CONOSCI LA TUA SQUADRA DEL GIOVEDÌ SERA: BORAC BANJA LUKA
La Mitropa nasce dalla contrazione del termine Mitteleuropa, e già da questa etimologia dovreste dedurre che si tratta della competizione antenata spirituale del nostro giovedì sera. L’altro indizio è che è stato fondato da Hugo Meisl e dalla federazione di calcio austriaca. Ogni Paese portava una propria rappresentante, e i Paesi in questione erano Bulgaria, Ungheria, Repubblica Ceca, Jugoslavia, Austria. Stiamo parlando di un’idea di Europa ottocentesca, sopravvissuta dunque al novecento solo attraverso questa coppa dalla forma classica.
Il trofeo, oggi, è custodito nel museo del Borac Banja Luka, l’ultima vincitrice nel 1992.
Riuscite a immaginare come poteva essere la Coppa Mitropa del 1992? L’ultima edizione della competizione - una competizione da calcio antico, in bianco e nero, coi pantaloncini tirati sopra l’ombelico - è riuscita a trascinarsi fino a dopo la caduta del muro di Berlino. L’ultima edizione patisce una dissoluzione di importanza e prestigio totale. Partecipavano la vincitrice del campionato di Serie B italiano, quindi il Foggia di Zdenek Zeman, il BVSC Budapest, vincitore della seconda divisione ungherese, il Dunajska Streda, quarto nel campionato di Cecoslovacchia e il Borac Banja Luka, quinto nel campionato jugoslavo. Cos’è, un sogno o un romanzo di Claudio Magris?
L’anno prima la Coppa era stata vinta dal Torino in finale col Pisa, per capirci.
La finale dell'ultima edizione, disputata a Foggia, viene vinta dal Banja Luka sul Budapest ai calci di rigore. È il più grande successo della storia, questo residuo ottocentesco. Nel 1992, pochi mesi dopo la vittoria della Mitropa, a Banja Luka va in scena l’operazione Corridoio 92, una delle più vaste del conflitto jugoslavo. Il progetto è rimettere in piedi un collegamento stradale fra la città e la parte est del Paese controllata dai serbi. La città di Banja Luka ha una grande comunità serba alla quale il club di calcio è molto legato, fondato da uomini vicini al movimento dei lavoratori a inizio novecento. Tra i fondatori figura anche Veselin Maslesa, scrittore e partigiano, caduta nell’offensiva della quinta armata dell’Asse nel 1943. Meslesa ha scelto il nome di Borac, cioè combattenti: «Se si combatte per i diritti dei lavoratori perché non chiamarci combattenti?».
Gli ultimi anni della Jugoslavia sono quelli che coincidono anche con le stagioni migliori del Banja Luka, che nel 1988 ha vinto - sempre ai rigori - la Coppa di Jugoslavia. Insomma: un club con una tradizione molto favorevole dal dischetto.
Il 2024 ha segnato il suo ritorno in una fase finale di una coppa europea. Ci è arrivata vincendo e perdendo varie partite delle varie qualificazioni alle coppe europee. È partita della Champions ed è scalata di un gradino alla volta. A 8 punti, comunque, si può dire che il Banja Luka non si stia comportando male, anche se la squadra viene da una brutta sconfitta contro lo Shamrock Rovers.
IL QARABAG È ANDATO FULL ARGENTINA
Non è la prima volta che una squadra omaggia l’Argentina con la sua maglia, stiamo parlando dopotutto del paese che ha inventato il calcio con la F, del vamos carajo, di tutta quella simbologia quasi esoterica della terra di Maradona e Messi, de la Bombonera che esplode, del calcio come unica via per la felicità. Nessuno però lo aveva mai fatto in maniera così dritta come il Qarabag: maglia uguale, pantaloncini uguali, stesso fornitore, stessi anche i calzettoni credo, contesto diversissimo. Cos’è questo improvviso cambiamento? Il Qarabag ci aveva abituato all’esatto contrario: maglie nere e insignificanti, barbe senza baffi come segno di distinzione religiosa e spirituale, notti plumbee e stadi vuoti. Se guardate questa foto da miopi, potreste davvero scambiare Buntic per Emiliano Martinez, Zoubir per Messi (siamo lì), oppure Mustafazadə per Nicolás Otamendi. Pensare che il calcio sia gioia in Azerbaijan.
La trasformazione del Qarabag in Argentina, per fortuna, non ha funzionato: hanno perso in casa con FSCB per 3 a 2, lasciando per strada le ultime, minime possibilità di arrivare tra le prime 24. Speriamo allora in un ritorno all’estetica oscura e spaventosa che abbiamo tanto imparato ad amare per la prossima stagione.
IN MORTE DEL FRATELLO JUNINHO
Perché il Qarabag ha perso? Perché ha lasciato andare Juninho. Juninho è stato il più puro dei brasiliani del giovedì sera, quei giocatorini che pascolano nelle fredde terre dell’est portando sprazzi di talento in mondi grigi. Di lui ricorderemo sempre quando stava per eliminare il Bayer Leverkusen degli imbattibili, quelle notti in cui il Qarabag si trasformava nel Brasile 1970 e lui era lì in prima fila. Magro come un chiodo, sinuoso come Mata Hari, ci mancherà come ci mancano gli affetti più cari. Per questo mi sono permesso di dedicargli una poesia, partendo da un componimento di Ugo Foscolo che probabilmente conoscete.
Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
di Gent in Genk, mi vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de' tuoi gentili giovedì caduto:
Yassine Benzia or sol, suo dì tardo traendo,
parla di Zoubir col tuo cenere muto:
ma io deluse a voi le barbe tendo;
e se da lunge i miei Qurbanov saluto,
sento gli avversi FC Noah, e le secrete
cure che al viver tuo furon Patrik Schick;
e prego anch'io nel tuo porto Qarabag:
questo di tanta Europa League oggi mi resta!
straniere genti, l'ossa mie rendete
allora al petto della Aritz Aduriz mesta.
LE MIGLIORI RECENSIONI GOOGLE DI STADI DEL GIOVEDÌ SERA
Nel 1990 il Daugavas Stadions ha già vissuto abbastanza: costruito nel 1927 dal Partito Socialdemocratico dei Lavoratori di Lettonia, supera indenne la II guerra Mondiale, viene abbandonato sotto l’occupazione sovietica, poi recuperato, ricostruito, sfruttato per gli usi più vari, prima di vedere il muro cadere e quello strano momento che è stata la CSI. A quel punto, per qualche motivo - forse il calcio non era così popolare in Lettonia - vengono demolite le tribune nord, est e sud dello stadio. La capienza passa da 10mila a 5.683 posti.
Nel 2017 però, la retromarcia: arrivano i soldi dell’Europa e lo stadio torna alla capienza di un tempo, anzi leggermente di più: 10.461 posti, ma con una forma molto nuova. Oggi infatti appare più uno strano anfiteatro moderno che non uno stadio di calcio. C’è una tribuna e poi le curve che si aprono, ma così distanti dal campo che non le vedi (ci torniamo). Lì dove dovrebbe esserci l’altra tribuna c’è una fila di pioppi tremuli (sto inventando, non so riconoscere gli alberi) alle spalle di un televisore gigante. Sembra Twin Peaks se fosse stato pensato da quelli di IKEA.
Ma passiamo alle recensioni. Su Google sono 2.293, e il voto un discreto 4.4. Ecco le migliori.
COS'È QUESTO, FIGLIO, LO SAI CHE È UN CAMPO DI GRANO ED IL CAMPO È TROPPO PICCOLO E NON CI SONO TRADUZIONI ADEGUATE. (1 stella)
Ho un bel ricordo dello stadio, ma guardare una partita da dietro la porta è una vera tortura. (4 stelle)
Non ero lì (1 stella)
L'infrastruttura è tragica, ma il concerto di danza Song Holiday è fantastico (1 stella)
Vecchio stadio di Riga! La birra può essere versata più velocemente! A lunghe file per tutto (4 stelle)
Anzi -100! Settore C diviso. È dentro, è anche fuori. Niente indietro! (1 stella)
#Fanatico #ULTRAS #LETTONIA #St.Daugava (5 stella)
RIGA, EUROPA LEAGUE
Ieri Riga è stata il centro del giovedì sera, il posto dove si è consumata la sorpresa più incredibile del turno, ma forse a pensarci bene di tutta questa edizione e di diverse altre edizioni del passato. L’RFS, una squadra che - onestamente - non riusciamo a spiegarci perché sia in questo girone e non in quello precedente (cioè lo sappiamo: ha eliminato l’APOEL agli spareggi, ma davvero basta questo?), ha battuto l’Ajax di Farioli.
Ovviamente non poteva essere un upset normale, ma è stata la classica partita piena di piccoli rimandi al caos del giovedì sera. Il primo è stato senza dubbio il campo da gioco: improponibile. Non era neanche zuppo d’acqua o falcidiato dalla neve come ti aspetteresti a Riga, semplicemente non era un campo da calcio. Le zolle volavano in giro come se fosse il momento dell’aratura, il pallone non riusciva a scorrere da un punto A a un punto B, fiaccando il calcio di possesso della squadra di Farioli.
In ogni caso, ovviamente, l’Ajax avrebbe potuto segnare diverse volte, ma Kian Fitz-Jim ha sbagliato un paio di gol già fatti, poi c'è stato un bel salvataggio sulla linea (ci torniamo), e al resto ci ha pensato il portiere dell’RFS, ovvero Fabrice Ondoa, il cugino di André Onana (sì, quell’André Onana).
Poi c’è stato il treno merci, passato dietro al lato senza tribuna dello stadio, ma visibile dalla curva dei tifosi dell’RFS.
Parliamo delle curve, sono state forse la cosa più straziante della partita. Di solito lo stadio dell’RFS non si riempie così tanto - non tutti i giorni ospitano l’Ajax, uno dei club storicamente più importanti del gioco, e si può dire che il vicino stadio del ghiaccio sia molto più importante - e finora non ci avevamo fatto caso. Le curve sono lontanissime. Ma non tipo Stadio Olimpico di Roma, molto più lontane, tipo che i giocatori dell’Ajax per andarsi a scusare coi loro tifosi in curva hanno dovuto camminare per una trentina di secondi, come se stessero andando a comprare il latte non proprio sotto casa, ma comunque abbastanza vicino da scendere in tuta (secondo l’intelligenza artificiale potrebbero aver fatto 41,67 metri).
L’RFS, pur senza fare molto, ha meritato di vincere, contro un avversario più forte ma davvero imbambolato. Per il club lettone è la prima vittoria della storia in Europa League, e come potete immaginare, è anche la prima vittoria per un club lettone nella competizione. Una vittoria che arriva in un giorno storico per il paese, visto che ieri Flow, un film d’animazione su un gatto (sic), è diventato il primo film lettone a essere candidato all’Oscar (con ben due nomination). Insomma, giornatina in Lettonia.
IL GOL PIÙ GIOVEDÌ SERA
Virilità: 1
Assurdità: 8
Anti-epicità: 100
Paura della morte: 10000
Vi avevo detto che Riga è stato il centro di questo giovedì senza Conference League (possiamo dire: meglio). Questo gol non è solo storico per il suo indotto, e cioè la vittoria dell’RFS, ma è anche proprio imbevuto di giovedì sera come Achille nel fiume Stige.
Iniziamo con un errore, lo sapete: si inizia sempre così. A farlo è Kian Fitz-Jim, ultimo prodotto delle giovanili dell’Ajax. Padre del Suriname, madre di Hong-Kong, figlio del secolo, si è trovato a giocare terzino destro dopo l’uscita di Gaaei come forma di protesta passivo-aggressiva di Farioli per la cessione di Rensch alla Roma senza aver prima preso un sostituto. Il suo passaggio verso il centro del campo è sciatto e diventa preda di Adam Markhiyev. Siamo appena oltre la metà campo e non sembra un grosso problema. Markhiyev è il classico giocatore del giovedì sera: è nato a Nazran, nella repubblica russa dell'Inguscezia, ma si è trasferito in Finlandia quando aveva 7 anni. È cresciuto nell’HJK prima di spostarsi in Lettonia per giocare nello Spartaks Jūrmala. Dopo due anni allo Spartaks Jūrmala è andato in prestito alla SPAL: tutto normale. Dopo zero presenze in Serie B è tornato il Lettonia.
Markhiyev, con tutto questo bagaglio di vita si accorge che davanti a sé c'è solo Rugani. Sì, quel Rugani, forse vi ricorderete che quest’estate è finito all’Ajax e che per un po’ l’Ajax non aveva preso gol con lui in campo. Il calcio allora torna alla sua dimensione più primitiva: un duello uno contro uno tra Markhiyev e Rugani.
Con la morte dentro al cuore e la paura negli occhi, il centrocampista finlandese decide di avanzare palla al piede, sfidare il campo e il suo destino. Dall’altra parte Rugani arretra. Lo fa con quella posizione tipica dei difensori italiani, il culo basso, le ginocchia pronte, la postura di un cacciatore che è diventato preda. È la posizione del difensore che aspetta, a cui è stato spiegato che bisogna ritardare sempre, che qualcosa di positivo può accadere se non accade nulla. Ma questo è il giovedì sera, e gli ignavi vengono puniti. Markhiyev arriva sulla trequarti, chiude gli occhi e calcia. Piega il suo corpo in maniera innaturale, calcia come ti insegnano a scuola calcio non come i professionisti: testa bassa, piede d’appoggio accanto al pallone e gamba dritta.
Il resto è storia, o almeno storia dell’RFS, forse della Lettonia, sicuramente di Markhiyev, che segna il gol più importante della sua vita appena prima di lasciare la sua squadra. Infatti a breve dovrebbe diventare un nuovo giocatore dell’Aris Limassol, dove speriamo ci regalerà tanti altri momenti così.
CHE COSA STA BEVENDO EL KAABI?
Dopo aver ovviamente segnato il gol decisivo, mentre si godeva il meritato riposo del guerriero, El Kaabi si è messo a bere una strana bevanda. Cosa stava bevendo il sultano del giovedì sera? Ecco alcune possibilità.
Cappuccino
Se volessimo ragionare solamente su un piano formale, quello sembra cappuccino. O comunque un latte e caffè particolarmente diabolico, con il caffè in basso e la schiuma di latte gigante sopra. Perché bere un cappuccino in panchina alle 11 di sera? Noi italiani siamo intransigenti sul galateo del cappuccino, ma se anche fosse davvero cappuccino, El Kaabi può fare quello che vuole e noi muti.
Ayoub’s secret stuff
Praticamente quella cosa di Jordan con i Looney Toons, ma questa vi fa diventare fortissimi solo il giovedì sera e solo in Europa League e in Conference League. El Kaabi questa bevanda se la beve da solo, certo non la condivide con voi, al massimo ne dà un sorso a Tzolakīs. Ovviamente, a differenza di quella di Space Jam, questa non è acqua, ma è una vera pozione magica.
Ambrosia
Nella mitologia greca l'ambrosia era la bevanda o il cibo degli dei, non è chiaro. “Ambrosia, nettare degli dei” si dice oggi quando uno beve o mangia una cosa molto buona, ma si fa così per dire, nessuno a mai bevuto o mangiato davvero l’ambrosia. Ma è davvero così? Dopotutto El Kaabi gioca all’Olympiacos, e se davvero l’ambrosia si trova da qualche parte si troverà ad Atene, mica a Glasgow. El Kaabi magari è calciatore di giovedì, ma archeologo di domenica, e magari ha fatto questa incredibile scoperta. Dopotutto, se ci pensate, se doveste immaginarvi il nutrimento degli dei, una cosa a metà tra solido e liquido, non sarebbe esattamente come quel bibitone lì?
Il bibitone di G**p
No, questo non è vero.
LA PAZZA GIOIA DI BRUNO FERNANDES, MA C’ERA UNO CHE PASSAVA PER CASO
Ieri stava per diventare un’altra giornata in ufficio per il Manchester United, che di questi tempi non ha niente di positivo. Giocava contro i Glasgow Rangers in casa, in uno stadio che però i tifosi scozzesi erano riusciti a colonizzare oltre il settore ospiti, comprando biglietti anche per gli altri settori. Lo United era passato in vantaggio grazie a una papera di Butland, suo ex portiere oggi ai Rangers, che si è buttato da solo di pugno il pallone in porta, uno di quei momenti così ridicoli che se non capitassero tutti i giovedì non ci crederesti.
Ma non sono qui per parlare di questo. Dopo il vantaggio lo United ha sfiorato diverse volte il gol, per poi subire il pareggio al 90’ da Cyriel Dessers. Sì, lui, il centravanti dagli occhi di ghiaccio, che aveva floppato alla Cremonese dopo una grande Conference League con il Feyenoord. Su un lancio lungo ha spostato d’astuzia un sempre più tragico Maguire e dopo un bel controllo volante ha segnato con una girata.
Ma non sono qui neanche per questo. In pieno recupero ci ha pensato Bruno Fernandes a regalare almeno qualche ora di tranquillità al suo allenatore Amorim, segnando di piatto al volo il gol vittoria. Dopo il gol il portoghese è andato a esultare sotto uno spicchio di tifosi, ma si è trovato uno che passava lì davanti per caso.
Non c’è altro modo di metterla: un tizio X che cammina immerso nei suoi pensieri mentre i giocatori dello United stanno andando a festeggiare. Così preso che sbatte contro Bruno e prova a passare comunque, tanto che deve arrivare Hojlund a spintonarlo via con l’arroganza di chi è stato pagato 80 milioni per giocare in una squadra che è una barzelletta. Chi era quel tipo non lo sapremo mai, ma ci tenevo a dire che lo capisco: quando si cammina immersi nei propri pensieri non c’è Manchester United che tenga.
IL BODO GIOCA COME SI GIOCA IN PARADISO, FORSE PERCHÉ IL CIRCOLO POLARE ARTICO È IL PARADISO?
Qui forse saremo esagerati nelle nostre lodi sperticate al Bodo, ma guardate questa azione:
E non ho messo la parte iniziale, altrettanto geniale. Guardate il giocatore che si lancia sul secondo palo e ha la lucidità di riciclare l’azione giocando un tacco al volo all’indietro da sdraiato. Quante altre squadre nella storia erano in grado di creare occasioni del genere? Sicuramente il Barcellona della MSN, e poi? Forse il Napoli nel suo picco dell’era Sarri, alcune versioni della Spagna. Il Milan di Sacchi? Giocava un calcio meno tecnico, ma sì, è possibile. Altre?
Il Bodo ormai sta diventando una solida realtà di questo giochino e i motivi sono ancora inspiegabili. Noi comunque, come si dice in questi casi, siamo tutti testimoni.
IL CAMPO IN CUI SI è GIOCATA UNION SAINT-GILLOISE-BRAGA
Dov’è il confine tra intemperie e incuria? Ieri il campo in cui si è giocata Union-Braga era in queste condizioni.
L’Union non gioca le sue partite nel suo stadio ma al Re Baldovino, e forse nessuno dei manutentori voleva sbattersi per presentare un campo decente. A Bruxelles è nevicato nelle settimane precedenti, ma questo non giustifica un terreno che sembrava quei campi con le Linee di Nazca, oppure il campo di Mosca dove Ronaldo il fenomeno fece il fenomeno.
SIAMO ANCORA NELL’ERA ANDRIJ MYKOLAJOVYČ JARMOLENKO
Forse noi ci eravamo scordati di lui, ma lui sicuramente non si è scordato di noi. Alto, grosso, abbronzato, martedì (off topic: in questa giornata le tre squadre di Istanbul giocavano in casa, e quindi hanno dovuto spalmarle tipo turno spezzatino: il Galatasaray ha giocato martedì, il Besiktas mercoledì, il Fenerbahce giovedì) è entrato dalla panchina con la sua squadra, ovviamente la Dynamo Kiev, sotto 3 a 1 e ha segnato due gol per pareggiare 3 a 3.
Due gol da vero centravanti-tronista, di quelli totemici, immobili ma inarrestabili. Prima con una zampata ha anticipato sotto porta Jakobs, che non si è accorto di nulla, poi su un cross senza grandi pretese è saltato in testa a Davinson Sánchez come se fosse uno scricciolo (non lo è). Quanti giocatori avete visto ammutolire l’Ali Sami Yen? La leggenda di Yarmolenko continua.
LA LAZIO STA VOLANDO
Che la Lazio di Baroni fosse una bella squadra lo avevamo capito, ma era difficile aspettarsi un dominio così netto in Europa. La Lazio è praticamente sicura del primo posto nel mega-girone con un turno di anticipo, e ha messo insieme una serie di risultati piuttosto straordinari. Tolto il pareggio con il Ludogorets ha battuto 3 a 0 la Dynamo Kiev, 4 a 1 il Nizza, 2 a 0 il Twente, 3 a 1 l’Ajax, 2 a 1 il Porto e ieri 3 a 1 la Real Sociedad. La differenza reti è +13, più del doppio della seconda migliore (l’Eintracht con +6). «Vorrei che non passasse per normale quello che sta facendo la Lazio» ha detto Baroni dopo la partita, ed effettivamente è così.
Ieri gli è bastata una mezz’ora abbondante per chiudere la pratica contro una squadra di alto livello. Il tentativo di palleggio della Real Sociedad è sembrato semplicemente ridicolo contro il pressing forsennato dei giocatori della Lazio, che poi ogni volta che entravano in area di rigore era come se fossero il doppio. Il primo gol è stato di Gila, che in mischia ha schiaffato un destro sotto la traversa, poi è toccato a Zaccagni. Un gol indicativo di come vuole giocare la Lazio: una combinazione veloce a sinistra che ha associato Zaccagni, Isaksen (arrivato dall’altro lato) e Nuno Tavares, con Zaccagni che dopo il primo scarico si è buttato in area di rigore mandando il tilt le marcature avversarie e segnando da solo davanti alla porta.
Poco prima era arrivato il rosso per Aihen Munoz, che semplicemente non ha avuto altro modo per tenere Isaksen e subito dopo il 3 a 0 del Taty, con un notevole colpo di testa. Il resto è stata pura formalità, sessanta minuti in attesa della festa finale.
Da segnalare l’ingresso di Mahamadou Balde, il fratello piccolo di Keita Balde (attualmente svincolato, se vi interessa). Mahamadou Balde è cresciuto nelle giovanili del Barcellona, poi è passato alla Nocerina e ora fa parte della Lazio U19.
I MIGLIORI SALVATAGGI SULLA LINEA
Forse vi ricordate che ogni giovedì sera ha un tema: possono essere i rigori sbagliati, le espulsioni, gli errori dei portieri. Spesso sono appunto errori, cose buffe, giocatori scarsi. Ieri sera però è toccato a una cosa positiva: i salvataggi sulla linea. Salvare un gol sulla linea ha un fascino perverso, è l’esatta definizione di “questo vale come un gol” ma al contrario. Questi sono i tre migliori, in ordine di bellezza.
3) Gustav Henriksson contro il Nizza
Qui i meriti principali vanno al portiere, che si butta a croce contro il tiro smorzandolo. Il merito principale di Henriksson è di avere un petto gigante con cui fermare il pallone che sta finendo in rete. Henriksson è infatti dentro la porta, ma il suo petto no, perché appunto è il petto gigante di un difensore scandinavo. Al posto suo, probabilmente, noi non avremmo battuto la goal-line technology, fermato il pallone quel pizzico prima di entrare tutto.
Entra in classifica principalmente perché Henriksson ha segnato anche il gol vittoria e quindi può dire di aver fatto un gol e un anti-gol (che, se questa fosse matematica, dovrebbero annullarsi, ma fortunatamente questo è solo un giovedì qualunque)(il 225° della storia dell’Europa League probabilmente)(e questa sì che è matematica).
2) Brais Méndez contro la Lazio
Salvataggio sulla linea molto sofisticato. Brais Méndez deve risolvere in pochi istanti un problema complesso: lui sta andando indietro e il pallone in avanti. Per tenerlo fuori dalla porta deve usare il suo spigolo più esposto, ovvero il ginocchio destro. La sua respinta è quasi una puntura di ginocchio, un colpetto per evitare l’inevitabile. Il pallone rimane lì e poi qualcuno fa palo. La tecnologia ci mostrerà che il pallone è rimasto fuori dalla porta davvero per pochi centimetri. La Lazio comunque vincerà in scioltezza.
1) Jānis Ikaunieks contro l’Ajax
Sempre qua si torna nostro malgrado: vi avevamo detto che era storica. Jānis Ikaunieks è la stella del calcio lettone, il 9 dell’RFS ed è lui a salvare questo pallone sulla linea, pochi minuti prima del gol. Lo fa prima con un’intuizione geniale, staccandosi dal suo marcatore per andare a coprire il secondo palo e poi usando il ginocchio come Brais Méndez. Sarebbe un salvataggio meno spettacolare, ma si prende facile il primo posto per un dettaglio particolare. Dopo il suo colpo di ginocchio il pallone finisce dalle parti di Gaaei, che per provare a calciare si scontra con un avversario spaccandosi la faccia e producendo un momento di grande ridicolilità. Da lì sarà costretto al cambio, con Fitz-Jim costretto a scalare al suo posto in difesa e Fitz-Jim sarà l’autore dell’errore che porta al gol dell’RFS. Insomma, il più classico dei battiti d’ala che scatenano tifoni.
LA RABONA UTILE DI ANGELINO
Ieri la Roma ha perso contro l'AZ una partita in cui ha tenuto il pallino del gioco ma creato pochissimo, per poi prendere gol alla prima vera occasione concessa. Una delle migliori per i giallorossi è arrivata grazie a questa rabona di Angelino. Una rabona tesa e precisa che è diventato un cross perfetto per Dybala, che però ha calciato alto. Quante rabone utili avete visto in vita vostra? Forse semplicemente non dovrebbero esserlo, dovrebbero rimanere solo puri gesti estetici del tutto slegati dalla realtà circostante.
ORGANIZZA LA TUA TRASFERTA: HERNING
Perché andare a Herning? Ovviamente perché è la città in cui gioca il Midtjylland, questa squadra algoritmica che ormai è entrata nei cuori di noi cultori del giovedì sera. E poi perché è stata eletta per due volte città danese dell’anno dalla rivista Jyllands-Posten, nel 1965 e poi nel 2003. Come sia stato possibile è difficile capirlo: Herning è la classica città nord europea cresciuta su una piattezza che è prima geografica e poi culturale. È un posto tutto vento e controriforma, famoso per la sua industria tessile. Per arrivarci, ovviamente, il mezzo migliore è la bicicletta: da qui è partito il giro d’Italia nel 2012. Prendetevi il vostro tempo e tagliate l’Europa per arrivare qui.
Una scultura: Elia
Elia è la creazione dello scultore danese Ingvar Cronhammar, le cui opere assumono spesso forme astratte con un twist di cupezza. Questa nello specifico è un’enorme cupola sormontata da quattro torri che ricordano delle ciminiere. Alla sommità di queste ciminiere ci sono delle luci rosse che si accendono di notte, per dare un aspetto più demoniaco al tutto. Quattro scale ai quattro lati portano in cima alla cupola dove si trova un pozzo. Se ci guardate dentro vi sembrerà di guardare dentro l’infinito, scrutare il centro della terra o di voi stessi. Ogni 18 giorni, a intervalli casuali, un getto di fiamme esce dalle profondità di questo pozzo.
Il terreno intorno alla scultura è concavo, e quando piove, e qui piove molto spesso, l'intera opera funge da gigantesco tamburo, amplificando ogni tuono in un terribile boato.
Una foresta, ma anche un museo: Skovsnogen
Skovsnogen in danese significa “serpente della foresta”. È una foresta, ma anche una galleria d’arte a cielo aperto, una specie di distorsione delle idee del futurismo. Le opere sono disseminate lungo i sentieri, con l’idea di creare un’esperienza immersiva in cui arte e natura si fondono insieme dialogando. Sembra una fregatura, ma è gratis ed è perfetta per fare foto da condividere su Instagram.
Un cibo: smørrebrød
Smørrebrød significa "pane imburrato" ma è molto più complicato di così. Cioè, neanche troppo, ma insomma è pur sempre cucina dello Jutland centrale, un posto strappato al vento, al freddo e alla pioggia. Praticamente si fa così: prendete una fetta di rugbrød, un pane di segale a pasta acida e passateci sopra una generosa dose di burro. Poi da qui va bene tutto. Esistono infatti più di 150 combinazioni codificate dalla tradizione di possibili condimenti di questa specie di bruschetta danese. Una delle più tradizionali è la Dyrlægens natmad (lo spuntino notturno del veterinario) che prevede uno strato di leverpostej (paté di fegato), con adagiata sopra una fetta di carne salata e una fetta di aspic di carne. Ancora sopra anelli di cipolla cruda e crescione. Non una cosa per cuori deboli. Ma ci sono anche versioni con aringa, anguilla, rost-beef, merluzzi vari, formaggi, cetrioli. L’etichetta dice che non bisogna mai mangiarlo con le mani.
Un altro museo, ma questo vero: Tekstil museet
Volete conoscere la storia e l'evoluzione dell'industria tessile nella regione dello Jutland centrale? Probabilmente no, vi capisco, ma vi avevo avvertito che non c’è molto da fare qui. Il Tekstil museet, situato nel bellissimo ex stabilimento tessile di Herning, vi guiderà nella scoperta dell’importanza di questo settore nello sviluppo della città attraverso macchinari (ci sono telai in funzione e potete provare alcune delle macchine, per capire veramente cosa vuol dire lavorare il tessile), materiali, video, testimonianze. Ma il museo si occupa anche di arte, design, moda, cioè di tutto ciò che collega i tessuti al mondo circostante. Insomma, è un museo, lo sapete meglio di me cosa ha da offrire (c’è anche una caffetteria e un gift shop alla fine, proprio come in quasi tutti i musei del mondo).
COSE CHE ACCADONO SOLO QUI
Mi sembra il giorno giusto per confessare che il titolo di questa cazzo di metarubrica arriva da un verso di una canzone dei Verdena. Speravo qualcuno se ne sarebbe accorto negli anni, ma credo di no. Poi col tempo ho iniziato a sbagliare il titolo di volta in volta e allora che senso ha? Nessuno, proprio come questa rubrica.
L’Europa League ma devi tirare fuori il tuo Berbatov interiore
L’Europa League ma ti scordi che non puoi fermare gli avversari con la preghiera (in senso letterale, non figurato)(sì, quello è Rugani)
L’Europa League ma tu ieri sera hai visto Karate Kid
Ci nasiamo dopo.