
E quindi alla fine la Juventus ha passato il suo metaforico Rubicone: via Thiago Motta, dentro Igor Tudor, almeno fino alla fine della stagione. Una decisione forte, in primo luogo del direttore sportivo Cristiano Giuntoli, che ha scelto di abortire il progetto tecnico lanciato la scorsa estate, nel tentativo di salvare il salvabile (cioè il quarto posto, che porterebbe la Juve alla prossima Champions League).
A Torino arriva quindi Igor Tudor, preferito a Roberto Mancini, probabilmente perché quest'ultimo non avrebbe accettato un contratto di pochi mesi. L’accordo raggiunto con il tecnico croato infatti terminerà con la conclusione del Mondiale per club in programma negli Stati Uniti il prossimo giugno. La Juventus, quindi, potrà essere libera di valutare il lavoro del suo nuovo allenatore prima di legarsi a lungo termine, lasciandosi aperta la possibilità di poter considerare con più calma altre opzioni per il prossimo anno (Antonio Conte? Gian Piero Gasperini?).
IL PASSATO DI TUDOR
Igor Tudor ha un'altra possibilità per farsi finalmente riconoscere come tecnico di alto livello, dopo un paio di esperienze finite forse prima di quando avrebbe voluto.
Fino ad oggi la carriera del croato è stata particolare. Dopo gli inizi come assistente di Edy Reja all'Hajduk Spalato e da vice allenatore nella Nazionale croata, Tudor ha infatti girato l’Europa passando da Grecia (PAOK), Turchia (Karabukspor e Galatasaray), Italia (Udinese, Verona e Lazio) e Francia (Marsiglia).
Nel suo percorso anche la stagione 2020/21 proprio alla Juventus, come membro dello staff di Andrea Pirlo. Un’esperienza che, com’è noto, durò soltanto un anno, lasciando Tudor alquanto frustrato per il modo in cui venne utilizzato all’interno del gruppo di lavoro di Pirlo.
Da allora però molta acqua è passata sotto i ponti. Tudor adesso ha una sua carriera da primo allenatore, che ancora oggi splende soprattutto per l'esperienza al Verona, che era riuscito a far rendere nonostante la cessione di due elementi fondamentali come Mattia Zaccagni e Federico Dimarco (ceduti nell’estate del 2021). Per capire qualcosa di più di come potrebbe cambiare la Juventus in queste poche settimane a disposizione, però, vale la pena affidarci a un'altra esperienza, quella alla Lazio, che almeno nell'incipit ha connotati simili a questa.
Più o meno nello stesso periodo del 2024, infatti, Tudor arrivò alla Lazio, per raccogliere l’eredità di Maurizio Sarri (dopo un breve interregno di Giovanni Martusciello), che si era dimesso dopo una battuta d’arresto contro l’Udinese. Era la quarta sconfitta consecutiva della Lazio tra campionato e Champions. Con una scelta controintuitiva, per raccogliere l’eredità del tecnico toscano, il presidente Claudio Lotito decise di affidarsi proprio a Tudor - un allenatore piuttosto diverso da Sarri.
L’ex difensore della Juventus inizialmente scelse di non ripartire da zero, introducendo i propri principi di gioco in maniera graduale. Fin da subito però si vide l’attenzione maniacale al posizionamento degli avversari invece che a quello della palla (secondo la zona pura di Sarri) e la ricerca costante della verticalità. Per un piccolo caso, Tudor debuttò sulla panchina biancoceleste vincendo proprio contro la Juventus grazie ad una rete realizzata in pieno recupero da Adam Marušić.
La Lazio è diventata sempre più una squadra di Tudor col trascorrere delle settimane, passando alla difesa a tre e proponendo un'idea più coraggiosa e aggressiva di fase difensiva, orientata su duelli individuali a tutto campo, come si conviene ad uno dei discepoli del calcio di Gasperini. Prima dell'arrivo di Tudor, il PPDA della Lazio si attestava a 11.83, sotto la media della Serie A; dal suo arrivo alla fine della stagione quel valore passò a 9.56, più solo di Napoli e Verona (ricordo che, misurando le azioni concesse all'avversario, il PPDA si legge "al contrario").
L’inizio della nuova gestione fu folgorante, con la Lazio in grado di conquistare 16 punti in 7 partite e di centrare a fine campionato la qualificazione all’Europa League con un cammino che ebbe solo due battute d’arresto, contro la Juve in Coppa Italia e nel derby contro la Roma.
Fu una rinascita collettiva ma anche individuale. Tudor, infatti, riuscì a rilanciare diversi giocatori (come Daichi Kamada, uno dei colpi estivi del mercato biancoceleste finiti in uno strano cono d'ombra) e a trarre il meglio da altri che, inizialmente, sembravano inadatti al suo calcio fatto di grande ritmo in entrambe le fasi (come Luis Alberto).
CHE JUVENTUS TROVA?
Il lavoro che Tudor è chiamato a svolgere con la Juventus per certi versi è simile a quello compiuto con la Lazio, dove alla fine fu costretto a lasciare per divergenze con la società. Il tecnico croato dovrà infatti lavorare sia sul campo che a livello psicologico per recuperare un gruppo che al momento non sembra avere grandi certezze.
Dal punto di vista tattico, la Juventus non è praticamente mai assomigliata al Bologna della scorsa stagione, che proprio grazie a Thiago Motta riuscì a centrare una storica qualificazione in Champions. Senza Riccardo Calafiori e Joshua Zirkzee, Motta non è stato quindi in grado di riproporre il gioco ammirato sotto le Due Torri e nemmeno di adattarsi ad una rosa dalle caratteristiche diverse da quella rossoblù.
La Juventus nel corso della stagione si è ingessata in una struttura rigidamente posizionale, poco fluida, all’interno della quale i giocatori andavano ad occupare determinate posizioni in campo con la palla. Il possesso era orizzontale, sterile, e aveva difficoltà nel creare veri pericoli alla porta avversaria. Secondo i dati Hudl StatsBomb, la Juventus di Motta è la formazione più lenta della Serie A ad arrivare al tiro: non che questo dato sia negativo di per sé (vicine alla Juventus ci sono anche squadre come Roma, Napoli e Lazio), ma è una buona fotografia dello spettacolo a cui i tifosi bianconeri hanno assistito nel corso delle settimane.
A pesare sono stati anche gli infortuni, che hanno privato il reparto arretrato di elementi in grado di collegare la fase di costruzione con quelle di sviluppo e finalizzazione (Gleison Bremer su tutti, ma anche Juan Cabal) col risultato che, nel primo possesso, la Juventus era costretta ad affidarsi quasi esclusivamente al gioco con i piedi di Michele Di Gregorio o alle corse in avanti di Federico Gatti.
Senza grande qualità in impostazione, la Juve di Motta ha fatto grande fatica a manipolare i sistemi difensivi avversari. A questo si aggiungano le scelte di un allenatore che è parso fedele al principio posizionale per cui si devono riempire degli spazi, non importa con chi. Di conseguenza, Motta ha finito per mettere dei giocatori in ruoli che si sono rivelati poco adatti alle loro caratteristiche.
Il caso che più ha fatto discutere è quello di Teun Koopmeiners. Arrivato dall’Atalanta per 60 milioni di euro come uno dei migliori centrocampisti dello scorso campionato, l’olandese ha finito per immalinconirsi a Torino, sballottato qua e là per il campo dal suo allenatore. Di lui ha scritto più approfonditamente Marco D'Ottavi qualche tempo fa. Ma Koopmeiners non è l'unico, e si potrebbe parlare anche di altri casi, come quelli di Kenan Yıldız e Nico González.
Questa Juve ossessionata dal controllo della partita ha finito per risultare innocua offensivamente. A inizio anno nuovo Motta ha dunque virato verso una versione più verticale della squadra, per cercare di dare maggior brio alla manovra offensiva della squadra. Un cambio dovuto anche all'arrivo di Kolo Muani, che inizialmente era sembrato capace di nascondere i problemi della squadra. La coperta però è stata sempre troppo corta: per acquisire pericolosità la Juventus è diventata più fragile difensivamente, come si è visto nelle due ultime partite della gestione Motta contro Atalanta e Fiorentina, con ben 7 gol subiti in due gare (senza segnarne neanche uno).
COSA POTREBBE CAMBIARE ADESSO?
A Torino dunque Tudor torna da primo allenatore per raccogliere i cocci di un progetto tecnico andato in frantumi. Tatticamente bisognerà vedere se il nuovo allenatore deciderà di mantenere (magari solo inizialmente, come fatto con la Lazio) la difesa a quattro o se, invece, opterà per impostare fin da subito la sua solita difesa a tre.
In quest’ultimo caso, due dei titolari potrebbero essere Gatti e Pierre Kalulu, entrambi dotati di quella fisicità necessaria per reggere i duelli uno contro uno che il croato costruisce in fase di non possesso.
A cambiare dovrebbe essere la fase di costruzione. Con Tudor, infatti, la manovra dovrebbe diventare più verticale, con l'obiettivo non di sistemare la squadra sulla trequarti avversaria dopo aver superato la prima fase di possesso ma di guadagnare campo in avanti quanto prima possibile. In ogni caso ci sarà da lavorare su questo aspetto: la Juve di Motta è stata spesso in enorme difficoltà quando si è trattato di superare avversari che difendevano con un pressing offensivo ben fatto e strutturato (come nella gara d’andata con l’Inter o in quella di ritorno contro l’Atalanta).
All’interno di questo contesto potrebbe essere ancora importante Andrea Cambiaso, uno dei pochi a salvarsi nel naufragio della gestione Motta. Le sue qualità nel muovere palla, sia tramite passaggi che in conduzione, potrebbero rivelarsi fondamentali in una fase di possesso che Tudor vuole più verticale rispetto a quanto visto sotto la precedente gestione.
Cambiaso potrebbe giocare come quinto (indifferentemente a destra o a sinistra) ma anche come terzo di difesa, posizione nella quale potrebbe incontrare delle difficoltà a livello di duelli difensivi ma che, di contro, garantirebbe alla Juventus un elemento in grado appunto di far risalire velocemente il campo alla squadra partendo dall’ultima linea.
Le attenzioni maggiori riguardo la nuova Juve verranno però riservate a Koopmeiners. Nell’eventuale 3-4-2-1 di Tudor l’olandese potrebbe tornare a giostrare da secondo mediano in un assetto tattico e con compiti simili a quelli già svolti egregiamente in passato all’Atalanta. Al suo fianco potrebbero venir impiegati Manuel Locatelli, Weston McKennie e Khéphren Thuram.
Chissà che il francese, con il nuovo allenatore, non aggiunga una nuova dimensione al suo gioco. L’ex giocatore del Nizza è infatti un centrocampista box-to-box, che dà il meglio di sé quando può attaccare in verticale. A tratti lo si è visto anche in questi primi mesi juventini, nonostante Motta lo preferisse come mediano più tattico davanti alla difesa.

Thuram attacca in verticale, palla al piede, andando a segnare contro la Fiorentina.
Tudor, però, si giocherà molto sul rendimento dell'attacco, la vera croce della Juventus di Motta visti i gol effettivamente segnati (45 esclusi i rigori, la sesta squadra della Serie A in questa statistica) e quelli attesi (34.12: la Juventus in questa statistica è settima).
Con un attacco composto da due trequartisti e una punta, o viceversa, un giocatore come Yildiz potrebbero tornare a calcare i corridoi centrali del terreno di gioco, invece che ingrigirsi partendo largo sulla fascia in un modello di gioco nel quale Motta pretende che i suoi esterni giochino ancorati alla linea laterale. Di questo accentramento potrebbe beneficiare l’intera manovra offensiva della Juventus, troppe volte inariditasi negli ultimi trenta metri di campo.
Di tale guizzo di vitalità beneficerebbero anche Dušan Vlahović e Randal Kolo Muani, con il serbo e il francese che potrebbero finalmente giocare insieme sul fronte d'attacco. Entrambi sembrano avere le caratteristiche per esaltarsi con il calcio di Tudor, ovvero con una struttura più diretta e con un maggior numero di corse verticali fronte alla porta avversaria. Della loro possibile convivenza ha già scritto Laura Brambilla, se volete approfondire.
Più in generale, ci si aspetta un gioco fatto di pressing alto e ripartenze brevi. Soprattutto una maggiore intensità senza palla, in particolar modo quando si tratterà di riaggredire in avanti a palla persa. Un tema essenziale per una Juve che fino ad oggi ha subito molto quando perdeva il possesso (soprattutto a causa dei numerosi errori tecnici dei suoi giocatori, come accaduto nella gara di ritorno contro l’Atalanta).
Tudor sembra l'uomo giusto per ricompattare l'ambiento, rivitalizzando un gruppo che adesso sembra spento. Lo ha già fatto alla Lazio, dove però finì per scontrarsi un'altra volta con una dirigenza poco incline alle sue turbolenze. È da questo punto di vista che c'è più interesse, anche guardandola dal lato della Juventus. Come si inserisce questo ingaggio nella visione di futuro della dirigenza bianconera?
Ancora prima della Lazio, Tudor non ha esitato a scontrarsi anche con giocatori importanti nello spogliatoio (come ad esempio nel caso di Dimitri Payet a Marsiglia) se questi ultimi si mostravano recalcitranti a seguire le sue idee. Cosa succederà a Torino, se questo si ripeterà alla Juventus?
Queste comunque sono domande che appartengono al futuro. Per Tudor ora c’è un campionato da finire nelle prime quattro e un Mondiale per club nel quale fare bella figura, per sperare di ottenere la conferma per la prossima stagione o almeno una nuova panchina italiana o europea, e non restare ancorato alla nomea di salvagente per squadre importanti.