
CONOSCI LA TUA SQUADRA DEL GIOVEDì SERA: JAGIELLONIA

Jagiellonia è sulla luna? O su Marte? È la prima squadra di calcio fondata su un nuovo pianeta su cui è impossibile rintracciare alcuna traccia del mondo antico. Che radice ha, il nome Jagiellonia? Tedesca, russa, italiana, ebrea askhenazita? Da dove arrivano quelle maglie gialle e rosse a strisce orizzontali, come si usa nel rugby? Che cos’è quello sponsor, con quella grafica primitiva, quel senso di armonia che non appartiene al nostro mondo, con scritto VIKINGA? Chi sono questi calciatori, Jesus Imaz, Afimico Pululu, Miki Villar, Adrian Dieguez? Da quale radice linguistica vengono, o quale sogno robotico li ha generati?
Da due secoli a Byalistock si sogna un mondo fuori dal mondo. Una cultura nuova nata senza nemmeno le ceneri di quelle vecchie. Qui a fine ‘800 un uomo coltivava il sogno di una lingua che ripristinasse finalmente la pace che regnava prima della Torre di Babele, che sfidò Dio e moltiplicò le lingue dei popoli. Questa lingua, che oggi passivamente accettiamo sia l’inglese, un tempo doveva essere una lingua nuova, che non doveva nascere da potere corrotto o diseguaglianze. L’uomo che ne coltivava il sogno si chiamava Ludwik Lejze Zamenhof, nato a Byalistock, e la lingua si chiamava Esperanto.
Byalistock all’epoca non era in Polonia ma in Lituania, appartenente all’impero russo. I gruppi etnici di Byalistock erano i più disparati e ognuno parlava lingue diverse. Per Zamenhof è uno spettacolo terribile, perché come racconta il mito di Babele la diversità linguistica è sempre fonte di discordia e di conflitti. E poi di esercizio del potere. Zamenhof sognava una lingua franca e neutrale, per cancellare ogni discriminazione e permettere alle persone finalmente di capirsi. Diceva: «Sono stato educato all'idealismo; mi hanno insegnato che tutti gli uomini sono fratelli e intanto sulla strada e nel cortile tutto a ogni passo mi ha fatto sentire che non esistono uomini, esistono soltanto russi, polacchi, tedeschi, ebrei, ecc. Questo ha sempre tormentato il mio animo infantile, anche se molti sorrideranno su questo dolore per il mondo da parte di un bambino. Poiché a me allora sembrava che i "grandi" fossero onnipotenti, mi ripetevo che quando sarei stato grande io senz'altro avrei eliminato questo male.»
Che fine ha fatto il sogno dell’esperanto?
Se oggi Zamenhof fosse ancora vivo tiferebbe Jagiellonia? Kion faris Jagiellonia jaudon? Ovvero: che fatto lo Jagiellonia giovedì?
Il nome Jagiellonia è un tributo alla dinastia degli Jagelloni, granduchi di Lituania, sovrani di Polonia, nel 1500 praticamente la famiglia De Medici di quella parte d’Europa, per il loro amore per le arti e per l’incessante attività di promozione delle stesse. Il loro Lorenzo De Medici si chiama Ladislao II: sovrano delle forze alleate che sconfissero quelle teutoniche nella battaglia di Grunwald del 1410. Una volta diventato vedovo sposò Anna di Celje, in uno dei matrimoni più glamour del regno della Conference League. Alla sua morte Lituania e Polonia divennero due cose diverse.
Ma come mai non avevamo mai sentito parlare di Jagiellonia fino a pochi mesi fa?
È un club nato a metà novecento, ma che ha esordito nella massima serie solo negli anni ’90. Un prodotto dell’epoca moderna. Nel 2024 lo Jagiellonia ha vinto per la prima volta il campionato, grazie al Nagelsmann polacco, Adrian Siemieniec: carriera da calciatore minore, faccia paffuta, a 32 anni uno dei più giovani della storia a vincere un titolo nazionale. La squadra gioca un calcio offensivo, pieno zeppo di giocatori tecnici. Il suo leader, il centro gravitazionale dello Jagiellonia, è Afimico Pululu, che, dopo un inizio carriera deludente, in Polonia è diventato una specie di Romario, semplicemente immarcabile.
COME SONO ANDATI I SORTEGGI ALLE ITALIANE
-ROMA
Difficoltà prossimo avversario: 8
Difficoltà tabellone in generale: 10
Sfortuna calcolando anche gli incastri che non si sono verificati: 8
La Roma aveva già pescato il peggiore avversario possibile nei playoff, prendendo il Porto, e dopo aveva le possibilità divise a metà tra prendere la prima classificata del girone, giocandosi il derby con la Lazio, oppure la seconda classificata, ovvero l’Athletic Club, la squadra che ha forse giocato meglio nel girone, misurando le avversarie che ha affrontato. Alla fine ha evitato il derby, ma ha pescato il lato più complicato del tabellone. Se dovesse passare troverebbe - forse - l’incubo Josè Mourinho ai quarti, e poi - sempre in proiezione ipotetica - il Manchester United, altro club incubo della storia giallorossa. Prendendo il derby, invece, la Roma poteva per lo meno finire nella parte più scarica del tabellone.
Contro l’Athletic la Roma ha già giocato, all’esordio di questa edizione dell’Europa League, e fu una delle migliori partite della gestione Juric, troppo peculiare quindi per rappresentare un esempio. La partita finì 1-1, con l’Athletic che pareggiò anche grazie all’ingresso in campo di Nico Williams, che non era partito titolare per problemi fisici.
Non poteva andare peggio di così, onestamente.
-LAZIO
Difficoltà prossimo avversario: 4
Difficoltà tabellone in generale: 3
Sfortuna calcolando anche gli incastri che non si sono verificati: 1
La Lazio, a differenza della Roma, ha solo buone notizie dell’aver evitato il derby. Pescando la Roma sarebbe stato un sorteggio oggettivamente sfortunato, per la squadra che ha chiuso il mega-girone in testa, ma ora, avendo evitato la Roma, la Lazio ha massimizzato i vantaggi guadagnati giocando uno splendido girone. Ora c’è davvero una strada lastricata fino almeno alla semifinale, dove potrebbe incontrare il Tottenham - un club comunque vicino all’implosione; oppure l’Ajax, molto altalenante e che ha già sconfitto quest’anno. La squadra di Baroni esce dal sorteggio come la principale favorita per la vittoria finale.
KLASSEN ERA ANCORA STORDITO PER I FESTEGGIAMENTI PER IL SUO CENTESIMO GOL
E così Davy Klaassen è arrivato a segnare 100 gol con la maglia dell’Ajax: 100 gol in 10 stagioni (facciamo 8, calcolando le presenze) non sono pochi per un centrocampista, e ora avete la possibilità di riguardarli, e magari attraverso i gol di Davy Klaassen porvi profondi interrogativi sull’esistenza umana, come facevano certi pittori fiamminghi ossessionati dall’invecchiamento e dalla morte.
Klaassen a vent’anni sembrava averne quaranta, a venticinque cinquanta, a trenta, però, trentacinque, grazie al trapianto che non si è limitato a restituirgli i capelli ma a donarglieli, visto che a quanto pare non ne ha mai avuti. Segna il primo gol in carriera su assist di Eriksen, il Maradona degli stempiati, sbucando da dietro; segna l’ultimo scalciando quasi da fermo un’azione sporca come un action figure con pochi e limitati movimenti. Per anni ha rappresentato un piccolo mistero e una grande certezza. Un uomo che sapeva segnare solo con la maglia dell’Ajax, ma che lo faceva con implacabile regolarità. I suoi gol sono un piccolo manuale di movimenti senza palla, e di finalizzazioni eleganti e graziose. Guardando quei gol potete ripensare a questi anni, dal 2011 a oggi: cosa avete fatto, chi siete diventati? Mentre Davy Klaassen agiva da attaccante ombra, trasformando l’epica del gol in un piccolo lavoro d’artigianato, voi cosa sognavate per voi stessi? Di vedere le montagne del Sudamerica o il Mar dei Caraibi, oppure di aprire la vostra piccola start up di logistica in provincia di Varese.
Guardi i gol di Klassen, questi inserimenti uno dopo l’altro, asciutti e razionali, ed è una grande lezione su come si possono raggiungere traguardi straordinari senza avere mezzi straordinari, e con una tecnica asciugata al più assoluto minimalismo; un uomo che si muove per il campo come un algoritmo, toccando sempre la palla a uno o due tocchi, perfettamente sciolto nell’organismo di squadra - e che per questo non può sopravvivere al di fuori del peculiare ecosistema tecnico dell’Ajax.
Dopo i 100 gol il club lo ha celebrato infilando 100 palloni nella sua macchina. Un tributo passivo aggressivo che evidentemente ha stordito il capitano. Contro l’Union Saint Gilloise, dopo alcuni minuti di pressione offensiva asfissiante dei belgi, Klaassen è andato in cortocircuito. Su un tiro a botta sicura di Promise ha buttato il suo corpo verso la porta. Probabilmente voleva solo opporre una quantità di volume di materia al tiro dell’avversario, ma per buttarti in avanti devi per forza mettere le mani in avanti, e queste mani hanno parato il tiro. L’arbitro ci ha messo qualche secondo a capirlo; nel frattempo Klaassen giaceva pancia a terra toccandosi lo sterno, come se fosse stato colpito lì, mentre le immagini subito dopo mostravano come l’avesse presa con la mano e rivelando il patetismo di quella simulazione. Con che cuore i giocatori ancora simulano ai tempi del VAR? È una naturale tendenza umana al teatro, a interpretare dei ruoli, a fingere mescolando realtà e rappresentazione?
L’espulsione ha lasciato l’Ajax in dieci per un tempo che è sembrato infinito, ma il fatto che non abbia perso è stata forse una piccola ricompensa per il lavoro e la dedizione di Davy Klaassen, che non meritava di certo di essere il responsabile di un’eliminazione pochi giorni dopo la celebrazione della sua carriera.
GUIDA PER DISTINGUERE I GIOCATORI DELL’AJAX
A questo punto della stagione ormai ci avrete fatto caso. Nell’Ajax ci sono alcuni esseri umani che spiccano sugli altri: Kian Fitz-Jin (Pienaar), Pasveer (insegnante di yoga quarantenne) e al massimo Klaassen. Per il resto la squadra propone una serie di esseri umani bianchi caucasici con tratti nord-europei moderati. Hanno nomi simili, facce simili, capelli simili e c’è qualcosa di mostruoso in tutto questo, come una squadra che ha abdicato ormai del tutto alla singolarità umana. Un’era ormai del tutto post-umana, in cui regen olandesi nascono in laboratorio con già incorporati i codici del gioco di posizione.
-MIKA GODTS

Potete distinguere Mika Godts dal fatto che gioca esterno sinistro e dal dettaglio che i suoi capelli si riuniscono verso la nuca in un accenno di cresta.
-KENNETH TAYLOR

Rispetto a Mika Godts la sua faccia è più lunga del 5%. Gioca a centrocampo. Nessuno sa da dove provenga.
-ANTON GAAEI

Purtroppo non possiamo essere del tutto certi della sua reale esistenza, ma su Gaaei possiamo dirvi che per riconoscerlo dovete solo far caso al fatto che è più grosso degli altri regen identici a lui.
-JORDAN HENDERSON

Purtroppo dall’alto è praticamente indistinguibile con Kenneth Taylor, con cui condivide il ruolo e il nome anglo-generico. È probabile che Taylor sia stato generato da una goccia di sangue di Henderson.
-CHRISTIAN RASMUSSEN

Una faccia da bravo ragazzo, proprio come quella di tutti gli altri. Per Farioli riconoscerlo dagli altri maschi uguali a lui deve essere stato un incubo, ma poteva fare attenzione a un cranio che si allarga leggermente verso l’esterno e a uno stile di corsa un po’ più pesante.
CELJE E APOEL HANNO GIOCATO CON LA STESSA MAGLIA E ALLA FINE DELLA PARTITA SONO RIUSCITE A EVOCARE UN ANTICO DEMONE DAL CENTRO DELLA TERRA CON LE SEMBIANZE DEL GABIBBO E I COLORI DELLA LIDL
Per carità, ci saranno state nella storia del calcio partite più brutte di Celje-Apoel Nicosia, ma non credo che ci fossero partite così brutte in cui le due squadre indossavano maglie tanto simili. Secondo studi gestaltici sui colori, fatti dai diavoli della pubblicità, il blu e il giallo e abbinati vogliono rassicurare chi li guarda; per questo sono i colori di alcuni storici brand della destra globale: Lidl, Poste Italiane, Matteo Salvini.
PERSONE CHE ESISTONO REALMENTE

Ve lo ricordate il Richard Ashcroft del Trentino Alto Adige?
GOL PIÙ GIOVEDÌ SERA
Virilità: 10
Assurdità: 5
Anti-epicità: 2
Paura della morte: 100
Era una vita che volevo scrivere in questa rubrica di un gol BELLO e non di uno solo ridicolo. Finalmente grazie al Pafos ci riesco, un gol che allo stesso tempo è geniale, ricco di tecnica e tempismo, ma che grida anche un barbarico “GIOVEDÌ SERA”. Ovviamente inizia tutto con Jairo, l’alfa e l’omega del Pafos, il trequartista brasiliano che tutte le squadre del giovedì sera dovrebbero avere. Jairo controlla un lancio verticale che sta uscendo verso la linea laterale, con l’uomo alle spalle che lo spinge, riesce a eluderne la marcatura con un tocco a rientrare, poi va a contrasto con un altro avversario che arriva da dietro, vince il contrasto, cade a terra, si rialza e dopo una breve pausa scucchiaia un pallone per l’inserimento di Dragomir in mezzo a tre avversari. Tutte queste cose Jairo le fa in pochi secondi, con la grandezza e la semplicità dei calciatori che dovrebbero dominare questo sport.
Poi tocca a Dragomir, che seppur con questo nome, è l’attore non protagonista. Il suo inserimento è fatto coi tempi giusti e lo porta a crossare dalla linea di fondo all’indietro, cross spesso pericolosi. Ora veniamo al colpo di genio estemporaneo, quello di Muamer Tanković. Soprannominato il “Tevez svedese”, nel mirino del Genoa per sostituire Kouamé, una stempiatura precoce e un fisico non proprio da atleta, Tanković vede la luce. Lì il 99% dei calciatori avrebbe provato a tirare, lui invece si fa scorrere il pallone tra le gambe e col tacco premia l’inserimento di Jonathan Silva alle sue spalle che chissà come l’ha visto. Jonathan Silva - un passato alla Roma (2 presenze) e un ruolo da difensore centrale convertito in terzino - arriva di gran carriera e tira a caso. C’è sempre uno che tira a caso, o con la paura che se lo mangia, con la gambetta, con gli occhi chiusi e il cuore aperto. Tira esattamente addosso al difensore, non pensa che nella bellezza di questa azione a lui sarebbe toccata la finta alla Mbappé, per mandare lunghi tutti e segnare a porta vuota. Non lo pensa perché non è il suo, altrimenti non sarebbe finito a Pafos. Tira dritto per dirtto addosso al difensore, con un piattone sporco, ma il pallone dopo aver colpito l’avversario prende il giro suo, non quello voluto dalla fisica, ma quello di questi palloni della Conference, palloni magici - se ci seguite lo sapete - palloni che ieri avevano deciso che il Pafos doveva passare il turno e doveva farlo perché Jairo è un fenomeno, Tanković un genio e Jonathan Silva è Jonathan Silva, e questo fa tutta la differenza del mondo.
L’AVRESTE FATTO ANCHE VOI
Nuova instant-rubrica, instant nel senso che la facciamo questa settimana, poi chi sa. “L’avreste fatto anche voi” è una rubrica semplice come la coppa di un falegname, e il senso è: noi vi mostriamo una giocata teoricamente sbagliata e però vi convinciamo che al suo posto lo avreste fatto anche voi.
Un po’ di contesto. Siamo al 99’ di Panathinaikos-Vikingur e agli islandesi serve un gol per i supplementari. Erano stati in corsa fino a 10 minuti prima e sembrava che l’idea di una squadra islandese agli ottavi di una competizione europea non fosse così assurda, anzi che fosse proprio questo il momento. Poi Tete aveva segnato il gol decisivo. Ora però c’è quest’ultima preghiera ben 3 minuti oltre la scadenza del recupero, una palla da buttare in area e succede quel che succede. Beh, succede questo. C’è una prima respinta, il pallone poi viene rimesso al centro e finisce verso Nikolaj Hansen. Hansen è al Vikingur dal 2017, ieri è entrato dalla panchina, diventando anche il capitano della squadra: ha visto il momento che ha sognato a occhi aperti in diversi momenti della sua vita e ha provato a coglierlo, con l’ultimo pallone della partita.
L’avreste fatto anche voi? Se vedete bene, Hansen avrebbe avuto lo spazio e il tempo per una giocata meno eroica, ma il calcio esiste anche per essere eroi, o almeno morire provandoci. L’avreste fatto anche voi.
COSA SIGNIFICA LA MAGLIA MOSTRATA DA DANIEL DAGA
Ieri Daga ha realizzato il calcio di rigore, e dopo ha mostrato una maglia con su scritto “Unless they kill god”. Un messaggio criptico che credo abbia un senso motivazionale, del tipo “A meno che non uccidano Dio io sarò qui a resistere a non piegarmi, a segnare rigori in una buia e fredda serata irlandese, per mandare una squadra norvegese agli ottavi di Conference League.
PREMIO UN CERTAIN REGARD PER LA MIGLIORE PARTITA DEL GIOVEDI SERA
A Bodo il campo sarà pure di plastica ma il vento che sferza il prato dellAspmyra Stadion è vero. È un vento ancestrale, che ricorda all’uomo della furia degli elementi di una natura ostile e maligna, che sembra mal tollerare la presenza umana.
«Al gener nostro il fato / Non donò che il morire. Omai disprezza
Te, la natura, il brutto / Poter che, ascoso, a comun danno impera,
E l'infinita vanità del tutto»
I giocatori del Bodo - Evjen, Berg, Bjorkan, tutti questi strani nomi diventati per noi familiari - hanno un’aria epica mentre il vento gli fa garrire le maglie. Hanno perso la partita di andata per 2-1 contro il Twente ma in casa, in mezzo a una natura che vuole far sentire l’uomo piccolo, la storia deve essere differente.
Dopo 25’, però, il Bodo passa in svantaggio. L’arbitro non ha fatto in tempo a dire che non c’è rigore per il Twente che poi vede il Bodo farsi autogol, il primo autogol di una serata che sarà strapiena di autogol.
La rimonta inizia al 55’, quando Kasper Hogh trasforma il rigore che porta il Bodo sull’1-1. Hogh centravanti danese belloccio a cui è stato dedicato questo profilo di TV2 il cui sottotitolo è significativo: «Un tocco danese si aggiunge all’Eliteserien. Le parole chiave sono belle ragazze, un appartamento a Oslo Ovest e uno stile che cattura l’attenzione». Questa rimonta, però, pareva poter finire lì. Il Bodo non sembrava in una delle sue giornate più ispirate. Il giocatore più pericolose era il solito Hauge, l’Eden Hazard dell’artico, che affondava in diagonale verso la difesa del Twente pur senza combinare granché. Al Bodo serviva un gol per andare ai supplementari.
Al 91’ la partita era ferma sull’1-1 quando un cross è spiovuto in area e un difensore del Twente, tale Maes Hilgers, non ha calcolato bene la traiettoria e, assecondando le leggi magnetiche del giovedì sera, si è fatto gol nella propria porta.
Cinque minuti possono essere pochi, ma possono essere anche tanti. Si possono fare tanti gol quanto è il tempo che serve per portare la palla dal dischetto del calcio d’inizio alla porta avversaria. Dopo un minuto il Bodo segna il gol che la porta oltre i supplementari, e alla qualificazione diretta. È il tipo di gol che ogni tifoso sogna che la propria squadra segni nell’ultimo minuto di una eliminatoria europea che si era stati molto vicini a perdere. Un gol in cui la distanza con la porta avversaria viene accorciata improvvisamente da un tiro di pura volontà di potenza. Meglio ancora se lo segna un difensore; meglio ancora se questo difensore non segna mai.
Brice Wembangomo ha 29 anni e prima di ieri aveva segnato 8 gol in carriera, quasi tutti nelle serie minori, ha tirato fuori il tiro della vita al penultimo minuto di gioco. Un tiro francamente assurdo, di collo pieno, con la palla che sembra poter decollare e poi coglie il palo interno prima di entrare in porta. Lo stadio esplode e quello sarebbe il momento della fine di qualsiasi partita normale.
Quindi non una partita del giovedì sera. Una partita che il Bodo ha ribaltato segnando solo nei minuti di recupero.
La palla viene spedita nell’area di rigore del Bodo e comincia a prendere una serie di traiettorie impredicibili. I giocatori del Twente vincono tutti i rimpalli, e poi continuano a calciare il pallone senza una direzione precisa, come per creare un sortilegio, una stregoneria che poteva far entrare la palla in porta senza che nessuno l’avesse calciata. Incredibilmente, così accade. La palla supera la riga di porta e il Twente segna un minuto dopo il 3-1 del Bodo. Segna il 3-2 che trascina la partita ai supplementari. L’azione è una delle meno comprensibili della storia di questo sport.
Alla fine è stato Sam Stejin a segnare, e questa è la pacata reazione dei tifosi olandesi.

La partita così arriva ai supplementari, quando ormai ci si avvia verso una mezzanotte da lupi a Bodo, in questa piccola città che giace al di sopra del circolo polare artico. Mentre il vento continua a tempestare il campo, i giocatori continuano a farsi autogol, o comunque a non gestire le traiettorie capricciose del pallone. Segna Boba Fett il gol del 4-2, e poi un altro autogol per il 5-2.
Ricordiamo che non c’è niente di normale nel fatto che il Bodo Glimt continui a superare turni europei. Una piccola squadra di un piccolo villaggio che ha come filosofia il gioco di posizione e far giocare talenti del nord della Norvegia. Giocatori interessanti che quando vanno lontano dal Bodo Glimt si rivelano dei pipponi spaventosi. Il valore della rosa del Bodo è meno della metà di quella dei suoi prossimi avversari, ovvero l’Olympiakos, e a ⅙ del valore della Lazio - altro possibile avversario del sorteggio.
LE MIGLIORI RECENSIONI GOOGLE DI STADI DEL GIOVEDÌ SERA
Lo stadio Ali Sami Yen, noto per ragioni pubblicitarie come Rams Park, non è lo stadio Ali Sami Yen che magari vi ricordate, quello storico delle imprese di Hakan Sukur, quello che sembrava in maniera piuttosto letterale l’inferno. Questo è la versione nuova, costruita un po’ più in là e completato nel 2011. È una struttura sicuramente più nuova, anche se con meno anima. Come vi ponete da questo punto di vista? La questione degli stadi vecchi/nuovi è raramente dibattuta da un punto di vista spirituale, ma insomma non è questo il posto per farlo. È anche il doppio dell’altro, questo, se vi state chiedendo perché è stato realizzato, capace di contenere 52223 tifosi turchi infoiati. Insomma, uno stadio nuovo ma comunque una delle cose migliori che vi può capitare nella vita da spettatori.
Ma com’è l’esperienza di vedere una partita qui? Secondo Google, è un’esperienza di 4.6 su 5 sulla base di 31642 recensioni. E queste sono le migliori.
Hanno imprecato contro mio fratello perché festeggiava Dirk Kuyt, non so perché, ma siamo andati in un bel posto con 10 persone. Alla fine della partita il DJ ha acceso la musica e abbiamo ballato. (1 stella)
Mauro Icardi 🦁❤️ … (5 stelle)
Non andare mai nel luogo in cui iniziano tutti i tipi di cose dannose per il Paese. (1 stella)
Se non hai accesso al parcheggio, mio usignolo, mio dolore, Sardine in scatola modello Metro, la capacità del dispositivo chiamato Havaray di Vadisi Istanbul è molto bassa... Il luogo in cui il Mecidiyeköy GS è stato dato ai nipoti è una sciocchezza... Tutti li dimentichi quando entri nello stadio... scriviamolo prima di dimenticarlo… (3 stelle)
La storia scrive i fatti e il GALATASARAY scrive la storia. GALATASARAY, LA SPERANZA DI VITE DEVOTATE (5 stelle)
quando si entra mettete le monete, le portafoglio se no è mancia per loro, ed nn accendete fumogeni... venite blindati all'istante… (3 stelle)
IL MIGLIOR PASSAGGIO DI TESTA CHE VEDRETE QUESTA SETTIMANA
Abbiamo scritto abbastanza di Ajax-USG, ma c’è anche questo piccolo momento di puro spirito di sacrificio di Ross Sykes. Ross Sykes sarebbe un difensore ma a un certo punto lo hanno messo in attacco, perché è così che succede quando la tua squadra deve per forza segnare e tu sei alto. Ma essere alto non vuol dire essere un centravanti e su un cross basso Sykes per fare, boh, forse un velo è caduto a terra come uno scemo. Il pallone ha sbattuto su un difensore dell’Ajax e gli è tornato indietro. A quel punto, sdraiato a terra come i Doors, ha fatto questa cosa qui.
Da questa inquadratura non si vede bene, ma è un assist di testa, da terra. Sykes ha usato la testa come un piede, con tutti i rischi che ne conseguono. L’ha fatta anche bene, coi giri giusti, non che fosse difficile, ma insomma è un assist di testa DA TERRA. Qui un fermo immagine più chiaro.

ORGANIZZA LA TUA TRASFERTA: BIAŁYSTOK
Białystok ha rimbalzato tra Russia e Polonia per gran parte della sua storia, è una di quelle città che magari non hai sentito raccontare, ma in cui la storia dell’Europa degli ultimi due secoli ha soffiato forte. È quasi al confine con la Bielorussia, e quindi viene da dire che, anche in questo millennio, Białystok potrebbe trovarsi al centro della storia. Sicuramente si trova al centro della Conference League, grazie allo Jagellonia e alla coppia Afimico Pululu-Jesús Imaz. Perché privarsi di un’esperienza del genere? Andare a seguire lo Jagellonia a Białystok è uno dei piaceri più puri di questo 2025 e noi vi diamo qualche consiglio a riguardo, a partire dal mezzo: in macchina sono 20 ore, ma 20 ore in cui puoi passare per Venezia, Vienna, Częstochowa. Insomma tutto il cuore della Mitteleuropa che tanto vi abbiamo raccontato qui. Ora ecco cosa vedere.
- UNA TARGA: TARGA COMMEMORATIVA PRESSO LA CASA NATALE DI ZAMENHOF
Ludwik Lejzer Zamenhof nasce a Białystok nel 1859, quando era una città mutliculturale dell’Impero Russo ricca di conflittualità tra le diverse comunità linguistiche e culturali. Da qui gli venne l’idea di creare una lingua neutrale per favorire la comprensione e la pace tra i popoli. Quella lingua era l’Esperanto: un bellissimo fallimento. Lo fece nel 1887 pubblicando il primo libro sull’Esperanto, firmandosi con il nome di Doktoro Esperanto ("colui che spera"), da cui la lingua prese il nome. Oltre all’Esperanto, una lingua che forse non ha avuto il successo che meritava, Zamenhof fu un seguace l’homaranismo, un’etica universale basata sulla tolleranza.
- UN PALAZZO: PALAZZO BRANICKI
Il Palazzo Branicki fu costruito per il conte Jan Klemens Branicki , grande atamano della corona e mecenate dell'arte e della scienza. È chiamata anche la "Versailles della Podlachia" per la sua somiglianza con la Versailles francese (immagino che l'avevate capito anche da voi). Con le sue eleganti facciate color crema, i tetti verdi e i giardini alla francese, qualunque cosa voglia dire nello specifico, è una gemma del barocco europeo. Costruito nel XVIII secolo era un centro di cultura e potere, frequentato da reali, artisti e intellettuali, ma anche un luogo di perdizione, balli sontuosi e intrighi di corte. Se vi piace quell’idea di mondo, e dovrebbe piacervi, questo è il posto per voi.
- UN PIATTO: KARTACZE
Secondo la specifica ufficiale dei prodotti tradizionali polacchi registrati, il kartacze ha una forma ovale, una sezione trasversale rotonda e una lunghezza tra i 10 a 12 centimetri (o tra gli 8 e i 10 se parliamo di Cepelinai, che sono la versione lituana di questo piatto, il cui nome deriva dalla traduzione lituana di Zeppelin)(scusate mi sembrava una bella info da dare). Una rigidezza sul cibo che mi sarei aspettato dall’Italia, ma evidentemente tutto il mondo è paese. Cosa sono i Kartacze? Sono degli uber-gnocchi, riempiti all’interno con un impasto di carne macinata, il piatto tipico di questa parte della Polonia che è praticamente Russia. Per farli servono delle patate grattugiate, della farina, della carne macinata, della pancetta, del burro, cipolla, aglio e molta volontà. Insomma, avete capito non un piatto leggero. Il senso è proprio quello di avere degli gnocchi, ma molto grandi e con dentro una polpetta e sopra del burro, della pancetta e della panna acida. L’unica differenza di rilievo è che qui le patate, rispetto ai nostri gnocchi, non sono bollite ma grattugiate e poi messe in acqua bollente per cuocere il tutto. Questo gli dona quel tipico colorito grigio da estetica sovietica.
QUESTA PERSONA è NATA IL 10 GENNAIO 2009

E questo vuol dire che ha 16 anni appena compiuti, come si vede abbastanza bene dalla sua faccia. Questa persona, o forse sarebbe meglio dire questo ragazzo, è Victor Ozhianvuna. Ieri è entrato nei supplementari di Shamrock-Molde e il suo spezzone di partita è stato incredibilmente buono per quelle che erano le condizioni. Ozhianvuna è stato intraprendente, ha messo in difficoltà un avversario molto più fisico sulla fascia sinistra, ha fatto vedere di essere veloce, di avere un bel controllo di palla e buona tecnica. Non è bastato, ma come si dice a tutti i ragazzi di 16 anni, specialmente quelli così bravi in una cosa: il futuro è dalla sua parte.
MOMENTO BARZELLETTA
Una compagnia telefonica belga e un centrale danese dell’Anderlecht si incontrano per strada:

LA PER MOLTI VERSI INCREDIBILE RESISTENZA DELL’AJAX
Mi è capitato raramente di vedere l’Ajax in difficoltà come nella prima mezz’ora della partita contro l’Union Saint Gilloise. In quel lasso di tempo la squadra ha subito tre gol, di cui uno annullato per fuorigioco ed è andata così in confusione da fare quell’incredibile fallo da rigore con Klaasen, che l’ha ridotta in dieci. A quel punto si era aperta la prospettiva dei supplementari, dopo la vittoria per 2-0 fuori casa nella partita d’andata. L’Ajax, una squadra che per storia, tradizione e identità, vuole tenere il pallone e riconquistarlo in alto, si è trovata a giocare una partita di segno completamente opposto. Il ribaltamento diabolico di una normale partita dell’Ajax. L’Union Saint Gilloise - con i suoi giocatori provenienti da tutto il mondo e il suo pressing ultra offensiva - sembrava aver rubato l’identità ai suoi avversari.
Onestamente, dopo mezz’ora, la partita sembrava poter finire in un massacro. L’Union Saint Gilloise sembrava poter segnare un gol ogni 5 minuti in parità numerica, figuriamoci con l’uomo in più. Eppure dopo l’espulsione qualcosa si è sbloccato nei giocatori dell’Ajax, fino a quel momento storditi e in ritardo su ogni pallone. Hanno cambiato disposizione mentale, probabilmente costretti dall’inferiorità numerica, accettando l’epica di una partita di pura resistenza difensiva, in cui l’anziano portiere Remko Pasveer doveva volare da un lato all’altro dell’area di rigore per uscire sui cross, in un lavoro usurante sulle giunture del suo corpo che ha visto troppi inverni. L’Ajax non ha iniziato a giocare davvero meglio, ma ha iniziato a respingere tiri, fare contrasti, e poi smanacciare, ostacolare e - più in generale - resistere, resistere ad ogni costo, e non subire quel terzo gol che sarebbe stato fatale per la qualificazione. Non si sarebbero più ripresi da un terzo gol, non avrebbero mai trovato le energie per mettersi a giocare, costruire azioni, con l’uomo in meno; ma potevano resistere, opporsi, rifiutare quel terzo gol.
È stato piuttosto affascinante da osservare, come la spinta dell’USG si indeboliva minuto dopo minuto, mentre i giocatori dell’Ajax si gasavano ad ogni scivolata, a ogni uscita di Pasveer, a ogni minuto che passava e li avvicinava allo status di sopravvissuti. Aver fatto esperienza di quella mezz’ora terrificante per poi scoprirsi ancora vivi probabilmente ha infuso ai giocatori una strana energia da pazzi, e così l’Ajax ha resistito, e pian piano ha iniziato persino a superare la metà campo - una prospettiva che era sembrata impossibile per oltre un’ora.
In una di queste zingarate dell’Ajax, ormai nel primo tempo supplementare, nella metà campo avversaria Bertrand Traorè ha guadagnato un calcio di rigore. Lo ha fatto nel modo più moderno possibile, anche se citando Roby Baggio contro la Nigeria: tirando la palla sulla mano larga del difensore Burgess.
L’Ajax così si è portato incredibilmente in vantaggio, e poi si è rimesso dietro, sempre più dietro, fino a una forma veramente primordiale di difesa: mettere più corpi fisici intorno alla riga di porta. Strano a dirsi, per una squadra allenata da Francesco Farioli, ma si fa quel che bisogna fare.
Kenneth Taylor, dopo aver realizzato il calcio di rigore, ha salvato pure un pallone sulla riga di porta, in una fase concitatissima del finale in cui ogni pallone in area per qualche ragione finiva sulla testa dei giocatori dell’USG. All’ultimissimo pallone, quel che si definisce “una benedizione”, Kevin Rodriguez anticipa Pasveer che gli tira un pugno. La palla riesce a non entrare, mentre Rodriguez si rompe il naso.
L’arbitro non fischia il rigore perché il regolamento su questi punti è ambiguo, anche se probabilmente avrebbe potuto visto che il pallone era ancora in gioco mentre Pasveer prendeva a pugni l’attaccante dell’USG.
I MIGLIORI AUTOGOL DEL GIOVEDì SERA
La base di questa rubrica sono i calciatori che si segnano da soli, e ieri le coppe del giovedì ce lo hanno ricordato. Gli autogol sono stati quattro, di cui tre in una sola partita. Li abbiamo messi in classifica in base al loro coefficiente di difficoltà (come lo calcoliamo? Basta provare a rispondere alla domanda: riuscirei a riprodurlo a casa? Un algoritmo traduce poi la risposta in numeri).
-ARNO VERSCHUEREN - BODO/TWENTE 5-2
Autogol di cui sinceramente non si sentiva il bisogno e che è classificabile come crudeltà gratuita. Il Bodo aveva già superato il turno e mancavano pochi secondi alla fine, dopo una partita in cui era già successo di tutto. Il troppo stroppia, come si dice.
Coefficiente di difficoltà: 2/10
-VIKTOR RADOJEVIC - JAGELLONIA-BACKA TOPOLA 3-1
Gli effetti da interruzione delle trasmissioni da parte degli alieni che fanno da incipit a questa azione potrebbero spiegare la reazione sorpresa di Viktor Radojevic di fronte alle leggi della fisica: è stato disconnesso per un attimo da un’entità superiore? La palla probabilmente sarebbe uscita senza il suo intervento e entrata con il tentativo a vuoto con il sinistro. Autogol per palati fini o per qualche cosca di Singapore.
Coefficiente di difficoltà: 6/10
-MEES HILGERS - BODO/TWENTE 2-1
Anche mettendo in conto la spizzata inaspettata di Brunstad c’era davvero bisogno di piegarsi in quel modo? Cosa ti aspettavi Mees Hilgers? Autogol arrivato al 92esimo solo per illudere i tifosi del Bodo di aver raggiunto i supplementari prima di essere illusi di aver scampato i supplementari e tornare all’illusione precedente.
Coefficiente di difficoltà: 7/10
-FREDRIK SJOVOLD - BODO/GLIMT-TWENTE 0-1
Basta che la palla rimbalzi sulla testa per avere un colpo di testa? E se questo non è un colpo di testa allora che cos’è? Fredrik Sjovold ci porta ai limiti della conoscenza, con il miglior autogol del giovedì sera.
Coefficiente di difficoltà: 10/10
A UN CERTO PUNTO HANNO SOSPESO ANDERLECHT-FENERBAHCE PER QUESTA RISSA
Se vi foste chiesti il motivo per cui la partita è finita così in ritardo rispetto alle altre.
COSE CHE ACCADONO SOLO QUI
Una meta-rubrica che poteva essere una mail, o magari un messaggio su Whatsapp, oppure forse ci dovevo fare un canale Telegram dove voi mi pagavate e io vi mandavo dei piccoli dettagli su quello che succede il giovedì sera poi finivamo per radicalizzarci e andare a fare la guerra partigiana in qualche paese africano per poi farci ammazzare dal gruppo Wagner.
- LA CONFERENCE LEAGUE, MA È A CARNEVALE E TI SEI VESTITO DA SCHELETRO

- L'EUROPA LEAGUE MA SEI L'UNICO CHE NON SI È DROGATO

- L’EUROPA LEAGUE MA IL REGISTA A UNA PARAFILIA PER L’ATTO DI FISSARSI I PARASTINCHI
- LA CONFERENCE LEAGUE, MA DIETRO C’È UN PO’ DI TRAFFICO