Quando è arrivato in Italia, nel gennaio del 2022, Jonathan Ikoné sembrava incarnare l’ambizione della Fiorentina di Vincenzo Italiano, il suo sguardo promettente sul futuro. Ikoné era uno dei talenti più promettenti della lussureggiante scuola francese, che sembra trovare giocatori offensivi di alto livello frugandosi nelle tasche del cappotto. Cresciuto nel celebre dipartimento 93 di Parigi, dove si dice che il cemento forgi il talento dei più grandi dribblomani del mondo, sembrava avere tutte le caratteristiche per fare il grande salto. Cresciuto insieme a Mbappé, per lo più dal padre di Mbappé come un fratello minore, da piccolo sembrava addirittura più promettente del fenomeno francese. «Quando eravamo piccoli facevamo paragoni tra loro due e pensavamo che il più forte fosse Jonathan», ha detto un loro amico d’infanzia «Quando facevamo i tornei sembrava Messi. Era come se giocasse contro dei birilli, il suo sinistro era incredibile».
Dopo i primi passi tra i professionisti al Montpellier, Ikoné si era fatto una sua reputazione al Lille. Un paio di stagioni promettenti, la creazione del soprannome Bip Bip (acronimo formato dalle iniziali dei suoi due compagni d’attacco: Bamba e Pépé), poi l’incredibile vittoria del campionato con Christophe Galtier, in una stagione in cui in tutte le competizioni aveva segnato 7 gol e 7 assist. Arrivato alla Fiorentina a 24 anni, il meglio doveva ancora venire. Quanto avrebbe potuto metterci il campionato italiano a far maturare definitivamente questa aletta che prometteva grandi cose?
Sono passati due anni da quando ci siamo posti questa domanda e la risposta ha assunto ormai note inquietanti. Ikoné ieri ha giocato una delle sue peggiori partite con la maglia della Fiorentina, in campo ogni suo pallone perso veniva sottolineato con grida di frustrazione sempre più alte, e nel frattempo sulla sua pagina Wikipedia in italiano qualcuno si è divertito (forse nemmeno troppo) a scrivere che “se lo volete parto con la macchina e ve lo porto davanti l’uscio”. La sua prestazione, poi, è stata suggellata da una buona occasione da gol mandata sopra le teste dei cartelloni pubblicitari - un'altra. Il suo modo di giocare funambolico ma inconcludente è diventato simbolo di un futuro promesso che non arriva mai, di una squadra che sembra fatta per andare oltre le aspettative solo per fermarsi a un metro dal traguardo.
Non è una stagione facile per i giocatori offensivi della Fiorentina. Davanti Beltran e Nzola non sono riusciti davvero a colmare il vuoto lasciato qualche tempo fa da Vlahovic, mentre sulle fasce tra Brekalo, Kouamé e Sottil si potrebbe fare un manifesto all’inconsistenza molto prima di arrivare a Ikoné. La squadra di Italiano non è mai stata un habitat facile per gli attaccanti, nemmeno quando Vlahovic sembrava poter sollevare le colonne di marmo come Sansone, e quest’anno non sembra esserci stata un’inversione di tendenza. La Fiorentina è appena sopra la media della Serie A per npxG creati a partita (1.08 contro 1.05) e anche gli xG per tiro (0.08) parlano di una squadra che fa sempre fatica a creare occasioni pulite. Solo un giocatore che ambisce all’onnipotenza come Nico Gonzalez sembra riuscire a trasformare il piombo in oro, con una freddezza in area da prima punta arrivata alla piena maturità.
Nico Gonzalez che diventa Oliver Bierhoff e mette in rete un cross inconcludente è quindi lo specchio che mostra i desideri più profondi e disperati delle altre ali della Fiorentina. Tra queste, però, nessuna è più diversa del numero 10 argentino come Ikoné, un’ala che si avvicina all’area con un crescendo di archi prima che una nota steccata gli faccia tirare il pallone in curva.
I problemi davanti alla porta di Ikoné non sono del tutto una notizia. Già nel 2018 il suo ex allenatore Christophe Galtier lo aveva invitato a «essere più “killer” di fronte alla porta, sia in area che fuori». In una delle sue prime partite con la maglia viola, contro l’Inter nel marzo del 2022, Ikoné aveva lasciato un messaggio ai noi del futuro. In una delle ultime azioni di una partita in cui era successo di tutto, era stato lanciato solitario in transizione verso l’area nerazzurra. Ikoné aveva fatto cadere a terra Calhanoglu con un doppio passo, aveva sgasato per entrare in area ma, arrivato davanti ad Handanovic, aveva centrato il corpo del portiere. Allora sembrava una cosa da niente, oggi la guardiamo con l’impressione che avremmo dovuto capire tutto fin da subito. Ma è davvero così?
Ho ripercorso i gol sbagliati da Ikoné in questa stagione per provare a mettere a tacere la vocina nella testa che ci spinge a guardare il calcio solo per smascherare l'hype intorno a certi calciatori.
Cominciare col piede sbagliato
La lotta impari tra Ikoné e la porta avversaria è cominciata ancora prima dell’inizio del campionato. In una delle ultime amichevoli estive, contro il Nizza, Jovic riesce a sfondare in area e a trovare l’ala francese al limite dell’area piccola con un’intuizione notevole. Forse la traiettoria è leggermente lunga, ma Ikoné sembra come non aspettarsi l’assist del compagno, non anticipa il movimento e quando ormai è troppo tardi prova ad allungarsi in un tiro in scivolata che accomoda il pallone tra le mani del portiere avversario. È pigrizia mentale? L’impossibilità di immaginarsi che ti possa capitare qualcosa di bello?
In una ipotetica biografia potrebbe essere questo il momento in cui Ikoné è entrato a piccoli passi in una lunga spirale depressiva, in cui ogni gol sbagliato sembra avvicinarlo al prossimo. Con 6 gol e 8 assist in tutte le competizioni, la sua stagione passata non è stata così drammatica come si dice, eppure la Fiorentina sembrava averlo mollato molto prima di questa sequela drammatica di errori. In estate, di fronte a un potenziale interesse di un club non precisato dell’Arabia Saudita, a Firenze in molti pensavano più alla possibile plusvalenza che al vuoto che avrebbe lasciato. Complice anche un infortunio all’anca che gli ha fatto saltare le prime partite, anche lo stesso Italiano inizialmente è sembrato puntarci con reticenza.
La sfortuna
Tra ottobre e novembre Ikoné inizia a rientrare più stabilmente nelle rotazioni, ma la sfortuna gli inizia a circolare intorno come uno squalo che sente l’odore del sangue. Il 5 novembre entra nei minuti finali di una tiratissima partita contro la Juventus solo per vedere Rugani trasformarsi improvvisamente Barzagli e togliergli dalla fronte la palla dell’1-1. Due settimane dopo, contro il Genk in Conference League, mette in mostra uno dei suoi talenti: colpire in pieno l’ultimo uomo a dividerlo da un gol.
Alla fine del primo tempo, Kouamé mette uno strano cross lento e lungo sul secondo palo che attira il portiere fuori dallo specchio. Il portiere sfiora con la mano, la palla rimbalza su Barak e viene rimessa in area, dove Muñoz è lento a capire il rimbalzo. Ikoné arriva con una cattiveria che sembra non appartenergli, anticipa l’avversario con la gamba tesa ma il pallone finisce sul piede di un difensore che era finito quasi casualmente sul primo palo. Se l’ala francese avesse segnato almeno uno di questi due gol, le cose sarebbero andate diversamente nelle settimane successive?
La paura
Statisticamente il gioco di Ikoné non sembra cambiato rispetto alla scorsa stagione se non per un parametro, il numero di dribbling tentati e quindi riusciti. Rispetto alla stagione sono quasi dimezzati, passando rispettivamente da 2.37 per 90 minuti a 1.42, e da 1.41 a 0.85. È come se gli errori sotto porta, e la conseguente paura di sbagliare, avessero appassito il cuore del suo talento, quella capacità di dribblare improvvisando, che rendeva “difficile prevedere come finiranno le sue azioni proprio perché, grazie alla frequenza del tocco, potenzialmente può cambiare decisione e direzione in qualsiasi istante”. D’altra parte, dribblare significa sapersi immaginare una via verso la porta che ancora non esiste, e non c’è nulla peggio della paura per farla sparire.
Per almeno due volte in questa stagione Ikoné si è ritrovato da solo davanti al portiere avversario, senza riuscire a immaginare una via d’uscita che non fosse quella che la realtà gli poneva di fronte. La prima volta è successo all’inizio di dicembre, contro la Salernitana. Bonaventura lo ha lanciato verso la porta stranamente libero, con la squadra di Inzaghi che se ne era come dimenticato. Ikoné si è aggiustato il pallone sul sinistro ma ha aspettato troppo facendo rientrare Pirola, e a quel punto non c’era più specchio per il tiro o spazio per un dribbling.
Sono quei momenti in cui l’ala francese sembra non riuscire a liberare la mente. Avete presente quando ti dicono di non pensare agli elefanti e non puoi fare a meno che pensare agli elefanti? Qui è lo stesso ma gli elefanti sono Lirola e Costil.
Una decina di giorni dopo, contro il Monza, gli avversari nella sua testa si sono fatti ancora più grandi. Ancora una volta lanciato in profondità alle spalle della difesa avversaria, Ikoné ha fatto fuori Caldirola, ha attirato fuori dalla porta Di Gregorio con una finta efficace ma, arrivato di fronte alla porta ormai vuota, non si è fidato del suo destro. Non ci sarebbe stato problema lo stesso: la porta è larga sette metri ed è praticamente indifendibile per un uomo che non può utilizzare le mani. Con il ritorno di D’Ambrosio, però, Ikoné non è riuscito a vedere altro che il suo avversario e con precisione sbalorditiva è riuscito a colpire il suo ginocchio.
Nella conferenza post-partita, Vincenzo Italiano sembra non poterne già più. «Sbaglia in allenamento gol simili, non è nuovo a queste situazioni. Se decide di aggiungere gol e assist può diventare un esterno di altissimo livello. Non capisco cosa gli succede durante le partite, si deve convincere di poter determinare, di avere le qualità». Ikoné è ormai in un tunnel senza scampo e nemmeno un retropassaggio pensato appositamente per lui dal Torino riesce a resuscitarlo. Se per paura gli avversari sembrano più grandi, quando gli avversari sono effettivamente enormi Ikoné semplicemente non ha scampo.
Al momento Ikoné è il giocatore della Fiorentina che sta underperformando di più a livello realizzativo. In campionato, nonostante i 2.17 npxG avuti a disposizione, l'ala francese non è ancora riuscito a trovare il gol. Se parametriamo il dato per 90 minuti, solo Nico Gonzalez ha accumulato più xG di lui in Serie A.
I limiti
Difficile dire se alla base dei problemi di Ikoné ci sia anche un problema tattico. Con una squadra che attacca con più campo davanti l’ala francese potrebbe rendere di più? Se Italiano avvicinasse i suoi uomini sul campo, facilitasse le connessioni, Ikoné sentirebbe di meno il peso del mondo sulle sue spalle? In realtà anche in una squadra che cerca spesso l’isolamento delle ali sull’esterno in fase di attacco posizionale, Ikoné sembra potersi ritagliare un suo ruolo. Cresciuto nel mito di Ribery, il numero 11 della Fiorentina è uno di quei giocatori che sembra poter spostare il pallone sempre all’ultimo momento utile, dribblando verso l’interno tutta la squadra avversaria. E d'altra parte quella di Italiano è una squadra che fa molto affidamento sugli strappi dei suoi esterni per risalire il campo.
Da questo punto di vista, questo contro il Verona, sul risultato ancora sullo 0-0, è forse l’errore più difficile da spiegarsi. Ikoné punta Terracciano, si ritaglia bene lo spazio dentro l’area, ma, una volta arrivato a vedere lo specchio di porta aperto, calcia di molti metri sopra la traversa. Questo non è propriamente un gol sbagliato, certo, ma è quel tipo di azioni da cui ci aspetta un gol da giocatori come Ikoné, che creano insofferenza intorno alle sue giocate. Perché in casi come questo è difficile tirare in ballo i fantasmi dei gol sbagliati, e si può legittimamente discutere di una tecnica di calcio che a questo livello è quasi rudimentale. Guardate come il corpo cade all’indietro, come la gamba scappa meccanicamente verso l’alto.
Contro il Verona nel primo tempo la Fiorentina aveva rischiato più volte di andare sotto nel punteggio, quanto si sarebbe distesa l’atmosfera intorno a Ikoné se fosse riuscito a segnare questo gol? Che sospiro di sollievo avrebbe tirato il giocatore francese insieme a tutto il resto del Franchi?
Purtroppo per Ikoné le cose sono andate come sono andate, e il resto è sembrato precipitare di conseguenza. Contro l’Udinese, sempre alla fine del primo tempo e sempre in una situazione di difficoltà, Ikoné è stato pescato bene in area da un cross di prima di Biraghi, alle spalle dei centrali dell’Udinese, ma ha colpito il pallone in maniera tragica. Sbucciandolo con la tibia, dopo una coordinazione completamente sbilenca. Non era un’occasione semplice, ma è stata come la goccia che ha fatto traboccare il vaso. È da quel momento che la sua partita ha iniziato a svanire, e i tifosi a mormorare ogni volta che toccava il pallone. Dopo pochi minuti lo stesso Ranieri ha iniziato a insultarlo da lontano perché non aveva fatto un taglio verso la porta su un cross in area.
Non ci sono proprio le condizioni ideali affinché Ikoné superi questo blocco e torni presto al gol, insomma. Il suo nome circola da giorni tra i rumor di mercato, e di sicuro per lui sarebbe il modo più veloce per mettersi tutto alle spalle. Non è detto però che Ikoné non possa ricostruirsi una vita a Firenze. Se la capacità di segnare è descritta spesso come qualcosa di magico e intangibile è anche perché basta poco perché si impossessi di nuovo di un attaccante. Chissà, magari siamo solo a un rimpallo o da una deviazione da una rinascita. Di certo non sarebbe la prima volta.