quello mentale, in riferimento alla situazione generale che lo circonda da diverse settimane. Il recente caso di positività al salbutamolo getta un’ombra sulla sua presenza e sull'intera corsa, e può aver contribuito a destabilizzarlo mentalmente.
Nonostante questo, Froome sembra sereno e motivato: «Sono sicuro di non avere fatto niente di sbagliato. Il procedimento dell'Uci a carico mio doveva rimanere confidenziale, nell'attesa di ulteriori indagini conoscitive. Tutto, invece, è diventato pubblico: una situazione davvero tanto fastidiosa. Io, comunque, sono qui per lottare e vincere». Froome quindi ostenta serenità, nonostante viva circondato da polemiche da diversi mesi. Bisognerà vedere se effettivamente Froome sarà in grado di reggere questo tipo di pressioni. Per vincere non conterà solo la condizione atletica, ma anche quella mentale.
Umberto
Mai come quest’anno, nel tentativo di completare la doppietta Giro-Tour, sarà fondamentale la solidità della sua squadra che dovrà accompagnarlo nei fisiologici momenti di difficoltà. La riduzione dei ciclisti per squadra capita quindi nel momento peggiore per il Team Sky che avrà sicuramente qualche difficoltà in più a controllare la corsa.
Al Giro d’Italia Froome avrà comunque con sé una squadra molto solida con De La Cruz, Poels, Elissonde e Sergio Henao per le salite, Kiryienka, Puccio e Knees a tenerlo fuori dai guai in pianura. Ma a preoccupare sono soprattutto le condizioni di De La Cruz e Poels, sulla carta i suoi gregari più forti ma che in questa stagione non hanno ancora ingranato la marcia giusta. Poels ha deluso alla Liegi-Bastogne-Liegi staccandosi dal gruppo sulla Redoute, De La Cruz è stato un fantasma per tutto il Tour of the Alps, il vero banco di prova in vista del Giro.
Al di là quindi della sua condizione fisica, Chris Froome avrà bisogno che tutti i suoi gregari recuperino al meglio la condizione se vuole ambire alla vittoria finale. Perché il Giro d’Italia non è il Tour de France, e controllare la corsa può essere molto più complicato del previsto.
Marco
Froome si presenta al via con una spada di Damocle sul suo capo. Correre sub judice non è di certo facile, tanto più se si pensa al recente caso di Contador che, in analoghe condizioni, nel 2011 vinse un Giro che gli fu poi tolto. Lui si è sempre mostrato sereno e fiducioso verso un esito positivo della vicenda, ma per tutta la durata della corsa non ci saranno novità sul suo caso. Passando ad aspetti legati alla corsa, il suo si può considerare alla stregua di un esordio. Il Froome che 8 anni fa partecipò al Giro era un corridore diverso e ancora immaturo. Di certo per lui sarà impossibile correre esattamente come in Francia, data l’intrinseca diversità del Giro rispetto al Tour (pendenze maggiori, strade più strette e tortuose, asfalti di minore qualità).
Quel che è certo è che lui è il corridore con il peso specifico maggiore fra i partenti. Se riuscirà a fare la sua corsa e la squadra si rivelerà all’altezza del Giro, non vi è alcun dubbio che le sua chance di vittoria saranno molto alte.
Dumoulin è da considerarsi favorito?
Andrea
Tra i favoriti, non il favorito. Pur essendo il campione in carica, Dumoulin quest’anno dovrà fare i conti con un percorso diverso rispetto alla scorsa edizione. I km a cronometro saranno molti di meno e le tappe con gli arrivi in salita saranno ben 8. Per un corridore con le sue caratteristiche, abituato a costruire le sue vittorie difendendosi in salita e accumulando vantaggio sugli avversari durante le cronometro, sarà più dura arrivare a Roma in maglia rosa. Ma oltre ad un percorso poco congeniale alle sue caratteristiche, è soprattutto la presenza di Froome a rendere la vittoria di Dumoulin meno probabile. Anche il capitano della Sky soffrirà un percorso con meno km a cronometro, ma l’esperienza, la squadra, una maggiore abilità da scalatore rispetto all’olandese, sono elementi determinanti che rendono oggi Froome favorito rispetto a Dumoulin.
Umberto
Aggiungo una piccola curiosità statistica che forse lascia il tempo che trova ma fa riflettere sull’imprevedibilità della Corsa Rosa: nessuno ha mai vinto per due volte consecutive il Giro d’Italia dai tempi di Miguel Indurain (1992-1993) e prima del Navarro dobbiamo risalire a Eddy Merckx (che fece tripletta dal 1972 al 1974).
Tom Dumoulin avrebbe quindi l’occasione di fare qualcosa di storico vincendo anche quest’anno ma, appunto, i pochi chilometri a cronometro e la presenza di tanti avversari sulla carta più adatti di lui alle montagne del Giro, saranno un ostacolo difficile da superare.
Ci sono però alcuni dettagli che potrebbero girare la frittata in suo favore. Innanzi tutto di quei famosi 8 arrivi in salita, ben 4 sono praticamente delle tappe unipuerto (ovvero tappe con una sola salita secca all’arrivo, prive di altre asperità lungo il percorso) e in situazioni del genere, come era l’arrivo al Santuario di Oropa dell’anno scorso, Dumoulin ha sempre dimostrato di essere all’altezza dei migliori scalatori.
Un altro aspetto è la sua forma fisica. Durante la conferenza di ieri, la Farfalla di Maastricht è sembrato tirato come non mai. Se già l’anno scorso pesava fra i 68 e i 70 kg, oggi il suo peso è visibilmente diminuito. Un dettaglio che potrebbe fare la differenza in salita.
Cosa deve fare Fabio Aru per vincere?
Umberto
Il percorso di quest’anno sembra molto adatto alle caratteristiche di Aru: pochi chilometri a cronometro (44,2 complessivamente), tanti arrivi in salita “secchi” e con pendenze abbordabili.
Per Aru sarà quindi fondamentale la tenuta fisica nell’arco delle tre settimane. Dovrà evitare i suoi ormai classici passaggi a vuoto misti a preoccupanti cali di condizione che hanno segnato la sua carriera fin qui. Per vincere il Giro d’Italia non gli basterà un exploit o due, ma dovrà trovare quella costanza di rendimento che gli è spesso mancata e che è invece il punto forte dei suoi principali avversari, Froome e Dumoulin su tutti.
Un altro aspetto invece non dipende da lui ma dai suoi compagni. La Uae-Emirates ha scelto di non puntare sui suoi tanti giovani a disposizione (su tutti Edward Ravasi, che ha fatto molto bene pochi giorni fa al Tour of the Alps) per affidarsi all’usato sicuro. Atapuma sarà probabilmente il suo principale scudiero ma se Aru si trovasse in maglia Rosa a dover controllare la corsa, allora sarà fondamentale un salto di qualità da parte di Valerio Conti (classe ‘93) e Jan Polanc (sloveno del ‘92, già vincitore di due tappe al Giro).
Andrea
A prescindere da un percorso adatto alle sue caratteristiche da scalatore puro, saranno la squadra è la tenuta psicofisica nelle tre settimane le due cose da prendere in considerazione per poter dire se Fabio Aru sarà in grado di vincere o meno questo Giro. Per conquistare la maglia rosa Aru non dovrà solamente dare spettacolo con le sue note “sparate” in salita, ma dovrà giocare di astuzia, conservare energie, essere in sintesi più moderato e meno aggressivo per dosare bene le energie nelle tre settimane. Tutto dipenderà ovviamente se e in quale circostanza Aru indosserà la maglia rosa, ma una cosa è certa: per battere un campione come Froome serviranno forza e aggressività - due cose che non mancano al sardo - ma anche equilibrio e molta tattica.
Marco
La bontà della prestazione di Aru passerà dalla sua tenuta mentale e fisica. Non dovrà cadere nell’errore di attaccare continuamente, poiché se Froome sarà il faro del Giro, correre sempre con il vento in faccia sarebbe controproducente. In tal senso il fatto che sia sembrato in leggero ritardo di condizione potrebbe rivelarsi un vantaggio, perché ciò potrebbe indurlo a controllare di più nella prima parte. Nel Giro 2015, quello vinto da Contador, passò i primi 10 giorni ad attaccare continuamente, salvo poi ritrovarsi “senza benzina” fra Imola e Mortirolo. Aru ha mostrato al Tour de France di avere le carte in regola per mettere in difficoltà anche il capitano della Sky, ma in quella stessa edizione ha palesato anche alcuni suoi limiti. Imboccare troppo dietro una salita gli è costato la maglia gialla, per cui è auspicabile che non ci saranno simili cali di concentrazione. Il Giro, rispetto al Tour, saprà senza dubbio offrire più occasioni per attaccare Froome e il sardo dovrà essere pronto a coglierle. Le due cronometro relativamente brevi, le tante montagne e un Froome in una situazione quantomeno particolare offrono ad Aru l’occasione di prendersi, dopo due podi, la prima maglia rosa della sua carriera. Piccola curiosità, a Cervinia, traguardo della ventesima tappa, Aru ha già vinto nel 2015.
C’è un outsider da tenere d’occhio che potrebbe sorprendere tutti?
Umberto
Un nome su tutti è Thibaut Pinot. Il francese della Groupama-Fdj ha vinto e convinto al Tour of the Alps e l’anno scorso, dopo un paio d’anni in cui sembrava essersi definitivamente perso, è tornato a dare ottimi segnali cogliendo il 4° posto finale alle spalle di tre fuoriclasse come Dumoulin, Quintana e Nibali, a solo 1’17” dal vincitore.
Pinot è un classe ‘90, quindi sta entrando ora nella sua piena maturità agonistica. In Francia nel 2012, dopo l’ottimo 10° posto al Tour a soli 22 anni, lo consideravano una specie di nuovo Hinault. Speranze che sembravano essere confermate nel 2014 in seguito al podio ottenuto alle spalle di Vincenzo Nibali. Ma dopo quelle belle annate di inizio carriera, Pinot si era un po’ perso, preda dei suoi stessi fantasmi e dell’eccessiva pressione che tutta la Francia poneva sul suo nuovo pupillo.
Da questo punto di vista, probabilmente la repentina esplosione di Romain Bardet può avergli tolto un bel peso dalle spalle, lasciandolo libero di vivere la sua vita con maggiore tranquillità.
E vivere la vita, per Thibaut Pinot, ha significato innanzitutto una scelta drastica: rinunciare al Tour de France per concentrarsi sul Giro d’Italia, una corsa sicuramente più adatta alle sue caratteristiche, più tranquilla dal punto di vista della pressione mediatica e soprattutto lontana dai suoi connazionali.
La scelta sembra aver dato i suoi frutti e Thibaut Pinot è uno dei principali favoriti di questa edizione, subito alle spalle di Froome e Dumoulin ma sullo stesso gradino (secondo me anche un po’ più avanti) di Aru e Miguel Angel Lopez, giovanissimo scalatore colombiano dell’Astana da seguire attentamente durante queste tre settimane.
Se riuscirà a mantenere una forma costante, e con la giusta dose di fortuna, potremmo anche vedere un francese vestito di rosa sfilare per i Fori Imperiali.
Marco
Oltre a Froome, Aru, Dumoulin e Pinot, uno fra i più seri candidati ad un piazzamento sul podio è M.A. Lopez. Il capitano dell’Astana, classe ‘94, è alla sua prima partecipazione alla corsa rosa. Lo scorso anno dopo una partenza difficile si è messo in mostra alla Vuelta.
A stupire ancor più dell’ottavo posto finale sono state le due vittorie di tappa, ottenute staccando Froome e Nibali salendo verso l’Osservatorio di Calar Alto, per poi ripetersi contro Contador nella tappa con arrivo a Sierra Nevada. Il percorso gli strizza l’occhio e l’esperienza di corridori come Kangert, Zeits e L.L. Sanchez lo aiuterà molto in questa prima esperienza italiana. Il colombiano si presenta con un motore già a regime come testimonia la recente vittoria al Tour of the Alps sull’arrivo in salita dell’Alpe di Pampeago (con Pinot secondo e Froome quarto). Per lui vale il discorso di Fabio Aru: se riuscirà a non avere passaggi a vuoto in una delle tante tappe di montagna che il gruppo dovrà affrontare, è verosimile ipotizzare che il capitano dell’Astana sarà fra i primi classificati.
Andrea
Se dovessi scegliere un outsider, anche per simpatia personale, direi Esteban Chaves. Non dimentichiamoci che nel 2016 ha sfiorato la vittoria al Giro d’Italia, rimontato solamente all’ultimo da una straordinaria impresa di Vincenzo Nibali. In più ha una squadra, la Mitchelton-Scott, che non è niente male: Kreuziger, Nieve, Haig e Yates. Corridori di altissimo livello per aiutarlo in salita e negli eventuali momenti di difficoltà.
Certo, ci sono diversi elementi che non rendono favorito Chaves per la vittoria finale: l’alto livello dei suoi avversari, la sua tenuta nelle tre settimane, e anche il dualismo con Yates. I gradi di capitano infatti non sono così saldi sulle spalle del colombiano, ma se Chaves mostrerà una buona condizione - bisognerà vedere se avrà recuperato bene dall’infortunio - e la sua squadra svolgerà un vero lavoro di supporto, allora i suoi avversari dovranno stare molto attenti.
Consigliate un ciclista da seguire fuori dai soliti noti
Umberto
Per chi vuole divertirsi nell’apprezzatissima e delicata arte del talent scout da divano, quest’anno sono presenti tanti giovani molto interessanti da seguire con attenzione. I più pronti sono sicuramente Davide Formolo e Giulio Ciccone, che già hanno vinto una tappa al Giro d’Italia e quest’anno si sono messi particolarmente in mostra il primo alla Liegi-Bastogne-Liegi e il secondo al Tour of the Alps. Purtroppo il portacolori della Bardiani-Csf è stato vittima di una caduta a pochi giorni dal via e bisognerà quindi capire quanto in fretta riuscirà a recuperare.
Fra i giovanissimi stranieri alle prime armi, spiccano invece tre ciclisti classe ‘95: l’olandese Sam Oomen, l’australiano Ben O’Connor e il danese Niklas Eg. Se Oomen sarà però impegnato ad aiutare Tom Dumoulin, gli altri due correranno liberi da logiche di gregariato e potrebbero regalarci delle belle soddisfazioni, nel loro piccolo.
O’Connor ha già stupito tutti al Tour of the Alps cogliendo un inatteso 7° posto nella generale e la vittoria nella 3ª tappa. Il capitano della sua squadra, la Dimension Data, è ufficialmente Louis Meintjes ma conoscendo lo stile di gara del sudafricano non ci sono dubbi sul fatto che O’Connor avrà campo libero per fare la sua corsa.
Niklas Eg invece corre nella Trek-Segafredo. Anche qui, ufficialmente il capitano è Gianluca Brambilla che ha recentemente dichiarato di aspirare a un piazzamento nella top-10, anche se è più facile che decida di dedicarsi alla ricerca di una vittoria di tappa lasciando spazio al suo giovanissimo compagno di squadra.
Nonostante siano alla loro prima esperienza fra i professionisti in una corsa a tappe di tre settimane, sono tutti e tre elementi molto interessanti che hanno già dimostrato in questo inizio di stagione di saper tenere testa ai loro più esperti avversari. E chissà che in futuro non possiate dire agli amici il più classico dei “te l’avevo detto”.
Marco
Davide Formolo è un corridore che si trova in quel fastidioso limbo di chi ha talento da vendere ma non riesce ad esprimere tutto il suo potenziale. Nei grandi Giri ha finora conquistato un nono posto alla Vuelta 2016 e un decimo al Giro 2017. Per un classe ‘92 passato professionista con moltissime attese (da dilettante era stato capace di vincere per ben due volte il prestigioso Giro delle Pesche Nettarine) è innegabile che si tratti di un bottino fin troppo magro. Per questi motivi il suo nome non può comparire fra i più seri candidati al podio. Ciò non significa che non sia da seguire con molta attenzione. Formolo si presenta al Giro senza grandi risultati ma con una discreta forma (l’attacco nel finale dell’ultima Liegi ne è la prova) e, fattore ancora più importante, con pochissima pressione addosso. I fari della corsa saranno tutti per gli altri corridori già citati in questo articolo, ma dato che il ciclismo non è una scienza esatta, vederlo protagonista nelle prossime settimane non mi stupirebbe affatto. La sua nuova squadra ha collaborato con i tecnici Specialized per migliorare il suo rendimento a cronometro. Come già scritto le prove contro il tempo non saranno il principale ago della bilancia del Giro, ma limitare il più possibile il distacco da due specialisti come Froome e Dumoulin sarebbe importante anche a livello mentale. Di fatto Formolo è uno scalatore puro più per indole che per caratteristiche fisiche, dal momento che con i suoi 182 cm un miglioramento a cronometro non sarebbe una sorpresa così grande.
Ma il suo terreno preferito ovviamente resterà la montagna. Non è un caso che il suo miglior piazzamento di tappa sia stato un sesto posto nella durissima frazione con arrivo a Bormio (quella vinta da Nibali) dello scorso Giro. Ammetto di avere un debole per questo corridore, ma il mio consiglio è quello di seguire con molta attenzione la sua corsa.
Pronostici secchi
Umberto
Sento che sarà un Giro d’Italia folle e meraviglioso: Thibaut Pinot.
Andrea
A differenza di Umberto sono tristemente razionale: vincerà Chris Froome.
Marco
Il poster che ho in camera non mi lascia scelta: Fabio Aru.