Atalanta e Roma al primo giorno di scuola si sono presentate entrambe con alcuni cambi importanti nell’undici iniziale. L’Atalanta si è presentata in campo senza quasi la metà della squadra che ha stupito tutti l’anno scorso: Conti, Kessié e Gagliardini sono stati già venduti nelle ultime due finestre di mercato; Spinazzola non è stato convocato per via della trattativa che dovrebbe portarlo alla Juventus; mentre Caldara è rimasto in panchina per dei leggeri problemi fisici.
Nonostante ciò, Gasperini ha lasciato intatta l’intelaiatura tattica della propria squadra. L’Atalanta ha preso la forma e adottato i principi di gioco di quello stesso 3-4-2-1 leggermente asimmetrico che l’anno scorso le è valso il quarto posto: Conti è stato sostituito da Hateboer; Spinazzola da Gosens (terzino sinistro tedesco, in provenienza dal campionato olandese); la coppia Kessié-Gagliardini da quella Freuler-Cristante; e Caldara da Palomino (centrale argentino arrivato in estate dal Ludogorets). Dico leggermente asimmetrico perché, come l’anno scorso, mentre Gomez era più libero di ricevere a sinistra per poi puntare la porta avversaria palla al piede, Kurtic partiva da una posizione più centrale, con la facoltà di muoversi orizzontalmente per ricevere o inserirsi in area.
Anche la Roma è stata costretta a dei cambiamenti per compensare le cessioni estive: a Bergamo non c’erano più Szczesny, Salah e Rüdiger, sostituiti rispettivamente da Alisson, Defrel e Juan Jesus. Ma il cambio più importante è ovviamente avvenuto in panchina, con Di Francesco che ha schierato i giallorossi, non sorprendentemente, con il 4-3-3, un modulo che a Roma è già oggetto di dibattito da settimane su radio e social che come al solito hanno fretta di dare giudizi magari anche definitivi.
Ha vinto la Roma, al termine di una partita difficile e sofferta, dove il contesto tattico, come vedremo, è stato dettato dagli uomini di Gasperini, ma dove è contata molto anche la forma fisica non ancora al meglio di nessuna delle due squadre. La Roma torna da Bergamo con 3 punti niente affatto scontati, a cui ha contribuito anche una buona dose di fortuna, ma la partita ha messo bene in mostra le intenzioni di entrambi i tecnici e i limiti da migliorare nelle rispettive squadre.
La preparazione di Gasperini
Ma al di là delle differenze nel modulo, Atalanta e Roma hanno filosofie di gioco non così lontane: entrambe cercano di essere aggressive sul possesso avversario, tentando di recuperare palla fin da subito il più possibile in alto sul campo, con la difesa che accorcia le distanze sul centrocampo salendo fino alla linea di metà campo. La differenza, fin dal primo minuto di gioco, l’ha fatta come le due squadre hanno reagito al pressing alto avversario.
Quando la squadra di Gasperini gestiva il primo possesso con il rombo di impostazione – formato da Berisha, Palomino, Masiello e Toloi – la Roma cercava di ostacolarlo mettendo Dzeko tra uno dei due centrali (di solito tra Palomino e Toloi) mentre una delle due mezzali usciva in diagonale verso il centrale dove veniva scaricato il pallone (di solito Masiello, sul centro destra della Roma, mettendo quindi in azione Strootman), cercando sia di mettergli pressione che di schermare la linea di passaggio verso il centrocampo. Nel frattempo gli esterni dell’Atalanta salivano molto alti, finendo alle spalle di Gomez e Kurtic.
Gasperini, però, è arrivato preparato alla prima giornata di campionato e ha disinnescato il pressing alto della Roma in maniera abbastanza semplice: abbassando uno dei due mediani nello spazio liberato dalla salita dell’esterno, o addirittura sulla linea dei difensori in quello tra il centrale basso e il centrale laterale. In questo modo la mezzala romanista era sempre costretta a scegliere se uscire sul centrale di difesa o sul centrocampista.
Freuler scende tra Palomino e Masiello, Strootman si trova così in inferiorità numerica. L’olandese esce su Freuler, ma la palla arriva a Masiello, che può arrivare palla al piede sulla trequarti.
In questo modo il pressing della Roma risultava doppiamente inefficace: non solo non riusciva a rendere più difficoltosa la prima impostazione dell’Atalanta ma, con Dzeko che di solito si metteva tra Palomino e Toloi, la indirizzava anche verso il lato dove la squadra di Gasperini aveva il uomo di maggior valore, cioè il “Papu” Gomez.
La strategia dell’Atalanta ha avuto un alto grado di efficacia: l’ala argentina ha ricevuto spesso e volentieri nel mezzo spazio di sinistra, tirando fuori dalla linea difensiva Bruno Peres, liberando così uno spazio che poi prontamente veniva attaccato da Gosens, rincorso per decine di metri da Defrel.
Quando Defrel però non riusciva a garantire una simile mole di lavoro difensivo, doveva uscire dalla propria posizione Manolas. Con grande rischio, ovviamente, perché l’Atalanta fa grande densità in area sui cross, una delle armi che utilizza di più per rendersi pericolosa (ieri ben 22 in totale, di cui 8 per la coppia Gomez-Gosens).
I problemi della Roma nel difendere i mezzi spazi: Bruno Peres esce su Gomez che però scarica indietro su Freuler. Nello spazio liberato dal terzino brasiliano ci va Gosens, su cui è costretto ad uscire Manolas.
Le difficoltà della Roma
Al tempo stesso, l’Atalanta era anche più efficace nel mettere in pratica il pressing sull’impostazione giallorossa. Come al solito la squadra di Gasperini adottava delle marcature a uomo molto rigide, con l’accortezza di mantenere Dzeko in uno contro due in difesa, per questo quando l’Atalanta pressava alto era costretta a scegliere un uomo da lasciare libero.
La scelta ovviamente è ricaduta su Manolas, il meno tecnico tra i difensori della Roma, che si è rivelato persino più problematico del solito con la palla tra i piedi.
La Roma ha avuto grandi difficoltà a far uscire il pallone pulito dalla difesa e si è ritrovata a ricorrere alla solita soluzione del lancio lungo su Dzeko. In alternativa la squadra di Di Francesco ha indirizzato il proprio gioco a sinistra su Kolarov, con il terzino serbo che è riuscito ad agire da regista esterno nonostante la pressione infernale della squadra di Gasperini. Kolarov, oltre che per la punizione che ha deciso la partita, si è distinto anche per il magistrale uso del corpo e delle pause, appunto da vero e proprio regista defilato.
C’è da dire che sull’impostazione bassa della Roma ha influito anche lo scarso movimento senza palla di Strootman e Nainggolan, che raramente sono riusciti a farsi trovare liberi alle spalle del centrocampo avversario, comunque bravissimo nel contenere due dei giocatori più fisici del campionato.
Per far salire il pallone fino alla trequarti la Roma ha dipeso quasi totalmente dalle capacità di regista alto di Dzeko, che quando non ha ripulito i lanci lunghi dalla difesa è venuto incontro al centrocampo per offrire una nuova linea di passaggio centrale (utilizzata, ad esempio, molto spesso proprio da Kolarov, dall’esterno in diagonale verso l’interno).
Con Dzeko che veniva a prendere palla sulla trequarti, però, l’area avversaria veniva attaccata solamente da Defrel e Perotti, non i due finalizzatori più temibili della Serie A. Per la Roma era quindi quasi impossibile rendersi pericolosa e infatti finirà la partita con appena un tiro in porta su calcio piazzato e 0,3 Expected Goals prodotti - anche se non vengono contate un'occasione in cui la Roma è andata vicina al tiro con Defrel da pochi passi.
La squadra di Di Francesco, però, ha attaccato la difesa avversaria praticamente solo con le verticalizzazioni improvvise di De Rossi dal centrocampo, una soluzione inefficace contro la difesa dell’Atalanta molto attenta a coprire la profondità.
Ma ieri la Roma ha avuto soprattutto un problema di ampiezza: con i terzini quasi sempre bloccati sulla linea di difesa non è bastato il movimento delle mezzali, una delle due a turno, ad allargarsi nei corridoi laterali. Strootman e Nainggolan sono apparsi in difficoltà sia nel precampionato che in questa prima giornata di Serie A, non riuscendo a farsi trovare liberi per ricevere.
L’unica azione pericolosa prodotta dalla Roma ieri dovrebbe indicare la via per il futuro: Strootman si è abbassato per ricevere, seguito a uomo da Freuler; nello spazio liberato, alle spalle del centrocampo dell’Atalanta, ci si è infilato Bruno Peres, ben servito da De Rossi, che ha potuto lanciare Defrel che attaccava la profondità alle spalle della difesa.
La Roma ha disordinato la formazione dell’Atalanta ruotando gli uomini ma lasciando le posizioni coperte, sfruttando il punto debole di un sistema basato sulle marcature a uomo, come quello di Gasperini.
L’importanza dell’intensità
Nonostante i numerosi problemi, la Roma è riuscita comunque a finire il primo tempo in vantaggio, grazie al colpo di genio di Kolarov su punizione. Di Francesco all’intervallo ha deciso di mantenere intatta la formazione e il secondo tempo è iniziato seguendo sostanzialmente lo stesso canovaccio del primo.
Col passare dei minuti, complice il caldo e una condizione fisica per forza di cose non ancora perfetta, le due squadre hanno iniziato a diminuire l’intensità e la Roma ha lentamente abbandonato la pretesa di controllare il possesso, compattandosi sempre di più sotto la linea del pallone, alzando il pressing solo in determinate occasioni (dopo i retropassaggi verso il portiere, ad esempio).
C’è da dire che la Roma è rimasta quasi sempre molto compatta verticalmente, che è una delle cose su cui il tecnico abruzzese ha battuto di più in questa primissima parte di stagione, e anche la linea di difesa alta ha funzionato molto bene, mandando i giocatori dell’Atalanta in fuorigioco ben 7 volte. A questo vanno aggiunte alcune prestazioni individuali di livello, come quella di Juan Jesus, o quella di Dzeko, che hanno tenuto in piedi l’impalcatura.
Ma il fatto che la Roma non abbia corso enormi pericoli (escluso il palo colpito da Ilicic a pochissimo di distanza dalla porta) dice anche dei limiti del gioco di Gasperini, quando non ha un possesso da distruggere e squadre da attaccare rapidamente (finché sono disorganizzate) in verticale.
L’Atalanta nel secondo tempo ha fatto affidamento quasi unicamente sui cross dalla trequarti, ma, al contrario del primo tempo, da situazione statica e con la difesa della Roma - già di per sé molto forte nei duelli aerei - schierata.
L’Atalanta ha fatto 17 dei suoi 22 cross totali nel secondo tempo, non riuscendo ad aumentare però la sua pericolosità.
Va detto che anche l’Atalanta è calata fisicamente nel secondo tempo, allungandosi verticalmente e lasciando qualche spazio in più. La Roma si è quindi resa leggermente più pericolosa attaccando in campo lungo in transizione, con il talento di Nainggolan che a quel punto è sbocciato attraverso la conduzione palla in spazi aperti.
Con la Roma che si difendeva bassa molto bene, Gasperini ha provato a rivitalizzare l’attacco prima sostituendo Petagna (annullato appunto da Juan Jesus) con Cornelius (attaccante danese arrivato in estate dal Copenaghen); poi soprattutto inserendo Ilicic per Kurtic.
Senza avere più la possibilità di andare alle spalle della difesa avversaria, il tecnico torinese ha cercato probabilmente di mettere un giocatore più creativo sulla trequarti, che avesse inoltre la possibilità di tirare bene dalla distanza.
La pericolosità offensiva dell’Atalanta si è riaccesa verso il finale di gara, dopo l’infortunio di Bruno Peres che ha costretto Di Francesco a mettere in campo Fazio, schierando Manolas da terzino destro (l’unica altra soluzione in panchina era Nura, giovane terzino destro nigeriano mai testato prima in Serie A). Il difensore greco, però, ha praticamente continuato ad agire da difensore centrale, spezzando anzi la linea in avanti, lasciandosi Gomez alle spalle libero di ricevere. Dopo qualche minuto d’affanno il tecnico abruzzese ha cercato di tamponare la situazione mettendo Pellegrini.
Non è chiaro se era nella intenzioni Di Francesco far giocare Pellegrini praticamente a uomo su Gomez, quasi da esterno di difesa a cinque, fatto sta che la soluzione non ha annullato l’argentino, che ha comunque portato l’Atalanta di arrivare ad un passo dal pareggio, con un cross dalla trequarti sporcato finito sul piede di Ilicic a pochi passi dalla linea di porta, e poi sul palo.
Nonostante il forcing finale, quindi, l’Atalanta non è riuscita sfruttare il vantaggio tattico iniziale né la stanchezza della Roma per raggiungere un pareggio che, anche statisticamente, sarebbe stato meritato.
Il campionato è appena iniziato ma Gasperini, nel secondo tempo contro la Roma, si è trovato già ad affrontare i limiti del suo gioco. Quando l’intensità è calata, l’Atalanta si è dimostrata troppo prevedibile con il pallone tra i piedi, dipendente di fatto dal livello creativo di Gomez, che ieri non è sembrato neanche in una delle sue giornate di grazia. Aver vinto la battaglia tattica, ma perso la partita, dovrebbe spingere Gasperini alla ricerca di nuove risorse offensive contro squadre che negano lo spazio (e anche a risolvere i problemi in transizione negativa quando cala l’intensità, perché paradossalmente l’Atalanta ha persino rischiato di perdere 0-2). Quest’anno, con l’Europa League, lo aspetta una stagione lunga e impegnativa e, dopo l’exploit di quello scorso, sempre più squadre saranno pronte a sfruttare i difetti dell’Atalanta.
I problemi strutturali più gravi l’ha però messi in luce la Roma, nonostante una vittoria in cui ha dimostrato una mentalità vincente che poche volte le viene riconosciuta. Di Francesco dovrà adattare i propri meccanismi di pressing all’avversario se non vuole renderli controproducenti, ma soprattutto deve dare ai propri giocatori idee più chiare dalla metà campo in su. Ieri i giallorossi sono stati praticamente inoffensivi (nemmeno un tiro nello specchio su azione) e in attacco si sono basati esclusivamente sulle qualità dei singoli (i dribbling di Perotti, le abilità creative di Dzeko).
Lo squilibrio creativo della Roma sul centrosinistra, in questa infografica sui dribbling effettuati. Perotti da solo ne ha vinti addirittura 10, sui 12 totali tentati.
Il tecnico abruzzese ha ammesso che la Roma è stata più brava a difendersi che a attaccare, ma è l’architettura tattica che per adesso sembra ancora traballante per poter essere messa alla prova delle migliori squadre di Serie A. La Roma è ripartita dalle certezze dello scorso anno, dalla mentalità e dalla resistenza dei suoi giocatori migliori, e per installare un sistema di gioco ci vuole sempre del tempo. Chiedere una squadra perfettamente rodata alla prima giornata, dopo poche settimane con un nuovo allenatore, sarebbe ingiusto. Di Francesco, però, sa meglio di noi che nel calcio di oggi il tempo viene concesso solo in cambio dei risultati.