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Chiedi chi era Hugo Maradona
15 dic 2020
La carriera del fratello di Diego Maradona.
(articolo)
14 min
(copertina)
Foto di Alessandro Sabattini/Getty Images
(copertina) Foto di Alessandro Sabattini/Getty Images
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Su YouTube si trova un vecchio filmato del 1979 in cui Raúl, detto Lalo, e Hugo Maradona, rispettivamente 10 e 9 anni, vengono intervistati mentre palleggiano nel cortile della loro casa nel quartiere Paternal di Buenos Aires. A un certo punto l’intervistatore si rivolge a Hugo e gli chiede: «Turco, tu giochi nell’Argentinos Juniors?». «Sì» accenna intimorito in risposta, avendo già capito dove si andrà a parare. «E in che ruolo giochi?» lo incalza l’intervistatore, «da nove» risponde ormai spacciato. «Pensi di essere come Diego?» continua quello andando a parare proprio dove si poteva immaginare. Come fanno i bambini ogni tanto quando sono messi alle strette, Hugo si schermisce, farfuglia qualcosa imbarazzato. L’intervistatore però non ci sta e lo sprona: «No?» gli dice, prima di mettergli il microfono davanti alla bocca. Il fratello di Maradona non sapendo più come smarcarsi sbotta: «No, porque mi hermano es un marciano».

Non era però dello stesso avviso Diego: nello stesso 1979, nella prima intervista a France Football a 19 anni parlando della sua famiglia diceva «ho un fratello che gioca meglio di me e ha un’abilità con il pallone eccezionale. Penso che possa diventare un crack. Ora gioca nelle giovanili dell'Argentinos Juniors». Se le sue parole fossero state anche solamente in parte vere, il fratello sarebbe dovuto finire a giocare su Marte - anche perché dove avrebbe potuto giocare una persona con una abilità con il pallone migliore di quella di Diego Maradona? Oggi però lo sappiamo: quelle furono le parole di un fratello affettuoso. La carriera del più piccolo tra i fratelli Maradona fu del tutto dimenticabile, ma rimane un interessante esempio di come quel cognome sia passato sopra il gioco del calcio come un vento inarrestabile.

Hugo Maradona in Argentina

Hugo ha sette anni quando entra nelle giovanili dell’Argentino Juniors. Per tutti deve essere stato il fratello di. Diego aveva esordito con la prima squadra a 15 anni e rapidamente era diventato la cosa più meravigliosa d’Argentina. Deve essere evidente la parentela anche solo a guardarli in faccia: sono due gocce d’acqua, con quel taglio d’occhi guaranì che Diego perderà crescendo, più del fratello.

Non esiste un’epica della crescita di Hugo - ovviamente - ma doveva essere abbastanza bravo: nel 1985 arriva in prima squadra e a 16 anni, 7 mesi e un giorno diventa il secondo più giovane di sempre a debuttare con la maglia dell'Argentinos Juniors, dopo il fratello (un record di famiglia che ancora detengono). Si potrebbe obiettare che la rapida scalata di Hugo fino al professionismo abbia a che fare con il fratello - che intanto ha iniziato il suo percorso verso la divinizzazione - piuttosto che con il suo talento, fatto sta che nell’estate del 1985 fa parte della Selezione argentina al primo Mondiale U16 che si svolge in Cina.

L’Argentina si era qualificata vincendo il Campionato Sudamericano Sub-16 grazie a una vittoria per 3-2 sui pari età del Brasile, grazie a due gol di Hugo Maradona. Uno lo segna di scaltrezza, su una punizione battuta a due in area mentre i brasiliani protestano con l’arbitro: Maradona capisce il momento e tocca sulla schiena il compagno per farsi passare il pallone e metterlo dentro nella porta vuota; l’altro dopo una bella azione personale in cui fa andare culo per terra almeno un avversario (non so, magari questa doppietta vi ricorda qualcosa).

Qui ci sono i due gol di Hugo Maradona nel 3-2 al Brasile. In una partita tra quindicenni, l'esplosione di pubblico è commovente.

Al Mondiale le cose però non vanno bene: l’Argentina perde la prima partita con l’Australia, pareggia con la Germania Ovest e vince con il Congo, grazie a due gol di Maradona di cui uno con una punizione all’incrocio, ma non basta. Vengono eliminati per differenza reti, per un solo gol, tarpando il possibile racconto della famiglia Maradona che vince i Mondiali (Diego aveva vinto quello u20 in Giappone e l’anno dopo vincerà quello dei grandi, in Messico).

A questo punto è impossibile non iniziare a notare delle similitudini tra Hugo e Diego. Anche il fratello più piccolo si muove a un ritmo diverso, con un baricentro basso e delle gambe forti. Sebbene sia destro, la frequenza di tocchi e la loro pulizia, nei pochissimi video che si trovano, potrebbe dare delle reminiscenze del gioco del fratello. Ma forse è più il modo in cui si muove quando non ha il pallone a ricordarlo: dopo i gol esulta con la stessa corsa sfrenata del fratello, zigzagando per il campo come in trance, con i pugni stretti come se stesse andando a rompere qualcosa. Hugo sarà cresciuto guardando i successi di Diego e avrà provato a replicare le sue mosse in campo, in un calco divenuto sempre più caricaturale mentre la forbice tra i due si allargava, uno Dio, l’altro uomo.

L’arrivo di Hugo Maradona in Italia

La similitudine tra i due inizia a prendere una piega grottesca quando nell’estate del 1987 viene acquistato dal Napoli per 300 mila dollari dopo 19 presenze e un gol con la maglia dell’Argentinos Juniors. Era da un po’ che i giornali italiani ipotizzavano questa possibilità, che Ferlaino comprasse il fratello piccolo di Maradona, non senza ironie a dire il vero («Hugo Maradona, che somiglia al fratello in tutto fuorché nel genio» lo aveva apostrofato Gianni Brera l’anno prima).

Il suo acquisto è platealmente richiesto da Diego, che nel consueto tira e molla con il Napoli prima minaccia di andarsene, per poi virare «Resterei altri dieci anni, ma il problema è Hugo», sottintendendo che vorrebbe il fratello vicino e con gli scarpini indosso per prolungare il suo contratto. Il fatto è che in quel momento gli stranieri che ogni squadra poteva tesserare erano due e se uno era Maradona, l’altro doveva diventare Careca, già opzionato per l'anno successivo. Mentre il Napoli si avvia a vincere il primo Scudetto della sua storia, Maradona e la società cercano un posto Hugo: si prova con l’Avellino, forse per vicinanza con il capoluogo campano, che però rifiuta, non senza provocare l’irritazione di Diego: «Vinicio può dire di mio fratello ciò che vuole, ma dopo averlo visto giocare, non prima» così commenta il gran rifiuto dell’Avellino.

Il Napoli prova a parcheggiare Hugo per tutta la penisola: dopo Avellino si prova con Empoli, poi Pescara in uno scambio con Pagano che però viene bloccato da Galeone che dice ai suoi dirigenti di non farsi appioppare il fratello di Diego. La soluzione sembra il Pisa, con i giornali che danno per fatto l’affare, con un controdiritto di riscatto fissato a due miliardi per l’anno successivo, qualora si sbloccasse il terzo straniero e il Napoli volesse affiancare a Maradona e Careca un secondo Maradona. Ma alla fine salta anche il suo passaggio al Pisa perché Anconetani lo vuole solo in prestito gratuito. All’improvviso però spunta l’Ascoli che in un solo pomeriggio si porta a casa tre giocatori del Napoli: Celestini, Carannante e Maradona (Hugo), tutti e tre in prestito per un anno. A permettere l’accordo pare sia stata l’amicizia tra Luciano Moggi, dirigente dei partenopei e Costantino Rozzi, Presidente dell’Ascoli.

Parentesi Raul: l’amichevole a Granada

Mentre Hugo si sistema all’Ascoli di Castagner, Diego tratta personalmente il passaggio dell’altro fratello Raúl dal Boca Juniors al Granada, nella Serie B spagnola. Paga il riscatto del cartellino e soprattutto promette di partecipare a una amichevole con la maglia del Granada.

Complice una pausa nei campionati, il 12 novembre vola a Gedda in Arabia Saudita per giocare un'amichevole nelle file dell'Al-Ahli (con un cachet, pare, di 90 mila dollari) per poi spostarsi in Spagna dove il 16 si ricongiunge con Hugo, arrivato da Ascoli, e con Raúl per vestire la maglia bianco e rossa del Granada (rispettivamente: 8 Hugo, 9 Diego, 10 Raul). L’avversario designato è il Malmo di Eriksson.

La partita è vera e abbastanza assurda. I tre Maradona si dividono l’attacco come fratelli: dopo pochi minuti Diego finta di calciare una punizione per lasciarla a Hugo. Al vantaggio degli svedesi è Raul a rispondere girando in rete un assist geniale del fratello. Nel secondo tempo invece è Diego a riportare il punteggio in parità, con un gol su punizione festeggiato quanto il gol del siglo. Il gol vittoria per il Granada lo sigla nel finale tal Manolo, sotterrato dagli abbracci della famiglia Maradona come fosse il quarto fratello che non hanno mai conosciuto.

Hugo all’Ascoli

Intorno a Maradona junior c’è ovviamente molta curiosità. Ramon Diaz, argentino in quel momento alla Fiorentina, dice che ha qualità simili a Roberto Baggio. Sempre Brera, in risposta a un lettore che gli chiede se lo ha visto giocare - dopo aver ricordato di averlo visto in un Mundialito organizzato da Berlusconi a Genova -, lo inquadra così: «Lo stile di Hugo mi è sembrato più ortodosso che non sia quello del fratellone. È chiaro che lo stile in sé conta poco se non lo sorregge ed anima l’invenzione: e qui Hugo non mi ha proprio incantato».

Il giorno della presentazione, il presidente Rozzi fa tutt’altro che provare a smarcare Hugo dai paragoni col fratello «Maradona è un giocatore di classe superiore, potenzialmente simile al fratello Diego, intanto il nostro Hugo è più bello: anche i nuovi compagni di squadra sono tutti con lui». Chissà cosa deve aver pensato un diciottenne arrivato ad Ascoli dall’altra parte del mondo nel vedersi paragonato con il miglior giocatore al mondo per distacco, solo perché condividono il cognome. Lui prova a farsi umile, allontanare il confronto come a 9 anni nel cortile di casa: «Paragoni con Diego è inutile farne, lui è troppo bravo. Io cerco solo di conquistare il mio spazio».

Alla prima stagionale, in Coppa Italia col Catania, Hugo parte titolare ma viene sostituito dopo 45 minuti. Sarà titolare anche la partita successiva, sempre in Coppa, sempre per un tempo prima di cedere il posto a Casagrande. Per tutta la stagione starà più fuori che dentro al campo, spesso impiegato come cambio a partita in corso. Incrocerà anche il fratello, alla seconda giornata, entrando in campo a 32 minuti dalla fine in una partita che il Napoli vincerà 2-1. Al ritorno invece resterà seduto in panchina. In totale Maradona giocherà poco meno di 600 minuti con l’Ascoli, segnando zero gol, ma distribuendo qualche assist. In estate tornerà al Napoli senza che nessuno si strappi le vesti.

L’esperienza all’Ascoli oggi viene raccontata come catastrofica. Accanto al suo nome viene quasi sempre accostata l’etichetta di “bidone”, di solito riservata a stranieri esotici o a giocatori dalle alte aspettative che finivano per fallire. Per Hugo l’aspettativa era certamente nel sangue più che nei piedi. Nel 2000 il suo nome è finito nella lista di calciatori tra cui decretare il più scarso del secolo nel nostro campionato. Nella rubrica “Il bidone” di Repubblica TV si insinua che avesse «più o meno i vizi del fratello ma per il calcio non andava oltre qualche dribbling e voglia di correre zero». Un giornalista argentino descrisse così le differenze tra Diego e Hugo: «Uno calcia di sinistro e l’altro di destro, uno a sedici anni andava all’allenamento con le scarpe rotte, l’altro ci va a bordo di una Mercedes». Per quel poco che si può ricostruire dei problemi incontrati ad Ascoli, pare che Hugo avesse una scarsa propensione alla sofferenza e all’umiltà. In giro si possono trovare diverse sue dichiarazioni altisonanti in cui si paragona a Diego, tra lo sbruffone e il pazzo, ma in nessuna è specificata la fonte. Sembrano stonare col personaggio.

Ovviamente finirà anche nelle grinfie della Gialappa's Band.

Molti anni dopo Castagner - nella rubrica Bidoni del programma Pressing - riabiliterà almeno in parte la sua figura. Per l’allenatore, Maradona aveva una buona tecnica e una buona visione di gioco, capace anche di alcune giocate geniali, ma non era ancora formato fisicamente e quindi faceva fatica a recuperare, per cui non riusciva a giocare 90 minuti «però ecco un’altra prova l’avrebbe forse meritata». Hugo aveva comunque 18 anni.

Castagner racconta anche che ogni tanto il martedì, dopo l’allenamento, trovava Diego Maradona nel suo spogliatoio che veniva a chiedergli come stava andando suo fratello - «come i padri fanno con i figli» - e perché lo facesse giocare così poco. L’ubiquità di Maradona è forse il suo tratto più divino.

Hugo in Spagna

In estate Hugo torna a Napoli, ma lì non può stare. Interviene nuovamente Moggi che gli trova un posto al Rayo Vallecano, nella seconda serie spagnola, un prestito da 20 milioni di pesetas. Arriva sponsorizzato oltre che dal fratello, anche dalle parole di Carlos Bilardo che lo definisce “la versione destra di Diego”. Più realista Felines, l’allenatore del Rayo, che intorno al suo possibile impatto dice «se non funziona, a Vallecas c’è una panchina comodissima». Al suo arrivo a Madrid, Hugo si dirà stupito che la maglia del Rayo Vallecano è così uguale a quella del River Plate, bianca uno una striscia in diagonale sul petto rossa. Insieme a Laurie Cunningham, ex Real Madrid, doveva formare una delle migliori coppie della seconda serie spagnola. Se l’inglese è spesso infortunato, Maradona gioca 35 partite e segna 6 gol, poca panchina quindi. A fine stagione il Rayo sale in Liga.

In questo periodo si guadagna anche la convocazione con la Nazionale argentina, con la giustificazione che il suo inserimento nel gruppo della nazionale ne avrebbe facilitato la maturazione. Dopotutto è uno dei pochi ventenni del paese a giocare in Europa. Viene anche inserito in una lista di preconvocati per la Copa America, anche se poi non sarà tra i selezionati. Ovviamente per molti è un favore a Diego da parte dell’allenatore Biliardo ed è difficile pensare il contrario.

Il Rayo conferma il prestito di Hugo anche per l’anno successivo, in Liga. Il fratello di Maradona segnerà 3 gol. Secondo i racconti, la miglior partita la gioca nel derby contro l’Atletico Madrid, in uno spettacolare 4-4. Hugo segna accarezzando con il destro un cross basso dalla destra, sfiora un secondo gol con un pallonetto liftato e serve anche un assist.

La stagione del Rayo sarà disastrosa: la squadra finirà mestamente ultima tornando in Segunda e si separerà dal suo Maradona.

Hugo Maradona dopo il fratello

Da questo momento in poi la carriera di Hugo inizia a diventare nebulosa, difficile da ricostruire. Mentre il fratello rompeva i rapporti con il Napoli e con l’Italia dopo il Mondiale del 1990, iniziando la sua personale discesa agli inferi, Hugo prova a trovare la sua strada. In estate viene acquistato dal Rapid Vienna, dove gioca solo 3 partite (secondo altre fonti 6, per altre addirittura 17). Dopo l’Austria è anche difficile ricostruire i suoi movimenti. Per Transfermarkt c’è un buco di 4 anni, per Wikipedia c’è un passaggio al Deportivo Italia, in Venezuela, secondo altre fonti passa anche in Uruguay. Sui giornali italiani il suo nome spunta quando il cognato Gabriel Esposito viene arrestato a Baires in una casa intestata a suo nome. Al suo interno viene sequestrato materiale per il taglio e il trattamento degli stupefacenti. Lui intanto è in Giappone, dove si è costruito un piccolo culto.

In una terra lontana, in cui il calcio ancora non ha sfondato - e dove quindi forse il cognome Maradona è meno maradoniano che altrove - Hugo gioca dal 1992 al 1998. Lo fa prima nei campionati minori con i PJM Futures (oggi Sagan Tosu) per poi passare ai Fukuoka Blux dove nel 1995 vince la JFL, la seconda serie giapponese, segnando - ma prendete questa informazione con il beneficio del dubbio - 27 gol in 27 partite. L’anno dopo la squadra cambia nome in Avispa Fukuoka, vespe in spagnolo. Maradona segna 8 gol, poi riscende nella seconda serie firmando con il Consadole Sapporo. Qui ottiene un’altra storica promozione insieme al fratello di Dely Valdes (ex Cagliari e Paris Saint Germain) e ritorna in J League.

Ormai a trent’anni e in qualche modo continua a inseguire il fratello. Nei pochi video sgranati di quel periodo appare imbolsito, porta un orecchino d’oro a cerchio, i capelli sono più corti e stopposi, come Diego a Siviglia o in quella partita contro la Grecia. In un contesto per nulla competitivo il suo talento può finalmente uscire. Col pallone fa quello che vuole, ma segna solo su punizione, come se fosse troppo stanco per farlo durante il gioco. Nella terra dei cosplayer, Hugo sembra un cosplayer di Diego, tuttavia non in una maniera triste. L’imitazione è la più sincera delle adulazioni diceva Charles Caleb Colton, e tutti abbiamo adulato Maradona, perché non avrebbe dovuto farlo il fratello?

Dopo il Giappone gioca un anno ancora, in Canada, in una squadra semi-professionistica chiamata Toronto Italia, dove era già passato il fratello Raul. Anche il rapporto tra la famiglia Maradona e questa squadra formata da emigrati italiani in Canada gravita intorno a Diego. Ormai sulla via del tramonto lo hanno trascinato a Toronto per giocare un’amichevole con Raul. Un’altra storia incredibile. In questo articolo che la racconta, Raul Maradona ammette di aver sentito il peso del cognome. «La gente voleva vedere Diego, non Lalo o Hugo», una frase che riempie perfettamente lo spazio delle loro carriere. Viene da chiedersi perché hanno deciso di giocare a calcio sapendo, ma forse sarebbe stato più strano vedere un Maradona non calciatore. Anche l’unico figlio maschio ha provato quella strada dopotutto.

Nelle ultime settimane abbiamo riscoperto Hugo, inseguito dalle telecamere dopo la morte del fratello. Vive vicino Napoli, allena dei ragazzi e ha lo sguardo triste di chi ha perso tutto. A pensarci anche questa sembra una forma di imitazione del fratello.

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