All those moments will be lost in time,
like tears in rain.
Time to die.
Rutger Hauer/Roy Batty
Juventus – Real Madrid era la partita di Gianluigi Buffon, che non aveva mai vinto la Champions League. Era la partita della BBC, che giocava per estendere la propria legacy all’Europa. Era la partita di Allegri, di Dybala, di Pjanic. Era la partita di tutti, ma era anche – e forse soprattutto - la partita di Gonzalo Higuain. Poteva esserlo, ma ancora una volta non lo è stata, andando così ad arricchire la storia straziante tra l’argentino e le finali importanti.
La grandezza di Higuain è infatti sinistramente simile a quella della squadra che quest’estate ha speso 94 milioni per averlo: da una parte è tanto evidente da non poter essere messa in discussione, dall’altra il rapporto con le finali importanti sembra mettere tutto in discussione.
Come esiste un’epica di finali di Champions League perse dalla Juventus, esiste un’epica minore composta dagli errori dell’argentino nelle finali importanti, errori in quello che poi lo ha reso tanto grande: fare gol. Solo quattro gol in dodici finali giocate, ma soprattutto zero con l’Argentina, in due finali di Copa America ed in una dei Mondiali e zero con la Juventus. I quattro gol, a dire il vero, sono arrivati tutti in Supercoppa, spagnola ed italiana, finali che dobbiamo necessariamente considerare di secondo piano (anche se hanno quel prefisso “super” in effetti fuorviante).
Gli errori del “Pipita” invece sono stati così tanti e così determinanti da essere entrati nell’immaginario collettivo: esiste addirittura un gioco per smartphone il cui obiettivo è aiutare Higuain a segnare in finale (smarcando del cibo, tra le altre cose): si chiama Pipita On Fire, un titolo che oggi ha lo stesso suono di un piatto d’argento che cade sul pavimento.
Quello tra Higuain e le finali è un rapporto così avverso che quando nella recente finale di Coppa Italia ha sbagliato due facili occasioni da gol, i tifosi della Juventus devono aver pensato che fosse stato meglio così - io almeno l’ho pensato – e che se l’argentino doveva segnare in una finale, doveva essere quella di Cardiff. Quando il suo esterno destro a botta sicura ha colpito in pieno il corpo morto di Strakosha, il contatore degli errori in finale è stato ancora una volta ritoccato verso l’alto. Un contatore che l’argentino si porta incastrato nel subconscio come un chiodo incandescente.
La dolorosa arte di sbagliare le occasioni importanti
Il padre di tutti gli errori di Higuain è sicuramente quello nella finale dei Mondiali 2014.
Tecnicamente non è l’errore peggiore di Higuain in una finale, ma è sicuramente l’errore peggiore di Higuain nella finale più importante della sua vita. Non esiste – anche prendendo in considerazione l’umanità intera – una finale più importante di quella che decide la Coppa del Mondo di Calcio ed è logico ipotizzare che Higuain non avrà mai più un’occasione così limpida in una partita ugualmente importante.
Prima della partita di Cardiff ho riguardato questa azione talmente tante volte che potrei rifarla uguale quest’estate in spiaggia, portarmi dietro anche Mascherano che a centrocampo si mette le mani nei pochi capelli, disperato. L’ho riguardata più volte per provare a scagionare Higuain, come se servisse a qualcosa, perché il fastidio che sento vedendo il momento dell’impatto sbagliato tra il suo piede destro e il pallone è lo stesso che sentivo da ragazzino nella scena con le sanguisughe di Stand by me, un fastidio così forte da sembrare appartenermi.
Se in diretta e da questo replay il pallone sembra arrivargli sulla corsa non perfettamente pulito, come se in uno dei rimbalzi fosse rimasto impantanato nelle paure di Higuain, dall’inquadratura da cui ho tratto la gif si vede bene che l’ultimo rimbalzo è invece molto leggibile, che Hummels alle spalle è una minaccia piuttosto fantasma e che Neuer è stato preso alla sprovvista e sta tornando indietro invece di uscire. Il suo destro strozzato rappresenta perfettamente la paura che sembra attanagliare Higuain in queste partite. La stessa paura che sabato si è impossessata di tutti i suoi compagni mentre si lasciavano annichilire dal Real Madrid nel secondo tempo.
Il fallimento della Juventus è stato netto e non può essere cercato nessun capro espiatorio. La partita di Higuain non è stata peggiore di quella di molti suoi compagni, non ha avuto neanche occasioni abbastanza limpide da poter essere usate come prova nel processo che gli faremo, ma questo suo rapporto tormentato con le finali, purtroppo, è cresciuto ancora un po’ dopo la partita di sabato, e ormai è un fiume ingrossato dalle piogge autunnali che non possiamo sapere se sarà mai in grado di rientrare negli argini o se allagherà completamente il giudizio sull’argentino.
Quello che sappiamo è che in campo Higuain è sembrato invisibile, se non altro sepolto dai fantasmi delle finali precedenti, tornate a tormentarlo come in un romanzo di Dickens. Potevamo vederle correre accanto a lui mentre vagava spaesato per il campo dopo il terzo gol di Cristiano Ronaldo, quando era ormai diventato evidente che non sarebbe stata quella la sua partita, né tanto meno quella dei suoi tifosi.
Guardate come sembra tormentato, mentre prova a girare in porta un pallone impossibile, come una vecchia ballerina che non riesce ad accettare il proprio disfacimento.
Da tifoso, oggi sento Higuain un pochino più vicino. Il tema dell’arrivo è uno dei più consolatori nella storia dell’uomo, tipo Ulisse che riesce infine ad approdare nella sua Itaca, e l’unione tra Higuain e la Juventus, oggi, sa di ritorno a casa, dove la casa è quel tabù - collettivo per noi, personale per Higuain - delle finali perse, delle cadute a pochi metri dal traguardo.
Quanto deve fargli male l’aver perso quattro finali importanti consecutive? Quanto deve fargli male essere stato, ogni volta, protagonista in negativo?
Higuain deve portarsi dietro anche questo errore, arrivato in finale di Copa America, quando il cronometro segnava 91 minuti e 46 secondi di gioco in una partita che prevedeva due minuti di recupero. Dire che se avesse segnato l’Argentina avrebbe vinto la Copa America è lapalissiano, dato che la partita era già scivolata nei supplementari e sarebbe stata decisa ai rigori. Non solo questo gol avrebbe regalato la coppa al suo paese, ma avrebbe in qualche modo liberato Messi da una maledizione, permesso al giocatore più forte del mondo di venire a patti col suo popolo. Invece Higuain non riesce a trovare il modo giusto per colpire il pallone che finisce sull’esterno della rete, la partita si trascina ai rigori dove vince il Cile, portando il conto per l’Argentina a due finali perse in due anni.
Seguendo tutta l’azione si vede come Lavezzi avrebbe dovuto passare quel pallone un metro più dietro o almeno dargli un leggero effetto a rientrare per concedere ad Higuain un angolo di porta più ampio, ma si vede anche il “Pipita” – entrato da quindici minuti – attaccare il secondo palo con una certa pigrizia. Prima di entrare in area rallenta anche, fino quasi a fermarsi, per poi ripartire quando capisce che l’esito dell’azione dovrà deciderlo lui. Se avesse corso nello spazio in maniera più convinta avrebbe sicuramente avuto più possibilità di fare gol.
Da Higuain però non ci aspettiamo accelerazioni di sessanta, settanta metri, ci aspettiamo che una volta arrivato su quel pallone trovi soluzioni non banali a problemi che riguardano il convertirlo in gol. Quante volte ci ha sorpreso con scelte controintuitive geniali? Voglio dire: era più facile trovare il giusto impatto per mandare in rete questo passaggio di Lavezzi (magari provando ad anticipare col sinistro) oppure trovare lo spazio tra palo e portiere di controbalzo in questo gol?
Questo errore ci permette di aprire una postilla sull’eccezionalità di Higuain. Proprio perché noi gli riconosciamo una capacità di fare gol anche in situazioni precarie, di rimanere sempre concentrato, tanto da sembrare solo in grado di segnare in circostanze come questa. Siccome Higuain riesce a comportarsi così in tantissime partite, ma non ancora in una finale importante, dobbiamo mettere un asterisco alle sue qualità e scrivere in basso – in un carattere più piccolo - che “potrebbero non funzionare nelle partite importanti”.
La partita di Cardiff, sebbene in tono minore, sembra una conferma. Un colpo di testa debole, un tiro forte ma centrale, un assist piuttosto casuale e tante palle perse.
Una questione di testa, che fa battere il cuore
In quella stessa finale di Copa America, Higuain sbagliò anche un calcio di rigore nella lotteria finale.
Un rigore calciato fuori è sempre un errore grave, anche al parco con le porte fatte con i maglioni. È vero che dopo di lui sbaglierà anche Banega mentre i giocatori del Cile saranno impeccabili, ma nella foga con cui prende la rincorsa, nella violenza con cui colpisce il pallone che sembra finire dieci metri sopra la traversa e nella stizza successiva non c’è per niente un bel messaggio, quello che invece ti aspetteresti da un leader in un momento tanto critico.
Solo poche settimane prima Higuain aveva calciato un rigore contro la Lazio, in una partita che non era nominalmente una finale, ma che serviva a stabilire chi avrebbe disputato i preliminari di Champions League l’anno successivo, e l’aveva sbagliato più o meno allo stesso modo.
Questi due errori in serie, uniti a quello decisivo nel recupero mostrato sopra, fanno sprofondare Higuain in una profonda crisi, dice addirittura di «non aver dormito per giorni». In vacanza ad Ibiza viene avvicinato da alcuni tifosi argentini all’uscita di una discoteca. Uno di questi gli grida «Vattene, non sei capace di segnare un rigore», a quel punto Higuain ha una reazione scomposta, cerca di arrivare allo scontro fisico, forse ubriaco, sicuramente ferito dentro. Mentre lo portano via urla: «Cancella il video o ti taglio la testa».
Questo eccesso ci dice molto di come questi errori hanno condizionato Higuain, di quanto l’ennesima finale persa lo condizionerà in futuro. Higuain è infatti un giocatore che non ha le qualità dei campioni più grandi, il talento di Messi o la genetica di Ronaldo, non è neanche veloce come i nuovi attaccanti che prenderanno il suo posto. Higuain è un giocatore il cui talento consiste proprio – come dice Daniele Manusia - «nell’allontanare l’orizzonte delle sue possibilità fino a dove serve. Combina la conoscenza di se stesso, dei suoi limiti e delle sue qualità – comunque fuori dal comune, perché altrimenti dovremmo parlare di un miracolo – con una conoscenza del calcio che gli permette di compiere scelte inaspettate, a volte persino azzardate, spesso geniali. Ovviamente sbagliando anche, o scontrandosi con i propri limiti, con contesti e avversari a lui superiori».
Oggi questi limiti sembrano più grandi di lui, più grandi di noi. Ancora una volta non è riuscito ad incidere, mentre dall’altra parte Cristiano Ronaldo ha segnato due gol senza dover fare niente di particolare, spettinandosi appena appena. Eppure nell’ossessione verso il gol i due sembrano assomigliarsi. Mentre per il portoghese è sempre un ossessione positiva, che sembra telecomandarlo al posto giusto al momento giusto, per Higuain nelle partite importanti questa ossessione sembra finire per divorarlo.
Come spiega bene l’esultanza in questo gol annullato nella Finale dei Mondiali.
La beffa aggiuntiva della segnalazione arrivata in ritardo alla sua percezione sembra essere pensata da un dio crudele. Prima di accorgersi del fischio, Higuain ha il tempo di indicare con l’indice il proprio petto, come a dire “ho segnato io”, allargare le braccia come un pavone le penne e iniziare una corsa che l’avrebbe portato chissà dove. Quella gioia strozzata dal guardalinee è così violenta ed irrazionale che è il miglior indicatore di quanto Higuain rifletta sé stesso nel gol.
L’Higuain che conosciamo oggi, che è la derivazione di quello evolutosi con la maglia del Napoli, è un giocatore ossessionato dal gol. Lo vediamo nel modo scomposto in cui chiama ogni pallone, nei gesti di stizza mai contenuti quando un compagno non sceglie lui come terminale, nella concentrazione con cui gioca ogni minuto. Ma questa ossessione è anche un limite: in questo caso non si rende conto di aver anticipato troppo il movimento e di essere finito in fuorigioco. Possiamo dedurre che la sua ossessione diventi quasi una malattia nelle partite decisive, quelle in cui un gol può davvero fare una differenza abissale. Nei momenti decisivi delle partite importanti non sembra in grado di mantenere il livello di lucidità che in altri momenti gli ha permesso di segnare gol così.
Anche i campioni hanno la tremarella?
Anche volendo dividere la sua carriera in prima e dopo la stagione incredibile a Napoli, anche essendo consapevoli che Higuain è un calciatore cresciuto per accumulo, senza fretta, anche volendo vederla così, il rapporto con le finali è sempre fallimentare.
Nell'ennesimo gol sbagliato in una finale contro il Cile c’è la prova più grande per i sostenitori della tesi secondo cui Higuain sia molto poco freddo quando più servirebbe, un pecho frío. L’argentino arriva a strappare questo pallone a Medel con 36 gol segnati in Serie A, un record che potrebbe reggere cent’anni, e 4 gol segnati nella Copa fino a quel momento.
È l’estate del 2016 e Higuain è così eccezionale che per la prima volta si mette alle spalle tutti gli altri attaccanti argentini con cui ha dovuto sempre fare i conti in nazionale. Per dire mentre Higuain si presenta da solo davanti a Claudio Bravo, Aguero se ne sta zitto in panchina. Dovrebbe avere tutte la fiducia del mondo, eppure non c’è niente da fare: Higuain sbaglia malamente. Il modo sciatto e frettoloso in cui conclude dopo essersi spostato sul destro è un po’ un testamento dell’atteggiamento avuto da Higuain nelle finali disputate, una paura di non fare gol che si accentua quando indossa la maglia dell’Argentina, come abbiamo visto da questi quattro errori, i più gravi della sua carriera. Errori da cui potrebbe non riscattarsi mai.
Sembra uno scherzo, ma potrei continuare ad elencare gli errori di Higuain nelle finali giocate. Rimangono quelli dimenticati, quelli precedenti l’estate 2014, quando non esistevano ancora sovrastrutture particolari su Higuain e le finali. C’è il destro al volo calciato con molta poca convinzione addosso a Courtois, in una finale di Coppa del Re. Un errore che avviene nei supplementari con il Real sotto di un gol che non riuscirà a recuperare. Oppure questa deviazione da pochi passi che spedisce sulla coscia di Borja Valero in una finale di Coppa Italia che il Napoli vincerà comunque.
Dalla parte sbagliata della storia
A rivederli oggi, tutti questi errori maledetti, in qualche modo riesco a trovarci un certo grado di romanticismo. Dopo Cardiff Higuain è a quattro finali importanti perse consecutivamente, uno score simile a quello di tutti i tifosi juventini. Io e lui, oggi, siamo dei perdenti che fino a ieri erano vincenti. È un ossimoro che non può starmi bene, che non può stare bene ad Higuain che dietro la sua faccia normale starà impazzendo. Non riuscire a definire se stessi nella vittoria, pur essendo così forti, pur avendo giocato in squadre così forti, fa male. Fa male a noi tifosi, fa male a tutti i giocatori della Juventus, ma fa male soprattutto ad Higuain. Non è facile capire l’impatto di così tante finali perse e di errori così gravi sull’uomo.
Del Piero disse di aver metabolizzato quelli nella finale degli Europei del 2000 solo sei anni dopo, alzando la Coppa del Mondo. Higuain probabilmente vi direbbe che non esistono strascichi, che è stato male una settimana, magari un mese e che poi è ripartito, che sono le finali perse ad averlo reso un calciatore migliore.
Nella costruzione del mito sportivo l’errore e il fallimento sono infatti una parte fondamentale. Servono a stimolare la resilienza, la narrazione del ritorno, l’idea per cui tutto quello che non ti uccide, ti rende più forte. Uno dei più grandi sportivi di tutti i tempi ha reso l’errore una parte del suo brand, l’altra faccia necessaria del suo successo.
Ma Michael Jordan ha potuto farlo perché ha vinto sempre. Higuain in questo momento possiede solo la parte sbagliata della storia, solo il fallimento.
Come indicava la coreografia dei tifosi, il momento era a Cardiff, ma né Higuain né la Juventus sono stati in grado di coglierlo. Se una squadra può cambiare la sua storia in un tempo più dilatato, Higuain non ha lo stesso privilegio. Più in piccolo, da tifoso, neanche io ho questo privilegio. Se l’argentino non riuscisse a riscattarsi nella parte finale della carriera, a Torino od altrove, questi errori peseranno enormemente nel giudizio finale che gli daremo. Ma importa davvero? Da tifoso - in questo momento – davvero non mi importa. Ciò che resta a me e a Higuain sono i fantasmi delle finali perse e un futuro vago in cui provare ad esorcizzarle.
Ma fugge intanto, fugge irreparabilmente il tempo.