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I 7 giocatori più sorprendenti del Mondiale
24 dic 2022
Giocatori che hanno aumentato il proprio valore in Qatar.
(articolo)
11 min
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Tutte le statistiche presenti nel pezzo sono fornite da Statsbomb.IQ Soccer è lo strumento essenziale per gli analisti, i giornalisti e gli scommettitori professionisti di tutto il mondo.

Il Mondiale finito con l’incoronazione di Messi e la brutale dimostrazione di superiorità di Mbappé non sembra aver detto qualcosa di nuovo. È stato un Mondiale di conferme e consacrazioni, che pare aver ribadito le grandi gerarchie del calcio internazionale. Del resto dai Mondiali abbiamo smesso di aspettarci grandi sorprese, talenti imprevisti, cotte di un mese frivole e brucianti come le nostre estati da adolescenti.

Siamo in un mondo iperconnesso: lo scouting è capace di scovare talenti minorenni in ogni anfratto del globo. Lo spazio per le sorprese è finito. È vero che il Mondiale in Qatar non è stato una vetrina per grandi talenti sconosciuti. Tuttavia molti giocatori che magari conoscevamo superficialmente, o di cui avevamo un’immagine diversa, hanno usato questo torneo per modificare la loro valutazione. Di seguito, quindi, non le rivelazioni del Mondiale in Qatar, ma i giocatori più sorprendenti rispetto all’orizzonte di aspettative che ci avevamo proiettato sopra. Abbiamo spulciato anche gli archivi statistici di Statsbomb per avere dei dati che confortassero le nostre imressioni.

Breel Embolo

Si è discusso un bel po’ sul ritorno dei numeri nove, dei centravanti, in questo Mondiale. Diversi autori di The Athletic hanno discusso attorno a una tavola rotonda; eppure nella fluidità tattica del calcio contemporaneo rimane sempre piuttosto riduttivo mettere dentro lo stesso cesto i giocatori che le varie squadre hanno scelto come principale minaccia offensiva, o comunque, il giocatore a cui hanno delegato più responsabilità di finalizzazione.

Breil-Embolo si può definire come un numero nove? Di sicuro a inizio carriera lo consideravamo un esterno d’attacco, o al massimo una seconda punta. Un creatore di gioco più di un finalizzatore. Nel 3-5-2 della Svizzera di Murat Yakin, però, Embolo aveva grossi compiti di finalizzazione. E in una squadra che ha giocato un Mondiale medio - non eccezionale in positivo o in negativo - Embolo ha accumulato una quantità notevole di Expected Goals. È terzo nella classifica generale degli xG, nonostante abbia giocato solo quattro partite, ed è primo tra i giocatori con l’indice più alto di xG per tiro. Di certo un sintomo della sua intelligenza negli smarcamenti e nelle scelte di tiro. Ha segnato due gol, sbagliandone qualcuno - uno grosso col Portogallo e uno con la Serbia, entrambi a risultato definito.

Da punta si muove molto, sia in verticale per stirare le difese, che incontro per offrire una traccia di passaggio. Spalle alla porta ha un gioco di ottimo livello sia fisico che tecnico.

È stato un giovane precoce; ha esordito in Nazionale svizzera appena 18 enne; Euro 2016 è stato il suo primo grande torneo internazionale. Quando era appena maggiorenne si parlava per lui di Juventus o Barcellona. La sua carriera poi non è mai veramente decollata, anche perché è uno di quegli attaccanti completi in tutto ma eccezionali in nulla. Ora la sua dimensione sembra diventata quella di una prima punta e a 25 anni pare entrato nel suo prime. A luglio si è trasferito al Monaco, un trasferimento passato sottotraccia, ma ha già segnato 8 gol con la nuova maglia. Dopo tanta attesa, è forse entrato nella fase di maturazione della sua carriera?

Azzedine Ounahi

Nessuno in Qatar ci ha rubato l’occhio come Azzedine Ounahi; nessuno è passato da zero a cento come lui, con una parabola che ci ha ricordato quella di altri giocatori sconosciuti diventati eroi attraverso un torneo internazionale (James, Podolski, Ribery). Nel Marocco rivelazione, una squadra piena zeppa di giocatori dalla tecnica squisita, Ounahi è spiccato per la leggerezza della sua corsa, dei suoi dribbling nello stretto, dell’eleganza strettamente magrebina con cui ha danzato per il campo. Ma anche per la sua sostanza: Ounahi è parso sempre instancabile nelle spesso estenuanti partite della sua squadra. La tranquillità con cui è riuscito a mantenere la sua precisione tecnica in un contesto dispendioso fisicamente ha avuto qualcosa di miracoloso. La capacità di resistere al pressing e di rompere le linee avversarie anche nelle zone più dense di corpi ha aiutato il Marocco ad alleggerire la pressione offensiva delle squadre avversarie.

Forse un corrispettivo simile a Ounahi, come impatto nel nostro immaginario, è Joao Mario a Euro 2016; un’altra mezzala che ci aveva incantato con le sue conduzioni palla e le sue serpentine disperate in una squadra dallo stile di gioco profondamente reattivo come quel Portogallo vittorioso.

Joao Mario dopo quell’Europeo si guadagnò un trasferimento all’Inter, la stessa squadra a cui è stato accostato proprio Ounahi in questi giorni - anche se su di lui pare esserci già mezza Europa. Sarà un affare o una classica cotta dei Mondiali poi finita male?

Cody Gakpo

La fase a gironi è stata il terreno di caccia di Cody Gakpo, arrivato al Mondiale lanciatissimo e che poi non solo ha confermato, ma ha anche innalzato l’hype attorno a sé. Dall’Olanda ci si aspettavano altre stelle (Depay, De Jong) e non ci si aspettava che lui potesse prendersi la scena così presto.

Gakpo ha segnato tre gol nelle prime tre partite, tutti e tre gol pesanti che hanno cambiato l’inerzia delle sfide. Con le sue prestazioni ha modificato leggermente la percezione che avevamo di lui. Non solo perché non pensavamo potesse avere un impatto del genere a questo livello così presto; ma soprattutto perché al PSV ci eravamo fatti l’idea di un giocatore di fascia, di un creatore di gioco dall’esterno, mentre al Mondiale si è rivelato come un attaccante completo. Un giocatore che sa creare gioco per i compagni, ma anche finalizzarlo. È partito da una posizione centrale, e non è sembrato troppo ossessionato dal pallone: come i migliori talenti olandesi ha dimostrato una notevole capacità di lettura dello spazio davanti a sé, negli smarcamenti sulla trequarti o in area di rigore - fenomenale il taglio sul cross nella rete di testa segnata al Senegal. Ha segnato il 60% dei tiri provati: un numero francamente senza senso anche nel ristretto campione delle 4 partite che ha giocato. Ha segnato 3 gol da 5 tiri. In generale ha toccato pochissimi palloni: poco più di 20 per novanta minuti, il giocatore dell’Olanda che ne ha toccati meno fra i titolari.

Gakpo, insomma, era arrivato al Mondiale con l’immagine di un giocatore più meccanico, più banale di quanto non sia in realtà. In questo Mondiale ha mostrato una sottovalutata arte minimalista: fare molto con poco, muoversi alla periferia del gioco con efficacia da samurai. A 23 anni la prossima estate intorno a lui rischiano di girare parecchi soldi

Mateo Kovacic

Nel fenomenale centrocampo croato è sempre Luka Modric a rubare l’occhio, col suo eterno dinamismo, la sua intelligenza, la classe dei suoi tocchi d’esterno. Ma se Modric può ancora brillare a 37 anni è anche merito della qualità dei suoi compagni, con cui ha formato il reparto di centrocampo probabilmente migliore di tutto il Mondiale.

Brozovic-Modric-Kovacic è spesso riuscito a dare alle partite la propria forma. Un centrocampo perfetto per sincronismi, movimenti senza palla, qualità dei fondamentali tecnici. L’incastro delle loro qualità forma una macchina perfetta, capace di muoversi all’unisono per disordinare le linee avversarie, tenere il possesso, scandire la partita con un ritmo ipnotico. Insieme al Marocco, ma con uno stile molto diverso, la Croazia è stata la squadra che più è riuscita a mantenere un controllo sulle partite, in un Mondiale fatto da partite spesso indomabili. Lo ha fatto grazie alla difesa posizionale, ma anche grazie alla pazienza e alla tecnica dei suoi centrocampisti: generosi nel lavoro difensivo, e poi sempre puntuali nella gestione della palla. È difficile trovare un miglior trio di centrocampisti per resistere alla pressione avversaria.

È difficile dire chi abbia spiccato fra i tre, ma Kovacic ha brillato per una delle qualità che gli riconosciamo sin da quando è arrivato giovanissimo in Italia: la sua capacità di dribblare sotto pressione, di rompere le linee avversarie. Fra i giocatori a cui sono riusciti almeno 10 dribbling, è quello con la percentuale più alta, 71%, la stessa di Messi (che ha 25 dribbling riusciti, autore di un Mondiale leggendario). (Volete per caso sapere anche quelli che ne ha sbagliati di più? A Dani Olmo gliene sono riusciti appena il 22% su un campione abbastanza ampio). Kovacic è stato il secondo giocatore in tutto il Mondiale anche per falli subiti. Per il resto ha anche chiuso col 91% di passaggi riusciti; è stato fra i primi per tackle aggiustati per possesso. Insomma: un rendimento completo.

Kovacic gioca nel Chelsea, ha già vinto una Champions League e gioca quindi ai livelli più alti. L’impressione, però, è che tendiamo a dimenticarlo, a considerarlo uno di quei giocatori più belli che utili, di quelli che si fermano sulla soglia della vera grandezza. In questo Mondiale però Kovacic ci ha ricordato tutta la sua sostanza.

Jamal Musiala

Se parliamo di dribbling, però, dobbiamo parlare di Jamal Musiala. Prima del Mondiale si era intuito che sarebbe stato lui, la stella della squadra. Pensavamo che Flick lo avesse investito di responsabilità eccessive, forse perché non ci eravamo ancora resi conto della vastità, della profondità, dell’unicità del talento di Musiala. In fondo il Bayern Monaco, dove gioca, è una macchina offensiva così perfetta che le singolarità tendono a scolorire in secondo piano. In fondo ha solo 19 anni.

Musiala si può definire senza dubbio il miglior giovane del Mondiale. Non ha solo dimostrato di poter giocare a questo livello - e in fondo con 70 presenze col Bayern doveva davvero dimostrarlo? - ma di poter essere uno dei migliori giocatori, a un campionato del mondo. Uno dei migliori giocatori offensivi. Avevamo questa impressione vedendolo giocare, con la qualità del suo controllo palla in spazi stretti, i dribbling violenti a entrare in area alla Iniesta. Una coordinazione tecnica del corpo da giocatore predestinato. Al di là delle nostre impressioni, le statistiche lo dimostrano. Gli sono riusciti 17 dribbling: più di tutti per novanta minuti. È terzo per tocchi complessivi in area (dietro Messi e Mbappé), ma è primo per novanta minuti. Primo per xG build-up per novanta minuti, ovvero la statistica che misura l’incidenza dei giocatori nella costruzione di occasioni da gol.

Musiala è sembrato un talento offensivo già all’altezza dei migliori al mondo, uno dei migliori creatori di gioco. Uno dei pochi dribblatori di razza in un calcio in cui saltare l’uomo è sempre più difficile. Era arrivato al Mondiale come uno dei giovani promettenti, ne è uscito con la prospettiva di poter diventare uno dei due o tre migliori giocatori al mondo.

Josko Gvardiol

Nel Mondiale a tenuta stagna della Croazia Josko Gvardiol è stato monumentale. Nessun difensore ha restituito la sua idea di onnipotenza difensiva. La sua reputazione è così cresciuta durante il torneo che, per riflesso, ci siamo sorpresi a vederlo portato a spesso da Lionel Messi in semifinale. Ci saremmo stupiti a inizio torneo, quando Gvardiol era uno dei classici centrali della Red Bull interessanti ma chissà quando condizionati dal contesto, dal sistema, che sembra poter valorizzare qualsiasi cosa. Le parabole di crescita dei difensori del resto sono pazienti. È un ruolo in cui si spicca per continuità: solo con doti eccezionali si può risaltare all’interno di una partita da difensore centrale. Gvardiol ci è riuscito. È il primo per spazzate, nel Mondiale, e il terzo per intercetti aggiustati per possesso.

È il tipo di difensore che fa sembrare che la propria squadra giochi con un uomo in più, non so quale miglior complimento gli si possa fare.

Dominik Livakovic

È stato un torneo di grandi portieri. Una sensazione accentuata dai fattori strutturali di un torneo breve con partite a basso punteggio: l’incidenza dei portieri, in partite da dentro o fuori, è ancora più marcata. È stato il Mondiale della croce iberica definitiva di Emiliano Martinez, che ha impedito alla Francia di vincere la seconda Coppa del Mondo consecutiva; è stato il Mondiale del bellissimo Bounou del Marocco; ma è stato soprattutto il Mondiale di Dominik Livakovic.

Portiere di una squadra che ha trasformato il calcio in negromanzia, uno sport in cui tutte le partite finiscono in pareggio, Livakovic ha dimostrato capacità divinatorie prodigiose nei calci di rigore. In questo ha raccolto in modo certo curioso l’eredità di Subasic. Entrambi hanno costruito la leggenda di questa squadra che non vince e non perde mai, ma imbattibile dal dischetto.

Abbiamo scelto di inserire Livakovic perché, banalmente, alcune statistiche lo premiano. È il portiere con la percentuale di parate più alta di tiri nello specchio, l’80%. Noppert in realtà ha un incredibile 86%, ma Livakovic ha affrontato 16 conclusioni in più. È il portiere col più alto numero di xG contrastati, e il secondo, dietro Keylor Navas, per xG contrastati tra quelli che includono solo i tiri che centrano lo specchio della porta. Statsbomb ha anche un indice che misura i gol salvati tenendo conto del modello previsionale, e anche in questa statistica Livakovic è in cima - secondo dietro il magico Al Owais dell’Arabia Saudita.

Livakovic merita la menzione anche perché è stato il portiere capace di sfoderare la prestazione individuale più impressionante tra quelli del Mondiale. Contro il Brasile ha fronteggiato 11 tiri in porta, 20 complessivi, che in totale arrivano a sommare 1,82 xG. Nonostante il poco entusiasmo di Sebino Nela in telecronaca, Livakovic ha sfoderato il suo stile sobrio ma estremamente efficace, con grandi letture delle situazioni e un posizionamento spesso impeccabile. La parata su Paquetà, piovuto in area con un inserimento seguito da un tiro lesto di controbalzo, è un sunto del suo Mondiale: sembrava che gli avversari gli tirassero addosso, ma era merito del magnetismo che riusciva a sprigionare.

Due anni fa Livakovic era riconosciuto come uno dei giovani portieri migliori al mondo, ma dopo un paio di stagioni interlocutorie, a tratti goffe, non sembrava più destinato all’élite del ruolo. Questo Mondiale pare poter aprire nuove prospettive.

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