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I migliori nel primo controllo (2000-2020)
22 apr 2020
Abbiamo scelto i migliori calciatori degli ultimi vent’anni nel controllare un pallone.
(articolo)
20 min
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Continua la serie dedicata ai migliori giocatori degli ultimi vent'anni in un particolare gesto tecnico. Dopo i migliori lanciatori e i migliori colpitori di testa stavolta è il turno dei migliori nel primo controllo. Vale la solita regola: abbiamo provato a essere il più oggettivi e universali possibili, ma il gusto soggettivo in questo tipo di liste è ineliminabile. Buona lettura!

Per parlare del primo controllo è necessaria una premessa. Innanzitutto ribadiamo l'aspetto temporale preponderante: Dennis Berkamp sarebbe stato un re in questa specialità, ma il suo calcio migliore è prima del 2000 (il gol contro l'Argentina è del 1998, per esempio), anche se ha smesso dopo. Discorso simile vale per Roberto Baggio, che se certo il controllo con cui ha saltato Van der Saar in un Juventus-Brescia che tutti ricordiamo è arrivato in questo secolo, è senza dubbio un giocatore di quello passato. Alla definizione temporale, poi, ne segue una pratica, di cosa intendiamo per primo controllo. Il primo controllo è quello del giocatore che riceve la palla ed è propedeutica alla giocata successiva, un passaggio o una conclusione.

Abbiamo escluso alcuni giocatori che potevano esserci ovviamente: Kakà, fenomenale col primo controllo a preparare le sue conduzioni negli spazi; Busquets, rispetto a cui abbiamo preferito premiare Xavi e Iniesta. Neymar e Henry, la cui qualità tecnica è ed era eccezionale. Come tutte le classifiche anche questa è fatta per sottrazione.

Dimitar Berbatov

La differenza tra Berbatov e tutti gli altri era che lui avrebbe controllato allo stesso modo un pallone lungo anche tenendo in equilibrio un libro sopra la testa. Quando il pallone pioveva dalle sue parti sembrava piegarsi alla sua volontà senza sforzo, come le donne con Don Draper in Mad Men, che credo fosse anche il riferimento estetico del bulgaro.

Ed effettivamente nei primi controlli di Berbatov era possibile cogliere una sfumatura sessuale, come se volesse davvero fare l’amore con il pallone. Lui stesso diceva che «Devi essere gentile con il pallone nello stesso modo in cui lo sei con una donna». Non a caso i video che lo celebrano hanno sempre nomi ambigui come Touched by Godo Berberoticaabbinati a musica rilassata e romantica (quale altro giocatore al mondo ha un video con Close to you dei Carpenters?). Berbatov era un attaccante atipico, più intelligente che spietato, più in controllo che non con la voglia di sfondare tutto. Questa specie di apatia che lo circondava ha limitato un po’ la sua carriera, ma ha contribuito ad aggiungere una patina di leggenda al suo primo controllo. Berbatov funzionava meglio come GIF che come calciatore, andava forte su Tumblr un luogo dove lo stile era l’unica religione.

Il contrasto tra un controllo che non poteva essere spiegato senza ricorrere a similitudini con la magia e la pigrizia della giocata successiva aveva un appeal incredibile per chiunque pensava che nel calcio l’estetica doveva avere un ruolo almeno pari a quello dell’efficienza. Il primo controllo di Berbatov è stato uno spettacolo unico, qualcosa di raro e fragile in una Premier League che diventava sempre più grande e spietata. Nello United ha convissuto con l’esplosione violenta di Cristiano Ronaldo e la ruvida grandezza di Rooney, eppure non è rimasto mai seppellito. Pur essendo spesso un solo attimo di pura classe, che chissà quando si sarebbe mostrato, il primo controllo di Berbatov si è riverberato nel tempo e nello spazio andando oltre il campo da gioco. Ancora oggi cerchiamo nuovi primi controlli nei video che pubblica sui social: Berbatov salva sua figlia con il primo controllo, Berbatov ha ancora un incredibile primo controllo, Berbatov che usa il pallone come un cuscino.


Antonio Cassano

Persino tra tutti gli incredibili nomi citati in questo articolo, Antonio Cassano spicca per essere l’unico ad essersi presentato al mondo con un primo controllo. Parlo ovviamente del suo incredibile gol all’Inter quand’era a Bari. O forse sarebbe meglio dire: del suo incredibile primo controllo di tacco, e poi il secondo con la testa, quasi un bacio. È quello che ci è rimasto negli occhi, non il gol. Questo già dovrebbe dirci molto sul talento.

Qui sull’Ultimo Uomo abbiamo scritto di Cassano in diversi pezzi e siamo quasi sempre finiti per parlare del suo primo controllo. Daniele Manusia, ad esempio, scriveva che: «Avrebbe potuto stoppare un pallone di collo in equilibrio su una fune sospesa tra due grattacieli. Avrebbe protetto palla anche in una gabbia con degli orsi, difendendola con il bacino e spostandola con la suola».

Cassano aveva un modo unico di effettuare il primo controllo, dettato dalla sua bizzarra fisicità, con le gambe corte e rigide, e il piede a uncino. Uno dei suoi stop più incredibili è uno fatto con la maglia della Sampdoria, contro la Roma, qualche anno fa. Ha Cassetti alle spalle, che forse sta pensando di intervenire di testa, e sappiamo quanto Cassano amasse utilizzare il contatto fisico con gli avversari per ingannarli. Infatti il fantasista barese utilizza il bacino, come spesso faceva, per allontanare l’avversario e di impedirgli di intervenire, ma nello stesso momento mette la gamba a terra con la punta del piede che punta verso l’alto, mentre il pallone sta cadendo in verticale da un’altezza inimmaginabile dopo una spazzata a casaccio dalla difesa. Lo stop che segue, con il pallone che gli si adagia dolcemente sulla punta del piede, lo fa assomigliare a uno di quegli addestratori di falchi che mettono il braccio rigido in fuori per far capire all’animale di atterrarci sopra. Ecco, spesso sembrava che fosse Cassano a suggerire alla palla dove atterrare, e non lui a mettersi nelle condizioni di fermare una sfera che pioveva dal cielo. D’altra parte è questo quello che intendiamo quando diciamo che un giocatore ha “un rapporto privilegiato” con il pallone. Così come l’addestratore ce l’ha con il falco.


Zinedine Zidane

In un breve video scolastico in cui spiega come si dovrebbe controllare un pallone, Zidane dice «è la cosa più importante nel calcio, perché è ciò che ti permette di continuare a mandare avanti il gioco». È una risposta didascalica, tutto sommato vera, ma che svanisce non appena vengono mostrati alcuni primi controlli di Zidane come esempio. Ci sono alcune cose che non possono essere spiegate, che vanno oltre il corretto o scorretto. Il modo in cui Zidane controllava un pallone è solo nella sua testa, un segreto ben custodito.

Dugarry diceva che nel modo in cui giocava a pallone Zidane sembrava prendere un po’ in giro gli avversari, non era vero, ma sembrava. I suoi primi controlli sono proprio la sublimazione di questa superiorità, spesso le sue giocate sembravano lunghi momenti di controllo palla, mentre gli avversari lo guardavano ipnotizzati. Zidane non controllava un pallone perché era il suo lavoro, ma per affermare la sua arte, perché altrimenti il mondo sarebbe stato un posto peggiore. Nel video, per esempio, prova a spiegare come controllare un pallone con il petto muovendo le spalle. Il corrispettivo è il controllo ad Euro 2000 contro il Portogallo: Zidane controlla con il petto, la palla passa sopra la sua testa, così lui dopo una serie di passettini all’indietro, controlla il corpo mentre fa una piroetta e con l’esterno del piede destro elude il recupero dell’avversario. Per tutta l’azione, Zidane non ha mai staccato gli occhi dal pallone.

Internet è pieno di video che assemblano i primi controlli di Zidane. Hanno tutti nomi magniloquenti che scomodano divinità, leggende, arte. Durante le prime settimane di quarantena c’era più gente a condividere questi video, che non a parlare di pizza fatta in casa. Erano i giorni in cui eravamo più convinti e compatti del nostro stare a casa, condividere video di Zidane era come voler riaffermare uno spirito di bellezza unitario, che appartiene a tutti. I controlli di Zidane hanno questo carattere di grandezza. Potremmo smettere di seguire il calcio e sostituirlo con video di Zidane che controlla lanci per una mezz’ora a settimana. È anche per questo che gli hanno puntato addosso 17 telecamere durante una partita con il Villarreal e messo sotto la musica dei Mogwai.

Personalmente reputo il controllo palla di Zidane la cosa più bella che ho avuto modo di seguire nel calcio, l'unica che ho provato ad imitare anche con una palla di spugna a casa (questo con la Norvegia almeno 100 mila volte, senza avversari). Almeno fino a quando non sono cresciuto ed ho capito che alcune cose è giusto che siano irriproducibili.


Xavi e Andres Iniesta

Il dominio del Barcellona di Guardiola - come sistema tattico e filosofico - era basato sull’eccellenza dei fondamentali tecnici. Fondamentali nel senso più stretto del concetto: cioè gli elementi che costituiscono la base su cui costruire il resto. Dietro alla volontà di dominio del campo e dello spazio, c’era la cura maniacale al perfezionamento dei gesti tecnici più essenziali: smarcamento, orientamento del corpo, primo controllo, passaggio. Nella grammatica sincopata del possesso del Barcellona, la capacità dei suoi centrocampisti di eseguire quei gesti tecnici al loro massimo livello era la base.

Il primo controllo, per un centrocampista, è forse il gesto tecnico invisibile per eccellenza. Almeno se non stiamo parlando dei capolavori artistici di Zidane o di quelli impossibili di Ibrahimovic. Si tratta di far scomparire e dissipare ogni asperità nel rapporto fra l’oggetto sferico e piedi, naturalizzare quindi una relazione che tanto naturale non è. Pochi lo hanno fatto meglio dei centrocampisti della scuola del Barcellona, e in particolare Xavi e Iniesta, i cardini di quel palleggio “leggero” (della leggerezza di Calvino nelle Lezioni americane secondo Sandro Modeo) che caratterizzava il miglior Barcellona di Guardiola.

Con il primo controllo Xavi e Iniesta manipolavano il tempo: la loro preparazione del passaggio o della conduzione successiva, costringendo gli avversari a essere sempre in ritardo.

I due, nel nostro immaginario, quasi scompaiono l’uno nell’altro, al punto che So Foot gli dedicò una copertina in cui il volto di Iniesta diventava quello di Xavi. Un unico mostro a due teste che rappresentava la violenza implicita - perché silenziosa e mascherata dietro la gentilezza e la fragilità fisica - del dominio del Barça.

Impossibile scegliere, per il fondamentale del primo controllo, tra l’uno e l’altro. Xavi col primo controllo eludeva la pressione avversaria, orientando il palleggio, la prima fase di costruzione del Barcellona, quella più strutturata. Xavi era più freddo e cerebrale. Per Iniesta invece il primo controllo era l’anticipazione di qualcosa che nessuno poteva immaginare: un passaggio, o una delle sue condizioni in cui sembra attraversare i corridoi del campo come fosse liquido. Non si può controllare la palla meglio di come facevano loro.

Se avete bisogno di migliorare il vostro primo controllo Xavi compare in diversi video in cui vi spiega come fare, con un piglio pedante che riflette il suo stile di gioco.

Mentre Xavi sta salendo in cattedra, Iniesta, invece, ancora gioca, il suo primo gol con la maglia del Vissel Kobe nasce da un primo controllo che quasi uccide un avversario, che immaginiamo ancora lì per terra.


Mesut Ozil

Uno dei miei video calcistici preferiti ha Ozil protagonista. È un Liverpool-Arsenal di qualche anno fa; siamo a 10’ dalla fine, i “gunners” sono in vantaggio per 3-2 e pare uno di quei momenti di una partita di Premier in cui la cocaina è in filodiffusione nello stadio e giocatori e spettatori sono in preda alla medesima ansia performativa. Le squadre si allungano, i tifosi gridano, tutti corrono a caso con la frenesia di chi deve fare qualcosa. Poi un cambio di gioco va verso Ozil, lo coglie in leggero controtempo, ma riesce ad accarezzarlo col collo del piede per rimetterlo sull’asse della corsa in avanti. Il secondo dopo il ruggito di Anfield cala in un mormorio di sorpresa. Un momento di pura magia che ha letteralmente ammutolito la folla.

I primi controlli di Ozil sono oltraggiosi. In questa lista è forse il giocatore che più è caratterizzato da questo fondamentale tecnico. Con i suoi primi controlli nei mezzi spazi Ozil ha costruito la carriera: orientando il primo tocco per disorientare gli avversari e ricavarsi lo spazio per la rifinitura. Le sue compilation, come quella messa in cima, sono un repertorio completo di primi tocchi: minimali ed efficaci, elegantissimi e dolci, e poi quelli geniali che ti fanno chiedere non tanto “come ci è riuscito” quanto piuttosto “come gli è venuto in mente”. All’inizio del video per esempio ce n’è uno col Real in cui la palla gli sta sfilando alle spalle e lui scalcia dietro di lui fermandola col polpaccio, recuperando poi l’orientamento in un niente. Ce ne sono diversi in cui controlla palloni che ricadono da un punto oltre l’atmosfera, e lui li mette giù con una disinvoltura che ci possiamo aspettare esca dal campo un secondo dopo. Poi ci sono primi tocchi di una complessità disgustosa, di tacco, o d’esterno, con cui dribbla l’avversario cogliendo in controtempo la sua corsa, facendogli passare la palla a lato o sopra la testa.

Negli ultimi anni il declino fisico di Ozil ne ha compromesso in parte l’efficacia, ma la delizia del suo primo controllo è qualcosa che non perderà mai.


Marcelo

Se dovessi pensare a una squadra nel calcio contemporaneo a cui associo l’idea di controllo tecnico su una partita quella sarebbe sicuramente il Real Madrid di Ancelotti prima e di Zidane poi. Forse potrei anche andare oltre al calcio contemporaneo perché, se è vero che se nel DNA del Real Madrid c’è sempre stata l’idea di dominare l’avversario con la tecnica, è anche vero che nessuno lo ha fatto in maniera così efficace e spettacolare come il Real Madrid degli ultimi anni. In questo paragrafo basterebbe quindi citare i tre elementi del centrocampo che meglio riassumono quest’ultimo periodo della squadra spagnola. E cioè Kroos con la sua tecnica minimale e perfetta; Modric con i suoi colpi sublimi d’esterno e le sue conduzioni in verticale; e soprattutto Isco, forse il centrocampista che simboleggia meglio il Real Madrid di Zidane, per come riesce a decostruire qualsiasi struttura tattica ordinata in favore di un controllo tecnico assoluto sul pallone. Come ha scritto Daniele Morrone in un pezzo a lui dedicato: “Sulla lavagnetta si possono disegnare posizioni e movimenti, considerare la propria tattica e quello dell’avversario, ma non si può prevedere cosa farà l’unica cosa che realmente ordina e disordina tutto in un campo da gioco: la palla. Isco è il più importante interprete di quella stirpe di giocatori – che sembrava ormai estinta – capaci di servirsi dell’imprevedibilità della palla indirizzandola a proprio favore”.

Personalmente, però, se fossi costretto a scegliere un solo giocatore del Real Madrid per parlare di primo controllo, allora non potrei fare altro che scegliere Marcelo, l’esempio più luminoso di terzino-regista nel calcio contemporaneo insieme a Dani Alves. Marcelo, come Dani Alves, è la risposta delle squadre che vogliono dominare l’avversario attraverso il pallone ai meccanismi sempre più esasperati di pressing: se al centro non c’è più spazio e tempo per pensare allora sposto la creatività sugli esterni. Dove, però, con la linea del fallo laterale a togliere la metà delle linee di passaggio, e quindi dove il pressing avversario è più efficace, c’è bisogno di un controllo sul pallone ancora più totale. Marcelo, di suo, lo esercita soprattutto con la suola, con cui il più delle volte fa il suo primo controllo. La suola è l’incipit di quasi ogni sua azione.

In questo senso, il manifesto del suo gioco è probabilmente il doppio confronto con il Bayern Monaco nell’aprile del 2017 in cui fu il giocatore più influente del Real Madrid, associandosi con Kroos e Cristiano Ronaldo o Benzema sul suo lato (l’associazione tra terzino e fuoriclasse della squadra era d’altra parte un topos anche nel Barcellona, e a questo proposito non posso che consigliarvi gli incredibili video di scambi tra Dani Alves e Messi). Non a caso, se si dovesse scegliere un momento a fare da copertina di quelle sue due partite è l’incredibile controllo di suola fatto all’Allianz Arena, di una palla che cadeva in verticale dall’altro lato del campo. Uno stop talmente irreale che sembra far parte di un videogioco, più che della realtà.


Zlatan Ibrahimovic

In questi anni Ibrahimovic ha condizionato il gioco delle sue squadre come pochi altri giocatori al mondo. Sembra che avere Ibra in squadra costringe i suoi compagni alla pigrizia, ad azzerare la complessità della costruzione del gioco per andare direttamente da lui: sulla sua testa, sul suo petto, sui suoi piedi. Sicuri che riceveranno il miglior trattamento possibile. Persino oggi, a 39 anni, Ibrahimovic rappresenta una specie di bug in una partita di calcio. Un giocatore in cui l’irripetibile coincidenza di doti atletiche e tecniche lo rende ingestibile per i difensori.

Fra i centravanti che “fanno salire la squadra” Ibra è stato il migliore: il più efficace, il più ricco e complesso. Al punto che travalica quella categoria per formarne una sua (definire Ibra un centravanti, insomma, è quasi offensivo). La sua capacità di addomesticare i palloni più sporchi e maledetti dei compagni meno dotati di lui ha del miracoloso; si spinge a punti del cielo vertiginosi.

È la parte che diamo più scontata del suo gioco, quella che soggiace silenziosa ai colpi da taekwondo, ai colpi di tacco, ai lampi di genio più improbabili; perché col tempo abbiamo imparato a considerare la tecnica di Ibrahimovic nel controllare il pallone un fatto. Risulta meno appariscente di quella di altri giocatori perché per lui è sempre stata anticipata dal suo dominio fisico dei difensori, con cui riesce ad aggiustarsi nella migliore posizione possibile per controllare la palla. Ma insomma è una parte essenziale del suo gioco in cui, fra i centravanti, ha avuto pochi rivali negli ultimi anni - Benzema? Lewandoswki? Poi?

Di Ibrahimovic bisogna però sempre sottolineare la peculiarità creativa, e il video in cima testimonia uno dei primi controlli più controintuitivi di sempre, un colpo di tacco improvviso con cui si è messo di fronte la metà campo della Roma, scrollandosi di dosso Kuffour come un moscerino.


Ronaldinho

Ci sono stati pochi giocatori nella storia del calcio più divertenti da guardare di Ronaldinho. E uno dei motivi, a mio modo di vedere, è per come sembrava giocare con il pallone nonostante tutto il resto. Nonostante gli avversari, il gioco di squadra, le strategie collettive cioè. In molti dei suoi video di skills, Ronaldinho sembra semplicemente un uomo che palleggia per il campo mentre 11 altre persone provano ad impedirglielo senza riuscirci. La palla gli continua a rimbalzare sulla testa, sulle spalle, sulle ginocchia come un furetto amico mentre gli avversari si affannano a togliergliela. Su YouTube c’è un video chiamato Ronaldinho - Magical Ball Controls che dura più di 10 minuti in cui questa scena si ripete fino alla nausea. Anche se personalmente non avrò mai la nausea di video di Ronaldinho che fa passare il pallone sopra la testa di Pirlo scavandolo leggermente con il mezzo esterno o che mette a terra un rilancio del portiere con la schiena al Camp Nou.

È per questo stesso motivo, però, che uno dei miei video preferiti in assoluto di Ronaldinho è uno in cui tutto il resto non c’è e la sua arte nel controllo del pallone arriva al suo apice. È un video amatoriale ripreso dalle tribune di San Siro poco prima di un Milan-Chievo del 2010 in cui Ronaldinho sta palleggiando pigramente mentre il resto della squadra si riscalda in maniera convenzionale. Sembra che non ci sia niente di speciale ma a un certo punto Ronaldinho alza un campanile altissimo come a buttare via il pallone. Addirittura si gira da un’altra parte, sembra essersi stufato. Poi, però, controlla dove il pallone sta cadendo, ma sempre senza dargli troppa importanza. E poco prima che tocchi terra, Ronaldinho mette il piede e il pallone si ferma, come se fosse una palla da bowling lanciata su una spiaggia di sabbia. Poi si avvicina verso un collaboratore del Milan, credo uno dei preparatori dei portieri, e senza smettere di trotterellare gli fa passare il pallone tra le gambe con un elastico. Cioè, è giusto precisarlo, toccando in sequenza, ma senza soluzione di continuità, il pallone prima con l’esterno e poi immediatamente con l’interno.

L’unicità di Ronaldinho non stava nel fatto che ovviamente al suo prime sapeva farlo benissimo anche in partita, con la pressione addosso e un decimo del tempo e dello spazio. Ma che toccava talmente bene il pallone, dava un senso di appagamento estetico talmente compiuto, che preferivi che lo facesse in riscaldamento, da solo, senza che nessuno lo disturbasse.


Roman Riquelme

Il rapporto fra i migliori giocatori tecnici della storia del calcio è una storia d’amore. Magari sarà anche il nostro gusto per i cliché, ma non c’è una dimensione migliore di quella amorosa per inquadrare il sentimento fra Riquelme e il pallone. Lui stesso ha detto di avere una relazione “erotica” con la palla e quando gli altri parlano di lui, non escono più di tanto da queste definizione. Qui per esempio Rivaldo dice che Riquelme ha un “carino” con il pallone. Javi Calleja, suo vecchio compagno e attuale allenatore del Villareal, disse che a Riquelme “piace parlare con il pallone”. Le sue foto più famose sono quelle in cui stringe la palla tra le mani e la bacia con trasporto: «Lo faccio perché sento che la stiamo trattando sempre peggio. Le stiamo dando poca importanza».

Nelle sue partite, Riquelme assecondava questo suo amore avvicinandosi al pallone come attratto da una forza che non riusciva a controllare del tutto, in modo continuo e febbrile. I suoi primi controlli allora sono una gioia. Per i giocatori come Riquelme, lenti fino al punto di sembrare quasi piantati a terra, il primo controllo era tutto. Riquelme spesso voleva sentire il marcatore alle sue spalle, appoggiarcisi con la schiena e controllare con la suola. Certi suoi primi controlli sembrano sballati, per poi rivelarsi esatti per le intenzioni di Riquelme. La palla sembrava incatenata a lui persino più di quanto lui fosse incatenato alla palla.


Lionel Messi

Lionel Messi è indubbiamente il giocatore che ha definito questo secolo brevissimo. La grandezza del suo talento è così espansa che potremmo metterlo in qualunque categoria, dopotutto Messi è l’unico giocatore di questa generazione a sembrare davvero uscito da un laboratorio. Ogni cosa che fa, la fa ad un livello superiore. C’è però un aspetto, nel primo controllo, che potrebbe far pensare che Messi non sia così bravo in questo fondamentale. Idealmente i primi controlli che veneriamo sono quelli eleganti e composti, quelli che sembrano usciti dalla mano di un pittore preraffaellita. Il calcio di Messi non è mai stato elegante o almeno non di quell’eleganza canonica che hanno i numeri 10 che si muovono sinuosi come sulla pista da ballo. Messi è definito anche da una certa affilatezza nei movimenti, la capacità di agire sempre con un attimo d’anticipo su quelli che lo circondano prima di esplodere come un acceleratore di particelle.

Il primo controllo di Messi non è mai il più spettacolare possibile, ma è quello che metterà più in difficoltà il suo marcatore. Non si tratta necessariamente di controlli orientati - seppure anche in questo fondamentale Messi sia anche più letale - anche quando stoppa un pallone Messi sembra sapere prima come si muoveranno gli altri. Per questo i suoi controlli sembrano sempre fatti con la calamità, così da proteggere il più possibile il pallone dagli avversari.

Un altro avrebbe provato a controllare questo spiovente con la parte esterna del piede, lasciandolo a terra. Messi invece sceglie di controllare in maniera meno spettacolare, ma assicurando la copertura del pallone.

La sensibilità del suo corpo è così sviluppata che riesce a controllare un pallone anche con gli stinchi, la pancia, la coscia. Soprattutto con la coscia: il suo controllo nel gol contro la Nigeria rimane una delle cose più belle viste all’ultimo Mondiale. A volte sembra controllare male, ma è così rapido che il controllo diventa una trappola per l’avversario, che si lascia tentare dalla possibilità di intervenire. Messi è stato in grado di fare del pallone una parte del suo corpo, tenerlo sempre appiccicato al suo piede. Il suo primo controllo è solo un'altra evidenza di questa capacità.


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