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I contestati arbitraggi della scherma a Parigi 2024
30 lug 2024
30 lug 2024
L'argento di Filippo Macchi ha sollevato grandi polemiche: lecite?
(foto)
Foto IMAGO / Xinhua
(foto) Foto IMAGO / Xinhua
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La mattina dopo la finale di fioretto maschile individuale, sui social e sui giornali italiani è tutto un grandissimo caos. Anche chi ha osservato quell’ultimo assalto da spettatore poco o per nulla esperto di tecnica schermistica, ha avuto la sensazione che quella di Filippo Macchi – fiorettista pisano classe 2001 – non fosse stata solo una sconfitta sfortunata arrivata al culmine di una gara esemplare.

«Mai visto un furto del genere!» ha scritto il commissario tecnico del fioretto Stefano Cerioni, che durante l’assalto della finale seguiva Macchi da fondo pedana. Alla fine dell’incontro, dopo la decisone in favore del fiorettista di Cheung Ka Long, lo abbiamo visto scagliarsi col dito puntato verso il banco dei giudici definendoli poi degli incompetenti davanti ai media. La reazione di Cerioni è stata esplosiva, non quello che ci si aspetterebbe in una sede olimpica, e certamente meno calibrata di quella del suo atleta, che nonostante tutto, su Instagram ha pubblicato un post degno del suo status di campione. «Conosco entrambi gli arbitri», ha scritto Macchi, «non mi viene da puntare il dito contro di loro e colpevolizzarli del mio mancato successo, anche perché non porterebbe a nulla se non a crearmi un alibi».

Intorno all’atleta però si scatena l’inferno, fomentato ulteriormente dal desiderio febbrile di medaglie che per l’Italia della scherma iniziano a farsi sempre più difficili da conquistare. «È Filippo Macchi il vero vincitore» ha dichiarato il presidente della Federazione Italiana Scherma Paolo Azzi. Ha poi aggiunto che all’atleta sarebbe stata negata una medaglia d’oro a causa di una serie di errori arbitrali evidenti. Su questo si è esposto anche Giovanni Malagò, confermando la necessità di procedere con una protesta ufficiale alla federazione internazionale.

Ma cosa è successo davvero?


Filippo Macchi è arrivato a Parigi da debuttante. Nonostante si fosse già distinto negli Europei di Plovdiv nel 2023, battendo in finale il campione francese Enzo Lefort, nei mesi pre-olimpici è rimasto ai margini dei riflettori che invece hanno puntato tutti sul compagno di squadra Tommaso Marini. Nonostante tutto, al Grand Palais nella gara individuale Macchi ha mostrato una scherma impeccabile fin dal primo assalto, quello vinto 15-10 contro il cinese Xu. Nel tabellone dei 16 ha poi sorpassato il numero sei del ranking, il giapponese Matsuyama (15 a 11) e con apparente facilitàsi è guadagnato l’accesso in semifinale vincendo 15-9 contro l’egiziano Hamza, numero tre della gara. In finale l’italiano è arrivato dopo aver vendicato il compagno di squadra Tommaso Marini, imponendosi con un 15-11 sull’americano Itkin.

La scherma di Macchi nel suo primo percorso olimpico ha ricordato in alcuni punti gli atteggiamenti di Daniele Garozzo: una guardia molto caricata sulle gambe, alcuni attacchi costruiti impugnando il fioretto in modo che fosse particolarmentedifficile per l’avversario trovare contatto di ferro. Poi c’è stato l’ultimo assalto, quello con Cheung, tirato tutto su misure serratissime, frasi schermistiche molto lunghe e diversificate, giocate davvero su tutto lo spazio della pedana. Nella prima parte dell’incontro Macchi ha subito di poco la leadership dell’avversario, ma con una serie di parate e risposte l’italiano è riuscito a raggiungere un equilibrio che dal 10-10 si è protratto fino al critico momento del 14 pari. Per un momento era stato anche avanti 14-12.


Quando si tratta di armi convenzionali come fioretto e sciabola, il ruolo dell’arbitro è fondamentale per leggere le azioni di un assalto e decretare la priorità di un colpo sull’altro, soprattutto quando questi sembrano esserearrivati nello stesso momento su bersaglio valido. Compito del giudice è quello di decretare l’inizio dell’attacco ed eventuali parate e risposte, ma non è mai così semplice: nella maggior parte dei casi le azioni sono tirate a una velocità che rende i movimenti minimi quasi impercettibili, per questo motivo rivedere la frase schermistica al rallentatore è fondamentale per prendere delle decisioni adeguate. Si tratta tuttavia di interpretazioni arbitrali che non sempre mettono d’accordo tutti.


Che cosa guardano esattamente gli arbitri quando si ritirano dietro il loro bancone a riguardare in ralenti i segmenti critici?


Il braccio armato e la gamba anteriore degli schermidori, con tantissime variabili relativi alle sospensioni che renderebbero un attacco non valido rispetto a un avversario che avanza nello stesso momento. Nel caso specifico della finale di fioretto maschile, nell’assalto Macchi vs Cheung ci sono molte teorie, spesso contrastanti, su dove esattamente sia stato commesso l’errore.


Nell’incontro, su tre momenti in cui i due atleti hanno toccato apparentemente insieme, l’ultimo è stato quello decisivo perché è stato interpretato in favore di Hong Kong. In questo modo Cheung ha confermato il titolo di campione olimpico per la seconda volta consecutiva, proprio come è successo a Lee Kiefer nel fioretto femminile.


Ma si è trattato della lettura corretta? Che la risposta sia positiva o negativa, bisogna segnalare un atteggiamento più generale.

Il fatto che l’arbitro si sia astenuto dal prendere una decisione sulle prime due stoccate ambigue. La gestualità arbitrale è molto precisa: quando le due braccia vengono puntate verso terra e poi si muovono incrociandosi al centro due volte, questo è un“nulla di fatto” e significa che l’arbitro sospende il suo giudizio sull’azione. Questo gesto lo vediamo eseguito dopo l’azione tirata sul 14-14 con il tempo fermo al minuto 1:33e poi al minuto 1:25. Nel primo caso, rivedendo l’azione alla moviola, è chiaro come nell’avanzamento di entrambi gli schermitori ci sia una sospensione improvvisa di Cheung, mentre l’attacco di Macchi continua. Il vero punto rubato non è stato l’ultimo, quello assegnato, ma molto probabilmente questo, finito invece con un’astensione da parte dell’arbitro.

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La stoccata finale nasce in realtà nell’ambito di un’azione di difficile interpretazione per cui l’errore sembra meno eclatante rispetto alle precedenti astensioni. Dopo uno stop da parte di entrambi gli atleti l’azione riprende e quella che sembra una presa di ferro in attacco da parte di Cheung avrebbe potuto essere letta anche come una parata e risposta di Macchi. Ipotesi supportata per molti dal fatto che le lame entrano in contatto nei gradi bassi, quelli vicini alla coccia dei fioretti.

In una finale olimpica l’astensione da giudizio reiterata in un punto così critico dell’assalto - il 14 pari di una finale - non è un atteggiamento di alto livello. Se da un lato è indice di cautela, dall’altro rivela anche una conduzione arbitrale poco all’altezza del contesto in cui si è stati chiamati a operare.


Non mancano teorie del complotto. Secondo Malagò il problema si sposta dal particolare all’universale perché sotto accusa passa l’intero regolamento agonistico: «Se hai sei arbitri e li sorteggi e il primo arbitro estratto viene dalla Corea e il secondo è di Taipei, devi cambiare. Questo non si può fare, non è opportuno. Trovatemi un altro sport al mondo in cui hai due arbitri che vengono da nazioni vicine a uno dei paesi in lizza».

Si tratta di una dichiarazione pericolosa, forse anche più pesante del giudizio di incompetenza lanciato dal commissario tecnico Cerioni, perché le parole di Malagò sottendono il sospetto di un favoreggiamento volontario per Hong Kong ai danni dell’Italia. La sua insomma è un’accusa politica piuttosto audace.


Nella stessa giornata, un altro sorteggio “inopportuno” – almeno secondo questi criteri – sarebbe capitato nell’arbitraggio dello scontro per il bronzo tra Olga Kharlan e Choi Sebin, la sciabolatrice sud-coreana. Kharlan ha portato all’Ucraina la prima medaglia di queste olimpiadi vincendo in rimonta 15-14 sotto la gestione arbitrale di un italiano, nonostante l’atleta sia da tempo compagna di Luigi Samele e si alleni alla Virtus Bologna.


Con la terza giornata di scherma olimpica, a Parigi 2024 sono stati otto gli assalti arrivati al 14-14 e determinati nel loro esito dalla lettura arbitrale, tra questi l’incontro che ha fermato la corsa della fiorettista Arianna Errigo contro l’americana Scruggs. Come ha sottolineato la ex fiorettista olimpionica Margherita Granbassi, il fatto che in tutti questi casi non esistano interpretazioni a senso unico, lascia molto a intendere sulla difficoltà del mestiere dell’arbitro. Nella maggior parte dei casi, davanti a situazioni di ambiguità, la lettura arbitrale ultimamente ha penalizzato molto più spesso degli atleti italiani.

Il peso dell’arbitraggio nelle armi convenzionali non è cosa nuova, è indicativa anche la reazione dello sciabolatore georgiano Sandro Bazadze, uscito sconfitto agli ottavi di finale per un 15-14 contro l’egiziano Mohamed Amer. Dopo la proclamazione del vincitore, l’atleta ha protestato inseguendo fin fuori dalla pedana l’arbitra spagnola Vanesa Chinchon. «Lei mi ha ucciso, la mia carriera è finita», ha dichiarato subito dopo ai giornalisti.

All’indomani dell’ultima gara individuale della scherma, gli atleti hanno smesso di essere i protagonisti e lo sono diventati gli arbitri, le loro decisioni e il sistema che regola il loro lavoro. Eppure – attraverso tutto questo rumore – gli schermidori azzurri sembrano essere gli unici ad aver interpretato in modo ineccepibile l’idea di sportività, più che mai viva nello spirito olimpico. Con l’incredibile performance di Macchi al medagliere di Parigi 2024 si è aggiunto un argento, insieme al desiderio di arrivare più in alto da parte di un atleta ancora molto giovane, che tra pochi giorni si cimenterà nella gara a squadre con i suoi compagni.

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