Il talento, è l’audacia, lo spirito libero, le idee ampie
Anton Cechov
Il Borussia Dortmund si sta trasformando in una miniera d’oro, per valore economico e talento in rosa, ma è il suo stesso modello a impedire la crescita sportiva della squadra, perché i giocatori la considerano come rampa di lancio per arrivare in altre squadre dove poi andare a vincere. Nasce qui il conflitto tra la dirigenza e il tecnico Tuchel, che ha portato al suo addio. È un cane che si morde la coda: le stelle lasciano perché la squadra non può realmente ambire a vincere qualcosa di serio, ma la squadra non può ambire a vincere qualcosa di serio perché le stelle lasciano la squadra. Ousmane Dembélé è soltanto l’ultimo esempio di un meccanismo di questo tipo.
Acquistato dal Barcellona per 105 milioni più 43 con bonus accessibili (come 10 milioni dopo 50 partite giocate; o 10 per la qualificazione in Champions League) e con il 25% della somma totale che andrà al Rennes (20% come accordo tra le due squadre al momento del passaggio di Dembélé al Dortmund e 5% per via del contributo di solidarietà). Il trasferimento del giovane francese si è concretizzato dopo una trattativa durata settimane e una situazione che stava sfuggendo di mano a tutti, a partire dal giocatore che ha prima litigato con il compagno Bürki in allenamento, poi non si è presentato agli allenamenti per giorni senza avvisare nessuno e nel mentre ha ridotto in una discarica la casa che la società gli aveva preso in affitto, tra l'altro di proprietà di Klopp.
La tattica usata con il Borussia Dortmund ha ricalcato il muro contro muro già visto ai tempi del Rennes ed è evidente che parliamo di un giocatore estremamente determinato, che sa cosa vuole e come fare per raggiungerlo. Dembélé è passato dal giocare a 17 anni con la seconda squadra del Rennes, in quinta serie francese, a esordire a 18 con la prima squadra (12 gol e 5 assist), a giocare nel Borussia Dortmund a 19 anni (10 gol e 21 assist) vincendo anche il suo primo trofeo (la coppa di Germania, con un gol in finale). Infine, a 20 anni, arriva a farsi acquistare dal Barcellona come erede diretto di Neymar.
Con un fisico da peso piuma che sembra costruito per correre i 400m, Dembélé sembra corrispondere all’ideale del predestinato e in campo sembra spesso più forte del contesto in cui si trova. Qualsiasi contesto sia.
Filtrante di tacco di prima ricevendo sulla linea laterale un lancio di trenta metri.
Un calciatore da videogioco, buggato, che si muove troppo velocemente e può usare con la stessa abilità entrambi i piedi. Con un talento difficilmente paragonabile a quello della stragrande maggioranza degli altri calciatori professionisti, esploso tanto fragorosamente quanto fortunatamente sotto le sapienti mani di un allenatore abile come Thomas Tuchel, che ne ha indirizzato lo sviluppo nell’ultimo anno cercando di esaltarne le doti di incredibile rifinitore e velocista (anche se resta la necessità di migliorare gli aspetti tattici e di decision making).
Il lavoro di Tuchel
Senza Mkhitaryan (ceduto) e Reus (perennemente infortunato), con Kagawa che gioca solo di fioretto, la squadra di Tuchel lo scorso anno necessitava soprattutto di talento nella trequarti offensiva. Il sistema di Tuchel garantiva un’ottima uscita del pallone e la possibilità di arrivare fino alla trequarti attraverso la gestione della palla, dove però finiva per imbottigliarsi in spazi sempre più stretti.
Per questo l’allenatore tedesco ha deciso di sviluppare il suo giocatore di maggiore talento avvicinandolo al centro: Dembélé, sempre alla ricerca del dribbling che generasse la superiorità numerica, ha giocato in ogni posizione del fronte offensivo, sempre con ampia libertà di movimento. Tuchel lo ha fatto lavorare sui movimenti senza palla e soprattutto su cosa fare una volta in possesso, provando ad incanalare il suo talento debordante in qualcosa che potesse essere sempre utile alla squadra.
Dembelé aspetta fino all’ultimo prima di scaricare il pallone, così da tagliare fuori Sergio Ramos.
È un paradosso comune nei giovani calciatori con un talento eccezionale, quello di avere talmente tante possibilità e tanta capacità di superare l’avversario da preferire affidarsi all’istinto anziché sforzarsi di leggere al meglio il gioco. È più semplice continuare a fidarsi delle proprie intuizioni istantanee - quando si è tanto nettamente superiori fisicamente, atleticamente o tecnicamente - ma è questa la strada che ha portato molti calciatori giovani ad atrofizzare il proprio talento. Il sistema di Tuchel, fortemente legato al talento dei suoi trequartisti, ha mostrato numerose falle durante la scorsa stagione, ma ha stimolato Dembélé a migliorare le proprie letture, instradandolo nella giusta direzione.
Dembélé, costretto a prendere decisioni in un campo più stretto di quanto fosse abituato, è migliorato nel corso della passata stagione. Deve ancora conoscere tutte le opzioni a disposizione, per un talento come il suo, ma si è preso il tempo di esplorarle durante le partite. È innegabile che sbagli ancora delle letture, ma è anche dovuto al fatto che con potenzialità così grandi, e così poca esperienza, non è semplice prendere la decisione giusta in ogni momento. Dembélé sbaglia perché non è ancora in pieno controllo di tutte le sue possibilità.
Il lavoro di Tuchel ha accompagnato l’ultima stagione di Dembélé, ancora grato all’allenatore per la fiducia e le attenzioni ricevute.
Non è chiaro il limite del talento di Dembelé.
Dembélé e il dribbling
Il talento di Dembélé con il pallone è così straordinario che non ha bisogno di trick artistici o particolarmente creativi per uscire fuori dalla marcatura e sfruttare tutta la sua tecnica in velocità, con un dribbling sinuoso di una fluidità disarmante. A Dembélé basta un controllo orientato - effettuato ad una velocità paranormale - per trovarsi già libero di iniziare la conduzione.
Una conduzione che ha pochi paragoni al mondo per velocità dei movimenti ed eleganza, dove l’equilibrio che sembra precario è in realtà dato da un baricentro alto.
Dembelé sembra ipnotizzare anche gli avversari, che sembrano più lenti del normale.
Il dribbling da fermo di Dembelé è basato sulla ricerca dello sbilanciamento dell’avversario. Non si affida alla velocità pura, come per la conduzione, anche se la minaccia stessa della sua velocità serve per influenzare il comportamento dei difensori. Dembélé gioca con il timore dell’avversario, rallentando e accelerando i movimenti delle gambe per sbilanciarlo prima di sprigionare l’accelerazione decisiva. Non gli serve neanche un controllo incredibile del pallone per riuscire nel dribbling, gli basta la velocità delle gambe.
Non che Dembélé esca sempre vincente dall’uno contro uno. Anzi, gli riescono meno dribbling di quanti si possa pensare, considerata la sua velocità e la sua tecnica: ha fallito 3.6 dribbling per 90 minuti la scorsa stagione. Ma il numero di dribbling tentati è tale da renderlo comunque enormemente efficace durante i 90 minuti: ne tenta 8.1, quindi comunque 4.5 a buon fine. Magari aumenterà la propria efficacia con l’esperienza, ma già ora pensare che riesca in media a saltare l’uomo più di 4 volte per 90 minuti basta e avanza per considerarlo adatto al compito che gli verrà assegnato nel Barcellona. E cioè quello di generare il vantaggio sulla fascia opposta a quella di Messi.
Nonostante la tecnica di base a disposizione, Dembelé perde contatto con il pallone oppure lo controlla in modo sporco, ma compensa queste sbavature con un controllo orientato sublime, fondamentale in un calcio sempre più veloce. In questo senso è più che attrezzato per girare a ritmi altissimi, non solo per la sua accelerazione, ma proprio perché il controllo orientato lo mette in una condizione vantaggiosa fin dal momento in cui riceve il pallone.
L’idea che si tratti di un giocatore dai picchi enormi, ma ancora fondamentalmente in costruzione, è confermata proprio dal modo in cui le sue lacune - come la finalizzazione, che al momento è ancora mediocre - si accompagnano ad altri aspetti del suo gioco che sono già da calciatore d’élite - tipo la precisione nel passaggio.
Chiudere l’azione
Nel Barcellona sarà importante la sua capacità di generare superiorità numerica, ma anche la sua abilità in rifinitura. Ci sono pochi dubbi sul fatto che possa già ora aiutare Messi, togliendogli un po’ di peso per quanto riguarda la creazione di occasioni.
Dembélé è un calciatore dal profilo associativo a cui in questa stagione sono stati insegnati i principi del gioco di posizione - che, a dir la verità, sembra aver accettato con riluttanza, ignorandoli di proposito più di una volta. Si offre sempre per ricevere palla sui piedi per aiutare la squadra, e quello che fa pensare che possa interagire subito con Messi è la sua capacità di lettura nei movimenti senza palla. La sua iperattività lo porta anche a passaggi forzati e letture frettolose, ma nel suo repertorio ci sono anche letture di una freddezza disarmante e la capacità di dare l’ultimo passaggio da qualsiasi posizione del campo.
Dembélé è in grado anche di sfruttare la pausa se necessario.
Come detto, dovrà migliorare molto sotto l’aspetto della finalizzazione, fondamentale per fare da spalla a Messi. Dembélé, che è tanto sensibile nel crossare il pallone di collo, nell’utilizzare l’interno per il filtrante e nell’utilizzo del tacco per giocare anche alle sue spalle, perde moltissimo quando si tratta di concludere in porta. Può sembrare strano, ma i tiri che fa non rendono minimamente giustizia alla sua tecnica né per precisione della traiettoria né per forza impressa al pallone. Ha un volume di tiro sottomedia se riferito al ruolo (2.4 tiri per 90 minuti) e come mostra ha con un grafico Barcanumbers la sua conversione è al momento mediocre.
Ma Dembélé è un giocatore dalle risorse pressoché infinite e mentre sta ancora imparando a calciare meglio il pallone, ha già trovato più di una soluzione per mettersi nelle condizione adeguate. In particolare riesce a liberarsi degli avversari con sterzate improvvise con cui si sposta la palla da un piede all’altro (è indifferente con quale decida di tirare) sbilanciando i difensori e liberandosi lo spazio per caricare il tiro in tutta tranquillità.
Così ha segnato, ad esempio, in finale di Coppa di Germania, di sinistro partendo da destra. Ci sono anche altri esempi, come il gol contro il ‘Gladbach (in cui calcia di destro partendo dal centro) o questo tiro contro il Real Madrid.
Per Dembelé al momento è fondamentale arrivare al tiro senza il marcatore davanti, con il tempo necessario per eseguire il suo gesto. Anche quando parte da fermo.
Nel sistema di Valverde
Posto che ancora non è chiaro nei dettagli che tipo di sistema abbia in mente Valverde, possiamo dire che in tutte e quattro le gare ufficiali giocate fino ad ora c’è stata una dipendenza totale da Messi, che per Valverde deve stare il più vicino possibile all’area di rigore avversaria.
L’infortunio di Luis Suárez ha riportato il 10 argentino nel ruolo ormai vintage di falso 9: sia con una sorta di 4-2-3-1 con Sergi Roberto alle sue spalle, che con il classico 4-3-3 con un esterno puro a destra (interpretato da Aleix Vidal) e un attaccante esterno che taglia a sinistra (interpretato da Deulofeu). Ammesso che Valverde voglia continuare su questo sistema è probabile che il ruolo di attaccante esterno sinistro sia per Luis Suárez, e che Dembélé invece venga impostato come ala destra. L’opzione più probabile però è che si scelga il 4-2-3-1, con Suárez punta centrale, Messi trequartista e due ali.
In questo caso Dembélé può essere schierato a piacimento, ma per Messi (e quindi per il Barça) sarebbe più utile averlo a sinistra. Al Barça serve sempre qualcuno in grado di capire come tagliare in area con i tempi giusti dalla fascia sinistra, così da non bloccare il fondo a Jordi Alba e togliere profondità alla squadra. L’esterno sinistro, inoltre, è quello che può sfruttare meglio la visione e la sensibilità del sinistro di Messi, che lo mette spesso in condizione di poter concludere. Da sinistra, Dembelé dovrà lasciare la fascia per tagliare non solo verso l’area, ma anche verso Messi in modo da offrirgli una parete come faceva Neymar.
Ma anche se dovesse giocare a destra, non cambierebbe molto, dato che Dembelé è totalmente ambidestro. In un’intervista ai tempi del Rennes ha detto di essere mancino, ma quando l’intervistatore gli ha fatto notare che tira i rigori col destro, Dembelé ha risposto - dopo una pausa di riflessione: «Perché tiro meglio col destro». In questo senso, Dembelé potrebbe anche agire da ala pura, associandosi meno direttamente con Messi.
Se invece Valverde decidesse per il ritorno al 4-3-3, Messi verrebbe probabilmente dirottato sulla fascia destra, con Dembélé che a quel punto ricoprirebbe il ruolo che è stato di Neymar. Si tratterebbe di soluzione strana, prima di tutto perché riproporrebbe gli stessi problemi strutturali del Barça di Luis Enrique, con al posto di Neymar un giocatore ancora di livello inferiore.
Anche come ala pura Dembélé fa già parte dell'élite.
Dembélé non giocherà più in un campionato di transizioni e dagli ampi spazi, e dovrà abituarsi ad avere meno campo davanti da poter attaccare. Dovrà affrontare squadre chiuse al centro, attente a non concedere un centimetro a Messi. E per questo avrà anche compiti tattici più stringenti. Ma anche se Dembélé dà il meglio di sé con il campo libero, il suo talento è così poliedrico da potersi adattare anche a ritmi più bassi e in spazi più stretti. Come detto, già lo scorso anno con Tuchel si sono viste partite in cui è stato schierato nel mezzo spazio di destra, invece che in fascia, e ha comunque fatto benissimo imparando in fretta a muoversi in modo diverso. La sua capacità di adattarsi a un contesto diverso, e di livello superiore, sarà decisiva adesso che si trova in una delle squadre migliori al mondo, con un carico conseguente di responsabilità.
Sarà difficile, per il Barça, colmare il vuoto lasciato da Neymar, sia dal punto di vista calcistico che mediatico, e la scelta di prendere Dembélé come suo sostituto può aiutare solo in parte. Dembélé aspira a poter svolgere le stesse funzioni tattiche di Neymar, ma anche ad arrivare - se riesce a migliorare nelle letture con il pallone - al suo livello. Che possa farlo è evidente, che ci riesca è un altro discorso.
Il fatto che debba ancora migliorare nel decision making e nella finalizzazione non deve però oscurare il fatto che la sua tecnica, la velocità di esecuzione e il ventaglio praticamente infinito di opzioni a sua disposizione gli permettono di generare un vantaggio ogni qual volta abbia il pallone tra i piedi. Anche solo volendolo limitare al ruolo di dribblatore, Dembelé sarebbe comunque già ora uno dei migliori del mondo.
Per Dembelé, oggi, sono ancora valide le parole di chi, come Tuchel, l’ha visto tutti i giorni per un anno intero: «Tecnicamente è un superdotato. Quando terminerà il duello Messi-Cristiano, sarà un serio candidato al Pallone d’Oro». In questo senso, il passaggio al Barcellona ne sancisce definitivamente lo status di pretendente al trono. Non ci resta che aspettare e vedere che succede.