Harry Kane nell'ultima stagione ha segnato 35 gol in 39 partite. Ovvero: 24 in 27 presenze di Premier League; 7 in 7 presenze di Champions League; 4 in 2 presenze di FA Cup. Ha segnato un gol ogni 90 minuti e nella classifica della Scarpa d’oro è dietro solo a Lionel Messi e Mohamed Salah. Se prendessimo invece solo la sua produzione nel 2017, Harry Kane ha segnato 56 gol, divisi tra Tottenham e Nazionale inglese: è stato, cioè, il miglior marcatore sull’anno solare, con 2 gol più di Messi, ed era dal 2010 che il record non usciva dal duopolio Messi-Ronaldo. «Sono orgoglioso. Messi e Ronaldo dominano il calcio ormai da molti anni, ed è una grande sensazione essere lì con loro, essere paragonato a loro».
Da tempo Kane sta facendo scintille nell’attacco del Tottenham, ma i suoi miglioramenti non sono mai apparsi evidenti come in questa stagione. Nel solo mese di settembre del 2017 è riuscito a segnare 13 gol e in Inghilterra, un paese sempre in bilico tra estremi di mitomania e scarsa autostima, ci si sta affannando per definire il valore di Harry Kane, posizionarlo nella gerarchia dei fenomeni mondiali. Ben Davies, suo compagno, si è lamentato che non riescono più a rilasciare un’intervista senza che arrivi almeno una domanda su Kane.
L’ultimo autentico fenomeno forgiato dal movimento inglese era stato Wayne Rooney, ormai 15 anni fa, che è però bruciato in fretta. L’arrivo di Harry Kane a questi livelli è stato quindi un sollievo, il sintomo di un ritorno a una centralità del calcio inglese non solo tramite i soldi della Premier League ma anche attraverso la coltivazione di talento locale. Con i 36 gol segnati in Premier nell’anno solare, Kane ha eguagliato il record che era di Alan Shearer nel 1995. Un dato che aveva un valore simbolico d’ampio respiro: un paese che ha quasi inventato la figura archetipica del centravanti all’antica, forte fisicamente e con un rapporto medianico con la porta avversaria, erano vent’anni che non ne produceva uno di questo livello.
In Inghilterra lo si inserisce con insistenza nello stesso discorso di Messi e Cristiano Ronaldo (e ora anche Salah) come giocatori dominante nel calcio mondiale. I giornalisti gli sbattono davanti spesso le statistiche, e Kane ha ammesso che è impossibile non prestare attenzione al rumore di fondo che lo circonda: «Con i social media di questi tempo è difficile restare lontani dalle statistiche. Tutti twittano questo o quello su di te, e non puoi non farci caso». Ma Kane sembra persino alimentarsi della pressione che lo circonda: «Voglio essere il miglior calciatore del mondo. Quando le persone postano dei dati che mi avvicinano a Messi o a Ronaldo è un grande stimolo a voler avvicinarmi ancora di più, a fare un passo ulteriore».
Secondo il suo allenatore, Mauricio Pochettino, Kane è già fra i migliori attaccanti al mondo, è già sullo stesso livello di Messi e Cristiano Ronaldo: «Harry è un calciatore di primo livello. Certo, Messi e Ronaldo sono diversi. Oggi, come attaccante centrale, nella sua posizione specifica, c’è qualcuno migliore di Harry?».
Il 22 maggio Gareth Southgate lo ha nominato capitano dell’Inghilterra ai prossimi Mondiali, il più giovane della competizione nella storia dei “tre leoni”. Kane si è presentato in conferenza stampa con una tuta nera ultra-aderente e ha detto che l’Inghilterra dovrà vincere la Coppa del mondo: «Credo che possiamo vincere. Questo è quello che dobbiamo provare a fare, e farlo. Qualsiasi altra cosa non sarebbe abbastanza. Voglio vincere in qualsiasi cosa faccio, è il mio modo di pensare». Southgate non ha fatto niente per alleggerire la pressione: «È importante per la squadra avere un capitano che ha mostrato che è possibile essere uno dei migliori al mondo per un consistente periodo di tempo».
Harry Kane esulta dopo il suo gol al debutto con la maglia della Nazionale inglese (foto di Ian Walton / Getty Images).
L'ossessione della precisione
La sicurezza con cui Kane ha assunto il ruolo di leader dell’Inghilterra, come lo ha ha già fatto nel Tottenham, racconta molto dell’ambizione quasi cieca che lo ha accompagnato dalla terza serie inglese alla fascia da capitano della Nazionale. Kane è arrivato al grande calcio appena quattro anni fa, dal 2011 al 2014 aveva girato l’Inghilterra in prestito come qualcuno a cui non si affiderebbe mai il proprio attacco. Per dire, mentre nel 2013 Neymar passava al Barcellona per 88 milioni di euro, Kane andava in prestito al Leicester, dove ha realizzato 2 gol in 15 presenze.
Anche oggi non ha l’aria di uno che sta rimescolando le gerarchie del calcio mondiale. Con gli occhi chiari, i capelli tirati all’indietro e il fisico slanciato ma non particolarmente atletico, sembra un nobile giovanotto di Downton Abbey, più adatto alla caccia alla volpe che a una partita di calcio. Anche guardandolo giocare, osservando con attenzione tutti i suoi fondamentali tecnici, è difficile rimanere rapiti da qualcosa in particolare, come di solito ci aspettiamo da quella categoria di calciatori che definiamo "Grandi". Calcia bene il pallone, ma non lo fa con la leggerezza balistica di Messi né tantomeno con la potenza assurda di Gareth Bale; non è lento ma di certo non è veloce e reattivo come Luis Suarez; colpisce bene di testa ma senza quella solennità quasi robotica di Lewandowski; tocca bene la palla, ma senza l’estro di Ibrahimovic o la dolcezza di Benzema.
Esteriormente, il gioco di Kane rimanda una grande impressione di normalità. Guardare i suoi numeri e paragonarli al suo gioco restituisce quindi un senso di discrasia: non c’è niente del suo modo di stare in campo che sembra restituire numeri tanto eccezionali. Perché si sa che l'esteriorità non è tutto.
Gli assist di Harry Kane, a 0:43 forse il più assurdo. Kane stoppa male una palla nella sua area col sinistro, sembra andare verso la bandierina, è pressato, non si capisce quali siano le sue intenzioni ma si intuisce che ha in mente qualcosa. Si gira sul destro un po’ goffamente, alza la testa, e lancia lunghissimo. Sembra una spazzata ma è un lancio tesissimo che arma la corsa di Eriksen.
Questa specie di asimmetria percettiva è comune anche fra gli addetti ai lavori. Zinedine Zidane ha detto che «Non sembra un giocatore forte ma lo è» e poi, per descriverlo non usa le categorie con cui di solito si definiscono i fenomeni:«È un giocatore completo, bravo a far tutto. Non sta mai fermo, cerca sempre lo spazio, la profondità». Parole che sembrano generiche, ma che sono una buona presentazione del confine fra il normale e lo straordinario su cui gioca Harry Kane.
Per accorgersi della sua eccezionalità bisogna scavare più a fondo, guardare bene i suoi movimenti quando è lontano dal pallone, cercarlo nei vuoti, in tutto quel lavorìo costante di cui si compone la complessa architettura di una partita di calcio. Nonostante il gol sia la merce con cui Kane è riuscito a rivendersi sui palcoscenici internazionali, rappresenta solo il prodotto finito di un lavoro che parte da lontano, eseguito con la cura e la precisione di un artigiano giapponese.
Il modo in cui si stacca dai difensori per ricavarsi la tasca di spazio in cui ricevere, già orientato per girarsi verso la porta. La piccola corsa in orizzontale per rimanere in linea con la difesa avversaria e al contempo arrivare comunque in corsa sul pallone. Il silenzioso movimento con cui si allarga per togliere i difensori dalla loro posizione e aprire gli spazi per i centrocampisti. La partita di Harry Kane è fatta di movimenti impercettibili.
Nella cultura nipponica il concetto di skonunin indica un artigiano che investe tutte le proprie energie su un singolo compito, curando con un’attenzione infinita ogni piccolo dettaglio del processo che lo costruisce. Lo fa con un’energia che non è solo materiale ma è anche spirituale, perché è nella riuscita ottimale del proprio compito che l’artigiano si realizza e trova il proprio posto nella comunità. Harry Kane interpreta il proprio ruolo di centravanti come uno skonunin, mettendo cura in ogni piccolo dettaglio, allontanandosi il più possibile da un’idea sciatta di attaccante.
«Quando giochi insieme a un altro attaccante potete lavorare l’uno per l’altro, ma quando sei da solo devi restare sempre in movimento per dare ai tuoi compagni un’opzione. Devi eseguire corse diverse in giro per il campo per aiutare la squadra». Lontano dal centro gravitazionale del gioco, Harry Kane con le sue corse muove i complessi incastri sistemici fra le due squadre.
Ecco un breve catalogo dei movimenti offensivi di Kane.
Kane non è quindi un centravanti che vive in funzione del gol, ma un giocatore in grado di interpretare la funzione che il sistema squadra gli assegna di volta in volta. Kane è il perno su cui strutturare la ripartenza; il rifinitore a cui far fare l’ultimo passaggio; il regista offensivo attorno a cui incastrare le altre tessere e spesso, il più delle volte, il finalizzatore.
Come fosse liquido, Kane si riadatta di volta in volta alla forma che assume l’organismo del Tottenham. Generando movimento nel momento stesso in cui ristabilisce l’ordine. Da quando siede sulla panchina del Tottenham Pochettino è alla ricerca dell’equilibrio perfetto tra ordine e caos, che sembra la sfida delle squadre di alto livello oggi: «Siamo una squadra flessibile. È importante avere questa flessibilità per poterci ristrutturare o reinventare in ogni situazione. Siamo disciplinati però vogliamo generare caos. Miriamo a creare un caos organizzato».
Il Tottenham non si muove per il campo seguendo pattern predefiniti, ma sviluppando associazioni in modo tattile, generando catene di combinazioni di volta in volta diverse, seguendo un ordine minimo di base. Per questo le intese tecniche, il modo in cui i giocatori entrano in relazione fra loro, è così importante. Sono le connessioni a determinare le posizioni in campo e la struttura complessiva della squadra e non viceversa.
Quando il Tottenham attacca, Eriksen si abbassa decentrandosi un po’ a destra, per aiutare l’impostazione e cercare eventualmente la finalizzazione. A prendere il suo posto è Alli, il cui posto viene preso da Son o Lamela. Questa centrifuga è innescata dai movimenti di Harry Kane, che agisce da casella vuota che permette la mobilità a tutto il sistema. È Kane, con il suo movimento, a determinare la natura dell’attacco del Tottenham: lento e ragionato, oppure diretto e verticale; in ampiezza o in profondità. È Kane che decide se spingere la linea in basso o attirarla in alto, a decidere, quindi, la grandezza del campo su cui dovrà attaccare il Tottenham. La sua influenza sul gioco del Tottenham è totale: ha segnato il 40% dei gol complessivi e dal 2014 è stato direttamente coinvolto in più di 100 gol della sua squadra.
Il Tottenham è costretto a generare vantaggi posizionali attraverso i movimenti senza palla visto che non ha giocatori in grado di saltare l’uomo in dribbling - tolto Dembelé, che però gioca al centro e non largo sulla fascia. È l’identità di una squadra composta da giocatori la cui migliore qualità è il senso associativo. Per nobilitare questa intesa invisibile che unisce i giocatori del Tottenham Pochettino ha usato il concetto di Energia Universale: «È tutto connesso. Niente succede per caso. È sempre una conseguenza di qualcos’altro».
Un’ambizione smisurata
Sembrano concetti astratti, ma bisogna fare uno sforzo immaginativo per comprendere la dimensione invisibile e immateriale che permette a Kane di esprimersi a questi livelli. Può aiutare pensare a Kane come a un computer che mentre gioca è in grado di processare una grande quantità di informazioni, facendo sempre le scelte migliori possibili per sé e per i compagni.
Kane è innanzitutto un grande appassionato di calcio. Può sembrare una banalità ma non lo è in un universo in cui i calciatori ammettono candidamente di non guardare le partite, di non conoscere altre squadre, di non avere interesse. Kane ha invece una grande consapevolezza di se stesso, del giocatore che è. Si capisce dalle interviste, dove parla di calcio con amore per le sfumature: «Per giocare da unica punta devi essere bravo a tenere palla. Per riuscirci devo farmi un’idea di dove sia il mio marcatore, assicurarmi di avere un buon primo controllo, prendere posizione e allontanare il difensore».
Come anche Salah, Kane incarna l’archetipo del calciatore di nuova generazione che arriva con il lavoro dove chi lo ha preceduto arrivava col semplice talento, non smettendo mai di studiare e lavorare su se stessi. Rispetto a solo un paio di anni fa Kane sembra migliorato in quegli aspetti che ci sembrano immutabili nel calcio, come ad esempio la velocità: «Volevo diventare più forte e veloce, così ho lavorato molto in palestra. Prima dell’inizio della stagione ho speso tantissimo tempo in palestra a lavorare sui glutei. Questo ha contribuito a fare di me il giocatore che sono oggi. È troppo importante nel calcio di oggi essere veloci: devi lavorare sui muscoli, ma anche avere la giusta tecnica di corsa». Kane dice poi di aver lavorato con uno scienziato sportivo sullo specifico movimento delle braccia e in generale nella meccanica dello sprint: «Mi ha aiutato molto, in particolare quando scatto per prendere una palla in profondità».
La cura che mette nei dettagli è impressionante: «Dopo le partite chiedo agli analisti di mandarmi la registrazione così posso guardarmela a casa e capire cosa migliorare. Ci sono dei momenti in cui penso cha avrei potuto fare una corsa diversa. Mi aiuta a capire gli aspetti in cui posso ancora migliorare».
Queste dichiarazioni aiutano a capire e a dare una spiegazione al salto di qualità vertiginoso compiuto da Kane in questi anni. Qualsiasi dichiarazione sull’inizio della carriera di Kane ha a che fare con la sua inadeguatezza, dai compagni del Tottenham che credevano che non avrebbe giocato neanche un minuto a Kevin Phillips, che lo ha allenato al Leicester e che ha dichiarato «non mi sembrava niente di che».
E oggi quando si parla di lui si fa riferimento alla sua voglia di migliorarsi come a qualcosa di disumano: «Harry è un buon esempio per chiunque perché è così concentrato sul migliorare se stesso. Ha delle motivazioni sempre alte». Anche Southgate parla di Kane come fosse una specie di mitomane che è riuscito ad essere all’altezza di ambizioni spropositate: «È un professionista meticoloso e, cosa più importante per un capitano, fissa uno standard molto alto ogni giorno».
Pochettino dice di aver mostrato alla squadra il gol segnato al Borussia Dortmund in Champions League, che è una buona immagine della sua determinazione sfrenata. Il Tottenham rinvia una palla a casaccio verso il limite sinistro del centrocampo. Lì c’è Kane, che ingaggia un corpo a corpo con un avversario, prende posizione, calcola il rimbalzo della palla, e quando la palla oltre passa i due Kane è il più lesto a girarsi verso la porta. Il difensore cade per terra, prova a fargli fallo, Kane si inginocchia un po’, poi riprende la corsa verso la palla. Un altro avversario sembra in anticipo, ma Kane arriva prima e con la testa la spinge ancora in avanti; il difensore vuole controllarlo ma finisce spazzato via da Kane, che a quel punto entra in area, al vertice sinistro, ed esegue un tiro di collo sinistro all’incrocio del lato corto.
«Ho fatto vedere alla squadra il primo gol di Harry. Gli ho fatto vedere come combatte contro due difensori e arriva in area per segnare. Penso che riesce a farlo perché è molto in forma, e perché ha una grande voglia di segnare e aiutare la squadra. È un gol che assoceremmo a un giocatore che incarna meglio quest’ideale di centravanti-carrarmato che passa sopra le difese avversarie».
Kane all’occorrenza è anche questo.
Visualizzare la porta
Se però vogliamo un’idea meno generica del suo talento bisogna guardare il video che di recente il Tottenham ha caricato su tutti i suoi gol in Premier League. Ad osservarli in sequenza la prima cosa che si nota è quanto Kane sia cambiato in così pochi anni: il suo giro coscia è aumentato, le sue spalle si sono allargate. Dentro il flusso continuo dei gol è poi possibile riconoscere dei motivi che ritornano e che descrivono le peculiarità di Harry Kane.
Guardate il gol al Chelsea, poi guardate quello segnato pochi giorni dopo al West Bromwich Albion. Nel primo, Kane si gira al difensore accompagnando la palla con il tacco; nel secondo evita l’intervento spostandosi la palla con l’esterno destro. In entrambi i casi Kane segna grazie al primo controllo, fatto senza grande naturalezza ma comunque in maniera precisa; in entrambi i gol è possibile riconoscere l’esatto momento in cui Kane visualizza il modo con cui segnare.
Si tratta di un processo di pre-visualizzazione che la nostra corteccia pre-frontale compie di continuo per aiutarci a navigare nella vita quotidiana, ed è un processo comune a molti grandi centravanti. Nel documentario dedicato a Benzema (Le K Benzema) l’attaccante francese passeggia per il campo dello stadio La Gerlane insieme a una vecchia gloria del club: è un rito che i due compivano prima di ogni partita quando Benzema giocava al Lione. Benzema racconta che quella passeggiata era importante per visualizzare il modo in cui avrebbe segnato il giorno prima.
È un altro aspetto cerebrale del talento di Kane, che si può osservare in dettagli ancora più piccoli. Ad esempio nelle sue scelte di tiro. Kane tira spesso in maniera sobria e lineare, con l’interno collo, scegliendo il primo palo: una conclusione che gli permette di prendere la via più breve per la porta avversaria. Anche nel recente gol contro la Nigeria in amichevole Kane dal limite dell’area tira forte preoccupandosi solo di tenere la palla bassa. Una conclusione che rimbalza davanti al portiere e gli fa fare una brutta figura.
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Da destra invece le sue traiettorie cercano il palo lontano, attraverso conclusioni sempre secche e rasoterra: «Quando vedi chiaramente la porta tira forte e basso nell’angolo scoperto dal portiere - questo tipo di tiri sono sempre i più difficili da parare», ha detto in un’intervista.
Ma i momenti che precedono la conclusione aiutano a capire Kane meglio di quelli della conclusione stessa. Guardate ad esempio questo gol all’Aston Villa, o questo al Watford: Kane sceglie con esattezza il momento in cui far partire la corsa per impattare il passaggio del compagno senza schiacciarsi troppo verso la porta avversaria. «Les Ferdinand una volta mi ha detto che la maggior parte delle occasioni da gol arrivano dopo il dischetto del rigore. Più sei lontano dall’area, meno possibilità hai di segnare. Quindi, quando sei attorno all’area cerca di correre bene verso la porta e l’occasione ti si presenterà da sola». Una specie di regola zen, per cui basta fare le cose per bene perché la felicità ti venga incontro, e che riassume bene l’etica di Harry Kane.
Il lavoro di Kane su se stesso l'ha portato ad insidiare davvero il duopolio Cristiano Ronaldo-Messi all’inizio del 2017. Sembra un’era geologica fa ormai, ma di lui si parlava negli stessi termini con cui oggi si parla di Salah, cioè di un giocatore credibilmente entrato nella corsa al Pallone d’oro. In questa grafica elaborata dal Guardian, che considera il numero di gol segnati in proporzione all’età, Harry Kane sembra in scia per raggiungere il numero di gol segnato da Lionel Messi in carriera.
Oggi ha segnato più gol dell’argentino alla sua età.
Dove finirà la corsa di Harry Kane?
Il 7 marzo il Tottenham è uscito dalla Champions League per mano della Juventus. Un’eliminazione bruciante e improvvisa, arrivata in una manciata di minuti in cui i bianconeri hanno fatto pesare una mentalità vincente - quella di saper girare a proprio favore i momenti della partita - da cui Kane sembra ultimamente ossessionato.
Il 12 marzo, nella sfida contro il Bournemouth, Kane ha sofferto una distorsione alla caviglia. È andato oltre se stesso per rientrare il prima possibile, ma quei venti giorni sono bastati a far scappare Salah nella classifica marcatori e a svalutare le sue quotazioni nella corsa al giocatore più forte del mondo. È stata la conferma che per arrivare al livello a cui vuole arrivare Kane non sono concessi momenti di pausa di nessun tipo, specie in una squadra come il Tottenham, che offre poche possibilità di vivere grandi momenti in grandi palcoscenici.
Da quando è rientrato dall’infortunio Kane è sembrato meno sereno del solito. La lotta per il Golden Boot con Salah è diventata un’ossessione: «Ovviamente da attaccante sarebbe grandioso vincere la Scarpa d'Ora e continuerò a lavorare duro per riuscirci da qui a fine stagione». Kane aveva già vinto le due edizioni precedenti del premio, ma stavolta c’era qualcosa di più in gioco, cioè il ruolo di alternativa a Ronaldo e Messi.
Il 7 aprile, nella trasferta contro il Tottenham, Eriksen tira una punizione da sinistra verso il mezzo, Kane si inginocchia per prolungare la traiettoria di testa. La palla finisce in rete, Kane esulta sotto ai tifosi, i compagni lo abbracciano, ma secondo la Premier League l’attaccante non ha toccato la palla e attribuisce la rete ad Eriksen. Dopo la partita Kane contesta la decisione con toni esagerati: «Giuro sulla vita di mia figlia che ho toccato la palla!». Le reazioni dell’opinione pubblica sono a metà tra lo scandalo e l’ironia, nasce l’hashtag #HarryKaneClaims e inizia il processo di “memification”. Viene pubblicato un video in cui Kane reclama tutti i più grandi gol della storia del calcio. Nel frattempo Kane su Twitter chiede sul serio a Lineker, Lampard, Murphy e Shearer di spingere il suo caso alla trasmissione della BBC Match of the day. La Premier League alla fine cambia idea e attribuisce il gol a Kane, Salah twitta “Woooow, really?”. Nonostante i tre gol segnati nelle ultime due partite, Kane finirà dietro a Salah di due gol nella classifica marcatori.
In un calcio dove anche i più grandi giocatori cercano di dissimulare il proprio ruolo all’interno del gioco collettivo della propria squadra, l’ambizione di Kane, ormai messa in mostra senza paura di sembrare egomaniaco, fa impressione, specie per un giocatore il cui stile di gioco rispecchia un’idea complessa del calcio. Chissà se Kane continuerà a sostenere questa contraddizione, in una squadra non ancora nell’élite europea come il Tottenham.
Come Cristiano Ronaldo in passato, Kane sembra ormai aver sviluppato una sorta di dipendenza dal miglioramento. Può sembrare banale in un calcio - e in una società - che ci ripete di continuo che non bisogna mai accontentarsi, che bisogna sempre spingere i propri limiti più in là, ma in pochi riescono a sostenere davvero quest’ambizione. Quando Cristiano Ronaldo dice cose come «La mia forza è volermi migliorare sempre» e «Nella mia vita ho fatto tante rinunce» forse non riusciamo a capire quanto sia sincero, e quante implicazioni abbiano dichiarazioni del genere.
Kane sa che il Mondiale è la sua grande occasione per cambiare in maniera definitiva la sua percezione. In conferenza stampa, sicuro nonostante la zeppola e l’accento claudicante dell’Essex, si è proposto come uomo forte: «Sento che per mentalità siamo un po’ spaventati a dire che vogliamo vincere, perché abbiamo paura della reazione dei tifosi o dei media. Ci rinchiudiamo nel nostro guscio. Ma non dobbiamo avere paura, voglio vincere. Dobbiamo essere coraggiosi. Possiamo uscire ai gironi o in semifinale, è lo stesso. Non dobbiamo avere nessuna paura. Vogliamo vincere, andremo lì e faremo del nostro meglio per riuscirci». Chissà se almeno stavolta suoi compagni saranno all’altezza della sua ambizione.