
Al decimo minuto la Roma riesce a trasformare un groviglio di seconde palle in una transizione interessante. Baldanzi passa tra due avversari come uno sciatore tra i paletti e la trequarti si apre per un corridoio che sembra poter portare Dybala dentro l’area di rigore dell’Athletic. Il passaggio però esce sgonfio, la difesa basca riesce a respingere e la Roma è costretta a pensare un attacco posizionale più ragionato. Sulla corsia di destra, però, gli spazi non ci sono, e allora Cristante torna ancora più indietro, ai difensori, con un retropassaggio alto che sembra una finestra aperta la mattina per far iniziare la giornata. La traiettoria è molto verticale e difficile da controllare, ma Hummels è solo al centro del campo e può prendersi tutto il tempo. Avrebbe Ndicka libero a sinistra come opzione facile ma, come dirà Claudio Ranieri dopo la partita, «perde tempo», forse perché la considera un’opzione troppo banale.
Forse è hybris, ricerca della perfezione. Hummels aspetta, guarda dal lato opposto a quello di Ndicka come se non volesse nemmeno pensarci ma nel frattempo l’Athletic sale, il tempo si esaurisce, e con esso le opzioni di passaggio davvero interessanti.
Alla fine, con la prima linea del pressing dell’Athletic che gli è arrivata a pochi metri, il difensore tedesco è costretto a scegliere un passaggio ancora più banale di quello che aveva scartato inizialmente. Va in orizzontale, a destra, da Mancini, con un gesto che avrà fatto senza pensarci un altro milione di volte, ma che questa volta esce rattrappito, quasi monco. La palla viene intercettata da Sannadi con un esterno destro un po’ legnoso, si allunga in avanti, e a quel punto Hummels pensa di avere una seconda possibilità. Il difensore tedesco si lancia in scivolata per anticipare la volata del centravanti basco, che però ha 13 anni in meno di lui, gambe forti come sequoie, e riesce ad anticiparlo di quella frazione di secondo che lo costringerà a “un errore orrendo e stupido” - come lo descriverà lui stesso in un post di scuse su Instagram. L’arbitro francese Turpin, forse con un’interpretazione un po’ rigida del regolamento, lo espelle, costringendo la Roma a ritornare ai tempi degli stadi vuoti e del distanziamento sociale, in cui una sua eliminazione agli ottavi di Europa League sembrava ancora una notizia come un’altra.
La Roma era arrivata a Bilbao come una delle squadre più esperte della competizione, e quindi più pericolose. Quella i cui giocatori ci erano passati più volte, e quindi sapevano cosa fare. Non era questo che aveva dimostrato il gol all’ultimo secondo di Shomurodov? Dopo la tranquilla vittoria di Empoli, domenica, Claudio Ranieri aveva fatto un sorriso convinto: «Al San Mamés non sarà facile, noi andiamo lì con la nostra anima e con la nostra determinazione. Se saranno più bravi pazienza, ma prima dovranno dimostrarcelo, di essere più bravi di noi». Era la fiducia di chi era passato in situazioni ben peggiori di questa e sembrava riconoscere la luce del sole che sorgeva dietro la collina. Non è a questo che serve l’esperienza? A farci riconoscere la storia che si ripete?
Ranieri tornava al San Mamés dopo vent’anni, quando era allenatore del Valencia in un’epoca che adesso ci sembra più vicina al Pleistocene. Allora Valverde, che oggi ha 61 anni, era alla sua prima esperienza da primo allenatore, proprio sulla panchina dell’Athletic. Rientrato a “La Catedral” dopo tutto questo tempo, il tecnico giallorosso però ha avuto come un momento di smarrimento. «Stava qui anche il vecchio?», ha chiesto l’allenatore al social media manager della squadra basca, come se non riconoscesse del tutto il suo ricordo. Un tifoso dell’Athletic nei commenti gli dà ragione, si lamenta della scomparsa di un arco presente nel progetto originale del 1952, dice che con il restyling il San Mamés è diventato irriconoscibile, irrispettoso della sua stessa tradizione.
Ranieri era potuto tornare a Bilbao proprio grazie a un intervento di Hummels, tra l’altro abbastanza simile a quello che ieri ha decretato la fine prematura della sua corsa in Europa League. In quell'occasione la Roma era a Londra, a giocarsi una delle sue ultime carte per rimanere in corsa nella fase campionato della competizione, dopo aver raccolto appena cinque punti nelle prime quattro partite, di cui uno proprio contro l’Athletic. Erano passate poco più di due settimane dell’esonero di Ivan Juric, e dal ritorno a sorpresa del tecnico romano. In campionato la Roma veniva da quattro sconfitte consecutive, i punti raccolti erano appena 13 in 13 partite, e, con una distanza di appena tre lunghezze dalla zona retrocessione, in città serpeggiavano pensieri sinistri. La Roma arrivava a Londra con questo fardello, in uno stadio grande e minaccioso, contro una squadra, il Tottenham, che nonostante una stagione difficile sembrava andare a un’altra velocità, e Ranieri aveva scelto Mats Hummels.
Era difficile capire cosa pensare del difensore tedesco a quel punto. Hummels era arrivato a Roma nei primi giorni di settembre, quando le squadre rovistano nel cassonetto degli svincolati, e i giocatori senza contratto iniziano a sentire il ticchettio sempre più veloce delle lancette degli orologi. Hummels aveva avuto un’ultima grande stagione con il Borussia Dortmund, era stato inserito nella top XI di una Champions League che aveva navigato con l’esperienza dei grandi campioni, fino alla finale. Ma allora perché nessuno era corso dal suo agente per metterlo sotto contratto? Perché il Borussia non gliel’aveva rinnovato in primo luogo? Secondo la Bild, Hummels aveva litigato con Edin Terzic nella settimana che aveva portato alla finale di Champions League contro il Real Madrid per via di un’intervista rilasciata proprio alla Bild in cui aveva criticato pubblicamente il suo allenatore dopo una partita persa contro lo Stoccarda per 0-1. «Penso che il Borussia Dortmund non dovrebbe giocare nel modo in cui ha giocato quella partita, contro qualsiasi avversario del mondo», aveva detto Hummels. «Mi sono sentito insultato nel mio onore a giocare in quel modo con la maglia del Borussia Dortmund. […] Sono andato nell’ufficio dell’allenatore e abbiamo parlato. Sono dell’opinione che dovremmo migliorare il nostro gioco offensivo».
I media tedeschi erano arrivati a dire che Hummels sarebbe rimasto a Dortmund solo se Terzic se ne fosse andato, ma alla fine Terzic aveva annunciato il suo addio e Hummels aveva deciso lo stesso di non rinnovare il proprio contratto. Era una di quelle situazioni in cui il calcio risulta opaco in superficie, e sembra sempre mancare un pezzo per capire cosa sta succedendo. Anche con il suo trasferimento a Roma, d'altra parte, Hummels è sembrato rimanere sotto questa superficie sporca. Voluto fortemente da De Rossi, che non ha nemmeno avuto il tempo di schierarlo, il difensore tedesco ha smesso di vedere il campo con Ivan Juric. Al passaggio delle settimane, tra i due il loro rapporto diventa parossistico. Hummels, con l’allenatore croato, entra una sola volta in campo, al 67' di un Fiorentina-Roma già compromesso, solo per chiudere la pratica quattro minuti dopo con un autogol surreale che suggellerà il risultato sul 5-1. Basta questo per cancellare quanto fatto negli ultimi 16 anni di carriera?
Juric sembra quasi stupito dalle domande dei giornalisti che gli chiedono conto dei soli 23 minuti giocati da uno dei migliori difensori della Champions League 2023/24. Che c’è di strano? «Per me è molto semplice: arrivo all’allenamento, guardo se sta meglio uno o l’altro e scelgo in base a questo», taglia corto l’allenatore croato, sottintendendo quindi che le condizioni fisiche del difensore tedesco non siano proprio ideali. Hummels sente queste parole da casa. Va a Trigoria, si allena, torna a casa dopo un altro weekend passato i compagni giocare e allora sfoga la sua frustrazione su Instagram. Una gallery di foto da Trapizzino, un selfie dai Musei Vaticani, uno ironico con il telefono in mano per commentare il caos che circonda la squadra in cui è finito. «Le foto delle partite verranno presto incluse, penso», commenta scherzando ai fianchi di un post in cui non sembra del tutto un calciatore professionista. «Non capisco perché non mi abbia mai dato la possibilità di giocare. Se lo incontrerò di nuovo glielo chiederò, perché fuori dal campo era sempre gentile ma nella formazione non c’ero mai», dice in un’intervista dopo l’esonero di Juric, con il ghigno di chi vede il suo vecchio nemico affondare. «Una situazione anomala, in 18 anni di carriera avevo sempre mostrato il mio valore, anche nelle grandi partite».
Appena arrivato, Claudio Ranieri dà voce all’incredulità del tifoso romanista. «Mi sono andato a vedere un po’ di partite… Mi sono visto la finale con il Real Madrid, la semifinale col PSG, che ha fatto un gol… Ha dato una capocciata che ha rotto la rete: ma perché non deve giocà ‘sto ragazzo?». Già, perché? La prima partita della nuova gestione è contro il Napoli, al Maradona. Ranieri prova il 4-2-3-1, lascia ancora Hummels in panchina, ma dopo un primo tempo di pura sofferenza ci ripensa, torna alla difesa a tre e per provare a mettere le cose in ghiaccio decide di mettere in campo Mats Hummels. Non solo il suo miglior difensore: soprattutto il suo difensore più esperto, quello che da situazioni così è uscito vivo già decine di volte, e che è venuto a Roma esattamente per questo motivo.
Dopo appena sette minuti, però, la realtà mette una faccia diversa. Il Napoli sfonda in area con Di Lorenzo, che mette dentro per Lukaku. L’attaccante belga ha provato a sfilare alle spalle di Hummels, che però è riuscito a leggere il suo movimento in anticipo, tagliando sul primo palo. Arrivato sul pallone, però, il difensore tedesco ha un tic strano e ritira la gamba, lasciando passare il passaggio e permettendo a Lukaku di battere Svilar. Che è successo? «Ho immediatamente pensato potesse arrivarci Svilar e temevo anzi che se fossi arrivato sulla palla sarebbe stato magari autogol», chiarisce Hummels dopo la partita «Forse non ho difeso al meglio, ma era una palla ben messa, molto difficile da leggere». Insomma, Hummels è stato sorpreso da una situazione che non conosceva. È il suo corpo che non gli ha permesso di arrivare col sufficiente anticipo? L'inattività? Il gioco di un campionato in cui non ha mai messo piede prima?
Quattro giorni dopo va a Londra e la partita è radicalmente diversa. Non più una lavoro estenuante di resistenza ma una sfida colpo su colpo, a chi riesce a fare più gol. A trasformarla in questa cosa ci si è messo un rinnovato orgoglio da parte della Roma, ma soprattutto l’intervento un po’ maldestro ancora di Hummels, che dopo appena due minuti stende in area Sarr regalando al Tottenham la possibilità di passare sull’1-0. Dopo la realizzazione di Son, la partita diventa una guerriglia. La Roma prova a pressare alto in maniera disordinata, lasciando agli avversari gli spazi per arrivare nella sua area; il Tottenham è il Tottenham. Al 48' la squadra di Postecoglou arriva in 4 contro 2 al limite dell’area giallorossa. Solanke riesce a trovare solo in area Kulusevski, che però si allunga il pallone di una manciata di centimetri di troppo, permettendo a Hummels di prendersi il rischio di entrare in scivolata e salvare la situazione. Se solo Kulusevski fosse stato più preciso, o Hummels leggermente più in ritardo, sarebbe stato secondo giallo, e secondo rigore per il Tottenham. Come avremmo ricordato la sua esperienza a Roma a quel punto? «Contro il Tottenham ha fatto una scivolata che io non avrei mai pensato di fare, se ci provo io mi fischiano sei rigori contro», dirà Mancini settimane dopo. «Lui invece era sereno, un intervento pulito. Mi sono girato e gli ho detto “tu sei pazzo”. Lui rideva».
Mancini dice di chiamarlo “il professore”, ricorda che «mentre ero in campeggio lui giocava la finale del Mondiale nel 2014», che «in campo ha delle letture che in pochi hanno». Che ci voleva? Bastava prendere uno dei migliori difensori dell’ultimo decennio di calcio europeo e farlo giocare. Con Ranieri il calcio a volte sembra davvero così semplice.
La Roma ricomincia a girare e il merito sembra essere anche dovuto al fatto che Hummels è in campo. Con lui, per esempio, la squadra di Ranieri vince un derby in cui si vede tutta la differenza di esperienza tra le due squadre. La Lazio è favorita e gioca meglio ma alla fine si fa irretire dalle provocazioni dei giocatori giallorossi, e la partita si chiude per un fallo di reazione di Castellanos proprio su Hummels. Tra i due ci sono dieci anni differenza, dieci anni di partite e di errori, di cose apprese e dimenticate, che alla fine li portano a stare dalla parte opposta tra chi il fallo di reazione lo fa sotto gli occhi dell’arbitro e chi invece lo provoca, quando l’arbitro è girato dall’altra parte.
Prima della partita Hummels concede un’intervista al Messaggero e sembra dare tutto il merito a Ranieri per essere finalmente tornato al centro della sua squadra. «Parliamo di un grande allenatore, l'ho capito dal primo momento in cui l'ho visto. Ha una naturale autorevolezza, si intende di giocatori, non deve alzare la voce per farsi capire e ascoltare». Poche settimane dopo, a seguito di una partita vinta nettamente contro l’Eintracht Francoforte, Ranieri gli fa eco. «È un giocatore immenso, intelligente, un punto di riferimento per i compagni. Gli ho detto di restare, perché sarà lui a trascinare la squadra. Ai ragazzi dico così: “Il corpo è la vostra azienda, guardate Hummels che continua a guadagnare…”».
È una storia che sembra scritta nelle stelle, finché a un certo punto ci rendiamo conto di non riconoscere più le costellazioni. Contro l’Udinese, a fine gennaio, Hummels va inaspettatamente in panchina - panchina che si ripete una settimana dopo, contro il Napoli. A inizio febbraio, sembra che la storia si ripeta per davvero: perché non gioca Hummels? «A Paredes e Hummels ho dato vacanza», risponde Ranieri in una conferenza stampa inaspettatamente tesa «Con De Rossi giocavano poco, con Juric poco, con me hanno giocato tanto. Sono più utili adesso a ricaricare energie nervose che stare con me a Venezia. Non saranno tra i convocati, ma non perché hanno giocato male, ma perché hanno dato tutto». È una spiegazione così semplice che a Roma non può non essere guardata con sospetto: cos'è successo questa volta?
A Venezia Hummels scompare dai convocati, poi torna a sedersi in panchina. Su Instagram tornano i post ironici. Hummels sul lungo Tevere, al ristorante, sorridente al sole di Roma: "E l'oscar alla vacanza più lunga va a...". Su quella foto oggi i tifosi giallorossi sono tornati a sfogare la propria rabbia.
Al suo posto, sulla destra, gioca Zeki Celik che non è nemmeno un difensore centrale, ma che imbrocca alcune grandi partite. Contro l’Athletic, all’andata, annulla lo spettro più grande, Nico Williams, che quasi non si vede, e tornano in mente le parole di De Rossi dopo i quarti di finale contro il Milan dello scorso anno, quando diceva che il terzino turco correva così tanto che a fine allenamento i suoi GPS friggevano. In quel caso lo spettro era Leao, ma sembra che la storia si sia ripiegata su se stessa. A fine partita, però, Celik riporta un pesante infortunio muscolare e i tifosi romanisti si ritrovano nella paradossale situazione di disperarsi di nuovo per l’assenza di un giocatore che volevano vedere morto, pur avendo a disposizione quello che teoricamente dovrebbe essere il migliore difensore della rosa. «Essere distrutti per l'infortunio di Celik è il vero miracolo di mister Ranieri», scrive un tifoso su X.
Tutto sembra nuovo e tutto, un attimo dopo, sembra essere già accaduto, quando la partita contro l'Athletic dopo pochi minuti, proprio come a Londra pochi mesi fa, si mette in salita per un intervento maldestro di Hummels. Il sole dietro la collina stava sorgendo o stava tramontando? A fine partita, dopo 90 minuti di sofferenza vana, Ranieri e Valverde tornano a stringersi la mano dopo vent’anni. Entrambi hanno fatto un giro molto largo nelle proprie carriere, che alla fine si è concluso tornando al punto di partenza. I due si abbracciano, si dicono qualcosa, si passano un fogliettino tra le mani. «Il mio biglietto da visita», dirà Ranieri nel post-partita. «Siamo amici ma avevo perso il suo numero di telefono, gli ho detto che gli dovevo parlare. Lui conosce tanti giocatori spagnoli, a me possono interessare». Marzo è da sempre il mese in cui si inizia anche a progettare la stagione successiva, ma per la prima volta Ranieri deve farlo pensando anche da dirigente. Tra i tanti nodi da sbrogliare, ce n'è uno che torna a ripresentarsi: cosa fare con Hummels?