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I migliori attaccanti goffi in Serie A
28 feb 2017
Budimir, Simy, Petagna e altri centravanti privi di grazia.
(articolo)
14 min
(copertina)
Foto di Marco Luzzani / Getty
(copertina) Foto di Marco Luzzani / Getty
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La serie A 2016/17 è diventata la sacra terra del riscatto per gli attaccanti grossi. Kalinic continua ad essere una merce rara con il suo gioco di sponda e i continui tagli in profondità; Dzeko, dopo un primo anno difficile, segna a ripetizione; mentre Mandzukic – addirittura dirottato sulla fascia come il più piccolo degli Insigne - si sta trasformando in una delle armi tattiche più indecifrabili del campionato.

Questi tre però sono grossi in modo atipico: nonostante chili e centimetri riescono a muoversi per il campo in maniera più che dignitosa, diventando utili alla manovra non solo come cristoni che vincono i duelli aerei, ma anche per le loro capacità di giocare un calcio associativo e di sacrificio.

Nel calcio moderno gli attaccanti monodimensionali trovano sempre più difficoltà: per diventare grandi centravanti - oltre a fare tonnellate di gol – sono richieste qualità rare per chi è alto e grosso. Devi essere una ballerina come Lewandoski, oppure uno che si sbatte à la Cavani, magari avere almeno un po' di quello che ha Ibrahimovic, altrimenti l’Olimpo del calcio ti è precluso. Fortunatamente alla serie A non servono tanti grandi centravanti - ne basta giusto qualcuno - servono più mestieranti zeppi di centimetri, giocatori in grado di dare un senso a quel momento della partita in cui l’unico piano tattico è “palla lunga e poi vediamo”.

Generare quante più seconde palle possibili e far salire la squadra, questo è richiesto agli attaccanti più alti della nostra Serie A, proprio perché mutuando un modo di dire del basket: i fondamentali si insegnano, l’altezza no.

In questa stagione, però, molte squadre hanno confuso l’attaccante alto con quello goffo, ovvero calciatori molto alti e grossi che però queste caratteristiche non se le portano sul campo come un vanto leggero, ma come la spada di Damocle delle loro carriere: da un momento all’altro magari saranno troppo goffi per continuare a giocare ad alto livello ma, per il momento, sono goffi il giusto.

La goffaggine, oltretutto, non è necessariamente una caratteristica negativa: gente come Vieri e Toni non era per nulla aggraziata eppure ha scritto la storia del nostro campionato, ma è vero che se non applicata al giusto talento o determinazione difficilmente essere goffi aiuta ad avere carriere brillanti.

Ecco gli attaccanti col peggior rapporto centimetri/efficienza della serie A, in ordine sparso perché non si spara sulla Croce Rossa.

Ante Budimir

Magari siete tra gli impallinati che hanno comprato Budimir al fantacalcio per aver fatto 16 gol in 40 partite di Serie B. Più probabilmente non avete avuto il coraggio di comprarlo, gli avete preferito Manaj, però in cuor vostro pensavate che quel poco di hype che gli girava intorno dopo il suo acquisto da parte della Sampdoria fosse giustificato.

E invece no.

Juan Jesus lo sposta come se fosse un comodino di Ikea in betulla.

Dopo essersi presentato alla Sampdoria con il soprannome di “Cigno di Zenica" o “The Next Mandzukic (nessuno sfugge alla categoria next, neanche gli attaccanti mediocri) ed aver segnato al Camp Nou in amichevole, Ante Budimir si è messo l’anima in pace.

Partito come attaccante che entra negli ultimi minuti per vincere i duelli arei e boh, che ne sai, magari la butta dentro – con addirittura una partita da titolare contro il Pescara - è velocemente scivolato nelle gerarchie di Giampaolo tanto che secondo Transfermarkt “non ci sono informazioni” su dove si trovasse nella recente sfida tra Sampdoria e Bologna anche se poi si trovava sul fondo della panchina.

Neanche la richiesta delle sue prestazioni da parte di diverse squadre durante il mercato di riparazione ha corretto la rotta di Budimir, che deve passare il suo 2016/17 ad essere il peggior attaccante del massimo campionato preso centimetro per centimetro (ne conta 190). I suoi numeri sono abbastanza impietosi: 253 minuti giocati, ovviamente 0 gol e solo 1 duello aereo vinto ogni 90 minuti per un totale di 3.

La stagione di Budimir è riassumibile nella partita di Coppa Italia contro lo Spezia in cui ha continuato a sbagliare ogni occasione avuta.

In questa occasione - ad esempio - Budimir chiama il pallone e poi esegue la giocata come il più classico degli elefanti in un negozio di cristalli.

Budimir è la prova vivente dello scarto tra la B e la A. Se un furetto alla Lapadula può costruire il salto di categoria intorno alla tigna, il croato non ha niente da offrire al massimo campionato se non la sua inadeguatezza. Sbaglia gol saltando avversari immaginari, si muove lento come un film di Gus Van Sant, non ha nessuna particolare abilità tecnica, il confronto con calciatori come Gomez è impietoso. L’unico risultato raggiunto dal croato finora è stato farci chiedere come è mai possibile che i tifosi del Crotone gli abbiano addirittura dedicato una preghiera.

L’unico momento che poteva riscattare il croato si infrange sulla testa di Juan Jesus, che potremmo chiamare l’anti-Budimir.

Simeon Tochukwu Nwankwo, meglio noto come Simy

Per qualche ragione, che credo c’entri col non avere soldi, il Crotone ha pensato di sostituire Budimir con Simeon Tochukwu Nwankwo, che non solo è più alto del croato, ma oltre al salto di categoria ha dovuto affrontare anche quello del paese.

I dirigenti del Crotone devono aver pensato quanto può fare male uno alto quasi due metri? Ma dalla serie B portoghese alla Serie A italiana c’è una distanza tale che neanche le ampie falcate del nigeriano sono state in grado di coprire.

Già alla presentazione estiva il dubbio iniziava ad aleggiare, tanto che il 31 Agosto il Crotone ha iniziato a comprare attaccanti a caso.

Simy si muove per il campo come un Usain Bolt sotto acidi non poi così veloce.

È talmente lungo e scoordinato che non riesce a calciare il pallone come dovrebbe fare un professionista. Solo il 13% dei suoi tiri ha centrato lo specchio, quando solitamente gli attaccanti sotto il 50% ci vanno solo dopo la morte. Si è fregiato dell’onore di aver giocato il primo pallone nella storia del Crotone in Serie A, ma solo perché ha battuto il calcio d’inizio della prima partita, e di aver segnato un gol con la sua squadra sotto 3 a 0, e un giorno dovremmo interrogarci se è il peggior attaccante di sempre ad aver segnato almeno un gol in più di Budimir nel nostro campionato, ma nel complesso la sua esperienza a Crotone è stata abbastanza disgraziata.

Un po’ di tiri di Simy per poter poi dire “sono meglio io”.

Simy ha evidenti difficoltà nel tenere un pallone, i suoi stop sono sempre macchinosi e innaturali, i passaggi sono spesso sbagliati ( addirittura colpisce l’arbitro) o troppo lenti (ha una precisione passaggi appena superiore al 70%). Riesce a perdere 8 duelli su 10 nonostante i 198 centimetri che si porta dietro e che sono più o meno l’unico motivo per cui si trova a Crotone.

È anche sfortunato: nella migliore giocata della sua carriera, l’arbitro fischia la fine della partita.

Potrei mettere su un mediometraggio da mandare in giro per festival dal titolo “Difensori della Serie A anticipano Simy”, ma sarebbe abbastanza impietoso. I miei momenti Simy preferiti sono comunque quelli in cui viene saltato come fosse un oggetto inanimato:

- Hart salta Simy come fosse il paletto di un garage.

- Maksimovic salta Simy come fosse un vecchio carrello arrugginito.

- Rafael salta Simy come una ciabatta infilata nella sabbia di Stintino.

- Nagy scherza Simy come fosse una tanichetta da 5 litri.

- Hallfredsson buggera Simy come fosse un piccolo geyser non attivo.

Dire che Simy è l’attaccante più goffo della serie A è lapalissiano. È come dire che il cielo è blu, l’erba verde e i gatti migliori dei cani, per questo faccio finta di nulla e non lo dico.

Stipe Perica

Anche Stipe Perica è croato, rendendo così la Croazia la patria non solo degli attaccanti alti, questo lo si sospettava da un po’, ma anche di quelli più sgraziati. C’è infatti in Perica una goffaggine di fondo, di quelle che ti porti dietro per tutta la vita e che non puoi mai cancellare del tutto, neanche se il tuo cartellino è in mano al Chelsea.

Perica è goffo pure quando deve fare gli auguri.

A differenza di Budimir e Simy non possiamo veramente scomodare l’assunto non adatto alla categoria per Perica. Oggi come oggi ha segnato 6 gol in 1420 minuti di Serie A, una statistica neanche così negativa, soprattutto a 21 anni, ma non ha mai mostrato particolari abilità spaziali. Si muove come quello che è: un essere umano di 192 centimetri infilato in uno dei contesti più dannatamente competitivi del gioco del calcio.

Perica ci prova ad essere furbo, ovvero passare per un attaccante in qualche modo agile e reattivo, ma le braccia lo fregano. Quando corre le sue braccia fanno altro. Si muovono nello spazio vorticosamente, sembra un direttore d’orchestra costretto a seguire qualche improvvisazione di acid jazz.

In più tiene i pugni stretti: nessun attaccante coordinato si muove stringendo i pugni.

Del Neri - ma anche quelli prima di lui - lo usa solo a partita in corso dopo che Zapata ha sfiancato tutti i difensori avversari con le sue spallate. L’errore di Perica è quello di volersi imporre come attaccante più forte con la palla a terra che per aria: vince solo 1.44 duelli aerei ogni 90 minuti, meno del 35% di quelli disputati, quando Milinkovic-Savic – uno di quelli che usa bene i centimetri – ne vince più di 5 ogni 90 minuti, ovvero il 65% di quelli ingaggiati. Perica vince in media meno duelli aerei di Hernanes, Parolo, Cristante e Meggiorini. Oltre ai 3 gol, che sembrano sempre un po’ frutto del caso, quest’anno non ha ancora giustificato in qualche modo la sua presenza in campo. Qui mostra tutte le difficoltà che ha nel giocare in campo aperto.

Che se ne fa quindi la Serie A di un attaccante goffo che non sa di esserlo? Perica dovrebbe andare a scuola dai suoi avi, gli attaccanti di provincia (Del Neri lo ha paragonato a Cossato) e fare della sua macchinosità un vantaggio. Diventare un attaccante più utile che bello, puntare sulla sostanza dei suoi centimetri, accettare di essere un vaso di ferro costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi in fibra di carbonio.

Il numero di variabili che devono incastrarsi affinché Perica faccia gol è piuttosto alto.

Sadiq Umar

Sadiq potrebbe guidare una nuova generazione di calciatori per i quali le capacità tecniche vengono declinate in favore di caratteristiche fisiche sempre più particolari. Quello che lo tiene dentro ad un campo di calcio è la stessa cosa che – poi – lo rende così sgraziato: una struttura fisica che semplicemente non esiste in natura. Sadiq è alto forse 192 o forse 198 centimetri (a seconda delle fonti), pesa pochissimo e apparentemente non presenta sistema muscolare. È tutto braccia, gambe, busto.

Sembra una penna che un mago ha trasformato in un giocatore di calcio.

L’assenza di tutto ciò che è zavorra lo rende molto veloce in progressione, come le macchine di Formula 1 scariche di benzina, ma gli impedisce un approccio rigoroso al gioco. Il suo calcio è fatto di reattività, anticipi (grazie a gambe lunghissime che infila ovunque) e dribbling sgraziati di pura ampiezza; ma anche e soprattutto di evidenti difficoltà di equilibrio, coordinazione ed esecuzione.

Ogni passo fatto da Sadiq all’interno del campo non è fluido, pare sia perennemente azzoppato. Tutto questo non era un problema quando si trovava negli spazi enormi del calcio Primavera (lo scorso anno ha segnato 14 gol in appena nove presenze tra Campionato Primavera e Coppa Italia Primavera, cinque in nove presenze in Youth League), ma sembra limitarlo nel calcio dei grandi. Sadiq viene continuamente dominato dai difensori della Serie A, come in questa circostanza in cui Gonzalo Rodriguez se lo mette in tasca.

Il Bologna, illuminato dai due gol segnati nei pochi minuti di Serie A, ha pensato a lui come vice-Destro, forse perché non pensava l’attaccante avesse davvero un bisogno di un vice. Anche a causa di un infortunio alla caviglia, Sadiq ha giocato molto poco e negli scampoli di partita che Donadoni gli ha concesso è sembrato sempre un po’ fuori contesto, perde 6 palloni ogni 90 minuti, incapace di giocare un calcio associativo. La sensazione che rimanda ogni volta che tocca il pallone è di assoluta inefficienza, come se la sua mente fosse bloccata a quando dominava tra i pari età semplicemente allungandosi il pallone.

Sadiq è il classico attaccante di cui diciamo che deve crescere, ma la realtà è che deve evolversi: mettere su chili oppure sottoporsi ad una serie di allenamenti del maestro Myagi che gli insegnino ad avere un minimo di consapevolezza del proprio corpo. Ecco così facendo Sadiq potrebbe perdere tutta la legnosità che si porta dietro e diventare un buon attaccante, ma – ad oggi – non possiamo non considerarlo tra gli attaccanti più inutilmente goffi della serie A.

Norbert Balogh

Balogh ad una gara di tiro con l’arco.

Balogh è la personificazione di come la goffaggine non sia uno svantaggio, ma la condizione naturale di chi è più simile ad un fenicottero che ad un essere umano normale. Altro 197 centimetri per soli 80 chili, il giovane ungherese si muove sul campo come una busta di plastica mossa dal vento. È molto veloce per la sua altezza e anche tecnico, ma purtroppo non ha la minima idea di cosa debba fare un centravanti per guadagnarsi la pagnotta. Nonostante i centimetri, vince solo il 21% dei duelli arei che ingaggia, ma anche quando può saltare da solo, non è che le cose vadano poi troppo bene.

In un mondo ipotetico in cui sono tutti alti due metri Balogh sarebbe un campione.

Il suo giocare solo con la suola lo renderebbe un feticcio per tutti i ragazzini alti due metri che vogliono imparare la conduzione del pallone e sarebbe sicuramente il giovane più promettente del mondo. Ma la realtà è un’altra: nel calcio di oggi Balogh è un freak che non sappiamo se possiamo permetterci. Se infatti avere delle gambe più lunghe di alcuni compagni di squadra tutti insieme può essere un vantaggio, l’ungherese non ha fatto nulla per renderlo tale al momento. Lo usa come le foche al circo usano il vantaggio di saper tenere un pallone sul naso, un talento superfluo e a dirla tutta un po’ meschino.

Balogh è goffo perché gioca a calcio come se si trovasse con gli amici in infradito sulle rive del lago Balaton. Se un giorno deciderà di infilarsi gli scarpini e fare sul serio potrebbe tranquillamente farmi rimangiare tutto quello che ho scritto qui sopra e trasformarsi in un cigno.

Andrea Petagna

Andrea Petagna guida il riscatto di tutti gli attaccanti intrupponi. Se solo ti chiudi in palestra fino a farti crescere un collo gigante, se solo trovi il giusto allenatore, i giusti compagni, se solo il sistema di gioco ti si costruisce perfettamente intorno e nessuno ti chiede di segnare mai. Se solo tutte queste cose si allineano come i pianeti di tanto in tanto, un attaccante goffo può essere dignitosamente titolare in serie A. Ma tutto questo non cancella la piccola sensazione di difficoltà che rimanda ogni giocata di Petagna sul campo da calcio. Petagna è quello che da ragazzino faceva cadere l’acqua a tavola, che sudava più di tutti ad educazione fisica, ma che aveva dei muscoli così gonfi che poi finiva per avere sempre ragione.

Questo è un anticipo di quando Petagna sbaglierà il rigore decisivo a Quatar 2022 prendendo la rincorsa più goffa mai vista ad un Mondiale.

Petagna - pur ancora molto giovane - è una promessa da diversi anni, tanto da sembrare già una di quelle che finiscono per rimanere tali. È invece sbocciato nel momento in cui, dopo tanto tribolare, è riuscito a venire a patti con il suo fisico inadatto per giocare un bel calcio perdendo 5 chili in un estate. Ha rubato il posto a due attaccanti super agili come Paloschi e Pinilla comportandosi come quello che è: un piccolo carro armato alla testa di tanti piccoli carri armati. Petagna è il terminale perfetto per la squadra di Gasperini, la cui idea di gioco è quella di schiantare gli avversari: lavora duro su ogni pallone, permette un’opzione di risalita rapida alla squadra usando il corpo come un muretto, si sacrifica anche in zone del campo che non dovrebbero essergli congeniali, ma soprattutto ha trovato nell’altruismo un modo come un altro per svoltare. Mentre gli attaccanti coordinati come Higuain segnano 18 gol ma forniscono un solo assist, quelli goffi come Petagna segnano 5 gol (di cui 3 con i primi 3 tiri) ma con 4 assist. Per Petagna dieci gol “sono tantissimi”, proprio perché il suo fisico non è ancora sufficientemente armonico da poterli sostenere.

Possiamo dire che avere il nome confuso dal proprio capo con quello di un magistrato è segno di goffaggine?

Rispetto agli altri giocatori di questa lista, Petagna non è così goffo. In questa stagione sta dimostrando di avere una sua dimensione, compiuta, a cui tutti gli attaccanti macchinosi devono guardare con interesse. Tre anni fa, mentre si apprestava a lasciare il Milan per il classico pellegrinaggio delle punte giovani, Allegri gli scrisse in un sms "Puoi sbagliare tutto, ma non l'atteggiamento", un consiglio che Petagna sembra aver fatto suo. Ecco questo sembra un buon consiglio per tutti quegli attaccanti non baciati dalla dea della coordinazione, lasciar parlare la determinazione, usare quelli che sembrano svantaggi come vantaggi e fregarsene del resto.

Dopotutto la bellezza avrà pure salvato il mondo, ma mai una piccola squadra di Serie A.

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