La quarta giornata di Conference League metterà di fronte due tra le poche squadre che finora sono riuscite a vincere le prime tre. Da una parte il Chelsea, vincitrice della Champions League nel 2012 (e 2021), che con Drogba, Lampard o Terry è stata per anni una delle squadre più temute d’Europa, che sotto la guida del nuovo proprietario Todd Boehly sta accumulando giocatori su giocatori, da un campione del mondo come Enzo Fernandez a talenti come Cole Palmer o Christopher Nkunku, e che quest'anno sta faticosamente trovando la quadra con Enzo Maresca in panchina. Dall'altra l’Heidenheim. Una squadra che qualche anno fa non conosceva nessuno in Europa e nemmeno in Germania, che rappresenta una città di 50mila abitanti, in una regione sconosciuta del Paese, nel mezzo tra Monaco di Baviera e Stoccarda, con uno stadio di appena 15mila posti. È il bello di coppe come la Conference League.
L'Heidenheim in Germania è quella che in Italia definiremmo una squadra di provincia. E non deve stupire se al suo interno sfidare un colosso come il Chelsea viene percepito come qualcosa di surreale. Per l'occasione, quindi, ho contattato l'amministratore delegato, Holger Sanwald. «Chissà se e chissà quando affronteremo di nuovo una squadra di livello internazionale come il Chelsea», mi dice. «Già dal giorno del sorteggio abbiamo sentito quanto sia speciale questa partita per i nostri tifosi. L’attesa in tutta la regione è gigantesca. La richiesta dei biglietti è enorme, così come l’interesse dei media».
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Certo, la partita di stasera in parte è dovuta anche alla brutta stagione 2023/24 del Chelsea, ma questo non dovrebbe mettere in ombra l'incredibile scalata dell’Heidenheim al calcio tedesco e adesso europeo. La Conference League, per queste squadre, è il coronamento di anni speciali.
La storia di questa piccola tedesca comincia 17 anni fa, quando ancora giocava nei Campionati Dilettanti. Dopo la promozione nella massima serie nel 2023 ha chiuso la sua prima stagione, cioè quella appena passata, all’ottavo posto, superando tutte le aspettative. Al momento, in Bundesliga, è al quindicesimo posto, a soli due punti dalla zona retrocessione. Forse l'aspetto più incredibile della sua storia è che l'intera scalata alla piramide tedesca è stata compiuta con un unico allenatore in panchina. Si chiama Frank Schmidt, è per l'appunto in carica da 17 anni, e nella sua vita ha allenato soltanto una squadra. L'Heidenheim, che è anche la città in cui è nato.
La parola che viene usata più frequentemente per definire questa squadra è sempre la stessa: favola. Holger Sanwald, però, non è d’accordo. «Dietro a tutto questo c’è un lavoro continuo per decenni. Per questo, per me non è una favola. Piuttosto, io direi che l’Heidenheim è il frutto della comunità della nostra regione e di tante persone coinvolte».
La storia dell’Heidenheim, in effetti, non è quella della squadra che si ritrova all’improvviso in un contesto più grande per lei e che poi non sa come affrontare il salto. Ma non è neanche il remake di altre storie che hanno niente a che fare con il romanticismo come l’ascesa dell’Hoffenheim (una squadra piccola ma molto ricca, per via dell'appoggio finanziario del miliardario Dietmar Hopp) o del RB Lipsia (la punta di diamante del sistema della Red Bull). Per riassumere potremmo dire che è una storia di una continua evoluzione, che mostra quanto possa essere importante la continuità nel calcio.
Quando nel 2003 Roman Abramovič decide di comprare il Chelsea, l’Heidenheim non esiste ancora. Esiste l’Heidenheimer SB (HSB), e gioca, come quasi sempre fin dalla sua fondazione, tra i dilettanti. L’uomo al comando di quella squadra però è sempre lui, Holger Sanwald. Ancora prima, nel 1994, quando aveva ancora 27 anni ed era solo un giocatore dell’HSB, Sanwald era diventato “Fussball-Abteilungsleiter”, una figura che in Germania è molto vicina a quella del direttore sportivo.
Da dirigente "in fasce", Sanwald ha un'intuizione. «Ho notato che c’erano tante aziende medio-piccole che nel loro settore erano tra le prime al mondo. Così ho provato a convincerle a investire nel calcio. La nostra forza è la forza della regione», racconterà anni dopo in tv, nella storica trasmissione Das aktuelle Sportstudio. Sanwald è convincente, la squadra riesce ad attirare l’attenzione di sempre più sponsor e in questo modo può rafforzarsi. Manca, però, ancora il tassello fondamentale per il successo sul campo. Un tassello che oggi sappiamo avere il nome di Frank Schmidt.
Sanwald e Schmidt festeggiano dopo la promozione in Bundesliga.
DJ FRANKIE
Nell’estate del 2003 Schmidt è ancora un calciatore di nemmeno 30 anni con una buona carriera alle spalle, tra l’Austria e la Serie B tedesca. Convincerlo a tornare nella sua città natale, dicendo addio di fatto al professionismo, non è facile. Per farlo, Sanwald gli spiega i suoi piani per il futuro e soprattutto lo aiuta a trovare un posto di lavoro presso uno degli sponsor del club, la Paul Hartmann AG, una ditta che vende bendaggi e altri dispositivi medici.
«All’inizio, per lui è stato uno shock culturale», mi racconta Sanwald «Perché, nonostante le nostre ambizioni, giocavamo ancora in Verbandsliga, cioè Feierabendfußball [letteralmente: "calcio dopo lavoro"]».
Dopo poco, però, Schmidt si abitua. Anzi, di più: inizia a stare bene. Dopo l’allenamento esce con i compagni per bersi una birra insieme. A volte si organizzano addirittura piccole feste nella sede del club e Frank Schmidt si trasforma in “DJ Frankie”. È in questo clima che gioca per quattro anni a Heidenheim, diventando il capitano e il leader indiscusso della squadra. Con lui la squadra centra la promozione in Oberliga, all’epoca la quarta serie tedesca.
Nel 2007 Schmidt smette di giocare e sembra intenzionato a uscire definitivamente dal mondo del calcio. «Dopo la fine della mia carriera ho promesso a mia moglie che avrei finito con il calcio. Avrei passato il venerdì pomeriggio a tagliare il prato nel nostro giardino, come i nostri vicini di casa», ha raccontato in un’intervista a transfermarkt qualche giorno fa.
I suoi piani, però, cambiano velocemente. Prima fa il viceallenatore, poi a settembre, dopo l’esonero di Dieter Märkle, diventa allenatore ad interim. Sanwald gli chiede di restare per due settimane. La prima partita, l’Heidenheim la vince 2-1, la seconda 9-1 (ancora oggi record assoluto nella storia del club), la terza partita sotto la sua guida finisce 4-1.
Come va finire questa storia potete immaginarlo. L’uomo che doveva essere solo un traghettatore rimane sulla panchina ancora per alcuni mesi in più, fino alla pausa invernale. Poi alcuni mesi diventano 17 anni.
LA (RI-)FONDAZIONE
Nello stesso anno cambiano anche le strutture. Il calcio si stacca dalla polisportiva Heidenheimer SB e diventa una società indipendente: viene fondato quello che ufficialmente si chiama 1.FC Heidenheim. «Era diventato necessario perché il volume finanziario del "dipartimento calcio" era diventato più grande di tutto il resto della società HSB», ci spiega Sanwald. Anche per lui significa un cambiamento. Dopo aver lavorato per 12 anni per il club solo durante i weekend e nel tempo libero, lascia il suo posto di lavoro e si dedica solo ed esclusivamente al calcio.
La promozione in Regionalliga nel 2008.
L’allenatore Schmidt e il boss Sanwald, inaspettatamente, formano una squadra perfetta. Nel 2008 arriva la promozione alla Regionalliga e nel 2009 viene fondata la terza divisione a girone unico, la 3. Liga, a cui l’Heidenheim riesce a qualificarsi. Lì, la squadra rimane per cinque anni. Poi nel 2014, dopo qualche tentativo fallito, ecco la promozione in 2. Bundesliga, vincendo il campionato davanti proprio al RB Lipsia.
Nel frattempo cresce anche la rete di sponsor (oggi sono più di 550, piccoli e grandi), e lo stadio viene ampliato. Negli anni Novanta l’Heidenheimer SB giocava davanti a 150 spettatori, accanto a uno “zoo di carezze”, come viene chiamato in Germania, con capre e pecore. Oggi la Voith Arena in cui gioca l'Heidenheim ha una capienza di 15mila posti e il club spera di arrivare a 25 mila nei prossimi anni.
Per molti, il picco di questa storia viene raggiunto proprio nel 2014, con la promozione in Serie B. In quel momento è un successo talmente clamoroso che nessuno pensa che l’Heidenheim possa fare un altro salto, ancora più in alto. La piccola squadra allenata da Schmidt diventa quasi il simbolo della Serie B tedesca, e della decadenza a cui saranno costrette le squadre retrocesse dalla Bundesliga. "L’anno prossimo giocate col Heidenheim”, cantano i tifosi che vogliono prenderle in giro.
A Schmidt e Sanwald questo tipo di sfottò non interessano più di tanto e continuano a lavorare a modo loro. Per anni lo scouting non lo fa né l’algoritmo né una squadra di esperti, ma un padre con l'aiuto del figlio con un contratto part-time. Solo dall’inizio di questa stagione l’Heidenheim ha anche assunto un giovane scout a tempo pieno. «Per noi, il mercato non è così grande. Cerchiamo giocatori nella seconda, terza e anche un po’ nella quarta serie tedesca. Poi, guardiamo anche un po’ in Svizzera e in Austria, e ci siamo», ha raccontato Sanwald in televisione.
«Siamo molto bravi a costruire la rosa perché sappiamo bene cosa vogliamo», ha detto Schmidt nell’intervista a transfermarkt. I criteri fondamentali per i nuovi acquisti sono semplici, apparentemente: devono avere la mentalità giusta e devono sapere il tedesco. «Se vuoi raggiungere il successo attraverso lo spirito di squadra e la comunità, una comunicazione diretta è imprescindibile», afferma Sanwald «Abbiamo tanti giocatori in rosa che hanno radici familiari in tutto il mondo, ma tutti parlano tedesco».
Forse anche per questo l’Heidenheim riesce a puntare con grande forza sulla continuità. Dal 2008 fino al 2021 ci ha giocato, per esempio, Marc Schnatterer, per anni considerato il giocatore più forte della Serie B tedesca che però non ha mai sentito il bisogno di andare via. Il capitano, Patrick Mainka, fa parte della squadra dal 2014 e nella stagione passata in Bundesliga ha giocato tutte le partite dall’inizio alla fine.
Un'altra caratteristica del mercato dell’Heidenheim è quella di prendere giocatori a parametro zero. Un caso piuttosto fortunato è quello del centrocampista Robert Andrich, messo sotto contratto nel 2018 e adesso titolare del Bayer Leverkusen e nelle rotazioni della Nazionale tedesca. Certo, non sono mancate spese più consistenti, relativamente parlando. È il caso ad esempio di Jan-Niklas Beste, preso per 1,75 milioni e venduto quest’estate per 8 milioni al Benfica. Oppure del centravanti Tim Kleindienst, comprato per 3,5 milioni e venduto quest’estate per 7 milioni al Borussia Mönchengladbach. Anche Kleindienst, che sembra la reincarnazione di Oliver Bierhoff (e una volta disse che il suo piede più forte era la testa), quest’anno ha debuttato nella Nazionale tedesca.
In tutti questi anni, l’Heidenheim non ha mai cambiato la sua mentalità e il suo modo di giocare. La squadra gioca sempre “da outsider”, con una difesa solida (il baricentro spesso è molto basso), non disprezza le palle lunghe, cerca tanti contrasti e scende in campo sempre con grande grinta. Un calcio semplice ma efficace in cui, come se si fosse tornati indietro nel tempo, si segnano molti gol di testa.
Il perno di tutto, come detto, è Frank Schmidt, da tutti considerato un grande lavoratore. In panchina Schmidt non porta mai giacca e cravatta. Alla Bild qualche mese fa ha spiegato il perché: «Ho lavorato in banca, come allenatore ho bisogno di libertà». Secondo Schmidt è esagerato vestirsi in giacca e cravatta per una partita di calcio, che lui non considera così importante. O almeno importante come il lavoro che fanno sua moglie e le sue due figlie, tutte e tre infermiere.
Schmidt collabora in un clima di totale fiducia con il suo vice, Dieter Jarosch, che ai tempi dei dilettanti era il capocannoniere della squadra, e Holger Sanwald, il suo capo che negli anni è diventato il suo amico. Non solo per il rapporto personale che si è instaurato tra di loro, ma anche per la fiducia illimitata che ripone in lui come allenatore. Quando nel 2017, dopo qualche partita persa, Schmidt sembrava in bilico, Sanwald in una riunione interna disse: «Prima di esonerare l’allenatore, sbatto fuori dieci giocatori». In Germania in realtà non è così raro che un allenatore rimanga per tanto tempo su un'unica panchina. Christian Streich, per dire, è rimasto sulla panchina del Friburgo per 13 anni e non ha mai allenato un'altra squadra. Persino in questa squadra, però, l'esempio dell'Heidenheim spicca e Schmidt è diventato l’allenatore più longevo della storia del calcio tedesco.
UN MODELLO?
Nonostante la dimensione della squadra e la conduzione quasi familiare, il nome di Schmidt ha iniziato a circolare tra i direttori sportivi delle squadre tedesche. L'allenatore dell'Heidenheim, però, non sembra avere intenzione di cambiare squadra, e d'altra parte anche la società non ha nessuna intenzione di mandarlo via. Le offerte infatti non sono mancate - complice anche a imprese spettacolari come nel 2019, quando hanno perso in coppa contro il Bayern Monaco solo 4-5 - anche se negli ultimi anni si sono diradate. Il motivo, probabilmente, è che Sanwald ha risposto sempre allo stesso modo: «Potete chiamarmi per parlare di qualsiasi cosa ma non per chiedermi dell’allenatore».
Schmidt, che ha ancora un contratto fino al 2027, ha spiegato a transfermarkt: «Ho comunicato in modo chiaro che a Heidenheim possono contare su di me. Per questo già da un bel po’ non mi sono più arrivate offerte di altri club. E non ne ho bisogno per la mia autostima».
Certo, questo non significa che rimarrà all'Heidenheim a vita, anche perché a 50 anni è ancora relativamente giovane per un allenatore. Schmidt ha però già ben chiari, in caso, i suoi limiti. In TV, per dire, ha dichiarato che non andrebbe in Arabia Saudita nemmeno per 100 milioni di euro all’anno. Il riflesso di un allenatore integerrimo che, dopo la promozione in Bundesliga nel 2023 (grazie a due gol nel tempo di recupero), rimproverò i suoi giocatori per aver fatto irruzione in conferenza stampa per festeggiare mancando di rispetto alla squadra di casa, il SSV Jahn Regensburg, che era appena retrocessa.
Oggi l'Heidenheim è un esempio per molti altri piccoli club tedeschi, almeno secondo quanto racconta Sanwald. «Ogni società però deve trovare la propria strada», mi dice «Quello che funziona da noi non necessariamente avrà successo altrove». Adesso per l'Heidenheim e Schmidt è arrivato il tempo delle ricompense, come le serate europee contro il Chelsea che andrà in scena stasera. Il tipo di partite per cui un allenatore davvero lavora tutta la vita.
Da un certo punto di vista è un peccato, quindi, che la piccola squadra tedesca debba affrontare proprio adesso la prima vera crisi da anni. Dopo un buon inizio in Bundesliga (tre partite vinte su tre, e uno storico weekend da capolista) le cessioni di giocatori fondamentali come Beste e Kleindienst e i viaggi per l’Europa si sono fatti sentire. Anche il giocatore più talentuoso della squadra, il diciottenne trequartista Paul Wanner, in prestito dal Bayern Monaco, non è più decisivo come all’inizio della stagione. E nelle ultime sei partite in Bundesliga l’Heidenheim ha fatto un solo punto.
Un documentario in inglese del 2023 se volete approfondire ulteriormente.
Schmidt, che dopo qualche mugugno ha criticato anche il pubblico per le aspettative a suo avviso troppo alte, è stato costretto a cambiare il suo modo di allenare. Con la Conference League, infatti, l'allenatore tedesco non può più preparare le partite tutta la settimana, e l’intensità, il punto di forza della sua squadra, inevitabilmente è calata un po’. Il cinquantenne dice che nelle prossime settimane verrà «forse il momento più difficile» della sua carriera da allenatore. Ma, nonostante questo, è ancora convinto di poter uscire da questa crisi. «Negli ultimi anni abbiamo conosciuto una sola direzione», ha detto «Adesso dobbiamo saper trattare anche con una fase come questa».
Per Sanwald è chiaro, nonostante l’hype mediatico, che la partita di giovedì sera contro il Chelsea è solo un bonus. «La nostra priorità assoluta è la Bundesliga», mi dice «In questa stagione, ci saranno delle partite più importanti di quella con il Chelsea, perché la salvezza è il nostro obiettivo principale».
Dopo la "serata di gala" in coppa, l’Heidenheim avrà un calendario molto difficile in campionato. Affronterà l'Eintracht Francoforte, seconda in classifica, e poi il Bayern Monaco capolista, prima dello Stoccarda che pure sta facendo bene. Saranno tutte partite in cui nessuno punterà sull’Heidenheim. Non una novità per questa squadra, che vive questa condizione da 17 anni senza farsi troppi problemi.