I difensori veramente di talento sono rari. Mi sembra un buon punto di partenza per parlare di Alessio Romagnoli, ma spingendomi poco più in là potrei cominciare chiedendo: e se difendere fosse più difficile che attaccare?
Sarebbe un bel ribaltamento del pregiudizio di fondo che nel calcio privilegia l'attacco, la parte creativa e libera del gioco, sulla difesa, una stretta necessità legata più all'apprendimento che al piacere (salvo poi inchiodare ottimi difensori alla croce di un singolo errore, che magari è una singola giocata di un attaccante mostruoso). Anche se non cambierebbe molto alla constatazione iniziale che i difensori in grado di distinguersi per puro talento non sono molti.
Di più: i difensori non fanno sognare, non ispirano. Non so se esistono bambini che scelgono spontaneamente di giocare in difesa, ma la maggior parte dei difensori adulti sembrano ex-bambini messi a difendere dall'allenatore. Calciatori costruiti bene magari, efficaci, tutta esperienza, ma comunque meno affascinanti dei loro compagni di squadra, con un talento calcistico di minore portata. E sarà così, probabilmente, finché il progresso atletico, tecnico e tattico non porterà all'abolizione dei ruoli in campo, e la fase difensiva sarà indistinguibile da quella offensiva.
Per questo, quando un calciatore giovane mostra un'istinto naturale alla difesa, cioè sembra giocare sul serio e divertirsi a difendere anziché limitarsi a respingere gli attacchi avversari, ma manca necessariamente di esperienza, non è chiaro che valore abbia. I difensori forti valgono quanto gli altri ruoli (il fatto che ce ne sono pochi può portare a valutazioni anche superiori, come nel caso di David Luiz), ma i difensori forti di solito hanno più di vent'anni.
Romagnoli vs Bergessio
Con questa premessa spero di avervi fatto capire che secondo me la sua più grande qualità (e mi rendo conto che è una questione sottile) sta nel fatto che a Romagnoli piace difendere. Non subisce passivamente le situazioni più complicate, le legge e interviene con personalità. È un vero interprete del ruolo ed è stato capace di accrescere il proprio peso in poco tempo.
Anche se è difficile capire perché Mehdi Benatia è stato ceduto solo un'estate fa a 28 milioni e, dopo una stagione da titolare in Serie A, lui ne valga già altrettanti (milione in più milione in meno), la cosa sicura è che Alessio Romagnoli è uno dei pochi difensori in grado di distinguersi fin dai primi anni di attività. E non va sottovalutato il fatto che i tifosi della Samp lo rimpiangono già e che quelli della Roma giustificano l'operazione da un punto di vista esclusivamente economico (o sentimentale).
Paragoni importanti
Ma il caso di Romagnoli è stato complicato dal fatto che che, prima Di Biagio suo allenatore in Nazionale, poi Mihajlovic che lo ha avuto a disposizione lo scorso anno alla Sampdoria, lo hanno paragonato ad Alessandro Nesta. I paragoni disponibili per un difensore di talento non sono molti, in virtù di quanto detto sopra, ma i paragoni troppo importanti non aiutano nessuno (lo stesso vale per Daniele Rugani, appena ha indossato la maglia bianconera si è iniziato a parlare di Gaetano Scirea).
Mihajlovic disse addirittura che Romagnoli ricordava un Nesta “più tecnico”, che anche senza andarsi a rivedere tutte le partite di Nesta, o quelle di Romagnoli, sembra un complimento azzardato dato che Nesta è l'esempio rarissimo di un difensore che avrebbe avuto il talento per giocare più o meno in qualsiasi altro ruolo. Ed è un complimento in contraddizione con il nervosismo dell'uscita successiva di Mihajlovic, quando di fronte alle richieste economiche della Roma ha detto che “le fragole non costano quanto le ostriche”.
Un Nesta più tecnico? Se non è un'ostrica questa non so davvero cosa è abituato a mangiare Sinisa.
Romagnoli vs Icardi che ci ha messo un po' a capire cos'era successo
Esordi precoci
Può sembrare un paradosso il fatto che, in realtà, Romagnoli all'inizio giocasse a centrocampo, e che a spostarlo in difesa (quando aveva nove anni, nel 2004) sia stato un bomber di razza come Sandro Tovalieri; ma a pensarci bene nessuno meglio di un attaccante può riconoscere un buon difensore, anche se glielo presentano come centrocampista.
In un ruolo che di solito richiede esperienza, Romagnoli ha conquistato la fiducia dei suoi primi allenatori, che gli hanno permesso di bruciare le tappe. A cominciare da Alberto De Rossi che lo ha fatto esordire in Primavera quando ancora doveva compiere 17 anni. Un '95 (gennaio però) tra i '93 e i '94, con in campo anche qualche '92.
La partita d'esordio è un derby con la Lazio e la conclusione che possiamo trarne è la stessa del commentatore di Sportitalia che dice: «De Rossi è un allenatore molto esperto e preparato per questa categoria qui, perciò se ha fatto esordire un ragazzo così giovane vuol dire che questo ragazzo ha delle qualità importanti».
Era il novembre del 2011, e sono subito evidenti la maturità con cui Romagnoli tiene la posizione e la sicurezza con cui esce in anticipo; ma sono chiare anche le sue difficoltà in copertura e in marcatura quando deve guardare contemporaneamente l'uomo e la palla.
A pochi minuti dal termine del derby, su un cross da trequarti di campo, Romagnoli, con la maglia numero 4, marca il suo uomo da davanti e si fa scavalcare dalla palla. Un errore che magari sarebbe passato inosservato se Gonzalo Barreto non avesse inventato un colpo di testa in pallonetto dal limite dell'area che ha bloccato il risultato sul 3-3. (Oggi Barreto è il numero 9 nel Danubio, lo ricordo e lo seguo ancora anche perché in quel periodo aveva perso la madre in modo tragico, accoltellata dal convivente...).
Il peccato originale
Evidentemente le qualità hanno pesato più dei difetti: De Rossi ha continuato ad usare Romagnoli sotto età in quella sua prima stagione in Primavera (raramente da titolare, però) e già dall'estate del 2012 è stato portato in ritiro con la prima squadra negli Stati Uniti.
Forse ha aiutato il fatto che l'allenatore fosse Zeman, che non ha avuto paura a farlo giocare nelle amichevoli estive, sia vicino a Burdisso (alla sua sinistra) che a Castan (in questo caso è Romagnoli che va a destra; e se in campo c'era anche Heinze, era l'argentino a fare il terzino). Poco dopo Zeman lo ha fatto esordire in una partita ufficiale di Coppa Italia e, a dicembre 2012, in Serie A contro il Milan. Nell'arco di un anno, Romagnoli è passato dall'esordire a sorpresa in Primavera a giocare i suoi primi minuti in campionato, un mese prima che compiesse 18 anni.
È entrato in campo a dieci minuti dal termine, dopo l'espulsione dubbia di Marquinhos che ha preso una palla di mano da ultimo uomo ma a metà campo. La partita è finita 4-2 per la Roma, ma Romagnoli ha pagato caro l'errore in marcatura su Pazzini che ha portato al secondo gol milanista. Un errore, anche questo, che sarebbe passato inosservato se sul colpo di testa schiacciato del “Pazzo” non fosse arrivato Bojan, impaziente di sfruttare una delle rare occasioni in cui qualche tifoso o dirigente di una sua ex squadra potrebbe rimpiangerlo (potrebbe).
Pazzini così solo in area non ce lo avevano lasciato dai tempi dei pulcini
Romagnoli è come la sua faccia solida e solare, a cui negli anni ha aggiunto baffi o un po' di barba, ma mai abbastanza da nascondere i rossi da bambino sulle guance. Sto dicendo che è cresciuto in alcune cose ma non in altre, il che è normale dato che deve ancora compiere 21 anni ed è stato buttato nella mischia molto presto (anche se lui si è adeguato bene, segnando il suo primo gol alla seconda presenza in campionato). Ma questo difetto in particolare, che attribuirei a una difficoltà generale nella lettura dei movimenti dei suoi avversari (problema che c'è anche quando lo puntano nell'uno contro uno) è talmente parte di lui che non so se è solo un problema di esperienza.
E tanto vale mostrarvi subito anche l'errore in marcatura su Callejon, senza dubbio quello che è pesato di più sulla sua squadra (volendo si può indicare quella partita – del marzo 2014 – come l'inizio lento della crisi maturata nella stagione successiva).
Callejon è bravo a fintare il taglio davanti a Romagnoli, Romagnoli è meno bravo a cascarci
Il contatto con gli avversari
È curioso come sia dopo il gol del derby in Primavera, che dopo il gol di Callejon, Romagnoli esprime il proprio disappunto allargando le braccia e battendosi le mani sulle cosce. Basta poco perché un gesto, come un errore, diventi tipico di un giocatore... l'ultimo suo errore di questo tipo è arrivato in amichevole contro lo Sporting Lisbona, dove su calcio d'angolo Romagnoli ha perso Slimani.
Ed è strano, perché pur non essendo uno specialista in marcatura per ora il punto forte del gioco di Romagnoli è nel duello con gli avversari. Se prende contatto con l'uomo ha una fisicità che gli permette di resistere alle spinte degli attaccanti verso la sua porta, anche quelli grossi.
La cosa più difficile era spostare Okaka, la più facile sarebbe stata impedirgli il cross...
Dalla sicurezza che la maggior parte degli attaccanti non riuscirà a girargli ai lati viene il suo atteggiamento aggressivo e il talento negli anticipi che, al momento, è la più grande caratteristica del suo gioco. È difficile per qualsiasi attaccante giocare con Romagnoli alle spalle (questo perché il vero talento difensivo è equivalente a quello offensivo), ma quando Romagnoli non riesce ad anticipare ripiega su un atteggiamento più passivo che lascia comunque spazio e tempo all'attaccante per effettuare una giocata.
Non è dominante quanto, in determinate situazioni, dà la sensazione di poter essere. Non so se il fatto che non è particolarmente muscoloso o atletico significa che può diventare più rapido (più esplosivo, più dinamico) nella sua zona di competenza o l'esatto contrario, diciamo che per ora il compromesso tra la sua forza e la mobilità non eccellente (non è lento ma non è neanche veloce, negli spostamenti laterali e nei cambi di direzione fatica come una macchina in salita con una marcia troppo alta) gli permette comunque di interpretare al meglio quella routine con cui la maggior parte dei difensori è in difficoltà.
Quella routine che serve a vincere le partite tanto quanto quegli episodi eccezionali che portano a un gol a favore o contro.
Chirurgico
Per questo è importante sottolineare che Romagnoli è anche un giocatore sorprendentemente ordinato e concentrato, costante nei movimenti a fisarmonica con cui si stacca dalla linea per andare a prendere gli avversari in zone di campo in cui molti difensori centrali preferiscono non avventurarsi. Questo aspetto del suo gioco, magari anche rischioso, quasi da interno di una difesa a 3 più che da centrale, è quello più genuinamente istintivo, quello in cui Romagnoli sembra più libero.
A questo punto devo confessare che da piccolo anche io sono stato messo in marcatura (perché più alto e meno tecnico degli altri) e che a me piaceva molto. Quando riuscivo a non far toccare palla al mio avversario sentivo di aver giocato bene, ero felice. Dopo una partita giocata particolarmente bene, però, lo zio che mi accompagnava mi disse: “Tu non giochi a calcio, impedisci agli altri di giocare”. Ma io non avrei rinunciato alla gioia di un anticipo neanche se mi avessero dato la maglia numero 10. Credo di poter dire che anche Romagnoli è felice quando impedisce agli altri di giocare, che c'è della gioia nel modo in cui distrugge quello che i suoi avversari provano a costruire. Il calcio per un difensore nato è un mandala che va eternamente costruito e distrutto, e non c'è un momento più importante dell'altro. Il gol è un errore.
Nesta come ideale platonico
Tornare sul paragone con Alessandro Nesta, per quanto pretestuale, aiuta a capire ulteriormente quelli che secondo me sono i limiti di Romagnoli e, sopratutto, quello che intendo per talento naturale difensivo.
Aiuta, anche perché Romagnoli ha scelto la numero 13 di Nesta appena arrivato al Milan, e la sua fede calcistica è meno importante del fatto che in effetti Romagnoli si ispiri a lui.
La perfezione esiste, ogni tanto
Cercherò di essere il più sintetico possibile su un giocatore di cui potrei scrivere tutti i giorni con parole sempre diverse. La cosa che rendeva unico Nesta era il rapporto con il pallone e la sensazione che, anche mentre era ancora tra i piedi dell'avversario, il giocatore davvero in controllo della situazione fosse lui. Intorno a lui c'era un campo magnetico in cui gli attaccanti sapevano di entrare, che rendeva Nesta un giocatore pericoloso come i migliori giocatori offensivi.
Anche quando non entrava in scivolata la lotta per la palla con il suo avversario era il cento per cento del suo gioco. Nesta non aveva solo il tempismo dei migliori centravanti da area di rigore, ma la coordinazione era davvero equivalente a quella di un attaccante. Sentiva la porta come un attaccante e c'era più tecnica nelle palle spazzate da Nesta che, con tutto il rispetto per un attaccante che stimo in maniera quasi uguale ma per altri motivi, in molti gol di Filippo Inzaghi. Anche quando deviava un tiro in angolo, o allontanava semplicemente la palla dal piede dell'attaccante, l'impressione era sempre che fosse Nesta a colpire la palla, mai viceversa.
Il pezzo forte era la scivolata, ed era così una sua specialità che Nesta poteva scegliere se scivolare per vincere un rimpallo e guadagnare una rimessa dal fondo o un fallo laterale il suo avversario; o tenere il pallone vicino e rialzarsi con una reattività che magari ha eguali ma che di certo non è inferiore a quella di nessun altro difensore. Ma c'era anche un terzo tipo di scivolata: quella in cui Nesta aveva scelto così bene il tempo che, scivolando, poteva decidere di passarla a qualche suo compagno facendo ripartire l'azione immediatamente.
In che statistica finiscono i tacchi difensivi?
Ottimi maestri
Ovviamente sto parlando di Nesta come ideale platonico, scendendo in terra anche lui non era invincibile, ma rende l'idea del talento difensivo più puro che abbia visto con i miei occhi, su cui ho formato l'idea che un difensore vero debba giocare con la stessa libertà di un attaccante.
Per giocare in quel modo servono doti fisiche (anche se Nesta non era Cristiano Ronaldo) e tecniche non indifferenti. La tecnica non è ovviamente solo nel piede, sopratutto per i difensori, e questo Romagnoli sembra averlo capito. Tutti i giocatori che ha nominato finora come idoli o finte di ispirazione erano giocatori tecnici e intelligenti: Maldini, Zidane, Thiago Silva, in un'intervista a due con Alessandro Florenzi ha nominato Piqué (forse influenzato dal fatto che Florenzi aveva detto di ispirarsi a Fabregas) e quando gli è stato chiesto quale fosse la sua principale qualità ha risposto: “La lettura dell'azione”.
Anche parlando di Sinisa Mihajlovic ha detto di invidiargli due cose: il piede sinistro (e questo lo avrebbero detto tutti) ma anche l'intelligenza: “Non era velocissimo, ma capiva prima le giocate degli altri”.
A questo punto la domanda diventa: quanto è tecnico Romagnoli? Quanto bene sa leggere l'azione?
Si può parlare di passato da centrocampista anche se è precedente alla pubertà?
La palla è un'amica
Romagnoli ha anche detto che preferisce giocare al centro che a terzino perché lì si giocano più palloni. Non è di quei difensori per cui la palla è una bomba ad orologeria: sa giocarla e se ha tempo sufficiente la giocata che riesce meglio è il passaggio in verticale a tagliare una o due linee avversarie. Quindi il passaggio per la punta che viene incontro o il trequartista, ma anche per la mezzala che sappia muoversi nelle tasche di spazio tra difesa e centrocampo avversari.
E lo sa fare anche con una certa qualità, nel senso che la distanza non deve essere per forza di pochi metri ed è a suo agio anche dovendo alzare la palla.
Chissà se Totti ha pensato che fosse normale
Però il passaggio di Romagnoli è sempre sui piedi, non ha la sensibilità per aumentare la distanza e lanciare in profondità, né la precisione per servire il compagno sulla corsa con un filtrante. Le sue palle sono lente: da difensore.
Anche nel controllo del pallone è superiore alla media, può salire a testa alta finché non lo affrontano e poi passarla, ma se messo in difficoltà la passa indietro al portiere, oppure, se aggredito dopo lo stop, la spazza.
Ma magari non abbiamo visto ancora di cosa è davvero capace con la palla tra i piedi, perché la personalità di Romagnoli è quella di un ragazzo sicuro di se ma attento a non fare il passo più lungo della gamba. Per sopravvivere a Roma e fare la strada che ha fatto, così velocemente, Romagnoli deve essere per forza di cose un paraculo, e la mia idea è che finora abbia giocato sapendo bene cosa ci aspettasse da lui e cosa poteva fare in più senza rischiare troppo.
Per diventare un giocatore più completo, se mai lo vorrà, un difensore in grado di vendere anche magliette, dovrà provare a non buttare la palla quando un avversario lo pressa. Anche in quelle situazioni in cui la palla non è ancora di nessuno, Romagnoli entra in contrasto come se l'unica cosa che gli interessa mostrare è che non ha paura di niente e di nessuno. Questa, in effetti, è un'altra sua qualità (e la concretezza di Mihajlovic potrebbe spingerlo a rafforzare questo aspetto a discapito di altri), ma visto che lo stiamo paragonando ai difensori migliori al mondo, e sembra avere le qualità e l'istinto per diventarlo un giorno, è bene dire che una cosa è non vergognarsi a buttare via la palla quando serve, un'altra non fare nulla per conservarla.
Problemi a leggere
In ogni caso Romagnoli dovrà imparare come usare (di più, e meglio) il proprio corpo in situazioni complesse. Negli uno contro uno in campo aperto, nonostante un discreto intuito, gli capita di mancare il tempo dell'intervento e a quel punto o scivola a vuoto, magari guadagnandosi un cartellino giallo, o si fa saltare. Soffre a marcare in movimento anzitutto per mancanza di dinamismo, ma il suo è sopratutto un problema di lettura. Quando il triangolo corpo-palla-avversario è troppo ampio lui si perde.
Prima regola per non perdere credibilità come difensore: non farsi portare a spasso per il campo
Romagnoli la legge l'azione quasi sempre in avanti, quando è spalle alla porta e lui si muove incontro alla palla. Questo vale per gli anticipi in campo aperto, per i blocchi difensivi (quando cioè esce dalla linea per schermare un tiro o il movimento di un avversario che si accentra) ma anche per i colpi di testa, in cui più che l'elevazione e lo slancio ha spesso la meglio grazie alla forza e al senso della posizione. Se deve seguire due direzioni diverse contemporaneamente, la palla e l'avversario, perde contatto sia con l'una che con l'altro.
Anche se non si fa mai trovare impreparato (persino da terzino manteneva sempre le distanze giuste con l'avversario e il fallo laterale, giocando però di fatto nello stesso modo che da centrale... sorvolo sui cross, ma non capisco come Rudi Garcia abbia potuto farcelo giocare così a lungo) Romagnoli non è un grande minaccia per un attaccante che voglia portare la palla nella sua zona. Il suo rapporto con la palla non è abbastanza intimo, sembra quasi non gli interessi riprendersela.
Se duella in campo aperto con un attaccante non dà mai la sensazione che la palla sia sua, al massimo lui può fare in modo che non sia di nessuno dei due. Questo non gli permette di entrare nella club, con pochi iscritti a dire il vero, dei difensori capaci di trasformare l'azione da difensiva a offensiva.
L'abitudine a fare il meno possibile e aspettare che sia l'attaccante a fare una mossa sbagliata, o la palla a sbattergli addosso, non è solo triste per chi vuole passare una vita a difendere, ma anche pericolosa. Ed è un peccato specialmente per un difensore che fisicamente, da fermo, può farsi rispettare anche da avversari come Llorente.
Swag
Eccellere in difesa
Ora come ora la sua capacità di influenzare le situazioni di uno contro uno è così scarsa che anche quando vuole il contrasto con l'avversario non sempre lo ottiene. E comunque lo cerca poco. Le sue statistiche sui tackle sono molto basse: ne ha vinti 35 la scorsa stagione, meno della metà rispetto ai 72 di Castan nella stagione 2014-14 (Rugani è un altro che evita lo scontro: l'anno scorso ha vinto solo 39 contrasti); oppure 1,7 tackle a partita di media (se si ordinano gli altri giocatori del campionato per questo dato ce ne sono esattamente 100 migliori di lui).
Difendere in piedi non è di per sé negativo e Romagnoli compensa questa forma di timidezza con l'anticipo (61 la scorsa stagione, Rugani con mille minuti in più ne ha fatti solo 24, ma copre la profondità molto meglio di lui) e il senso della posizione (198 palle spazzate sono un dato migliore rispetto a quello di Castan nella sua ultima stagione analizzabile).
In fondo nessuno gli chiede di scivolare come Nesta e i suoi interventi sono sempre energici e sicuri. Ma è ragionevole aspettarsi che nel tempo aumenti la sua presenza in campo, e che le persone intorno a lui lo stimolino in tal senso, accettando anche qualche rischio e qualche errore in più.
Forse l'esempio di Nesta potrebbe tornargli utile per cercare un gioco più focalizzato sulla palla e alla trasformazione dell'azione da difensiva in offensiva. Di sicuro l'istinto di Romagnoli va in questa direzione, ma dovrà allenare i suoi interventi, specie quelli sul suo lato debole dove è più facile saltarlo (alla sua destra, cioè: quasi tutti i suoi interventi sono di sinistro).
Come uno specialista si allena su punizioni e calci d'angolo, Romagnoli dovrebbe restare più a lungo sul campo di allenamento e chiedere a gente come Cerci e Menez (che secondo me accettano) di provare a saltarlo quante più volte possibile. Con la promessa che lui proverà a prendere solo la palla.
Anche se la cultura calcistica dominante è cinica, a nessuno piace distruggere e basta e la priorità di un difensore dovrebbe essere sempre quella di tornare in possesso del pallone, non solo evitare un pericolo.
Mancano cinque mesi prima che Romagnoli compia 21 anni, negli Stati Uniti non potrebbe neanche bere alcol, ma dato che è un ragazzo coraggioso, intelligente, paraculo e talentuoso, prima si rende conto della differenza tra un difensore normale e un campione meglio è per lui. La speranza è che non si accontenti di quello che ha già ottenuto.