Come ogni anno in questo periodo, il Monaco viene disfatto e ricostruito da capo. La squadra monegasca è il granaio dell’impero: d’estate i semi del talento vengono piantati; le piantine crescono sempre più solide durante la stagione fino a dare i propri frutti in primavera, quando iniziano a venire mietuti dai principali club europei.
Quest’anno, con la vittoria della Ligue 1 e la semifinale di Champions League, il raccolto è stato particolarmente propizio: Bernardo Silva è stato venduto per 50 milioni di euro al Manchester City, che nel frattempo ha acquistato anche Mendy per circa 57 milioni; il Marsiglia ha preso Germain, spendendo 8 milioni; Mbappé e Lemar vengono seguiti con insistenza da Real Madrid e Arsenal; mentre Bakayoko è stato già presentato dal Chelsea (con un guadagno per la squadra del Principato di più o meno 40 milioni).
In questa programmazione stagionale, che avvicina il Monaco a un’azienda agricola più che a una squadra di calcio, il percorso di maturazione del centrocampista di origini ivoriane è stato uno dei più difficoltosi degli ultimi anni. La sua piantina faceva prima fatica a crescere, poi è stata attaccata da erbacce e parassiti. C’è voluto un lavoro più complesso per consegnare al consumatore finale un buon frutto.
Arrivare in alto non è semplice
Bakayoko si è rotto una gamba da molto piccolo e a 14 anni è stato rifiutato dalla prestigiosa accademia statale di Clairefontaine perché a quanto pare era un ragazzo problematico. È cresciuto nelle giovanili del Rennes, che allora era l’unica squadra che voleva puntare su di lui, ma dopo appena una stagione in Ligue 1 ha convinto il Monaco a spendere 8 milioni di euro, una cifra comunque considerevole.
Nel principato le cose sono andate storte fin da subito. Al debutto (la prima della stagione 2014/15, in casa col Lorient, persa 1-2) Jardim l’ha sostituito dopo poco più di mezz’ora e tra i due «da quel momento qualcosa si è rotto», come ha dichiarato lui stesso. Dopo quella partita Bakayoko non ha praticamente più ritrovato il posto da titolare per un anno e mezzo, a causa anche di diversi infortuni, alcuni gravi, chiuso da Toulalan, Kondogbia, addirittura Pasalic. Jardim gli rimproverava uno scarso impegno in allenamento, il fatto che spesso e volentieri si presentasse tardi al campo.
Sulla sua crescita ha avuto un peso determinante Claude Makélélé, che è diventato direttore tecnico del club monegasco nel gennaio del 2016 - proprio il momento in cui Bakayoko è diventato un titolare stabile della squadra. «Per fare il centrocampista devi essere concentrato al 100%», ha dichiarato recentemente Makélélé «Ho parlato tanto con lui, per un mese tutti i giorni, gli spiegavo delle cose in allenamento».
Parlando con Makélélé (e Yannick Menu, suo allenatore delle giovanili al Rennes, che è stato ugualmente importante), Bakayoko ha rivoluzionato la sua vita da atleta fino ad arrivare anche agli aspetti più esteriori: si è iscritto a dei corsi di boxe, ha cambiato dieta, ha venduto la sua villa lussuosa per comprare un appartamento, ha ridipinto di nero la sua Porsche rosa. «Quei due anni sono stati duri ma mi sono serviti da lezione», dice. «Adesso so come devo comportarmi».
Centrocampista anomalo
Quest’anno Bakayoko è stato uno dei titolari inamovibili del Monaco di Jardim dove, con Fabinho, ha formato una delle coppie di centrocampo tecnicamente più insolite dell’intero panorama europeo.
Di solito dai centrocampisti ci si aspetta una certa sensibilità tecnica sia nel gioco corto che in quello lungo, oltre che l’ambizione di trovare i compagni dietro le linee di pressione e le difese. Ma né Fabinho né Bakayoko spiccano particolarmente in queste caratteristiche. Non che siano due giocatori tecnicamente poveri, tutt’altro, ma, per dire, nessuno dei due arriva ad un passaggio chiave ogni 90 minuti e ad un’accuratezza di passaggio superiore all’87%.
Bakayoko e Fabinho preferivano più che altro avanzare verticalmente col pallone al piede, limitandosi invece a scelte conservative quando c’era da passare il pallone, in orizzontale. In questo senso il loro gioco (e quello del Monaco in generale) si avvicinava per certi versi al rugby, dove ci si passa la palla solo in orizzontale e non appena l’avversario si disordina a sufficienza si porta la palla in verticale aprendo in conduzione gli spazi lasciati aperti.
La similitudine rugbistica si abbina bene a Bakayoko che, nonostante sia un giocatore abbastanza lento sui primi passi, sembra essere spesso inarrestabile quando va in progressione verticale tra gli avversari, oltre ad essere bravissimo a difendere in avanti anche grazie alle sue gambe lunghissime (la scorsa stagione ha effettuato 2.19 intercetti ogni 90 minuti, un dato incredibilmente alto per un centrocampista di una squadra di vertice).
L’anno scorso è stato il centrocampista centrale con più dribbling riusciti insieme a Verratti (2.2 per 90 minuti), ma al contrario del centrocampista del PSG, Bakayoko non mette mai delle pause alla sua progressione e quando salta l’uomo lo fa sempre per avvicinarsi alla porta avversaria.
Il motivo per cui riesce ad avanzare con il pallone palla al piede con una tale efficacia, nonostante giochi nella zona di campo più intasata da avversari, è la sua grande qualità nel saper utilizzare un corpo già imponente sia come strumento di difesa del pallone (quando deve ricevere spalle alla porta o quando deve difendere la conduzione) sia come arma di aggressione (quando anticipa gli avversari spostandoli con il corpo, anche nei duelli aerei).
Il gioco di Bakayoko è sempre fisico, anche quando è lui in possesso, e a volte sembra che abbia bisogno del contatto con l’avversario per mantenere anche il controllo sul pallone. La sua tecnica di posizionamento del corpo è molto elegante quando c’è da ricevere spalle alla porta (un fondamentale in cui è già uno dei migliori in assoluto) per poi diventare sempre più selvaggia mano a mano che prende velocità in conduzione.
Come sopravvivere nel Chelsea di Conte
In Premier League, però, Bakayoko non avrà gli stessi spazi per andare in conduzione e l’intensità del campionato inglese attutirà inevitabilmente il suo dominio fisico sugli avversari. Conte dice spesso di non allenare mai i contropiedi e il Chelsea si ritroverà molto più spesso del Monaco ad attaccare posizionalmente nella metà campo avversaria, nonostante non disdegni a volte andare in verticale direttamente.
Con Kanté costituirà ancora una volta una coppia di centrocampo inedita. Senza il pallone il duo francese costituirà una delle variabili fisiche più devastanti di tutto la Premier League, tra l’altro con caratteristiche perfettamente complementari: mentre Bakayoko preferisce difendere in avanti andando sulle linee di passaggio, Kanté sa coprire spazi enormi di pura corsa, anche all’indietro.
Le incognite maggiori di una coppia simile nascono però in fase di possesso. Bakayoko, come Kanté, ha un primo controllo poco raffinato, spesso imperfetto, e sbaglia con una certa frequenza le scelte nel gioco lungo, nonostante non abbia una tecnica rudimentale.
All’ex centrocampista del Monaco, inoltre, piace spesso tentare la giocata spettacolare, prendendosi anche dei rischi in zone di campo dove non dovrebbe prenderseli. Ad esempio, cerca spesso di utilizzare l’esterno del piede per trovare i compagni senza avere una sensibilità sufficiente per farlo.
Bakayoko ha bisogno di tenere una grande intensità mentale per mantenere in alto il livello del suo gioco. Non appena la sua attenzione sulla partita si affievolisce iniziano ad apparire diverse sbavature: controlli sbagliati, scelte forzate, passaggi imprecisi. Nei rari momenti in cui il Monaco cercava di difendersi col possesso Bakayoko era in grado di sbagliare anche il più banale degli stop.
«[Makélélé] mi ha detto che tendevo a distrarmi. Era vero», ha detto a l’Equipe «Prendevo troppi rischi. Quando giochi in quella posizione devi essere calmo ed efficace. Mi ha aiutato a incanalare la mia energia». Al Chelsea, con un allenatore ossessivo come Conte, questo tipo di attenzione dovrà essere portata ad un livello ancora superiore.
Per l’allenatore leccese, invece, sostituire Matic con Bakayoko significherebbe deresponsabilizzare ulteriormente il centrocampo delle sue responsabilità nella gestione del possesso, caricando ancora di più i difensori centrali del peso della prima costruzione e le due ali di quello della creatività nell’ultimo quarto.
È una scelta razionale in un sistema di gioco come il 3-4-3, che già di per sé tende ad escludere il centrocampo nella costruzione dell’azione, ma che inaridisce le scelte a disposizione di Conte nel caso in cui decidesse o fosse costretto a cambiare modulo. In questo senso, non è da escludere nemmeno una risalita nelle gerarchie di Fabregas, avvenuta già in parte nell’ultimo segmento della scorsa stagione, o l’acquisto di un altro centrocampista con caratteristiche diverse, sempre che alla fine Matic parta davvero.
Sopravvivere al Chelsea, insomma, per Bakayoko non sarà semplice ma, almeno nel 3-4-3, la sua presenza non esclude a priori quella di Kanté, che sembra ad oggi inamovibile. Non è detto nemmeno che non continui ad alzare il livello del suo gioco, che continui a raffinarlo per sottrazione, eliminando i ricami più rischiosi e gli errori più stupidi. Alla fine, non sarebbe la prima volta che riesce ad emergere contro ogni aspettativa.