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Harry Kane è in declino?
28 lug 2020
Se ne parla ormai da almeno un anno, ma non è detto sia vero.
(articolo)
11 min
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Lo scorso giugno, pochi giorni dopo il pareggio col Manchester United, Paul Merson si è chiesto se il Tottenham fosse ancora la squadra giusta per Kane: «Quando giocava con Pochettino il Tottenham costruiva occasioni dovunque andasse. C’erano gol, c’erano tiri, c’erano cross. Ora deve fare reparto da solo, ed è dura. Si è ridotto a provare passaggi di 50 metri solo per essere coinvolto nella partita. Questo non è Harry Kane».

La domanda era ancora più rilevante dopo la sua prestazione contro lo United: una partita in cui Kane aveva toccato il pallone solo 36 volte, mai nell’area avversaria, nonostante abbia giocato per tutti e novanta i minuti. Il suo unico tiro in porta è arrivato all’88esimo minuto, con una punizione finita sulla barriera.

Nel rispondere, Mourinho si è esibito in una delle sue proverbiali conferenze stampa, sempre in bilico tra lo scarico delle responsabilità e il ricordo dei successi passati. Dopo aver snocciolato i numeri avuti con lui da Drogba, Ronaldo, Benzema, Milito e Ibrahimovic, il tecnico portoghese ha parlato anche di Harry Kane: «Non avrà alcun problema a segnare nella mia squadra. Soprattutto quando sarà in forma, fresco, e con un buon ritmo partita».

La forma di Harry Kane è un interrogativo che tiene banco da un anno e mezzo. Nel gennaio dello scorso anno il centravanti del Tottenham ha avuto un nuovo infortunio alla caviglia sinistra, che lo tormenta dal 2016, e le complicazioni del rientro lo hanno tenuto fuori dai campi per quasi tutta la seconda metà della stagione. Lo scorso gennaio ha avuto uno strappo al tendine del ginocchio sinistro, e senza l’interruzione della Premier avrebbe rischiato di finire la stagione in infermeria.

Nonostante abbia appena compiuto 27 anni, i numeri di Kane lasciano l’impressione di un giocatore in declino fisico. Nelle prime due stagioni al Tottenham il centravanti inglese ha giocato 101 partite, più di 80 da titolare, senza problemi fisici di sorta. Dopo l’infortunio alla caviglia, nel settembre del 2016, Kane ha saltato 46 partite per infortunio.

Sul Telegraph, Jamie Carragher ha discusso del calo fisico dell’attaccante, ponendo l’accento sulle tante volte in cui ha accelerato i tempi di recupero: «Le sue statistiche fisiche stanno calando, e probabilmente è una conseguenza delle tante occasioni in cui ha dovuto sforzarsi per tornare al 100% della forma, o adattare il suo stile di gioco».

Due anni fa, dopo l’infortunio alla caviglia destra col Bournemouth, che sembrava mettere in dubbio la sua partecipazione al Mondiale, Kane ha accelerato i tempi di recupero, tornando in campo dopo appena venti giorni. In Russia, nonostante il persistere dei problemi fisici, è stato sempre titolare (ha saltato solo la terza partita del girone, a qualificazione già ottenuta). La scorsa stagione, dopo un nuovo infortunio alla caviglia sinistra, il centravanti del Tottenham ha forzato ancora una volta i tempi di recupero per giocare la finale di Champions League contro il Liverpool.

Questa stagione, dopo l’ennesimo infortunio, gli interrogativi sulla forma fisica di Kane si sono fatti più insistenti. Dubbi acuiti dal calo di rendimento. Su tutti, spicca il dato dei gol segnati: un calo dovuto al minore minutaggio (quest’anno Kane dovrebbe chiudere la stagione con poco più di 3mila minuti giocati, non giocava così poco dalla prima stagione da titolare al Tottenham), ma anche normalizzando la media sui 90 minuti, il dato dei non-penalty goals resta in netto calo. Nelle prime quattro stagioni al Tottenham, Kane segnava 0,72 non-penalty goals ogni 90 minuti; nelle ultime due stagioni la media è scesa a 0,55.

Numeri del genere farebbero pensare a un calo dell’efficacia sotto porta, ma non è così. Negli ultimi anni Kane ha sempre “battuto” gli Expected Goals, segnando più di quanto ci si poteva aspettare dal modello statistico.

Il problema, più che nella finalizzazione, sta nel volume di gioco: nelle sue prime tre stagioni al Tottenham Kane viaggiava a una media di 4 tiri ogni 90 minuti; nel 2017-18, la sua migliore stagione in carriera, è arrivato a 5,3; in questa stagione è fermo a 3,1. Un calo, questo, che non è stato compensato dalla migliore selezione di tiro: rispetto alle prime quattro stagioni, Kane ha diminuito la percentuale di tiri da fuori area (passando dal 36% al 32%), dove non è mai stato particolarmente efficace, ma ha anche diminuito la percentuale di conclusioni da dentro l’area piccola (dal 9,8% al 7,9%).

Kane non è mai stato “solo” un centravanti d’area. Le sue qualità tecniche sono ottime, ma non eccezionali, e il suo fisico (anche prima degli infortuni) non è mai stato particolarmente forte o esplosivo; a renderlo un grandissimo attaccante era il suo senso del gioco, la capacità di leggere lo spazio, l’intelligenza dei movimenti.

Due anni fa, Emanuele Atturo aveva paragonato il gioco di Kane al concetto di skonunin, evidenziandone la cultura del lavoro, la cura del dettaglio, la concentrazione. L’attaccante inglese era il fulcro del sistema di Pochettino: un attaccante completo, capace di fare da appoggio per la ripartenza e coinvolgere i compagni, o vestire i panni del rifinitore. Tuttavia, il meglio di sé lo dava quando la palla arrivava nei pressi dell’area di rigore: in quella zona, la sua capacità di ritagliarsi lo spazio per il tiro, unita a un profondo repertorio di soluzioni tecniche, lo rendeva inarrestabile.

Adesso, quella forza sembra essersi attenuata. D’altro canto non si possono che citare le difficoltà del Tottenham, che nelle ultime due stagioni in Premier ha visto un netto calo della sua produzione offensiva. Nei primi quattro anni gli Spurs producevano, in media, 16,7 tiri a partita; la scorsa stagione la cifra è scesa a 14,1; quest’anno i tiri a partita sono solo 11,7. Stesso discorso per gli Expected Goals, che da due anni sono in netto trend negativo: in questa stagione, con altre due partite da giocare, il Tottenham ha messo insieme appena 49.02 xG; nonostante il sesto posto, è la dodicesima squadra per rendimento offensivo.

Quello tra Harry Kane e la sua squadra è un rapporto di reciproca dipendenza: i grandi numeri dell’attaccante hanno aiutato il Tottenham, ma senza il contesto tattico costruito da Pochettino un rendimento del genere non sarebbe stato possibile. Gli ultimi due anni sono stati difficili sia per il giocatore che la squadra, ed è difficile dire con certezza dove finiscano i problemi del Tottenham e dove inizino quelli di Kane.

In un pezzo su The Athletic Charlie Eccleshare e Tom Worville hanno provato a rispondere analizzando il supporto ricevuto dai compagni di squadra. Dal 2015 al 2018 Kane ha ricevuto, in media, 19 assist a stagione, sviluppando una grande intesa con Eriksen (12 assist nel triennio) e Dele Alli (13). Un’altra fonte di assist era rappresentata dai terzini, in particolare Davies (5) e Trippier (8). Nelle ultime due stagioni il cambio di posizione di Alli, che aveva iniziato a giocare più basso, unito alla partenza di Walker, Trippier e Davies hanno tolto a Kane delle fonti di gioco preziose: negli ultimi due anni, la media è scesa a 12 assist ricevuti a stagione. Dopo Son (8 assist nel biennio), il migliore assistman di Kane è rimasto Eriksen (4), partito lo scorso gennaio.

La differenza si può leggere in tanti modi, dagli aggiustamenti dell’ultimo anno e mezzo di Pochettino – che ha impostato una squadra più reattiva, caratteristica ancora più accentuata con l’arrivo di Mourinho – alla maggiore centralità di Son, che negli ultimi due anni ha iniziato a dividersi il centro dell’attacco con Kane, diventando il principale punto di riferimento per le giocate in profondità degli Spurs.

Questo nuovo contesto tattico ha spinto Kane ad accentuare i suoi movimenti dentro al campo, per fare da collegamento tra i reparti ed entrare più spesso nell’azione. Negli ultimi due anni, i tocchi di Kane nell’ultimo terzo di campo sono drasticamente diminuiti: due stagioni fa erano il 61%, la scorsa stagione sono diventati il 51%, quest’anno sono solo il 44%. Kane ha iniziato a giocare sempre più lontano dalla porta, e questa tendenza non può che aver influito sulla sua incisività in zona offensiva.

Nel corso della stagione Mourinho ha elogiato più volte l’impegno e l’intensità messa in campo dall’attaccante, lodandone il lavoro per la squadra, ma l’impressione è che questo lavoro l’abbia allontanato troppo dall’area avversaria, senza restituire abbastanza benefici. Anche perché Kane, nonostante le sue qualità tecniche, non è mai stato un grande facilitatore di gioco. Spesso l’inglese prova giocate complesse e rischiose, e non è sempre efficace. Restando alla Premier, in questa stagione in Kane ha giocato 19,1 passaggi ogni 90 minuti, completandone il 67%. Una percentuale molto bassa: Aguero, che gioca un numero simile di passaggi (21,8 ogni 90’), ne completa l’80%; Vardy, che ne gioca molti di meno (13,1), ne completa il 70%. Parte del problema sta nel gioco di Kane, che gioca molti più passaggi lunghi rispetto agli altri centravanti (in questa stagione ne ha giocati 1,8 ogni 90’, quattro volte quanto Vardy e Aguero messi insieme); ma nelle passate stagioni la precisione era intorno al 72%, nonostante volumi di gioco simili.

L’idea comune è che il calo di brillantezza di Kane, così come la sua scarsa presenza nell’ultimo terzo di campo, sia dovuta ai suoi problemi fisici. Eppure, come evidenziato da StatsBomb in un articolo dello scorso gennaio, in questa stagione il contributo difensivo di Kane è addirittura aumentato: due stagioni fa l’attaccante faceva 9,63 pressioni ogni 90 minuti; all’inizio di quest’anno la media stagionale era salita a 16,32. Complessivamente, Kane sta correndo più delle passate stagioni, ma lo sta facendo soprattutto in fase difensiva.

Il coinvolgimento dentro al campo – e in fase difensiva, soprattutto – è aumentato con il progressivo calo del Tottenham, come se l’inglese avesse voluto compensare i problemi della squadra con un maggior lavoro individuale. Per un giocatore che non è al meglio da quasi due anni, però, questa generosità rischia di essere controproducente. In un momento come questo Kane dovrebbe fare il percorso inverso, concentrando il suo gioco nelle cose che sa fare meglio: stare di meno in mezzo al campo, e di più nei pressi dell’area di rigore.

Non molto tempo fa il Tottenham era stato definito l’“Harry Kane Team”, ma le ultime due stagioni hanno dimostrato che ci sono problemi a cui l’inglese non può supplire. Nelle ultime due stagioni, se si esclude il rocambolesco cammino in Champions, il Tottenham è entrato in una lunga spirale negativa. Harry Kane, suo malgrado, è diventato simbolo di questa decadenza. I numeri incredibili dell’attaccante avevano spinto a paragoni con Ronaldo e Messi; adesso il confronto più frequente è quello con Rooney, un’altra stella del calcio inglese consumatasi prima del previsto.

In Inghilterra il dibattito su Kane è stato sempre molto polarizzato, e in questo momento è diviso tra chi lo considera un grande del calcio mondiale e chi pensa sia già finito. Una spaccatura trasversale, che ha finito per coinvolgere anche la sua tifoseria: tre mesi fa, dopo un’intervista un po’ ambigua, i tifosi Spurs hanno iniziato a chiedersi se fosse arrivato il momento di lasciar andare l’attaccante; lo stesso discorso si è riproposto in tema Nazionale, con parte della stampa che ha iniziato a chiedersi se non fosse il caso di continuare l’operazione di rinnovamento di Southgate dando più spazio ad attaccanti più giovani.

Per tutta la sua carriera, Kane ha dovuto affrontare lo scetticismo di quanti non l’hanno ritenuto all’altezza. A otto anni è stato scartato dall’Arsenal, a 20 anni il Tottenham l’aveva già mandato in prestito quattro volte, e sembrava pronto a lasciarlo partite. Tutti i suoi allenatori delle giovanili parlano di un giocatore dal talento discreto ma non eccezionale, compensato da un’etica del lavoro incredibile. Kane si è guadagnato il rispetto e la considerazione del calcio inglese a forza di gol, avanzando a dispetto delle previsioni della maggioranza. Un one season wonder, secondo alcuni, che però si è confermato anno dopo anno, fino a diventare capitano della nazionale inglese.

Nello scetticismo degli altri, Kane ha sempre trovato la forza per reagire. Pochi giorni dopo quella conferenza stampa di Mourinho Kane ha segnato il 2 a 0 contro il West Ham, battendo nell’uno contro uno Fabianski dopo il suggerimento in verticale di Son. Dopo il gol contro lo Sheffield Utd, su un altro assist di Son, ha segnato due doppiette contro Newcastle e Leicester. Contro i "magpies" ha segnato due reti di testa, capitalizzando un bell’assist di Bergwijn e una ribattuta di Lamela; contro le "foxes" ha segnato un gol col sinistro, infilandosi alle spalle della difesa sul filtrante di Lucas, e uno col destro, ricevendo la palla sul lato corto dell’area e trasformando in rete con un tiro incredibile.

Reti da attaccante puro, a dimostrazione che vicino l’area di rigore Kane resta un giocatore d'élite. Tornando sulla conferenza di un mese fa, alla fine della partita col Leicester, Mourinho ha detto che Kane è diverso dagli altri attaccanti allenati, ma «Non è secondo a nessuno».

Nel momento più complicato, il centravanti inglese ha risposto chiudendo la stagione con cinque gol in tre partite consecutive. Con il gol al Crystal Palace è arrivato a 188 gol con gli Spurs, diventandone il terzo miglior marcatore di sempre dietro Jimmy Graves e Bobby Smith. In questo momento è il 13esimo miglior marcatore della storia della Premier League con 143 gol, una manciata in meno di Michael Owen, Teddy Sheringham e Robin van Persie.

Negli ultimi due anni gli infortuni hanno tolto a Kane lo smalto di inizio carriera, e non è detto che riesca a recuperarlo del tutto. Nella prossima fase della sua carriera sarà forse costretto ad adattare il suo gioco, ma con 27 anni appena compiuti – e una carriera passata a ribaltare i pronostici – è ancora troppo presto per crederlo finito.

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