Come in molti altri ambiti, anche nel calcio - forse si potrebbe dire: soprattutto nel calcio - ogni parametro e giudizio è tarato e calibrato su standard maschili. D'altra parte, è un mondo che è nato al maschile: le squadre femminili sono, o più spesso diventano, un’appendice di quelle maschili, con tutto ciò che questo comporta a livello sportivo, comunicativo e finanziario. Un calcio che è sopportato da quello maschile, più che supportato.
È una situazione che mi fa pensare a un passaggio nel saggio musicale La Vendetta delle Punk – Una storia della musica femminista da Poly Styrene alle Pussy Riot, di Vivien Goldman. “Noi donne abbiamo sempre e comunque trovato ostacoli", scrive Goldman "Il perenne biasimo di genitori, preti e governi; promoter o programmatori radiofonici che concedono spazio a una sola ragazza per salvarsi la faccia […] La cosa davvero magnifica che ho avuto modo di scoprire studiando queste ragazze così diverse è la determinazione e la creatività con cui queste artiste hanno insistito nel lavoro, a qualunque costo".
Le riflessioni di Goldman girano soprattutto alla cosiddetta etica DIY (acronimo di Do It Yourself), una filosofia nata nel mondo del punk per slegarsi dalle case discografiche e dalle loro logiche commerciali, ma che successivamente ha trovato applicazioni anche in altri campi. Nel calcio, proprio a partire dalla filosofia DIY, è nato nei Paesi Bassi il progetto Hera United, una società di calcio totalmente femminile che ha mosso ufficialmente i primi passi lo scorso anno e che si appresta a diventare il primo club professionistico europeo privo di controparte maschile. La sede è ad Amsterdam e il nome conferma la tradizione olandese di chiamare i club con nomi presi dalla storia e alla mitologia greca (come Ajax, Heracles, Sparta, Achilles, Xerxes). Il nome Hera in questo senso viene dalla dea sovrana dell’Olimpo, che per l'appunto si chiamava così.
Il club è stato fondato da tre donne: Marieke Visser, Barbara Barend e Susan van Geenen. Visser è una consulente di marketing ed ex calciatrice dilettante. Barend è giornalista sportiva, figlia di Frits, noto giornalista sportivo olandese, nonché conduttore radio-televisivo e autore di uno dei libri più belli pubblicati su Johan Cruijff (Ajax, Barcelona, Cruyff: The ABC of an Obstinate Maestro, nella traduzione inglese del titolo), ricordato soprattutto quando, da inviato del Vrij Nederland, nel corso del banchetto ufficiale con Jorge Videla dopo la finale del Mondiale argentino del 1978, chiese al generale: «¿Donde estan los desaparecidos?». Van Geenen, invece, ha un passato da consulente con Nike, Feyenoord e FOX, e attualmente è vicepresidente della divisione belga-olandese di Disney+, di cui ha curato il lancio della piattaforma sui territori del BeNeLux.
Dal punto di vista sportivo, Hera United partirà dal gradino più alto della piramide calcistica olandese, la Eredivisie Vrouwen, avendo acquistato la licenza della squadra femminile del Telstar, destinata a chiudere i battenti causa riduzione del budget della poco florida società maschile. L’esistenza del club è stata resa possibile da una modifica regolamentare avvenuta lo scorso dicembre quando tutti i 34 club professionistici hanno votato a favore dell’introduzione di un articolo nel regolamento della KNVB (la federazione di calcio olandese) che prevedeva la creazione di una BVO (Betaald Voetbal Organisatie, cioè una società professionistica calcio) interamente femminile, senza alcuna relazione con una BVO maschile. L’ultimo passaggio spetta alla federazione stessa, che entro febbraio comunicherà a Hera United le condizioni per presentare la domanda di iscrizione alla Eredivisie Vrouwen.
Da sinistra a destra: Barbara Barend, Marieke Visser e Susan van Geenen.
LE DIFFICOLTA' DEL CALCIO FEMMINILE OLANDESE
Il movimento calcistico femminile olandese è cresciuto in maniera esponenziale nell’era pre-pandemia, forte anche dei risultati ottenuti dalla Nazionale, campione d’Europa nel 2017 – a dieci anni esatti dalla creazione della Eredivisie Vrouwen, campionato professionistico che ha sostituito l’amatoriale Hoofdklasse - e vice-campione del mondo nel 2019. Questi successi hanno generato attenzioni e seguito, e di conseguenza oggi giocatrici come Lieke Martens, Vivianne Miedema o Sherida Spitse vengono riconosciute in strada anche da buona parte del pubblico generalista. Nel 2021, nel giardino della sede della KNVB, a Zeist, a fianco alle statue di Rinus Michels, Johan Cruijff, Marco van Basten e altre icone del calcio olandese è stata issata la statua di Sarina Wiegman, CT di questa magnifica Nazionale olandese che ha vinto tutto (oggi è CT dell'Inghilterra). In questo contesto, i successi delle Leeuwinnen (cioè le leonesse) hanno fatto impennare il numero di calciatrici praticanti in maniera costante. Il calcio femminile, anche in Olanda, ha beneficiato poi della spinta che arrivava da fuori il mondo del calcio, con la crescita di movimenti come #MeToo o quelli a sostegno della comunità LGBTQ+.
Come sappiamo, però, oggi lo spirito del tempo è molto cambiato e stiamo assistendo a una sorta di riflusso, con la conseguenza che certe istanze trovano meno spazio rispetto a prima. Un esempio, in Olanda, è la partita del coming out, che si sarebbe dovuta disputare nei giorni del Pride e che avrebbe avuto come protagonisti diversi giocatori, e che invece è stata annullata per via dei molti commenti negativi ricevuti sui social. Purtroppo non è l'unico, di esempio. Anche rimanendo in ambito puramente Vrouwen, è stato annunciato da parte del NOC*NSF (il CIO olandese) un taglio del 74% ai contributi per lo sviluppo del calcio femminile. I soldi sono stati destinai ad altre Federazioni, alcune delle quali non possono contare su risultati significativi né a livello sportivo, né di esposizione mediatica. Una scelta politica che forse nell’epoca d’oro delle Leeuwinnen nessuno avrebbe nemmeno ipotizzato, o che avrebbe alimentato polemiche veementi. Se ciò non bastasse, a fine stagione Azerion, società che si occupa di pubblicità e intrattenimento digitale, ha annunciato che non sarà più sponsor della Eredivisie Vrouwen, ufficialmente per non aver ottenuto i risultati sperati a livello di visibilità.
Anche a livello sportivo le cose non sono andate come previsto. Dopo i fasti di Europeo e Mondiali, la Nazionale olandese femminile è andata incontro a un ricambio generazionale difficile e tuttora in atto. Martens – miglior giocatrice UEFA e FIFA 2017 - ha annunciato il ritiro dalla Nazionale; Miedema è tormentata da problemi fisici che si aggravano stagione dopo stagione; Spitse e Danielle Van de Donk saranno all’ultimo giro di valzer quest’estate all’Europeo in Svizzera.
Un torneo al quale l’Olanda, dopo aver fallito l’accesso alle Olimpiadi, è per lo meno riuscita a qualificarsi direttamente.
È il segno che, al netto delle difficoltà, il movimento è solido e si basa su un'ampia partecipazione a livello base, con tesseramenti in continua crescita. Un bacino da cui attingono a piene mani i campionati più ricchi (il budget medio di una squadra di Eredivisie Vrouwen si attesta sui 400-600 mila euro), acquistando le olandesi prima ancora che debuttino in campionato, per poi magari prestarle agli stessi club di Eredivisie Vrouwen per permettere loro di fare esperienza. Il campionato femminile olandese, insomma, è una sorta di grande palestra d’Europa, non troppo differente alla fine dalla Eredivisie maschile, ma con un divario ancora più sensibile con i campionati più ricchi.
Rispetto ad altri paesi come l’Italia, in Olanda non esiste l’obbligo per una società professionistica di A o B di avere un corrispettivo femminile. Viene lasciata massima libertà di scelta e questo, secondo Barbara Barend, rappresenta un punto importante perché «chi decide di creare una squadra femminile lo fa per convinzione». La faccia negativa della medaglia è che le Vrouwen rimangono l’anello debole della catena e quando le cose non fanno bene a livello economico sono le prime a subirne le conseguenze. Per dire, le Twente Vrouwen, campionesse in carica (4 titoli vinti nelle ultime 5 stagioni), sarebbero le prime a pagare il conto se la controparte maschile dovesse tornare a navigare in cattive acque (come è già successo nelle stagioni successive al 2010).
L'ALBA DI UNA NUOVA ERA?
È questo il ventre molle del sistema che Hera United si è prefissata di superare con il suo personale Do It Yourself calcistico, il non dover dipendere da nessuno, il poter avere successo o fallire solo grazie a se stesse.
«Il calcio femminile è bloccato in un mondo dove girano pochi soldi», ha dichiarato dalla fondatrice Marieke Visser al quotidiano Algemeen Dagblad. «Questo significa scarsi investimenti, che si riflettono in un livello basso, il quale a sua volta non risulta attraente né per il pubblico, né per gli sponsor. Ogni euro per il calcio è un euro sottratto al calcio femminile, perché si tratta di un sistema dove i club professionistici sono tradizionalmente costruiti da uomini per gli uomini. L’idea è quella di un club nel quale al centro, per una volta, ci siano solo le donne».
«La cosa più difficile da fare è cambiare un sistema», aggiunge Van Geenen. «Servono sforzi ed energie enormi. Eppure, Uber ha cambiato il mercato dei taxi e Funda quello degli immobili. Perché non provare a cambiare anche il sistema del calcio?». Sembrano parole naïf ma insomma per un'olandese, tanto più un'olandese con una forte formazione in ambito finanziario e commerciale, i conti rimangono la priorità. A proposito: Hera United non potrà contare su investitrici famose (come la squadra statunitense Angel City, supportata da attrici come Natalie Portman ed Eva Longoria) ma è comunque finanziata da cinque grandi investitori, ha dichiarato Van Geenen. Soldi necessari per pagare gli stipendi di calciatrici (dalla stagione 25/26 dovranno essere almeno 12 le giocatrici stipendiate per club, che passeranno a 16 nel 26/27) e collaboratori già attivi nel mondo del calcio professionista olandese.
Sembrano passi scontati ma nel calcio femminile spesso non lo sono. Sulle ragioni, in Olanda, si sta discutendo. Un'ipotesi è quello di espandere la possibilità di fare squadre miste anche a livelli alti della piramide calcistica (in Olanda è consentito fino al quinto livello). Agnes Elling del Mulier Institute, professionista specializzata nella ricerca delle disuguaglianze sociali nello sport, ha dichiarato che il numero di donne in posizioni dirigenziali nello sport in generale è molto basso, e che l’allenamento ai massimi livelli in molte discipline, a partire dal calcio, sia considerato prevalentemente un ambito maschile. Elling ha anche definito “impressionante” la mancanza di allenatrici nel calcio maschile.
I muri continuano però ad essere piuttosto alti anche in un Paese avanzato da questo punto di vista come l'Olanda. Durante una trasmissione di Studio Voetbal del 10 dicembre 2023, la giocatrice dell'Ajax, Sherida Spitse, dichiarò di sognare un futuro da allenatrice, preferibilmente della squadra maschile dell'Ajax, scatenando feroci discussioni. L'ex nazionale Pierre van Hooijdonk, per esempio, si disse scettico, dichiarando che la cultura maschilista nel mondo del calcio avrebbe reso un’allenatrice meno credibile nei confronti della rosa.
La stessa squadra più grande e conosciuta dei Paesi Bassi, l’Ajax, non si è dimostrata molto sensibile nei confronti della propria squadra femminile, con cui condivide solo la maglia. Nell’estate 2023 le Ajax Vrouwen vinsero la Eredivisie ma non venne organizzato alcun festeggiamento. «È difficile anche solo vedere un nostro dirigente in tribuna durante le partite», si sfogò l’allora allenatrice Suzanne Bakker, venendo ricompensata con il mancato rinnovo del contratto a fine stagione, nonostante il titolo e le ottime prestazioni in Champions. L’Ajax del resto ha gestito male anche il caso dell’ex direttore sportivo Marc Overmars, licenziato per molestie sessuali, ma in precedenza mai oggetto di sanzioni all’interno del club (la squalifica di due anni gli è stata comminata dalla FIFA).
Insomma, è ancora più chiaro da questo contesto che la sola esistenza di Hera United rappresenti una sfida. Il club vuole dimostrare la sostenibilità di un progetto unicamente femminile, con «un allenatore o allenatrice che non ci considera una parentesi nella sua carriera in attesa di tornare nel calcio maschile, ma che sia specializzato nel calcio femminile; con uno staff medico specializzato nel calcio femminile; con formazione, prevenzione dagli infortuni, marketing, commercio e sfruttamento del marchio, tutto interamente fatto dal punto di vista di una donna». Parole di Marieke Visser.
L’idea è quella di creare una nuova sensibilità, capace di guardare il calcio femminile senza fare confronti con quello maschile. Visser, Barend e Van Geenen sono convinte che esista un pubblico stanco dei problemi del calcio maschile e interessato solo a quello femminile. Un pubblico che l'Hera United spera di trasformare in propri tifosi.