Il 2019 sarà ricordato come l’anno della ventata di freschezza nel tennis femminile: in primavera Amanda Anisimova raggiunge la semifinale del Roland Garros a 18 anni, Marketa Vondrousova gioca la finale del medesimo torneo a 19; in estate Coco Gauff a 15 anni vince al primo turno di Wimbledon contro Venus Williams, la diciassettenne Caty McNally strappa un set allo US Open a Serena Williams, contro cui Bianca Andreescu trionfa allo Slam di New York a 19.
In testa alla classifica in autunno c’è una ventiquattrenne, Ashleigh Barty, che ha uno Slam alle spalle e la quarta posizione è coperta da Naomi Osaka, che, a 22 anni, di Slam ne ha già vinti due.
A questo insieme così popolato si aggiunge più in sordina Iga Swiatek che, insieme ad Amanda Anisimova e Marketa Vondrousova, arriva a giocare la seconda settimana del Roland Garros del 2019 e agli ottavi di finale si trova di fronte la campionessa uscente.
Simona Halep, numero 3 del mondo, entra in campo con un completo di gara targato Nike che prevede una maglietta con un intero alveare di api bianche stampate su fondo nero e una gonna a tema floreale. È primavera e a Parigi la terra è secca, come dovrebbe; nel giorno degli ottavi il sole copre tutto il campo e l’adolescente contro cui la rumena deve giocare è vestita quasi come lei: Iga Swiatek, classe 2001 dalla Polonia, e nessun titolo alle spalle, è al suo primo anno di partecipazione ai tornei WTA.
A Parigi Iga arriva forte di una finale a Lugano poche settimane prima: in quell’occasione gioca contro Polona Hercog e perde per inesperienza, mancando i punti principali, ma comunque strappando un set.
Entra nel tabellone principale del Roland Garros e vince le prime due partite senza lasciare nemmeno un set e al terzo turno contro Monica Puig recupera il primo parziale perso a 0 vincendo gli altri due 6 – 3. Durante il torneo, Iga si allena al palcoscenico: il suo gioco migliora nella copertura del campo e nella gestione delle traiettorie dello scambio, sfruttando tutte le sue potenzialità per rimontare su Monica e approdare al cospetto della campionessa.
La partita contro Simona Halep non ha storia se guardiamo solo al risultato: 6 – 1, 6 – 0, ma Iga non deve dimostrare ancora niente, anzi: le basta essere arrivata alla seconda settimana, non aver dovuto concorrere passando dalle qualificazioni, essersi fatta valere e vedere anche se solo per qualche punto, per qualche minuto. Questa, in fondo, è la sua partita più importante fino a lì.
Halep la annichilisce, ma gli sprazzi di talento sono visibili.
Il problema di una vittoria così netta è che Simona Halep la dimentica in poco tempo, la liquida nella testa come una parentesi, senza intercettare nell’avversaria il nocciolo vero del suo talento e quindi dopo la partita, per Halep tutto attiene a una questione di esperienza: «Swiatek ha bisogno di molte partite su questa superficie. Ha bisogno di tempo. Di sicuro salirà perché a 18 anni, se stai giocando un quarto turno di uno Slam significa molto». Iga ha stoffa, insomma, si vede, ma per Simona la questione termina qui, anche perché al turno successivo cede 6 – 2, 6 – 4 sotto i colpi di Amanda Anisimova e ha ben altro a cui pensare: è di lei che serberà un ricordo più vivido.
Amanda ha un gioco naturalmente potente, riesce ad accarezzare la palla senza perdere un soffio della forza che la contraddistingue e durante il quarto di finale, Simona non riesce a vincere più di 3 game consecutivi, mentre la sua avversaria ne inanella più del doppio. Swiatek, rispetto ad Anisimova, è più silenziosa, la sua forza è latente e non ancora evidente, infatti passa tutta la seconda parte della stagione a continuare a perdere ma a imparare molto: prende le misure allo scontro con l’esperienza, colleziona punti fondamentali per la sua crescita di gioco e attitudine e soprattutto ogni incontro perso viene rielaborato, aggiustato, illumina un dettaglio in più che la conduce con più affidabilità nei tornei successivi. Non vince alcun trofeo, ma senza dubbio trova la sua strada, perde meno la concentrazione in partita, non ha paura di giocarsi il primo set a Toronto contro Naomi Osaka o a Cincinnati contro Caroline Garcia, fino a guadagnare la presa di un set a Anastasija Sevastova, numero 11 del mondo, al secondo turno dello US Open. L’esperienza, quindi, corre e fa un doppio salto, uno nel 2019 e due nel 2020; di questi ultimi, uno naturale e uno imprevedibile.
La vita prima
A Melbourne, a gennaio 2020, prima della pausa forzata, Iga Swiatek gioca la sua migliore partita della carriera: contro Anett Kontaveit agli ottavi di finale dell’Australian Open.
Kontaveit arriva alla partita dopo aver demolito Belinda Bencic: vince i primi 9 giochi e ne lascia solo uno (il risultato finale è 6 – 0, 6 – 1), ma soprattutto non subisce mai nemmeno una minaccia di break. Kontaveit passeggia su una partita in cui va bene ogni cosa che fa, in cui tutto si sistema al posto giusto; quel genere di partite che significano una certa forza personale ma molto hanno a che fare anche con il blackout dell’avversaria.
L’estone si affaccia all’ottavo di finale come se dovesse replicare la partita precedente e nulla più: esercita la potenza dei colpi che le è cara per superare l’avversaria, non così forte quel giorno come in altri momenti e comunque meno incisiva di Kontaveit. Ma Swiatek ha quel modo silenzioso di giocare che sottilmente si fa largo, che azzecca un dritto, poi un altro e un altro ancora, in un crescendo; oppure usa una variazione da fondocampo, che resiste agli attacchi e illude, perché sembra solo avere a che fare con lo stare nel campo, ribattere i colpi, il minimo indispensabile del gioco, ma invece è qualcosa di più che si carica per cercare il momento opportuno per emergere.
Il primo set è una sceneggiatura calcolata al minuto: la tensione sale fino al 4 – 3 per la polacca, che subisce un contro break ma poi rimonta ancora e serve per il 6 – 5.
L’occasione per giocarsi poi il primo break point della partita arriva in un modo peculiare: Iga si ferma nella stessa posizione a fondocampo dove controlla lo scambio. Sembra fissa, sembra in una posizione di difesa senza inventiva, ma al momento giusto ricorre al drop shot che finisce sulla linea.
Il primo set finisce al tie-break: Kontaveit non è nella giornata del turno precedente e di fronte ha un’avversaria apparentemente meno complicata, ma molto sfaccettata: Swiatek sa servire, sa gestire la partita, sbaglia poco e soprattutto realizza i break e anche quando ne subisce uno sa come togliersi di dosso la pressione. Un anno passato a perdere nel tour le restituisce il frutto che aspettava in un set di una partita: la pazienza di costruire le occasioni, la velocità di approfittarne e la costanza della concentrazione sul campo. Il tie-break è uno scontro in cui Iga ha la meglio sfruttando la difesa impeccabile e non facendosi sorprendere troppo dalle accelerazioni dell’avversaria, e che vince 7 – 6 con la lucidità giusta.
La partita termina 7 – 6, 5 – 7, 5 – 7 e nei successivi set Iga si fa sorprendere dalla pressione, continua ad aggredire l’avversaria anche quando non ce ne sarebbe bisogno e ricorre a un time-out medico, aprendo le porte alla rimonta di Anett.
In conferenza stampa la polacca dichiara che non avrebbe mai pensato di arrivare al quarto turno e che dopo questo Slam tornerà a casa per continuare a studiare con il suo insegnante privato – ha ancora un anno da finire – e poi si preparerà al French Open. Ma soprattutto dice senza ombre che l’unico obiettivo dell’anno è andare alle Olimpiadi di Tokyo, perché suo padre ha partecipato ai Giochi di Seul del 1988 e i Giochi sono un po’ un affare di famiglia.
Il mondo dopo
Quando parla con i giornalisti, Iga è quasi sempre serena, anche se deve nominare le sconfitte, e ha un controllo di se stessa peculiare per essere così giovane: trova il contesto corretto ai momenti delle partite, quasi come se non le giocasse lei. Il segreto, per così dire, è l’allenamento mentale con una psicologa dello sport: non una mental coach, non una motivatrice, non una insegnante yoga né tantomeno una guida spirituale, ma proprio una psicologa, Daria Abramowicz, specializzata tra le altre cose in psicologia dello sport, e parte dello staff della polacca dalla primavera del 2019. «Mi ha resa più intelligente», ammette Swiatek, «Conosco di più lo sport, so qualcosa in più sulla psicologia e capisco i miei sentimenti e posso nominarli ad alta voce» e ancora: «Credo che la forza mentale sia probabilmente la cosa più importante nel tennis ora, perché tutti possono giocare ad alti livelli, ma quelli che sono duri e sanno reggere la pressione sono i più grandi».
Durante la versione autunnale, fredda e troppo ventosa del Roland Garros 2020, Iga arriva senza avere fatto niente di quello che sperava a gennaio: nonostante faccia il primo passaggio a vuoto al Western & Southern Open contro Christina McHale e da numero 51 in classifica perde al primo turno 6 – 4, 6 – 2 contro la numero 90, e il secondo a Roma contro la numero 71 Arantxa Rus (perde 7 – 6, 6 – 3), a Parigi il Roland Garros non è la stessa cosa per nessuno: che si tratti di veterani o nuovi arrivati, il contesto e le condizioni meteorologiche decretano la fine di ogni previsione sulla stagionalità delle partite.
Il primo turno è già una resa dei conti: Iga si ritrova subito contro Marketa Vondrousova. Swiatek – Vondrousova è una di quelle partite che proiettano le intenzioni in avanti: la ceca è poco più grande, è la finalista dell’anno precedente, ha fatto la sua corsa memorabile ed è pronta a ripeterla nuovamente – in fondo lo scorso Roland Garros è mezza stagione fa, se pensiamo col tempo del tennis. Due giovanissime, che non si sono mai affrontate prima e di cui si sa tutto di ognuna, ma non si sa su quale piano riescono a scontrarsi.
Marketa ragiona subito sul piano dell’attacco, tanto da trovarsi con una doppia palla break nel primo game, che, però, sbaglia entrambe le volte. Iga risponde e si difende. Si ritrova subito a dover rincorrere con il servizio in mano e questo le suggerisce una cosa: per Marketa il primo turno è una partita come un’altra. La polacca non perde tempo e comprende l’avversaria e la partita e nel quasi completo silenzio di un campo qualunque del Roland Garros attua la sua strategia silenziosa e curata, lascia andare un serpente tra i ciuffi d’erba e irrompe sulla scena solo quando è necessario: sul 3 – 0 nel primo set quasi lascia andare il dritto mancino che vale il primo game dell’avversaria, perché 3 – 0 o 3 – 1 poco cambia.
Ha ragione Simona Halep, a Iga serve tempo, ma è un tempo tutto suo, che si attiva senza sbavature nel giro di un niente, e le permette di pressare l’avversaria, di spingerla oltre il fondocampo: la linea difensiva di Vondrousova nel quinto game del primo set è quasi fuori schermo.
Il secondo turno serve a Swiatek per carburare e portare a regime un talento che con Vondrousova le è servito poco: la copertura del campo. Di fronte a lei c’è Su-Wei Hsieh, che spesso gioca entrambi i colpi a due mani, rendendo difficile alle avversarie la comprensione della traiettoria. Iga, però, annulla questa specialità nel primo set, coprendo ogni angolo possibile del campo, approfittando delle linee quando deve e porta a casa un 6 – 1. Nel secondo la partita si complica quanto basta: la polacca va sotto 2 – 0 e poi 3 – 1 e ancora il 4 – 1, perché l’avversaria le prende le misure, la porta in giro per il campo facendole perdere la bussola, ma Iga reagisce con un gioco più frenetico: rinuncia al controllo e si butta nella partita, provando ad accorciare lo scambio sia come numero di colpi sia come profondità e ogni palla corta, ogni drop shot è preparato da un affondo di potenza, per portare fuori traiettoria Hsieh e renderle impossibile l’arrivo a rete. Serve meglio, risponde usando la profondità dei corridoi e in questo modo pareggia, per poi usare i momenti di calo fisico dell’avversaria per toglierle un turno di battuta e servire per il match.
La seconda partita diventa «solo» una questione di adattabilità. Al terzo turno, la giovane polacca trova Eugenie Bouchard, fisico corrotto da anni di infortuni e senza forma fisica competitiva da diversi anni. Nel 2020, però, dopo che tutti sono stati obbligati a rimanere fuori dai giochi, Genie torna a giocare al WTA Praga Open ad agosto e raggiunge la prima finale da quattro anni. Il desiderio di rivincita della canadese è la vera spina della partita per Iga Swiatek che deve confrontarsi con un passato non suo. Questo si traduce in una forte tenuta emotiva di Bouchard in qualche momento della partita, ma senza abbinare una prova anche tecnica. I due set hanno un corso simile: Swiatek parte con rigore, Bouchard trova uno spiraglio e ci si infila, ma sul pari la preparazione atletica e la concentrazione sono tutte dalla parte della polacca. La terza partita diventa un conto col destino perché agli ottavi c’è Simona Halep.
Ancora tu?
Quando parte Thunderstruck degli AC/DC l’unica cosa possibile è andarle dietro. E anche se suona nelle cuffie prima della gara e fuori non la sente nessuno, l’importante è che faccia ciò che promette: sbalordire.
Simona Halep raggiunge gli ottavi di finale senza scosse e da favorita del torneo: Serena Williams esce per un infortunio al tallone d’achille, Victoria Azarenka, finalista allo US Open, va a casa troppo presto, Naomi Osaka non è nemmeno partita per l’Europa e Petra Kvitova deve ancora affermare il ritorno pieno. Simona Halep prende la rivincita su Amanda Anisimova per il Roland Garros del 2019 e al terzo turno la liquida con 6 – 0, 6 – 1.
Simona sapeva esattamente cosa fare: la lezione del 2019 è valsa a molto.
«Thunderstruck» ha a che fare col fulmine, con lo shock, con un sentimento di confusione che prende quando una cosa inaspettata accade. E quando la canzone termina e l’ottavo di finale sta per cominciare, Iga Swiatek sa cosa fare: illumina, colpisce e brucia.
Per Simona Halep non c’è molto da fare, mentre Iga Swiatek mostra il dritto potente a tutto il mondo, il suo gioco completo, che può migliorare ancora in tutto, può diventare ancora un po’ più efficace in ogni aspetto, e rinuncia per una volta alla pratica silenziosa per andare dritto al punto. Le statistiche della gara dicono tutto quello che c’è da sapere sulla partita e sulla vittoria – 0 palle break concesse, 66 punti contro 43, 30 vincenti contro 12 – ma al di là dell’incontro in sé, Swiatek costruisce la vittoria nelle partite precedenti, quando deve mettere insieme il suo puzzle: Iga sa fare molto bene diverse cose, non è solo potenza, non è solo estro né soltanto velocità o variazione e quando i pezzi sono tanti incastrarli bene è l’unica risorsa che bisogna allenare quotidianamente e mai perdere di vista in partita.
Iga Swiatek è la seconda tennista polacca nella storia dell’Era Open a raggiungere i quarti di finale all’Open di Francia, dopo Agnieszka Radwanska nel 2013. Nel 2019, Iga conosce tutto quello che può fare, lo prova, lo mette in pratica, cerca il filo rosso che la tiene insieme e durante questo Roland Garros sembra aver capito esattamente come fare per annodare il filo sempre più stretto, senza rischiare di spezzarlo.