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Occhio agli Houston Rockets
18 apr 2025
Il lavoro di Udoka è impressionate, e ora gli toccano i Golden State Warriors.
(articolo)
8 min
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Gli Houston Rockets hanno appena concluso la stagione regolare NBA con 52 vittorie, il secondo miglior record nella selvaggia Western Conference e il quarto in tutta la lega, eppure a nessuno sembra importare. Persa nel mare magnum di tematiche e nomi altisonanti che una stagione NBA può offrire, la squadra guidata da Ime Udoka è stata silenziosamente forse la più interessante da guardare a partire da ottobre, una di quelle che Zach Lowe (finalmente e fortunatamente tornato nel mondo del podcasting) avrebbe messo nelle primissime posizioni del suo “League Pass Ranking”.

IL MOSTRO DIFENSIVO CREATO DA UDOKA
Per parlare di come si sia arrivati a questo punto e delle prospettive future non si può non partire proprio da chi siede in panchina, il quale meriterebbe più considerazione anche nei discorsi relativi all’allenatore dell’anno. Udoka nel 2023 ha ereditato da Silas una squadra in piena ricostruzione post-Harden e priva di qualsivoglia certezza, trasformandola fin da subito e fornendole l’identità che ancora adesso la contraddistingue, un’identità che, ovviamente, non può che essere prima di tutto difensiva.

L’ex allenatore dei Celtics ha infatti costruito intorno a Şengün (migliorato ma non certo un’ancora nel pitturato) una corazza protettiva formata, Thunder permettendo, dal miglior reparto di esterni difensivi della lega, impreziosito da una gemma di quelle che passano veramente una volta ogni tanto anche in un panorama ultra-prospero come quello NBA: Amen Thompson. Il più anziano dei gemelli Thompson (di ben un minuto e 13 secondi rispetto al fratello Ausar, giocatore dei Detroit Pistons) a meno di ventidue anni è già uno dei principali candidati al premio di difensore dell’anno e quasi certamente sarà presente nel primo quintetto difensivo di quest'anno.

Le sue giocate fanno il giro del mondo ogni notte, anche in una Lega dove praticamente tutti hanno un atletismo fuori dal mondo lui riesce comunque a spiccare a dare l'impressione di essere un gradino sopra. «They’re different», sono diversi, questa la definizione che LeBron James, uno che se ne intende, ha dato di lui e del fratello, entrambi in grado di spiccare il volo dal nulla e inchiodare la palla al tabellone, di muovere i piedi e recuperare su ogni tipo di errore o di coprire un quarto di campo con la semplice rapidità orizzontale. Non succede spesso, anzi, non succede sostanzialmente mai, di vedere un giocatore così giovane già in cima alle classifiche delle varie metriche avanzate: al contrario Amen è terzo per Estimated Plus-Minus (primo fra gli esterni) e in top 20 per Defensive-LEBRON (secondo fra i difensori sulla palla), cifre che possono sembrare vuote ma che riflettono perfettamente quanto visibile in ogni sua singola partita.

Amen Thompson è stato anche uno dei giocatori più “clutch” della stagione, qui i dati secondo il sito “Inpredictable”.

Accanto a Thompson l’altro nome che salta immediatamente all’occhio nella metà campo difensiva è sicuramente quello di Tari Eason, altro atleta eccezionale nonché complemento perfetto, in grado di dare fisicità, protezione del ferro secondaria e un’attività costante lontano dalla palla di alto livello, come certificano il 94esimo percentile in BLK% e il 97esimo in STL%, fra l’altro paradossalmente (o non troppo visto il maggiore minutaggio) in calo rispetto agli scorsi anni.

Se a questi due aggiungiamo un altro specialista come Dillon Brooks, Jabari Smith Jr. e Steven Adams, il quadro è quasi completo, ma ancora una volta è la mano dell’allenatore a fare tutta la differenza del mondo. I Rockets sono una delle squadre che più sperimenta in quanto a line-up non convenzionali, non è raro nell’arco di pochi minuti vederli passare da una conformazione con due lunghi di ruolo a una con quattro guardie mobili e un’ala, alternando spesso anche possessi a zona o ibridi. Una concezione fluida e moderna della difesa, quella che la pallacanestro del 2025 richiede per essere efficaci contro attacchi che hanno raggiunto un livello di sofisticazione difficile anche solo da descrivere.

Emblematica da questo punto di vista può essere la recente vittoria contro i Golden State Warriors, in cui soprattutto Curry ha giocato una delle sue peggiori partite in carriera ingabbiato dentro la camera delle torture progettata dal sadico dottor Udoka.

UN ATTACCO MENO BRILLANTE
Creatività e innovazione sono le parole chiave anche per descrivere la pallacanestro offensiva di Houston. L’attacco gira chiaramente intorno a Şengün ma la sua funziona da “hub” viene amplificata da tutto quello che succede lontano dalla palla. Tagli a quarantacinque gradi e azioni di cosiddetta flex (sistema che potete vedere a tutti i livelli dagli Esordienti in poi) sono all’ordine del giorno, alternati a possessi nei quali Green e, più recentemente, Thompson, creano palla in mano, sempre però coadiuvati da costanti azioni sul lato debole per tenere impegnata la difesa.

Proprio Jalen Green è e rimane l’oggetto misterioso di questa squadra. I suoi lampi sono abbaglianti ma le volte in cui ti viene da dire “era proprio necessario questo tiro in questo momento?” durante la partita sono altrettante. Il differenziale di punti su cento possessi della squadra tra quando è in campo e quando è fuori e tra i peggiori della lega e anche la sua efficienza al tiro continua a essere molto bassa in relazione a status e contratto, il tutto amplificato dal fatto che gestisca persino più possessi proprio di Şengün. Non è necessariamente solo colpa sua, Houston infatti è stracolma di talento, talento però grezzo, così che molte volte, troppe per il suo stesso bene, Green si trova costretto a inventare un tiro dal nulla in situazioni di cronometro risicate.

Oltre a rimuoversi dai social, Green ha anche omaggiato Kendrick Lamar e DJ Mustard con le sue sneakers per i Playoff.

Un altro nome che è necessario citare è quello di Fred VanVleet, l’uomo da quarantatré milioni l’anno, contratto che ha fatto impazzire l’intera tifoseria già al momento della firma. Nelle due stagioni giocate a Houston, l’eroe dei Raptors 2019 ha tutto sommato fatto quanto gli veniva richiesto, fungendo da veterano e chioccia, accettando in questa stagione un ruolo sempre più marginale con l’emergere di nuove stelle, mettendo sempre e comunque impegno e professionalità in campo. Certo, questo non giustifica la cifra che i Rockets gli corrispondono ogni mese, è sempre importante però ricordare perché gli sia stato dato quel contratto, ovvero per arrivare al salary floor obbligatorio (il minimo che le squadre NBA devono pagare ai giocatori).

UN BRUTTO REGALO
Nel 2019 VanVleet segnò il tiro che frantumò le speranze di three-peat dei Golden State Warriors e proprio i Golden State Warriors saranno gli avversari dei Rockets, in una serie che ha molti spunti e un enorme fascino. Dal punto di vista dei Rockets, se arrivi secondo nella tua conference puoi decisamente aspettarti regali migliori di questo al primo turno. Nonostante quello che dice la classifica, a essere favoriti sono gli Warriors: lo sono per i bookmakers di Las Vegas, lo sono per tutti gli analisti e lo sono per delle ottime ragioni. Nonostante un finale di stagione deludente, dall’arrivo di Butler il cambio di marcia nella Baia è stato evidente (22-8 di record, terzo nella lega dalla chiusura degli scambi) e gli Warriors possono sempre contare su un core leggendario come quello composto da Curry e Green.

Ciononostante, la serie potrebbe essere meno scontata del previsto, quattro dei cinque (con l’In-Season Tournament) precedenti stagionali (sempre da prendere con le pinze, ricordiamolo) ci raccontano di partite sempre molto combattute e dal bassissimo punteggio, in cui spesso gli attacchi hanno battuto in testa.

Una delle chiavi tattiche starà sicuramente nella capacità di controllare i tabelloni: se Golden State è la settima squadra della lega per percentuale di rimbalzi offensivi catturati, Houston è la primissima con ampio margine, guidata da un maestro come Adams. Allo stesso modo sarà interessante capire se sarà Kerr ad adattarsi ai quintetti mutevoli di Udoka o sarà quest’ultimo a dover rinunciare ad un po’ di imprevedibilità in virtù di più controllo sul flusso della gara.

Come abbiamo già detto la difesa di Houston è fra le più preparate per un giocatore come Curry (che sempre Curry rimane, sia chiaro), mentre qualche problema in più potrebbe porlo Butler, in grado storicamente di cercarsi sempre l’accoppiamento più favorevole (il cosiddetto mismatch-hunting) e lucrare liberi, dote che potrebbe mettere in difficoltà sia i lunghi costretti lontano da canestro, sia le guardie più inesperte se cercate in uno contro uno.

Si potrebbero sprecare giornate sui corsi e ricorsi storici tra queste due franchigie, a partire dal 2015, ma ad aggiungere un po’ di pepe potrebbe bastare la presunta faida tra Draymond Green e Alperen Şengün, protagonisti di un paio di episodi al limite tra il serio e il faceto nell’ultimo incontro stagionale. Dopo un po’ di trash-talking bipartisan, Green ha infatti ricevuto un tecnico “su richiesta”, dopo aver provocato l’arbitro, aggiungendoci poi anche un flagrant-foul fischiato per una gomitata in faccia durante una conclusione al ferro.

Qualunque sia l’esito di questa serie, la stagione per i Rockets si può già definire come un pieno successo. Le aspettative sono state ampiamente superate e anche un'eventuale uscita al primo turno per mano di una squadra come gli Warriors, con ambizioni da titolo, non cambierebbe i passi in avanti fatti con Udoka.

L’estate sarà poi un periodo di scelte: Şengün ha appena firmato un nuovo contratto ed è difficile pensare possa muoversi, a meno di cataclismi, Green al contrario sembra sempre più avere i bagagli in mano, mentre VanVleet ha una team-option che potrebbe rivelarsi comoda in caso di sign&trade. I nomi papabili sono tanti, a partire ovviamente da Kevin Durant, in sicura uscita, e che i Rockets potrebbero ottenere sacrificando scelte al draft che Phoenix necessita disperatamente. Sempre con un occhio in Arizona, se mai i Suns decidessero di separarsi da Devin Booker sicuramente il pacchetto che i Rockets potrebbero offrire è tra i migliori in circolazione e lo stesso vale per tante altre stelle dal valore comparabile o superiore (Giannis…).

A Houston ci sono dunque tutti i motivi per essere ottimisti, guardando al futuro ma anche al presente. Alla fine, essere presi sottogamba potrebbe anche essere un vantaggio.

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