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I migliori assist del 2016
27 dic 2016
Cominciamo a classificare l'anno sportivo trascorso a partire dai migliori assist.
(articolo)
10 min
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Mai come nel periodo natalizio il dono si percepisce in tutto il suo valore; mai come nel calcio il dono è trascurato, dimenticato, perché il gol è il momento decisivo, che ci fa perdere la testa e dimenticare quasi tutto il resto. Per alcuni giocatori, però, donare è molto più importante che segnare: un concetto ben sintetizzato da Fabregas, secondo cui “solo chi è in grado di eseguire il passaggio finale […] sa come ci si sente, e io provo una gioia immensa quando si segna un gol su un mio assist”.

Il fascino intellettuale di un assist si percepisce in un secondo momento: caduto il velo del gol, si riesce a vedere quello che c’è prima. Gli assistmen sono quasi dei Precog, con capacità extrasensoriali, capaci di premonizioni sui movimenti di compagni e avversari, e sono forse i calciatori più intelligenti: d’altronde, per Ovidio “dare è grande prova d’ingegno”.

E di ingegno ce n’è stato molto, in questo 2016: è difficile e ingiusto riassumerlo in soli 10 episodi, per questo ho scelto i 10 assist che possono aiutarci a comprendere il tempo che viviamo.

10) Xabi Alonso (per Lewandowski)

Per Valdano, con l’evoluzione del calcio si dribblerà sempre meno e i veri virtuosi del pallone saranno i centrocampisti dai piedi buoni, gli unici in grado di tagliare le linee: insomma a creare la superiorità saranno sempre più i passaggi, e non i dribbling. In tal caso, ecco, vorrei che tutte le squadre avessero undici Xabi Alonso: qui regala un assist per Lewandowski contro l’Ingolstadt, nell’ultima partita della passata Bundesliga. Appena prima di ricevere il pallone, lo spagnolo si è guardato intorno: a parte lo scarico laterale, non sembra avere tante opzioni. Invece trasforma una difficoltà in un capolavoro: controlla il pallone perché ha bisogno di creare il tempo dell’inserimento; Lewandowski gli chiama il passaggio in profondità, ma al momento di calciare il pallone sembra che Xabi stia servendo il terzino sinistro avversario e poi fa un gesto stranissimo con il braccio, quasi un’imprecazione, che potrebbe voler dire “vai a segnare”. Il pallone finisce esattamente nello spazio vuoto, e rallenta alla fine con un backspin da biliardo o da golf: è un assist che sembra inventare nuove geometrie, forse anche per la pettinatura allucinogena del terreno, e ci ricorda che se non ci sono opportunità all’orizzonte, allora bisogna inventarsele.

9) Ganso (per Ben Yedder)

Il 2016 è stato un anno di turbolenze, per usare un eufemismo, e la narrazione ormai comune lo identifica come un annus horribilis. Eppure, anche su un periodo critico o su un errore si può costruire qualcosa di buono: questa deve essere stata l’idea di Ganso nella partita contro l’Alaves. Il brasiliano, servito da fallo laterale, controlla con sufficienza, e il pallone sembra sfuggirgli dal sinistro: un errore banale e potenzialmente pericoloso, perché gli avversari sono in superiorità in zona palla e pronti a far partire una transizione offensiva. Ganso capisce l’errore e ricolloca la sua figura nello spazio: la sua propriocezione gli permette di avere un controllo completo sulla situazione. Quando va in contrasto, il pallone gli rimane sotto, e poi dietro: e mentre arretra, sul punto addirittura di cadere, con il tacco serve Ben Yedder in area. L’aspetto particolare è che quel controllo sbagliato ha spinto la difesa dell’Alaves a salire, e quest’azione sembra una sintesi della carriera di Ganso: si può perdere il controllo, si possono fare degli errori, ma esiste sempre un modo per rimediare.

8) Borja Valero (per Ilicic)

In un’era frenetica ci siamo abituati a ritmi elevatissimi, in cui l’otium diventa un lusso per pochi. Anche nel calcio la velocità continua ad aumentare, e a fare la differenza sono proprio quei giocatori che riescono a dominare e plasmare il tempo: Borja Valero fa parte di questa schiera di eletti. Appena servito da Ilicic, Borja potrebbe provare a chiudere il triangolo, di prima. Invece, ci dimostra plasticamente il suo personale concetto di pausa nella trequarti avversaria: da fermo stoppa il pallone per concedere a Ilicic più tempo per attaccare la profondità. Poi alza la testa, vede Diakitè indeciso (esco o non esco sul portatore?), e lo deride con un tunnel: sembra un’azione facilissima, ma la linea di passaggio, dopo lo stop, era tecnicamente chiusa. Borja Valero ci insegna a riprendere il controllo del nostro tempo.

7) Payet (per Antonio)

Il calcio contemporaneo ha anche una forte tendenza alla spettacolarizzazione: in passato, per certi gesti tecnici un allenatore avrebbe appeso al muro un suo giocatore. Ma ormai per fortuna l’approccio militaresco è sparito e i giocatori sono liberi di esprimere il loro talento con gesti che sembrano quasi delle performance artistiche: il 2016 è stato l’anno della rabona, da Quaresma fino a Gabigol. È stato anche l’anno della consacrazione definitiva di Payet, protagonista della sua Nazionale (sconfitta in finale degli Europei): la rabona più bella è la sua. Quando sulla fascia destra prova a superare l’avversario e andare sul fondo, Payet si accorge che a centro area c’è un quattro contro due e i suoi compagni non sono raggiungibili; allora sterza all’indietro e incrocia il piede destro dietro al sinistro. Nell’ultimo replay è bellissimo il movimento del piede che fluttua fino a colpire il pallone: ma tecnicamente è un gesto geniale perché c’era un solo modo per servire Antonio solo sul secondo palo, ed era il più difficile. La non esultanza di Payet sia da monito: certi gesti eclatanti servono per raggiungere un obiettivo, non per darsi le arie.

6) Mahrez (per King)

Nella grande impresa del Leicester, il ruolo del genio era affidato a Mahrez: talento puro al servizio di una squadra dalle transizioni supersoniche. Il doppio passo è probabilmente il suo pezzo forte, ed ha la stessa facilità di calcio nel lungo e nel corto: tanti suoi assist per Vardy arrivano direttamente dalla propria metà campo. Contro il WBA, però, il fantasista di Ranieri decide di non accentrare il peso della responsabilità inventiva su di sé: si libera subito del pallone con un colpo di tacco esterno, permettendo a King di tirare da solo verso la porta. Qui Mahrez avrebbe potuto provare un controllo al volo, visto che il suo marcatore si era fatto superare dal lancio, e poi trovarsi defilato ma da solo in area. Invece decide di fare di meno, di servire un compagno messo meglio: insomma certe volte bisogna essere eleganti, farsi leggermente da parte per permettere ad altri di ottenere un giusto premio.

5) Pjanic (per Salah)

L’arrivo di Spalletti alla Roma, a inizio 2016, è stato un toccasana per la squadra, i tifosi ma più in generale il calcio italiano: un allenatore completo, moderno e amante del calcio verticale, in grado di regalare spettacolo in ogni partita. La filosofia di Spalletti è stata interpretata in campo in modo perfetto, nella prima parte dell’anno, dall’asse Pjanic-Salah. L’egiziano è un giocatore che vive degli spazi in campo largo e allunga le difese avversarie come pochi; e come pochi è in grado di rendere magico un pallone buttato casualmente in avanti. In questo caso, però, il lancio di Pjanic è ragionato: guarda il suo compagno, riceve il pallone ma lo stop è leggermente impreciso e lo costringe quasi ad un lancio spalle alla porta. Si costringe ad un gesto atletico complesso ma realizza un lancio che sembra un ponte di Calatrava: certe volte bisogna essere semplicemente diretti.

4) Pogba (per Morata)

L’anno di Pogba somiglia a gigantesche montagne russe: le grandi prestazioni e lo scudetto con la Juve, la delusione dell’Europeo perso in casa, il trasferimento più costoso della storia al Manchester United, il pessimo inizio del gruppo di Mourinho. Il centrocampista francese rimane però uno dei migliori centrocampisti al mondo, e anche uno dei più moderni: capace di interpretare diversi registri tattici, di giocare sia sul corto che sul breve, abile nella conduzione, nella definizione e nel tiro. Per ricordarci di quanto è forte Pogba, e di quanto abbia fatto nel 2016, basta un assist nel derby contro il Torino, che si compone di varie fasi. Prima Pogba è abile a dettare il passaggio dietro la linea dei centrocampisti granata, costringendo Makismovic ad uscire; poi regge l’impatto fisico e con il piede destro ruota intorno all’avversario. A questo punto potrebbe provare uno strappo, invece si ferma perché non ha movimenti in avanti e permette a Maksimovic di tornargli addosso: con un colpo di tacco sinistro, riesce a posizionarsi fronte alla porta. In questo modo vede il movimento in profondità di Morata e lo serve con uno splendido pallonetto. Una giocata con cui Pogba ci ricorda, in stile Mario Brega, che “Sta mano po’ esse fero e po’ esse piuma”, e addirittura essere entrambe le cose contemporaneamente.

3) Joe Allen (per Ibe)

Il 2016 è stato anche un anno di opinioni nette, in cui spesso si è caduti nella tentazione di dividere il mondo in bianco e nero, e bisognava prendere posizione sempre e comunque: l’anno anche dei grandi referendum, in tutto il mondo. La complessità della vita però non si può racchiudere nel manicheismo, e anche il calcio a volte serve a ricordarcelo. Inizio anno, Coppa di Lega, semifinale di andata tra Stoke City e Liverpool: Lallana è scappato via sulla fascia, e come insegnano a scuola calcio, dal fondo serve il pallone all’altezza del dischetto del rigore. Qui si aprono universi paralleli: Joe Allen va sul pallone, sembra per tirare in porta con il piattone, ma in realtà passa la palla a Ibe, che da solo può segnare di sinistro. Cosa voleva fare Allen (detto anche lo Xavi gallese): era davvero un passaggio o un tiro venuto male? A guardare le immagini, a me sembra evidente che si tratti di un assist geniale: Allen prima di ricevere il passaggio guarda a sinistra, poi quando colpisce apre il piatto talmente tanto che il pallone sembra toccare il tacco interno. Mentre colpisce, si gira subito a guardare Ibe: sembra consapevole, non c’è nessuno stupore. Solo un genio può decidere in una frazione di secondo di rinunciare al tiro, presagendo che un difensore si butterà in scivolata, limitandogli le possibilità di tiro. Qualora così non fosse, beh allora questo assist di Joe Allen serve almeno per ricordarci dell’importanza del dubbio nelle nostre vite, e del grande fascino dell’ambiguità.

2) Messi (per Jordi Alba)

È importante coltivare il dubbio, ma non per questo dobbiamo perdere la fiducia in alcune certezze: tipo Messi, ecco. Il 2016 dell’argentino è stato decisamente complicato, tra vittorie e delusioni, e con il Pallone d’Oro finito al nemico di sempre. Messi però ha continuato a dispensare magie in campo e rimane l’unico giocatore a saper piegare le partite secondo un suo volere, all’improvviso: sia da attaccante che da regista.

In questo caso, la partita sbloccata è la finale di Coppa del Re: si gioca al Vicente Calderón, tra Barça e Siviglia. La squadra di Emery ha appena vinto l’Europa League in finale contro il Liverpool, e riesce a bloccare i catalani sullo 0-0. Dopo 7 minuti di tempo supplementare, Messi sembra quasi stancarsi dell’andazzo: si abbassa a centrocampo, riceve palla da Iniesta, trotterella e poi si illumina. Subito dopo il cerchio di centrocampo, con un lancio in profondità taglia le linee avversarie e serve il movimento di Jordi Alba (splendida la combinazione tra il movimento ad abbassarsi di Neymar e quello opposto del terzino sinistro).

Un’esecuzione geniale che però è un invito alla lucidità: anche dopo 97 minuti di partita, ci deve essere un modo per trovare la soluzione.

1) Bonucci (per Giaccherini)

Sulle qualità tecniche di Bonucci si è discusso tanto, pure troppo: ma si spera sia ormai chiaro a tutti che ci sono pochissimi difensori al mondo in grado di tagliare le linee con il pallone come il difensore della Juve. L’apprezzamento di Guardiola, espresso più volte, vale già di per sé come incoronazione. Bonucci è stato anche uno dei leader tecnici della Nazionale di Conte agli Europei: all’esordio contro il Belgio ha regalato subito un saggio delle sue capacità. Prima di ricevere il pallone, Bonucci guarda in profondità un paio di volte; l’Italia attacca con 5 giocatori sulla linea offensiva, costringendo il Belgio ad allargare le spaziature. Ad un certo punto Giaccherini attacca la profondità nello spazio di mezzo, Bonucci lo vede e calcia da dentro la sua metà campo: la parabola è perfetta, sembra un videogioco, anche se poi il gol non è affatto banale. Si vede De Rossi lanciarsi immediatamente verso il difensore azzurro, forse l’unico davvero consapevole della difficoltà di questo gesto tecnico. La telecamera tattica dall’alto ci permette di vedere questo gol come se fosse una mossa di scacchi: ore e ore di allenamento esaltate dalla qualità di calcio di Bonucci. Per capire appieno la bellezza, certe volte dobbiamo ampliare la visuale.

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