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Cosa succede a Calhanoglu
11 gen 2019
Il centrocampista turco è andato in grande difficoltà proprio quando la squadra aveva più bisogno di lui.
(articolo)
9 min
(copertina)
Foto di Marco Luzzani / Getty Images
(copertina) Foto di Marco Luzzani / Getty Images
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Hakan Calhanoglu ha chiuso il 2018 con una giocata decisiva, l’assist a Gonzalo Higuaín per il gol del 2-1 alla SPAL: una giocata semplice, un passaggio al volo di sinistro su un cross di Calabria, ma molto importante per il momento del Milan, che non vinceva da cinque partite e in quattro di queste non aveva segnato, e per Higuaín, che invece non segnava da nove partite. Al momento dell’assist Calhanoglu era stato spostato nella posizione di esterno sinistro del 4-4-2, dopo aver iniziato la partita da mezzala sinistra in un centrocampo a tre completato da Kessié e Bakayoko. Questo cambio di ruolo, da esterno a mezzala, o trequartista, accompagna Calhanoglu da tutta la carriera ed è dovuto alla grande qualità con cui sa colpire la palla, evidente soprattutto quando tira e quando lancia. Sono state le sue qualità più chiare, il tiro e le verticalizzazioni, a decidere finora la sua posizione in campo: da esterno a sinistra può accentrarsi per tirare o dare l’ultimo passaggio, a centrocampo può invece far avanzare la manovra grazie soprattutto alla sensibilità del suo gioco lungo.

Una formazione verticale

Le due esperienze in Germania, all’Amburgo e al Bayer Leverkusen, hanno estremizzato la sua indole verticale. All’Amburgo, pur facendo intravedere la tendenza ad abbassarsi per far scorrere la manovra, il compito principale di Calhanoglu era di dare il tocco finale all’azione, di creare pericoli una volta che la palla era arrivata negli ultimi metri giocando in pratica in tutte le posizioni offensive: prevalentemente da esterno, su entrambe le fasce, ma anche da trequartista, per sostituire van der Vaart, e da attaccante nelle prime partite. Gli 11 gol realizzati con l’Amburgo nella Bundesliga 2013/14 sono ancora il suo record personale in campionato.

Al Bayer Leverkusen, nel sistema frenetico di Roger Schmidt fatto di pressione continua sul possesso avversario e azioni brevi e dirette, Calhanoglu era più coinvolto nella manovra ma non ha avuto modo di sviluppare il lato più associativo del suo gioco. Il principale strumento offensivo del Bayer era il pressing, soprattutto negli istanti successivi alla perdita del possesso (il gegenpressing), usato per disordinare le difese e attaccarle in transizione.

Dentro questo sistema, Calhanoglu era spinto a pensare costantemente in verticale: pulendo i palloni che arrivavano nella metà campo offensiva e trasmettendoli in avanti, oppure chiudendo personalmente l’azione dopo aver raccolto la sponda del centravanti. La sua sensibilità nel calciare la palla era al servizio di un sistema che forzava tiri e lanci lunghi per guadagnare campo, conquistare le respinte e attaccare in transizione a difesa scoperta.

Anche al Bayer Calhanoglu ha giocato in varie posizioni: da esterno, da trequartista e anche a centrocampo, quando Schmidt voleva una formazione particolarmente offensiva e chiedeva a Calhanoglu di abbassarsi a ricevere la palla dai difensori per farla arrivare subito sulla trequarti. Solitamente, però, il turco doveva definire l’azione nella metà campo avversaria, preoccupandosi di conservare la palla sotto pressione e di creare occasioni, accumulando verticalizzazioni e tiri.

L'adattamento nel Milan

Passato al Milan dopo tre stagioni a Leverkusen (l’ultima interrotta a metà a causa di una squalifica per un precontratto non rispettato col Trabzonspor nel 2011), Calhanoglu si è dovuto adattare a un calcio meno frenetico e dal possesso più ordinato, che gli concede meno spazi per verticalizzare ma più tempo per ragionare.

Vincenzo Montella ha provato a trasformarlo in una mezzala in grado di gestire il possesso, sfruttando la sua capacità di giocare in spazi stretti e di verticalizzare per facilitare la risalita del campo. Per Montella la presenza di un altro esterno abituato a ricevere sui piedi oltre a Suso avrebbe reso troppo piatta la manovra, e per questo nelle prime uscite col 4-3-3 a completare il tridente offensivo a sinistra c'era un giocatore più portato ad allungare la squadra con movimenti in profondità come Borini.

Le sperimentazioni tattiche di Montella nella prima parte della scorsa stagione e l’utilizzo di sistemi con la difesa a 3 hanno però complicato l’inserimento di Calhanoglu, schierato a un certo punto da trequartista in coppia con Suso, in un ruolo in cui potesse sentirsi più a suo agio, nonostante i timori di Montella di togliere profondità alla manovra.

È stato solo con l’arrivo in panchina di Gennaro Gattuso che Calhanoglu ha trovato una collocazione stabile da esterno sinistro del 4-3-3. In quella posizione Calhanoglu ha vissuto i suoi mesi migliori con la maglia del Milan, nella seconda metà della scorsa stagione, trovando una grande intesa con Bonaventura che aveva spostato parte della creazione del gioco a sinistra, rendendo più equilibrata una manovra sbilanciata a destra, dal lato di Suso.

Calhanoglu poteva sfruttare i vari movimenti senza palla di Bonaventura per ricevere in diverse posizioni del campo, largo a sinistra o dietro le linee avversarie, avendo poi diverse alternative per far avanzare la manovra, con combinazioni sulla fascia sinistra o cambiando il gioco su Suso. In questo modo Gattuso era riuscito a connettere i tre giocatori più importanti per la manovra nella trequarti offensiva (appunto Suso, Bonaventura e Calhanoglu) e le prestazioni del turco erano migliorate fino a farlo diventare un riferimento insostituibile per il 4-3-3 del Milan.

Calhanoglu cambia gioco su Suso dopo che il Milan aveva provato ad avanzare a sinistra.

All’inizio di questa stagione Gattuso ha voluto preservare quei meccanismi, limitandosi soltanto a inserire Higuaín al centro dell’attacco. Calhanoglu non segnava, ma forniva un grande contributo creativo mantenendo una media di 4,1 occasioni create per 90 minuti fino al derby, l’ultima partita giocata in campionato da Bonaventura. I gravi infortuni al numero 5 e a Lucas Biglia hanno poi obbligato Gattuso a trovare nuove soluzioni, abbandonando il 4-3-3 e cercando nuovi equilibri in fase di possesso.

Le difficoltà di questa stagione

Calhanoglu ha sofferto in particolare l’assenza di Bonaventura, il compagno di riferimento nella risalita del campo a sinistra. Col passaggio al 4-4-2 il turco si è ritrovato a giocare da esterno sinistro a centrocampo, ma i pochi movimenti senza palla attorno a lui, e davanti a lui, hanno reso più difficile il compito di far avanzare la manovra dal suo lato. In particolare la posizione di Rodríguez, fondamentale nella prima costruzione ma poco portato a spingersi in avanti, impediva a Calhanoglu non solo di combinare con il terzino per avanzare lungo la fascia, ma anche di accentrarsi e giocare tra le linee, in una zona in cui poteva trovarsi più a suo agio, perché senza le sovrapposizioni del terzino il Milan avrebbe perso ampiezza.

Dagli infortuni di Biglia e Bonaventura il possesso del Milan è diventato più sterile e anche la produzione di Calhanoglu si è quasi dimezzata, scendendo a 2,2 occasioni create per 90 minuti in media. L’emergenza a centrocampo ha inoltre richiesto a Calhanoglu maggiore partecipazione alle fasi preparatorie della manovra: per questo nelle ultime tre partite del girone di andata Gattuso lo ha schierato da mezzala sinistra, per recuperare un po’ di qualità nelle uscite da dietro e occupare gli spazi tra le linee con un giocatore tecnico, in grado di conservare la palla sotto pressione e di far guadagnare molti metri con un solo passaggio.

Il maggior coinvolgimento nella costruzione del gioco si è quindi riflesso nel numero di passaggi (54,4 per 90 minuti in media), in aumento rispetto allo scorso campionato, e nella precisione: l’attuale 86,1% è il punto più alto mai toccato in carriera in campionato da Calhanoglu.

Il numero 10 del Milan non si è comunque trasformato in un centrocampista in grado di gestire il possesso come forse immaginava Montella, e come probabilmente sperava Gattuso per ravvivare una manovra diventata fin troppo prevedibile. Da mezzala Calhanoglu accelera l'innesco della fase di rifinitura, se ha modo di tagliare il campo con lanci quasi sempre perfetti e passaggi di 30 o 40 metri in cui può esibire l’incredibile qualità con cui calcia la palla, ma non migliora il palleggio se la squadra ha bisogno di risalire il campo in modo più ordinato. Calhanoglu è abituato a verticalizzare e a prendersi rischi, e se non vede soluzioni davanti a lui diventa piuttosto prevedibile, lasciando emergere una visione di gioco non troppo raffinata.

Il cambio di gioco su Suso è una delle cose che gli riesce meglio.

Forse il più grande beneficio è che da mezzala Calhanoglu riesce ad arrivare al tiro con più frequenza. Dopo aver scaricato la palla può seguire lo sviluppo dell’azione inserendosi o restando più indietro per concludere da fuori area, mentre da esterno era più portato a tagliare il campo per contribuire alla rifinitura invece di andare a chiudere l'azione sul secondo palo. La maggiore vicinanza con Suso non è stata utilizzata per moltiplicare gli scambi tra i due principali creatori della squadra, e anzi la connessione più efficace resta il cambio di gioco di Calhanoglu a isolare l’esterno spagnolo, una giocata ripetuta più volte contro la SPAL.

La posizione più centrale e arretrata ha più che altro permesso a Calhanoglu di chiudere con maggiore frequenza quanto prodotto sul lato destro, quello storicamente più creativo del Milan. Solo contro la Lazio, in una partita condizionata dalle molte assenze e giocata col 3-4-3, Gattuso ha provato ad avvicinare il turco a Suso, chiedendogli di tagliare il campo dalla posizione iniziale di esterno sinistro per facilitare la costruzione del gioco.

Calhanoglu si abbassa fino al fianco destro di Kessié per aiutare l’uscita della palla dalla difesa.

Alla fine del girone d’andata Calhanoglu ha tirato 49 volte senza mai trovare il gol, ha creato 44 occasioni (quarto miglior giocatore del campionato) ma ha realizzato solo 3 assist.

Insomma, semina molto ma raccoglie poco, ed è tra i giocatori più criticati del Milan. Dopo un inizio di stagione forse al di sotto delle attese ma in cui comunque riusciva a produrre molte occasioni, il rendimento di Calhanoglu è precipitato proprio quando il Milan ha iniziato ad avere grandi difficoltà a proporre una manovra brillante e a costruire occasioni da gol, cioè nel momento in cui ai giocatori più creativi viene di solito richiesto di coprire con le loro giocate le difficoltà della squadra.

Alla base resta forse una certa incomprensione dello stile di Calhanoglu, che non è un trequartista creativo in senso classico, capace di accentrare il gioco e di vedere linee di passaggio invisibili agli altri, ma è un giocatore che si esprime al meglio se può costantemente dare una svolta in verticale alla manovra, che produce molto perché forza molte scelte, accumulando tiri da fuori, verticalizzazioni e cross. Un trequartista magari non raffinato, e piuttosto distante dall’idea comune del numero 10, che forse potrebbe trovare un contesto più ideale per le sue caratteristiche a Lipsia, se davvero si concretizzassero le voci che lo danno vicino alla squadra tedesca della Red Bull.

Gattuso finora lo ha difeso con ostinazione - «Finché sarò io l’allenatore Calhanoglu rimane, per me è fondamentale», ha detto dopo lo scialbo pareggio contro il Frosinone - e sembra essere ancora convinto di poter risvegliare le sue qualità come fatto un anno fa. Anche se non può rappresentare l’unica soluzione ai problemi, recuperare uno dei pochi milanisti che ha nei piedi quel tipo di giocate che possono cambiare le partite è necessario per tornare ad avere una produzione offensiva in linea con le ambizioni di classifica del Milan.

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