Dopo l’inaspettata sconfitta del Napoli in casa dello Shakhtar Donetsk la stampa italiana si è concentrata sui problemi di Sarri: sulla scelta di tenere Allan e Mertens fuori dai titolari, sullo scarso stato di forma di Hamsik, sull’errore di Reina sul 2-0, sulla presunta bassa competitività del campionato italiano nella sua interezza.
Quasi nessuno ha messo in luce la grande prestazione della squadra allenata da Paulo Fonseca, campione di Ucraina e fresca vincitrice della Supercoppa nazionale, che, soprattutto nel primo tempo, ha messo in crisi un sistema collaudato come quello del Napoli. Certo, in molti hanno parlato delle sue individualità in attacco, ma la forza tattica collettiva dello Shakhtar è sparita dietro alle critiche a Sarri e al Napoli.
Di seguito ho elencato tre mosse con cui Fonseca è riuscito a sovrastare il Napoli, un modo per capire i limiti del gioco di Sarri (e quindi provare a superarli o approfittarne, a seconda dei punti vista) ma soprattutto per dare il giusto merito all’allenatore portoghese e ai suoi giocatori. Dietro ogni difetto, di solito, c’è un avversario che è riuscito a metterlo in mostra.
Controllo del pallone
Contro una squadra come il Napoli, abituato a dominare il possesso per disordinare lo schieramento avversario e abile a trovare gli spazi da attaccare in velocità, la tentazione di giocare una partita prudente, attaccando in transizione con pochi uomini, è spesso troppo forte, finendo per accettare il contesto migliore per la squadra di Sarri.
Lo Shakhtar, invece, ha anzitutto deciso di non regalare il pallone al Napoli, gestendolo fin dentro la propria area di rigore con l’obiettivo di trovare l’uomo libero dietro le linee di pressione. Alla fine del primo tempo, e questa è la prima notizia considerando che il Napoli è abituato a dominare il possesso, la squadra ucraina aveva tenuto più a lungo il pallone (18 minuti, contro i 16 del Napoli).
La scelta di Fonseca è resa ancora più rischiosa dal fatto che il Napoli ha meccanismi di aggressione e riaggressione molto rodati, e che lo Shakhtar non può vantare difensori tecnici come Albiol e Koulibaly, o un portiere con i piedi come Reina. E infatti l’impostazione della squadra ucraina non è stata sempre perfetta, i difensori hanno commesso diversi errori, e a volte i rischi avrebbero potuti tramutarsi in gol.
Eppure la strategia di Fonseca alla fine ha funzionato: lo Shakhtar faceva girare il pallone orizzontalmente in difesa in maniera molto paziente e precisa (anche con trovate originali, come il lancio del portiere o del centrale verso il terzino opposto), aiutandosi a volte con la salida lavolpiana di uno dei due mediani (di solito Fred, probabilmente il migliore dei suoi).
Il Napoli si è così ritrovato, almeno nel primo tempo, a dover rincorrere il pallone e la sua pressione alta ha finito per liberare gli uomini più pericolosi dello Shakhtar, liberi di attaccare la linea difensiva, che a quel punto era costretta a scappare verso la propria porta.
Gli uomini di Fonseca erano così in fiducia che a volte hanno cercato di bucare il pressing alto del Napoli direttamente con il portiere, riuscendoci (a fine partita le azioni dello Shakhtar iniziate dal portiere saranno 71, contro le 17 del Napoli).
L’allenatore portoghese ha così dimostrato che la strada più sicura non è per forza la migliore, privando il Napoli del possesso per ampi tratti di gara e togliendogli quindi la sua principale arma offensiva e difensiva.
Gioco di posizione
La fiducia, come ci ha ricordato Henry qualche tempo fa, è la base su cui poggia il gioco di posizione, molto prima della tattica e degli schemi. La fiducia, oltre che di gestire il pallone vicino alla propria porta sotto pressione, anche di mantenere la propria posizione alle spalle del centrocampo avversario, lasciando l’incombenza della prima impostazione a difensori e mediani.
Questa è stata un’altra chiave della vittoria dello Shakhtar, che teneva le due ali alle spalle di Hamsik e Zielinski, molto strette ai fianchi del trequartista centrale, Taison, mentre i due terzini salivano altissimi e larghissimi.
I trequartisti non si abbassavano mai sulla mediana per facilitare il possesso basso, nemmeno quando i compagni andavano in difficoltà, e questo permetteva allo Shakhtar di avere molte linee di passaggio libere verso la trequarti, che venivano puntualmente sfruttate, soprattutto da Fred.
Una volta arrivato sulla trequarti, lo Shakhtar faceva scattare i movimenti coordinati dei propri trequartisti, con le due ali che attaccavano lo spazio tra centrale e terzino con tagli dall’interno all’esterno che portavano via Koulibaly e Albiol, mentre trequartista e attaccante cercavano di infilarsi nei corridoi centrali. Il gol dell’1-0 nasce proprio in questo modo.
La mossa aveva, però, anche un intento difensivo. Con Marlos e Bernard costantemente alle proprie spalle, e il pacchetto difensivo ucraino così in fiducia nel gestire il pallone, Zielinski e Hamsik si sono fatti sempre più incerti nel salire in pressione, timorosi di lasciare libera la linea di passaggio per il trequartista avversario.
Anche i terzini alti e larghi permettevano allo Shakhtar, oltre che di dare ampiezza alla squadra in fase offensiva, di abbassare Insigne e Callejon, allontanandoli dalla propria porta. Se le due ali del Napoli non seguivano i terzini di Fonseca, infatti, quest’ultimi si ritrovavano pericolosamente in due contro uno nei confronti di Ghoulam e soprattutto Hysaj.
Attaccare per difendersi
Che l’attacco sia la miglior difesa è un’idea piuttosto abusata nella retorica calcistica, ma descrive piuttosto bene l’atteggiamento avuto dallo Shakhtar contro il Napoli. La squadra di Fonseca senza palla adottava un atteggiamento ibrido, molto originale, che da una parte lasciava liberi i due centrali del Napoli di impostare (almeno fino al cerchio di centrocampo), con i due attaccanti che si stringevano per impedire la ricezione a Diawara, ma dall’altra manteneva le linee di difesa e centrocampo vicinissime tra loro, strettissime orizzontalmente e altissime sul campo, praticamente a ridosso del centrocampo.
Fonseca probabilmente sapeva che il Napoli non attacca lo spazio alle spalle della difesa avversaria col gioco lungo direttamente dalla propria mediana e ha quindi deciso di alzare moltissimo la difesa, schiacciandola sul centrocampo, disinnescando col fuorigioco qualunque tentativo di verticalizzazione diretta verso la propria porta. E questo senza disordinare la propria struttura cercando di recuperare il pallone nella trequarti avversaria.
Questo espediente, unito a delle scalate orizzontali velocissime che seguivano il movimento del pallone e una grande aggressività sul possesso (soprattutto dei centrali che uscivano velocemente per difendere i mezzi spazi), ha permesso allo Shakhtar di privare alle ali e alle mezzali del Napoli lo spazio di ricezione tra le linee, costringendole ad andare sugli esterni. Il possesso della squadra di Sarri, così, non è praticamente mai riuscito a passare per i corridoi centrali o intermedi, limitandosi a una circolazione perimetrale delle due linee della squadra ucraina (e infatti il Napoli ha tentato anche tantissimi cross: 21).
Prima dell’ingresso di Mertens e del passaggio al 4-2-3-1, il Napoli è riuscito ad arrivare in area praticamente solo con il talento di Insigne, che andava in isolamento col terzino avversario per poi tentare il tiro sul palo opposto o la solita giocata per Callejon ad attaccare il lato debole, che però mercoledì non è mai riuscita.
Come ha sottolineato anche Fonseca nel post-partita, lo Shakhtar ha iniziato a concedere occasioni all’avversario quando ha abbassato il suo baricentro, e non il contrario, andando ancora contro il senso comune che, contro squadre brave ad attaccare, consiglia difese basse e prudenti.
Lo Shakhtar ha dimostrato che non è obbligatorio snaturarsi contro squadre tecnicamente superiori, e che anzi la convinzione nelle proprie idee può portare a risultati insperati se si ha il coraggio di prendersi dei rischi. È giusto rendere merito a una squadra che onora la Champions League in questo modo, senza la quale i difetti del Napoli non sarebbero nemmeno stati visibili.