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I Thunder non sono in saldo
09 gen 2020
Oklahoma City era attesa a una stagione in attesa degli eventi del mercato, ma si è ritrovata una sorprendente squadra da playoff.
(articolo)
11 min
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Quando in estate Kawhi Leonard, con una mossa da abilissimo manipolatore, aveva scelto di trasferirsi a Los Angeles portandosi dietro Paul George, i piani dei Thunder di costruire per l’ennesimo anno una squadra per tentare l’assalto al titolo sono andati in mille pezzi. E quando anche Russell Westbrook ha preso la sofferta decisione di chiudere il suo capitolo a Oklahoma City, chiedendo a Sam Presti di essere scambiato ai Rockets, i Thunder dovevano essere un motorino lasciato in strada da cui rubare i pezzi di ricambio. Una discarica a cielo aperto che dopo la trade deadline sarebbe stata spolpata dagli avventori con velleità di titolo.

Invece la squadra di Billy Donovan non si è arresa a tale destino, ma ha saputo massimizzare il talento a disposizione - troppo evidente ed esperto per tankare - ed ora è sorprendentemente in piena corsa per i playoff. Da quando si è aperto in modo non ufficiale il mercato (il 15 dicembre) i Thunder hanno iniziato a volare, vincendone 10 delle ultime 12.

Gran parte del merito è dei tre playmaker in maglia OKC, che Donovan sta schierando sempre più insieme in campo. Un’idea di basket dal sapore quasi collegiale ma che per ora sta pagando dividendi altissimi.

Tre modi diversi di attaccare dal palleggio

Arrivato come il pezzo pregiato della trade che ha portato Paul George in California, Shai Gilgeous-Alexander ci ha messo poco a diventare il beniamino di una città che era alla ricerca di nuovi talenti da abbracciare. Il canadese è immediatamente salito di livello rispetto alla sua già ottima stagione da rookie a Los Angeles, dando concretezza ai lampi già fatti intravedere e subendo la positiva influenza di un veterano come Chris Paul. SGA sta imparando velocemente a gestire un attacco NBA e farlo accanto ad uno dei migliori maestri disponibili è praticamente come andare al CEPU per una point guard: in un anno può prendere una laurea triennale. La strana coppia, assemblata per caso come nelle migliori commedie hollywoodiane, ci ha messo poco per trovare i giusti equilibri, dividendosi le responsabilità in attacco e imponendosi come uno dei migliori backcourt difensivi della lega.

Alternandosi sul pallone possono scegliere ogni volta quale duello individuale affrontare, muovendo la squadra e isolando l’avversario più debole. Nonostante non sia il più esplosivo degli atleti, Gilgeous-Alexander ha una coordinazione e una fluidità armonica nel suo gioco, che gli permette di attaccare dal palleggio qualsiasi difensore. Ha la pazienza di aspettare la prima mossa del marcatore, vedere quale piede espone per infilarlo senza pietà o il controllo del ritmo per accelerare, decelerare e immediatamente premere di nuovo il pedale del gas, prendendo in controtempo l’avversario. Alla seconda stagione conosce già a memoria gli angoli per arrivare al ferro, sfruttando anche i centimetri in più che gli garantiscono le sue lunghe e sottili braccia. Una volta che ha messo il proprio bacino davanti a quello del suo diretto marcatore, per quest’ultimo diventa praticamente impossibile recuperare sulla palla perché SGA in estensione sposta il pallone sempre più lontano di quanto possa arrivare il difensore.

Il suo ball-handling è decisamente migliorato rispetto all’inizio di carriera e ha inserito varianti cucite sulle sue particolarissime caratteristiche fisiche. Una delle sue giocate preferite è la virata in palleggio spostando entrambi i piedi, in una specie di drop step che con il compasso delle gambe taglia il difensore fuori dall’inquadratura.

La qualità più affascinante di SGA però è il suo tocco nei pressi del ferro, con una morbidezza che gli permette parabole felpate con entrambe le mani e da distanze sempre più ampie. È quasi più a suo agio con questi floater dal pitturato che in situazioni di arresto e tiro, ancora meccanico nonostante gli evidenti miglioramenti.

Tutta l'elegante morbidezza di Shai Gilgeous-Alexander. Solo 5 giocatori hanno attaccato di più di SGA il ferro quest'anno.

Nonostante gli anni che passano, Chris Paul rimane un computer che gioca con la palla da basket come se fosse uno yo-yo, spostandosela a piacimento fino ad arrivare nel suo punto preferito del campo - solitamente il gomito - dove può esercitare il suo mortale tiro dalla media distanza o trovare i lunghi sotto canestro. La maestria con la quale gestisce il pick and roll si è solamente raffinata con il passare del tempo, diventando quasi barocca nei ghirigori che disegna col pallone prima di scegliere l’angolo di passaggio. Steven Adams è un rollante naturale quando pianta le sue radici sulla lunetta, ma Paul sta coinvolgendo come bloccante anche Danilo Gallinari, creando sempre buoni tiri per le sue uscite.

Quando poi la partita è in bilico, Paul la prende per mano e la indirizza dalla sua parte con una serie di frombolate dalla media distanza che rappresentano il marchio di fabbrica del playmaker dei Thunder. La tranquillità con la quale organizza la squadra e gestisce i possessi decisivi, sapendo sempre dove andare per creare un tiro pulito, lo rende uno dei migliori closer in NBA. Negli ultimi cinque minuti quando le due squadre sono ancora divise da cinque o meno punti, Paul è un chirurgo che imbraccia un fucile di precisione: segna 3.7 punti di media in quelle situazioni, con il 55% dal campo e il 67% di percentuale reale.

Solo Kyrie Irving, D’Angelo Russell, James Harden, Joel Embiid e Jimmy Butler hanno più punti in tale situazione, ma con un campione nettamente inferiore. I Thunder infatti hanno giocato ben 28 partite fino ai possessi decisivi sulle 37 disputate finora, di cui quattro al supplementare: ne hanno vinte 17 sfruttando tutti i modi possibili, dalle spiate agli arbitri sulle magliette degli avversari a rimonte pazze da oltre venti punti di scarto, affidandosi nei finali ai propri tre playmaker.

Chris Paul è 36 su 66 in the clutch questa stagione. Dovevo scrivere questa statistica da qualche parte.

Dennis Schroeder è la vera sorpresa e l’ago della bilancia della squadra di Billy Donovan. Il tedesco sta giocando senza dubbio la migliore pallacanestro della sua vita in uscita dalla panchina, ma chiudendo spesso e volentieri le partite insieme alle altre due point guard. La sua presenza permette ad Oklahoma di avere sempre due creatori di gioco in campo e un altro eccellente attaccante in uno contro uno. Sta vivendo statisticamente la miglior stagione in carriera statistiche alla mano - tira con il 47% dal campo, il 35% da tre e oltre il 56% di percentuale reale -, ma i numeri non ritraggono in pieno l’impatto esaltante che Schroeder sta imprimendo sui Thunder in questa stagione. Il suo cambio di ritmo, la creatività pazza a mille all’ora e l’eccellente difesa individuale sono ingredienti fondamentali nello strano, alchemico equilibrio creato un po’ per caso da coach Billy Donovan. Insieme al controllo cerebrale di Paul e la versatilità difensiva di SGA, la presenza di Schroeder forma il Death Lineup dei Thunder.

Clutch City

In un epoca nella quale domina il concetto di eliocentrismo, ovvero un solo giocatore che ha il compito primario di segnare e creare per gli altri quattro compagni in campo, OKC sta trovando grande successo dalla condivisione delle responsabilità offensive. Quando Chris Paul, Shai Gilgeous-Alexander e Dennis Schroder sono insieme in campo, i Thunder hanno un rating su 100 possessi di +27.6, il migliore tra quelle che hanno giocato più di 200 minuti insieme, e molto vicina alla santa trinità dei Lakers formata da LeBron James, Anthony Davis e Alex Caruso.

Con Adams e Gallinari formano il quintetto con il miglior rating in NBA finora in stagione, ben 8 punti su 100 meglio del quintetto dei Rockets con McLemore in campo e 10 sopra quello titolare di Milwaukee. Dati assurdi che prima o poi crolleranno, ma che dimostrano quanto avere tre giocatori capaci di trattare la palla, attaccare sia in isolamento che contro i mismatch, e giocare il pick’n’roll ad alto livello siano un’arma di certo non convenzionale, ma sicuramente efficace nell’isolare i punti deboli delle difese avversarie. Sfruttando al massimo i blocchi di Steven Adams e la gravità dietro la linea dei tre punti di Gallinari, le tre guardie dei Thunder riescono a spaziare il campo per poi aggredirlo, ognuno con le sue diverse caratteristiche.

Anche il lungo neozelandese è più coinvolto in attacco, specialmente dal post alto, e ha triplicato la sua percentuale di assistenze rispetto alle scorse stagioni.

Inoltre, la versione con tre guardie sopperisce a un roster sottile nel reparto esterni, dove Gallinari, Terrance Ferguson, Abdel Nader e il rookie Darius Bazley si dividono due posti, oltre a limitare il problema di non avere altri playmaker secondari in quintetto. Gallinari è un eccellente realizzatore quando può usare meno di tre palleggi per crearsi un tiro e Adams è più a suo agio come bloccante che come passatore, nonostante quest’anno Donovan lo stia usando di più dal post alto per premiare il movimento senza palla. Il compito creativo quindi ricade sulle tre point guard, che non si stanno tirando indietro.

Quando i tre alzano il ritmo, il rating di squadra schizza oltre 125 punti su 100 possessi, anni luce davanti a tutti in NBA. In attacco lo spartito è semplice: in una NBA votata al pick and roll nessuno ha tre giocatori capaci di interpretarlo a così alto livello contemporaneamente. Nessuno riesce a rimanere di fronte ai portatori di palla di OKC senza concedere un tiro aperto o una gita in lunetta, e Paul, SGA e Schroeder sono eccezionali nel subire falli mentre attaccano il canestro. OKC è quinta per tiri liberi tentati e segnati: normalmente ne conquista 22.9 su 100 possessi, un dato che si impenna a 48.1 quando è in campo il quintetto mortifero (100° percentile). Avere due giocatori come Paul e Gallinari che li tirano con il 90% e gli altri due (SGA e Schroder) con l’80% gli garantisce poi un certo vantaggio nei finali punto a punto.

Ma quello che stupisce è la tenuta difensiva di questi quintetti. I Thunder costringono gli avversari a perdere il pallone nel 15% dei loro possessi offensivi, un risultato ottenuto attraverso una grande abnegazione dei cinque in campo, dalla fenomenale difesa sul portatore di palla avversario da parte di Paul e Schroder all’abilità di Adams di comandare le rotazioni. OKC è estremamente puntuale e ordinata nell’eseguire il proprio piano in difesa, manipolando il ritmo partita usando il proprio attacco per spezzare quello avversario. I tempi morti dei tiri liberi e il dover ripartire sempre avendo subito un canestro costringono gli avversari ad attaccare spesso a metà campo, dove solitamente sono meno efficaci.

Quanto può durare?

Vincere molte partite sul rettilineo finale è spettacolare, rafforza il gruppo e crea consapevolezza di potersela giocare con tutti, ma non è sintomo di un trend sostenibile sul lungo periodo. Così come ad inizio anno i Thunder perdevano molte partite avendo un differenziale positivo, ora che sono una delle squadre più roventi della lega conservano un margine molto sottile tra l’inferno e il paradiso. Sono quelli con il differenziale più basso tra quelli positivi (+1.4), una testimonianza della loro predisposizione a sfruttare ogni minimo vantaggio in campo per ottenere una vittoria. Come i velocisti più esplosivi sanno che possono rimanere in scia per poi piazzare il colpo di reni vincente a pochi metri dal traguardo.

Per ora questa tattica di gara ha pagato, esaltando le caratteristiche del roster di Billy Donovan. I Thunder sono ampiamente sopra il 50% di vittorie e molte proiezioni li considerano già sicuri di un posto ai playoff in una disastrata corsa all’ottavo posto a Ovest. Questo successo però non distoglierà il GM Sam Presti dal vero obiettivo stagionale, ovvero massimizzare il talento messo in mostra in questa prima metà di regular season per aumentare ancora di più la propria collezione di asset. Avendo già accumulato cinque prime scelte e due pick swap dalla trade di Paul George e due prime (protette 1-4) e due pick swap dallo scambio Paul-Westbrook, i Thunder sceglieranno di fatto due volte al primo giro dal prossimo Draft a quello del 2026. Ma questo non fermerà Presti dallo smontare ulteriormente questi Thunder per guadagnare ulteriori scelte o prospetti che si inseriscono sulla nuova timeline di OKC.

Gallinari sta giocando una stagione di alto livello, finalmente libero dai continui acciacchi fisici che ne hanno rallentato la carriera e a suo agio in un ruolo - quello del 4 tiratore, con oltre 7 tentativi da 3 a partita con il 39% - che serve come il pane alle squadre che vorranno giocarsi il titolo. In scadenza a fine stagione e con 22,6 milioni di dollari rimasti sul contratto, sarà con molta probabilità mosso prima della Trade Deadline. Anche Steven Adams (2 anni e 53 milioni) può trasformare una squadra molto buona in una seria candidata a fare rumore nei playoff e davanti ad un’offerta congrua potrebbe lasciare l’Oklahoma; così come Dennis Schroeder, che in questi ultimi mesi si sta confermando come uno dei migliori sesti uomini della lega. Il tedesco ha ancora due anni di contratto a 15 milioni l’uno e farebbe molto comodo a chi ha bisogno di punti veloci nella Second Unit.

Chris Paul sta dimostrando come - a quasi 35 anni - sia ancora in grado di trasformare una squadra grazie alla sua leadership e alla sua ossessione competitiva. Se non fosse imprigionato nella gabbia dorata del suo sultanesco contratto (ancora 125 milioni in tre anni), metà NBA starebbe già citofonando a casa Presti. Qualcuna di queste forse alla fine deciderà di andare all-in per assicurarsi uno dei migliori playmaker e closer in circolazione, nella speranza di vincere un titolo nei prossimi due-tre anni, ma rimane consistente l’opzione che CP3 chiuda questa stagione ad Oklahoma City a fare da mentore a Shai Gilgeus-Alexander.

Proprio il canadese è l’unico intoccabile, insieme forse a Darius Bazley, nel Gran Bazar di Presti. Tutti gli altri sono in vendita, ognuno con il proprio cartellino attaccato. Ma non aspettatevi sconti o prezzi di favore: i Thunder non sono in saldo.

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