
LE MONTAGNE RUSSE EMOTIVE DI LAZIO-BODO
You’re my wonderwall recitava la coreografia della curva nord prima del calcio d’inizio. Una frase d’amore incondizionato che poi è esattamente la definizione del tifo. Lo sappiamo: per la Lazio non è andata bene, ma in ogni caso you're gonna be the one that saves me. È stata una partita dall’andamento emotivo assurdo, la squadra di Baroni è stata a un passo dal baratro, se n’è tirata fuori, ci è ricascata, ne è uscita di nuovo, per poi cadere ai rigori: absolute giovedì sera.
Ecco un po’ di momenti di queste montagne russe emozionali.
- IL TACCO DEL TATY
Ci si poteva aspettare una Lazio arrembante ma così non è stato. Forse un po’ di tensione, ma soprattutto il fatto che il Bodo non è l’avversario materasso che qualcuno ha voluto raccontare. Poi però la Lazio è cresciuta come un’onda: ha chiuso l’avversario nella sua trequarti, iniziando a creare pericoli. Il primo gol è arrivato quasi subito: a fare la differenza è stata una palla recuperata da Lazzari con aggressività, su cui poi un tentativo di spazzata di Gundersen è diventato un passaggio per Isaksen, che si è liberato dell’avversario con una giocata strana, sterzata di tacco cadendo a terra per poi rialzarsi al volo come se fosse un acrobata. Sul suo cross basso, è arrivato il Taty Castellanos col tacco, a imitazione di un altro argentino che da queste parti si è fatto ben volere, Hernan Crespo.
- UN PO’ DI OCCASIONI DELLA LAZIO, UNA GRANDE PER IL BODO
Dopo il gol la Lazio ha continuato a fare la partita. Ha tirato verso la porta del Bodo per 23 volte in 70 minuti. Alcuni sono stati tentativi velleitari segno di una certa ansia, altri però sono stati veramente pericolosi. La traversa colpita di testa da Zaccagni a fine primo tempo, una conclusione di Castellanos dal limite dell’area completamente solo su cui però è scivolato, un paio di tiri troppo puliti di Pedro che il portiere del Bodo è riuscito a parare.
Anche il Bodo ha avuto una buona occasione, ma questa scivolata di Castellanos col senno di poi rimarrà il vero spartiacque di questa partita.
Insomma, il secondo gol sarebbe potuto arrivare, ma per molti minuti non è arrivato. Poi la spinta della Lazio è scemata: la squadra di Baroni arrivava da un derby piuttosto intenso giocato appena 4 giorni prima, mentre il Bodo aveva riposato e sembrava avvicinarsi una resa dignitosa frutto della stanchezza. Al 90’ i norvegesi hanno anche avuto l’occasione di pareggiare e quindi chiudere il discorso. La pressione del Bodo (e di questo bisogna dargli atto, hanno sempre provato a essere attivi nella partita) ha costretto Mandas a un rinvio sbilenco, finito tra i piedi di Berg. Berg ha aperto a sinistra per Hauge, che ha puntato Lazzari, è andato sul fondo e ha crossato. Poi è successo questo:
Helmersen ha sbagliato uno dei gol più facili che vi capiterà di vedere in vita vostra, un semplice appoggio di piatto a porta vuota diventato un passaggio a Mandas. Uno di quei momenti in cui il calcio, semplicemente, diventa il diavolo.
- IL GOL DI NOSLIN
Se infatti avete visto abbastanza partite sapevate che subito dopo sarebbe successo questo, e cioè il gol della Lazio. È più del “gol sbagliato, gol subito”, è la regola del caos, dell’entropia, di uno stadio che spinge la propria squadra oltre la fatica. Sul quattordicesimo calcio d’angolo per la Lazio (ora sembra una banalità, ma immaginateveli 13 calci d’angolo tirati senza che succeda nulla, perché il 14esimo dovrebbe essere diverso?) Nuno Tavares decide di non battere corto e va lungo al centro. C’è una prima sponda, poi la spizzata di Romagnoli, sul pallone che vaga il primo ad arrivare è Noslin. L’Olimpico impazzito esplode di gioia.
- LA FINE?
A questo punto la qualificazione sembrava essersi inclinata verso la Lazio, perché alcune cose nel calcio sembrano lineari. Quando la squadra di casa, quella sulla carta più forte, rimonta e va ai supplementari, l’inerzia è tutta dalla sua parte. E così è stato: se nei 90’ la Lazio ha fatto una fatica tremenda a convertire le occasioni, nei supplementari ha segnato col primo tiro. Merito di Guendouzi, che in questa Lazio è quasi sempre il migliore e che in questa doppia sfida - dove il livello tecnico generale è stato piuttosto mediocre - è sembrato per distacco il migliore (insieme a Berg forse). È lui a infilarsi nella difesa del Bodo come un coltello caldo nel burro per poi scodellare un pallone perfetto per Dia.
- IL RISCATTO DI HELMERSEN
Siamo al centesimo minuto della partita, la Lazio ha completato la rimonta e tutto quello che deve fare è far scivolare la partita verso il nulla. Ma non ci riesce. È questa la vera cosa che si può recriminare alla Lazio, non essere riuscita a seccare la partita. Forse non pensavano il Bodo avesse la forza di provarci, ma la squadra di Knutsen ha già dimostrato di saper segnare se messa in condizione.
Che a segnare poi sia Helmersen, quello che sembrava aver condannato il Bodo all’eliminazione, fa solo parte dei piani diabolici di questa partita (che poi si può parlare anche di come Hysaj, entrato nel supplementare a causa dell’infortunio di Tavares, si sia lasciato passare davanti l’avversario così facilmente)(l’ho detto: è una di quelle partite dove tutto è stato causa di tutto, dove tante piccole farfalle hanno creato un uragano).
- I RIGORI E CRUDELTÀ
Gli ultimi minuti diventano anche difficili da raccontare: crampi, falli, gente per terra, attesa. Ci sarebbe da discutere sul senso profondo dei supplementari, se non fosse che, intanto, a Manchester stanno succedendo cose 10 volte più assurde. Si arriva ai rigori con 22 giocatori stanchi, impauriti e anche inesperti. La Lazio aveva sostituito Zaccagni, Pedro, Isaksen e Rovella, il Bodo non sembrava poter mettere insieme 5 rigoristi infallibili.
E infatti è stata una serie di rigori modesta. 4 errori su 9 tiri, nessuno dei quali forzato da un miracolo dei due portieri. Il paradosso è stato anche in chi ha sbagliato: per il Bodo il primo errore è stato di Hauge, il giocatore più tecnico; per la Lazio di Tchaouna e Noslin, due attaccanti entrati a partita in corso e quindi, c’era da pensare, più freschi. Per il Bodo il quarto rigore lo ha segnato, per dire, Brede Moe. 33 anni, difensore, è al Bodo dal 2014. Non aveva mai tirato un rigore prima, dirà poi.
Il rigore decisivo è toccato quindi a Berg. Se avete seguito un po’, sapete che Berg è una leggenda di questo club, sesto Berg ha indossare la maglia del Bodo, nonché forse l’unico calciatore veramente di livello della squadra. Sembrava tutto deciso: non avrebbe sbagliato. E invece ha sbagliato.
Ancora una volta l’inerzia della partita sembrava passata verso la Lazio, ma evidentemente non era il loro momento. L’ultimo sul dischetto è stato Castellanos, che negli ultimi minuti era in preda ai crampi, forse anche leggermente infortunato. Castellanos ha tirato un rigore moscio che ha reso Haikin un eroe e il Bodo la prima squadra norvegese in una semifinale europea.
La scelta di far calciare il Taty che non si reggeva in piedi è stata molto criticata dai tifosi. Dopo la partita Baroni ha detto che ha calciato «chi se l’è sentita», che lascia intendere che qualcuno non se l’è sentita. Ma ci sarà il tempo per le riflessioni, oggi è difficile razionalizzare questa partita. Certe volte il calcio è solo crudele.
IL TERZO UOMO
Se avete visto Il terzo uomo, capolavoro di Carol Reed scritto da quel genio di Graham Greene, sapete che Vienna può essere molto pericolosa. Ieri sera lo hanno scoperto anche i giocatori del Djungarden, che sono stati picchiati nel senso più materiale del termine. Ecco i tre momenti più pericolosi della partita.
- IL FALLO DI SANGARE
Con un gol di vantaggio e una partita da giocare in casa, il Rapid poteva approcciare la gara con tranquillità. Poi, però, dopo 6 minuti Sangaré ha fatto questa entrata. Non c’è nessun senso logico per spiegarla, se non il far male per far male. Sangaré è stato espulso dopo la revisione del VAR, mentre Zugelj è uscito in lacrime e il suo infortunio sembra abbastanza grave.
- UNA BIRRA DAGLI SPALTI
Non è la prima volta che una birra vola su un campo di Conference League. Mai però lo aveva fatto in maniera così violenta. Il bicchiere arriva a tutta velocità, lanciato con forza e di taglio. Colpisce precisamente tra Gulliksen e Bergh, colpendo in pieno l’orecchio del secondo, che è rimasto a terra (ma è sembrato solo un piccolo taglio: quanto male può farti una birra?).
- LA ROSICATA DI RAUX-YAO

Meno violento di quanto sembra da questo screen, dovete però pensare che Raux-Yao è un uomo gigantesco e qui ha palesemente rosicato.
LE MIGLIORI RECENSIONI GOOGLE DI STADI DEL GIOVEDÌ SERA (MANESKIN’S EDITION)
Stretto tra la sponda sinistra del Tevere e Monte Mario, lo Stadio Olimpico sembra un luogo fuori dal tempo. Intorno il Foro Italico rimanda alla gloria fascista, dentro c’è sempre una strana frenesia, tipica dei luoghi con una memoria. Quando sali l’ultima rampa di scale che ti porta dentro allo Stadio sembra il posto più bello del mondo, ma è anche un posto scomodo, sprovvisto di una rete di mezzi pubblici decente o di abbastanza parcheggio da accogliere tutti i romani in macchina o motorino (e cioè quasi tutti).
E poi: la pista d’atletica, l’umidità, la difficoltà nel superare controlli e tornelli situati in punti quasi casuali rispetto ai vari ingressi, la copertura bianca che ricorda gli sprechi e il dolore di Italia ‘90. È uno stadio con una storia lunga e complicata (che trovate qui), ma anche con un presente molto legato al giovedì sera: c’è uno stadio più utilizzato negli ultimi anni tra Europa League e Conference League? Da qui è passata tanta gioia e tanto dolore. È difficile trattarlo come un semplice oggetto da recensire, ma questa è la cruda realtà di questa rubrica: e allora ecco le migliori tra le 32.991 recensioni che trovate su Google dello Stadio Olimpico (voto medio: 4.5). Per l’occasione abbiamo scelto di affidarci totalmente a chi è stato al concerto dei - credo - fu Maneskin.
Concerto dei maneskin curva sud fari negli occhi non so vedeva il palco e nessun Maxi schermo. Maneskin migliorate un## po' l organizzazione dei vs concerti (3 stelle)
Sono stata al stadio Olimpico per la prima volta solo per i Maneskin. Grazie per la bellissima serata 👋 (5 stelle)
Siamo andati a vedere il concerto dei Maneskin ,concerto strepitoso ma peccato che l'audio non si sentiva bene (3 stelle)
Siamo venuti per il concerto dei Maneskin ed è la prima volta che ci siamo venuti. Lo stadio è molto carino e abbastanza organizzato per quanto riguarda gli ingressi e i servizi. (4 stelle)
Spettacolare concerto, fastastici i maneskin, l'acustica sarebbe da rivedere.. (4 stelle)
Sono stata al concerto dei maneskin lo scorso 21 luglio. Purtroppo e' stato organizzato male causa il caldo. Hanno mandato acqua sul pubblico pochissime volte rispetto alle esigenze e poi l'acqua da bere e' stata uno scandalo: hanno fatto togliere i tappi all'ingresso ma dentro e' stata venduta con i tappi inoltre il prezzo di 2€ e' diventato 3€ durante il concerto per la bottiglietta piccola incluso il tappo (1 stella)
Va bene, la ragione per cui si va in in luogo determina l'impressione che se ne ricava e la visione dal prato delle tribune strapiene, tutti lì per assistere al concerto dei Måneskin, il palco imponente, me lo ha reso un posto magico e imponente, indimenticabile! (5 stelle)
GOL PIÙ GIOVEDÌ SERA
Virilità: 1
Assurdità: 100
Anti-epicità: 2
Paura della morte: -1000
A questo punto credo di aver perso io stesso il senso profondo di questa rubrica. Quanti gol più giovedì sera (già gol più Europa League) avrò scelto? Spannometricamente siamo intorno al centinaio. Forse una volta c’era una rigida selezione, oggi però mi pare di essere perso in un gomitolo di gol.
Ieri è stata una delle sere più incredibili nella storia di questa rubrica, e ogni gol poteva finire qui. Oppure no, nessuno avrebbe dovuto. Il gol di Maguire è giovedì sera? Quello di Helmersen a riscattare uno degli errori più incredibili mai visti è giovedì sera? E quello di Kapuadi per far vincere il Legia a Stamford Bridge? L’unica risposta sensata è: non lo so. Tra tutti, comunque, io ho scelto il gol di Keita Kosugi.
La qualificazione del Djurgarden è passata sottotraccia in una notte di pazzi, ma è stata piuttosto incredibile. Il Rapid Vienna è rimasto in 10 fin quasi da subito eppure sembrava riuscire a resistere. I giocatori del Djurgarden hanno iniziato a sbagliare gol sempre più semplici, quel tipo di maledizione che quando arriva arriva. Certe volte il calcio è così: non segni da solo davanti al portiere, poi arriva il tuo terzino giapponese di 19 anni e segna con una volée di controbalzo fuori di testa, col piede debole.
Molto in questa rubrica gira intorno alla paura della morte, e possiamo dire che questo gol di Kosugi ha fatto tutto il giro per diventare desiderio di immortalità o amore per la vita o libertà totale (dovete valutare voi cos’è il contrario della paura della morte, una riflessione che prima o poi tutti devono fare). Dopotutto Kosugi ha 19 anni e questi sono gli anni del prendiamoci tutto. C’è qualcosa di etereo nel modo in cui calcia, nella leggerezza in cui tutto si svolge, è un gol ma sembra un quadro della Confraternita dei Preraffaelliti. Qual è il momento in cui il bello smette di essere solo bello e sconfina nel simbolico, diventando decadente e romantico? E questo gol ha superato o non ha superato questo confine? Per fortuna passano gli anni, ma le domande esistenziali del giovedì sera restano.
LA RIMONTA DEL MANCHESTER UNITED CHE CI MERITIAMO
Le persone avevano cominciato ad andarsene, con le loro sciarpe da trenta sterline, le mani nelle tasche del Barbour, e sono stati puniti con uno dei finali più incredibili della storia del Manchester United. Ci sono stati avversari più forti del Lione di Fonseca, contesti più prestigiosi, eliminatorie più importanti, ma è forse per questo misto di inadeguatezza, goffaggine calcistica, autolesionismo, che abbiamo visto quello che abbiamo visto. È certo significativo che oggi la più bella partita della stagione del Manchester United - e forse degli ultimi anni - abbia preso questa forma tipicamente da giovedì sera, in cui l’epica si mescola inevitabilmente con la comicità. Sic transit gloria mundi.
Le persone avevano cominciato ad andarsene dopo che Lacazette aveva messo in porta il rigore del 4-2 e su Old Trafford era calato un silenzio in cui l’imbarazzo era difficile da districare dal dolore.
In quel momento il Manchester United sembrava aver toccato il nadir di una stagione orrida, brutta e insostenibile persino per una squadra che ogni anno sembra spostare più in là l’asticella di quanto si può andare male - che trova sempre modi perversi per memificarsi, diventare oggetto d’ironia comune. Il Manchester United era un club leggendario, capace come nessuno di conciliare appeal di marketing e blasone storico. Oggi è il manifesto di quanto un club possa perdere tutto in poco tempo, trasformandosi nel manifesto della squadra disfunzionale, della macchina bruciasoldi e talento. La squadra in cui tutti diventano delle pippe, la squadra da cui si va via per rinascere, per riscoprire la voglia di vivere e di giocare a calcio.
Le persone avevano cominciato ad andarsene dopo che Lacazette aveva esultato verso la propria panchina come con la gioia definitiva di chi crede d’aver vinto. Il rigore era stato guadagnato da Malick Fofana, che è sembrato essere stato spedito in terra dal demonio in persona per devastare la salma del Manchester United, per fare scempio del suo cadavere. Il fallo lo aveva commesso Luke Shaw, che poi non aveva nemmeno protestato più di tanto. Luke Shaw con una stempiatura moderata e un ciuffo che la copre come può, un accenno di pancetta, gli anni migliori alle spalle e un’aria mesta, tremendamente inglese.
Il Manchester United stava vincendo 2-0 e poi è stato rimontato e trascinato ai supplementari. E poi ai supplementari, pur avendo un uomo in più, aveva subito altri due gol. Aveva quindi subito una rimonta pazzesca in casa, davanti ai propri tifosi, alla coda di una stagione tremenda di un ciclo storico tremendo; aveva subito questa rimonta da una squadra messa male: con l’uomo in meno, quarta in campionato, in una situazione societaria delicatissima e un allenatore squalificato per mesi.

La squadra si stringe in un abbraccio collettivo. Mancano dieci minuti e dovrebbero subire tre gol per essere eliminati. Però si intravede uno sguardo allarmato di Paulo Fonseca, sullo sfondo.
Le persone avevano cominciato ad andarsene dopo il gol del 4-2 che sembrava segnare la fine, e dopo la partita Joshua Zirkzee ha postato un video dello stadio di quei momenti. Cosa si sono persi. Non so qual è la vostra posizione su un gesto di questo tipo. Per qualcuno è inaccettabile lasciare la partita prima del fischio finale, rinunciare al tifo che andrebbe fatto fino all’ultimo secondo disponibile; per altri sono inaccettabili certe prestazioni della squadra e l’andare via prima può essere una forma di contestazione. Per altri è pigrizia, o un modo per proteggersi: già ho dovuto subire 4 gol dal Lione in casa, e ora dovrei affrontare la coda per uscire dallo stadio? Almeno me ne vado prima, vado veloce alla macchina, mi rifugio a casa il prima possibile.
Ora dovrei mettermi a raccontare tutte le cose che sono successe dopo, ma è un’impresa difficile. Mi sembra di dover spingere la scrittura sportiva verso un limite nel quale rischia di mostrarsi inadeguata. Il calcio guardato non è sempre meglio del calcio raccontato, e questa rubrica esiste per questo: per rendere del pessimo calcio guardato un poco migliore. Quando però il calcio tocca quei picchi di intrattenimento il potere della scrittura arretra, mostra la corda. Per molti aspetti è più facile ricoprire di significati partite povere di eventi che altre ricche, in cui la densità di cose successe ti costringe a mettere in fila le informazioni, e mettendole in fila saranno per forza più banali.
È molto difficile restituire il senso di quanto fosse compromessa la partita per il Manchester United arrivati a quel punto. Le persone hanno cominciato ad andarsene al minuto 110: a 10’ dalla fine. Quanti gol si possono segnare in dieci minuti? Al Manchester United servivano due gol per andare ai supplementari e tre per passare il turno. Quindi un gol ogni 5 minuti oppure un gol ogni 3,3 minuti.
Eppure nel pensiero più sfrenato di rimonta c’è un calcolo fisico elementare: la palla per arrivare dal cerchio di centrocampo e oltrepassare la riga di porta non ha bisogno che di pochi secondi.
Quello che c’è in mezzo è infinitamente manipolabile. Ci sono partite che, ci sembra, possono durare anche giorni senza produrre un gol; e altre che spremono al massimo le possibilità materiali di ficcare una palla dentro una rete.
Queste erano le facce dei tifosi del Manchester United al minuto 111.

Un minuto dopo Tiago Almada commette una sciocchezza. C’è una palla in area per Casemiro che ha già perso in parte l’equilibrio, non sembra poter calciare, ma lui per un attimo visualizza il pallone e prova a sferrargli il calciane. Come spesso capita, l’avversario va in anticipo, frappone il piede davanti alla palla e si fa calciare. È rigore.
Tiago Almada aveva segnato un gol speciale all’andata ma aveva giocato una pessima partita al ritorno. Non è chiaro perché fosse ancora in campo arrivati a quel momento della partita. È un attaccante argentino di 23 anni estremamente talentuoso, che sta muovendo i primi passi nel calcio europeo.
Comunque, quel rigore sembra più che altro una perdita di tempo. L’arbitro ci mette una vita ad assegnarlo tramite il VAR e dopo che Bruno Fernandes lo ha realizzato non c’è davvero la sensazione che il destino del Manchester United sia cambiato. Il telecronista inglese dice: «Il Manchester United si dà un’altra possibilità per salvare la sua stagione».
Bruno bacia la palla, prima di rimetterla sul dischetto d’inizio.
Un minuto dopo l’arbitro dovrebbe fischiare un altro calcio di rigore a favore del Manchester United, per una trattenuta molto evidente su Maguire, ma non se la sente. Bruno Fernandes protesta come uno che ha bisogno di attaccarsi veramente a tutto, che crede che quella forse è stata l’ultima possibilità.
Il Lione perde tempo, si gioca pochissimo, il tempo effettivo sgocciola un poco alla volta. Dopo un tiro sbilenco di Bruno Fernandes un bambino piange.

Bruno Fernandes gestisce tutti i palloni, il Lione si difende in area di rigore. Bruno Fernandes in verticale per Casemiro, che agisce da punta, sponda per Mainoo. Un ragazzo cresciuto nell’academy del Manchester United, venuto fuori lo scorso anno e che sembrava avere ancora troppi pochi muscoli per giocare a centrocampo. Oggi è tutto squartato come si dice in gergo. Difende palla, se la posta sul destro e segna un gol francamente inconcepibile a quel minuto della gara. Come si fa a mantenere quella freddezza, quella precisione tecnica. La situazione sugli spalti di Old Trafford diventa questa.

Compare forse la mia persona preferita di tutta la serata di ieri. Un uomo il cui stile semplicemente non si può spiegare.

Paulo Fonseca applaude alla squadra. Al 111’ stava compiendo una delle più grandi imprese della sua carriera. Stava eliminando il Manchester United in rimonta con un uomo in meno, con una squadra mezza fallita. A quel punto però quella rimonta sembra il pretesto beffardo, l’ennesimo, che Dio ha trovato per punirlo. Un uomo sulla cui testa un piccione cacherebbe mentre sta andando all’altare per il suo matrimonio. Un uomo che riuscirebbe a infilare una mano nella merda mentre gli chiedono di pescare dal cesto della parrocchia. Un uomo che scivolerebbe su una banana appena sceso dal letto. Un uomo che non solo sbatterebbe il mignolo allo spigolo del comodino mentre va a fare pipì, ma quel mignolo gli cascherebbe e il piede andrebbe in cancrena.
Il pubblico ruggisce mentre lo speaker annuncia cinque minuti di recupero. Ci mette letteralmente quaranta secondi, il Manchester United, a segnare il quinto gol. Bruno Fernandes alza la testa e vede Maguire sul secondo palo. Quello si sfila dal marcatore legnoso, maldestro come sempre, e gira la palla di testa in rete. Ora immagino che voi sappiate chi è Harry Maguire, con questo nome da libro del Battello al Vapore e il corpo di un bebè ingigantito col raggio laser. Quella faccia un po’ da uccello, la mascella troppo grande, i capelli troppo grossi, il corpo di un troll. Negli anni è diventato l’esempio più drammatico di un Manchester United ridicolo e disfunzionale. Lo è diventato ben oltre i propri demeriti. La forza mediatica del club di cui fa parte ha reso i suoi errori, la sua inadeguatezza, particolarmente potenti. Circolava un po’ di tempo fa il video di un parlamentare ghanese che per contare una riforma dell’opposizione ammoniva: «Cerchiamo di evitare un “economic Maguire”», nell’ilarità generale.
Questo gol, il quinto gol, non sarà sufficiente forse per riscattare la storia di Maguire nel Manchester United, ma finirà per dargli un twist ancora più grottesco. Non erano mai stati segnati cinque gol nei tempi supplementari di una competizione europea e non riesco ancora a capire del tutto come sia successo. Onana corre ed esulta. Ricordiamo che questo doppio confronto era iniziato con la polemica pre-partita tra lui e Matic, a cui era seguita la sua papera all’andata. Quante cose sono successe in due partite?
Ho letto un titolo geniale dell’Irish Mail: «Quando stai perdendo 4-2 e comunque riesci a superarla, that’s Amorim». Possiamo metterla così. La rimonta col gol di Solskjaer in finale di Champions League contro il Bayern Monaco suggella il picco dell’epoca d’oro del Manchester United di Sir Alex Ferguson. La rimonta col gol di Maguire incorona la banter era del Manchester United, è il suo equivalente. Chissà però che da una partita così impossibile non possa davvero nascere qualcosa, una nuova speranza.
LA FOTO CHE VI FARA PENSARE CHE VIVIAMO IN UNA SIMULAZIONE
A un certo punto ieri hanno inquadrato Ola Solbakken allo stadio Olimpico mentre assisteva a Lazio-Bodo Glimt. Non si fa fatica a capire cosa ci facesse lì Solbakken, attaccante dell’Empoli in prestito dalla Roma. Stava guardando la sua vecchia squadra, il suo vecchio allenatore, qualche suo vecchio compagno di squadra compiere una delle imprese più incredibili della storia del calcio norvegese.
Solbakken ha già avuto un ruolo in questa storia.
Era stato il migliore in campo del 6-1 che il Bodo Glimt inflisse alla Roma nel 2021. Una partita che ha segnato uno spartiacque decisivo per molti dei protagonisti di quella serata. Josè Mourinho si preoccupò di epurare praticamente tutti i giocatori che erano scesi in campo quella sera, compreso Riccardo Calafiori, che giocava proprio dal lato di Solbakken, autore di due gol, uno con lo scavetto e un altro saltando il portiere e mostrandosi dopo esausto e incredulo alla fine del campo, come in una celebre esultanza di George Best. Solbakken venne poi comprato dalla Roma e si rivelò inadeguato al calcio italiano, al punto da finire in prestito in Giappone, e oggi fa panchina all’Empoli. In quel Bodo Glimt Solbakken sembrava fuori scala rispetto ai compagni, come prima di lui lo sembrava Hauge, che ha già completato tutto il ciclo umano di un giocatore del Bodo Glimt ed è tornato a casa (e contro la Lazio è sembrato una specie di Neymar, imprendibile per chiunque).
Vederlo seduto sugli spalti dell’Olimpico è stato strano. Come vedere il cameo di un personaggio importante nella prima stagione di una serie arrivata ormai molto avanti.
PIÙ FORTE ALEX BERENGUER O IAGO FALQUE? (QUAL È L’ALETTA SPAGNOLA SOTTOVALUTATA PIÙ FORTE?)Ù FORTE?)

-TIRO
Iago Falque: 8
Alex Berenguer: 7
Per un’aletta che gioca a piede invertito il tiro più importante è quello a rientrare sul palo lontano. Una specialità in cui Iago Falque eccelle senza dubbio, mentre Berenguer magari tira più forte ma decisamente meno preciso
-DRIBBLING
Iago Falque: 7
Berenguer: 7
In termini di controllo palla Iago è superiore, è un dribblatore più naturale, che riesce a muovere il pallone più velocemente e in spazi più stretti. Berenguer però compensa con una maggiore elettricità.
-FIUTO DEL GOL
Iago Falque: 7
Berenguer: 5
Iago Falque ha segnato di più in Serie A di quanto Berenguer abbia fatto in Liga. Non c’è paragone qui.
-VELOCITA
Iago Falque: 5
Berenguer: 8
Iago è decisamente poco rapido per un’aletta del suo tipo.
-CARISMA
Iago Falque: 6
Berenguer: 5
Non stiamo parlando di due fenomeni carismatici e la loro sottovalutazione nasce in fondo da questo. Dal fatto che si vendono male. Berenguer però ha sbagliato un rigore decisivo nella partita d’andata contro i Ranger e questo, in qualche modo, dice molto. Iago Falque ha la madre deputata socialista e quindi sembra uno con cui potresti parlare delle cattive conseguenze della finanziarizzazione del mondo all’aperitivo.
-PER CONCLUDERE
Iago Falque è un’aletta spagnola sottovalutata migliore di Berenguer, complimenti Iago.

IL DOMINIO DI MOISE KEAN CONTRO IL CELJE
Ci stanno certi giocatori che col giovedì non c’entrano nulla. Ci sono finiti per una serie di conseguenze strampalate. Moise Kean, uno degli attaccanti più in forma d’Europa, non dovrebbe giocare contro il Celje, visto che ieri ha posto mentalmente fine a una serie di carriere dei giocatori sloveni.
Il tipo di dominio esercitato ieri da Moise Kean era del tipo che non riuscivano a togliergli la palla in due contro uno, appiccicandosigli addosso. Lui se ne va con una giravolta di tacco e con un tunnel.
Il tipo di dominio esercitato ieri da Moise Kean era del tipo con cui fai un tunnel di suola, con l’avversario attaccato alle spalle, all’ultimo minuto di gioco. È il tipo di dominio che dopo ti viene da ridere.
CERTE NOTTI SOGNO
Di addormentarmi per lasciarmi cullare tra le mille braccia e i mille corpi dei tifosi dello Jagiellonia.

E ORA UN MOMENTO UN PO’ COSÌ: UNA PUNIZIONE DI RUBEN VINAGRE A STAMFORD BRIDGE
Ieri è stata una grande notte per tutti noi amanti del mercato invernale 2024 del Verona.
HOMO CONFERENCE LEAGUE
ORGANIZZA LA TUA TRASFERTA: SIVIGLIA
Eccoci qui, alla regina del giovedì sera: Siviglia. Nessuna città ha esteso il suo dominio su un giorno della settimana come questa perla dell’Andalusia; la Roma degli Antichi Romani, se invece dell’Europa parlassimo dell’Europa League. Questo però non è l’anno del Siviglia e dell’Europa League, questa è la volta del Betis Balompié e della Conference League.
Che magia deve essere godersi una partita di coppa qui? Inoltre Siviglia è uno di quei posti che d’estate ormai vi potete scordare, con temperature ben oltre i 40 gradi e un clima desertico. Sono quindi questi i giorni per approfittarne, e allora approfittatene se siete tifosi della Fiorentina, ma anche solo se tifate per questo giorno della settimana.
- UNA TOMBA: LA TOMBA DI CRISTOFORO COLOMBO

Cristoforo Colombo sarà anche nostro (forse), ma le sue spoglie ce l’hanno loro, proprio a Siviglia. Le conservano in bella vista dentro la cattedrale, con la bara del navigatore sorretta da quattro figure allegoriche che rappresentano i quattro regni di Spagna (Castiglia, Aragona, Navarra e León). In realtà la storia dei resti mortali dell’uomo che ci ha regalato gli Stati Uniti (sigh) è più complicata di così: morto a Valladolid, sepolto a Valladolid, i suoi resti furono prima spostati in un monastero di Siviglia, poi spediti sull'isola di Hispaniola, proprio quella su cui era sbarcato la prima volta: erano le sue volontà.
Da qui il mistero si infittisce: la cattedrale dove era conservato venne saccheggiata dal pirata Francis Drake e per un po’ le spoglie di Colombo spariscono, presumibilmente in Inghilterra. Poi però rispuntano a Santo Domingo, dopo l’occupazione francese. I resti a questo punto vengono spostati a L’Avana per rimanere in mano agli spagnoli. Poi a Cuba scoppia la guerra e, di nuovo, questi benedetti resti tornano in Spagna, dove sono conservati ora nella cattedrale di Siviglia. Ma sono davvero le spoglie di Colombo quelli che andrete a visitare? Nel 1877 alcuni operai, durante i lavori di restauro della cattedrale di Santo Domingo, scoprono una cassa che contiene 13 frammenti di ossa grandi e 28 piccole. Sopra l’iscrizione “resti del glorioso ed eminente Cristobal Colon”. Per la Repubblica Dominicana sono quelli i veri resti di Colombo, conservati nel Faro di Colon. Lì però non giocano il giovedì sera, quindi niente, dovete fidarvi degli spagnoli.
- UNO PATTO DI FIDUCIA: CONVENTO DE SAN LEANDRO
Nascoste dietro a un muro, le suore di clausura del convento di San Leandro vendono le Yemas de San Leandro, dei dolci fatti da tuorlo d’uovo, succo di limone e tanto tanto zucchero. La peculiarità di questa transazione è che tu arrivi, lasci i soldi in una specie di ruota del destino in legno, loro girano questa ruota, prendono i tuoi soldi e ti danno questi dolci stracarichi di zucchero.
La prima cosa, quindi, è che ti devi fidare: è un patto tra te, che anticipi i soldi e loro, che devono darti la merce. Loro però sono suore, e se non ci fidiamo più neanche delle suore vuol dire proprio che questo mondo è a rotoli. Insomma, in definitiva è un calibrato sistema di scambio di una sostanza famosa per dare assuefazione, con un passaggio non diretto tra acquirente e venditore. Non so: mi sembra di averla già vissuta questa cosa.
- UNA COSA FORSE DA NON FARE: LA CORRIDA
Andare ai tori a Siviglia è un’esperienza particolare. La Plaza de Toros de la Maestranza è incastrata tra le case, le strade, il fiume, i ristoranti e i bar, dove gli appassionati si accalcano a bere e mangiare prima di andare a vedere la sfida tra l’uomo e il toro. Siviglia è la città della corrida. Qui è nata la prima scuola per toreri, qui è nato Juan Belmonte. Qui, se volete fare questa esperienza, è dove la dovete fare. C’è una luce divina che batte su questa piazza, un’idea di solennità e storia che non può essere ignorata.

Non vi dirò che è una bella o una brutta esperienza. Non parlerò alla vostra sensibilità o al senso comune. La tauromachia è una tradizione totalizzante, qualcosa che va verso il trascendente. La morte e la vita, l’etica e l’estetica.
DI CHE COLORE È LA DIVISA DI MANDAS

Le divise dei portieri è dove il calcio ha più sperimentato a livello cromatico. Se negli anni ‘80-’90 rappresentavano lo spirito del tempo, oggi è difficile capire le scelte dei vari brand che forniscono le maglie da calcio. Il look di Mandas di ieri era un pugno in un occhio. Un colore indefinibile che rimbalzava sul verde dell’Olimpico. Un colore che potrebbe andar bene per fare il ciclista a Mordor. Abbiamo provato a scoprire che colore è.
- DRYOCAMPA RUBICUNDA

Questa bellissima falena, chiamata anche rosy maple moth vive sugli aceri ed è diffusa prevalentemente negli Stati Uniti orientali e le regioni adiacenti del Canada. La specie fu descritta per la prima volta da Fabricius nel 1793.
- SHOCKING PINK
Il codice colore della maglia è #f414a0. Cercando in giro dovrebbe essere il colore Shocking Pink. Secondo ChatGpt è spesso usato in design per trasmettere energia, creatività o femminilità in chiave pop. Che vuol dire, onestamente, non lo so.
- BIG BABOL
I più millenials di voi avranno appena avuto un retrogusto chimico da qualche parte del cervello. Le Big Babol sono stati uno dei primi prodotti a portare l’Italia nella modernità, il suo fucsia spinto raccontava ai bambini un’idea di futuro magari ingenua ma grandiosa. Oggi tutto questo è morto, ci è rimasta la tecnocrazia e la maglia di Mandas. Ce la faremo andare bene.
IL METEO PAZZO DEL GIOVEDÌ SERA
Vi ricordate quando in questa rubrica non si faceva altro che parlare di meteo? L’Europa League attraversava le stagioni: la nebbia, la neve, la pioggia, il fango, i tramonti infuocati, soprattutto lo squilibrio fra i diversi campi sparsi in un’Europa dilatata dalle idee della Uefa. Di solito, però, con la primavera le cose si aggiustavano. Non ieri. Ieri, nel manicheo turno delle 18:45, si giocava a Firenze, pieno clima mediterraneo e a Białystok, nord-est della Polonia, praticamente al confine con la Biellorussia. Bene: a Białystok c’erano 26 gradi, mentre a Firenze c’è stato un diluvio che sembrava la fine del mondo.

Scusate il collage di merda, ma arrivati a questo punto della stagione diventa tutto difficile.
A Białystok faceva così caldo, e così fuori stagione, che l’allenatore dell Jagiellonia ha detto, tra il serio e il faceto, che «il clima non ci avrebbe aiutato», lasciando intendere come i suoi giocatori sono abituati a giocare a medie vicino allo zero e non in un caldo semi-estivo. Ma che ci vuoi fare: questo è il giovedì sera al tempo del cambiamento climatico.
QUANDO IL VECCHIO MUORE, IL NUOVO RINASCE
Sempre rimanendo allo Jagiellonia, quella che è stata una delle nostre squadre preferite di questa edizione, e che - giustamente - a questo punto ci saluta. Ci saluta anche Afimico Pululu probabilmente, o almeno saluta lo Jagiellonia e lo ritroveremo in squadre più valide ma meno di cuore (c’erano anche degli osservatori italiani allo stadio). È stato sostituito all’80’ e al suo posto è entrato Oskar Pietuszewski. Oskar Pietuszewski è un classe 2008. Essere nati nel 2008 vuol dire avere oggi 16 anni.
Di lui si parla molto bene, e ci mancherebbe altro: non ti fanno esordire tra i professionisti a 16 anni per altri motivi. L’idea di questo passaggio di consegne, comunque, è un messaggio per tutti noi: la vita va avanti, e quando pensi di non poter sostituire Afimico Pululu nel tuo cuore devi fidarti del mondo che ti circonda. Tutto va avanti, anche il giovedì sera (forse questa rubrica no, ma questa è un’altra storia).
L’OMAGGIO DI LENY YORO ALLA STORIA DEL MANCHESTER UNITED
https://x.com/ManUtdTales/status/1912993730539270609
Le rimonte nei minuti finali, l’adrenalina, le esultanze in scivolata sull’erba di Old Trafford ma se i tifosi del Manchester United ieri hanno provato la sensazione di chi ha ritrovato qualcosa che ormai dava per perso è anche per come alcuni suoi giocatori abbiano riannodato il filo che, volente o nolente, li lega con i giganti che hanno scritto la storia del club. Molti pensavano che fossero altri milioni buttati, l’ennesimo bel prodigio francese fatto solo per far fruttare qualche commissione e invece, con questa tackle di testa sfruttando tutta la forza data una buccia di banana sotto i piedi, Leny Yoro ha preso lo scettro ancora vacante di Phil Jones. Il re è morto, lunga vita al re.
COSE CHE FA ALBERT RIERA
Finita la partita con la Fiorentina, Albert Riera, come si dice a Roma, ha fatto il panico. Prima si è azzuffato con la panchina della Fiorentina, costringendo Edoardo Bove a fare da paciere; poi, dopo che Palladino gli era passato accanto nel tunnel che portava agli spogliatoi, ha cominciato ad imitarlo e a prenderlo in giro. In conferenza stampa ha completato l’opera. «Volevo dare la mano a Palladino ma mi ha detto che parlo troppo», ha dichiarato in conferenza post-partita con un tono del miglior Mourinho «Parlo troppo? E che vuoi? Che vengo e ti dico: che bello, che forte che sei. Non posso, i miei giocatori non sono stupidi. [...] Lui è più giovane di me e deve imparare tanto. Ma il calcio poi ti dà sempre un’altra possibilità: magari un giorno io giocherò con una rosa che vale 300 milioni e lui con una da 13. Vediamo come va a finire questa partita. Perché allenandone io una da 13 lui ha avuto un po’ di paura, no?».
https://x.com/joevannee/status/1912966317596086613?s=48&t=9wPxDKYzIcuV4eN04QFTqg
Albert Riera era arrivato a Firenze già bello carico (per esempio consigliando alla Fiorentina di «preparare seriamente la partita di ritorno») e soprattutto dopo aver vissuto già molte vite. Se non sapete di cosa stiamo parlando, ecco un elenco sicuramente non esaustivo delle cose notevoli fatte da Albert Riera prima di giocarsi un quarto di finale di Conference League:
- Giocare nel Manchester City un attimo prima dell’arrivo degli sceicchi (compagni di squadra: Robbie Fowler, Andy Cole, Bradley Wright-Phillips, Georgios Samaras, Claudio Reyna, Joey Barton, Micah Richards, Kasper Schmeichel, David James);
- Arrivare ad un passo dall’estrarre la spada nella roccia dell’Europa League, cioè battere il Siviglia in finale (era il 2007, Riera segnò il gol dell’1-1 dell’Espanyol, ma alla fine il Siviglia vinse ai rigori)(come ti sbagli);
- Prendersela con l’allenatore che l’aveva portato in finale di Europa League, cioè Ernesto Valverde;
- Farsi cacciare dall’Espanyol;
- Farsi acquistare dal Liverpool di Rafa Benitez;
- Segnare questo gol:
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- Prendersela con Rafa Benitez («Non l’ho mai visto sistemare una situazione parlando con un giocatore»);
- Farsi cacciare dal Liverpool di Benitez;
- Aver partecipato all’unica spedizione della Spagna a non essersi conclusa con un trofeo nel quadriennio 2008-2012 (cioè la Confederations Cup del 2009, chiusa al terzo posto);
- Diventare una commodity della famiglia Pozzo passando dal Watford all’Udinese;
- Presentarsi al Casinò Perla di Nova Gorica invece che al Friuli il giorno di Udinese-Chievo (posso dire? Comprensibile);
- Giocare 12 ore di fila a poker;
- Arrivare secondo al torneo di poker DSP Rewind e vincere 3550 euro (queste ultime tre cose tutte e tre contemporaneamente);
- Twittare “Il Galatasaray è stato il miglior club in cui sono stato, l’Udinese il peggiore" da giocatore dell’Udinese;
- Andare nella squadra del cuore, il Mallorca, per rilanciare la propria carriera ad alti livelli;
- Prendersela con l’allenatore del Mallorca, Miguel Soler («Finché il cosiddetto allenatore rimarrà qui, per una serie di ragioni, non giocherò»);
- Farsi cacciare dal Mallorca;
- Farsi cacciare dalla sua conferenza di presentazione come nuovo allenatore dell’Olimpija Ljubljana direttamente dagli ultras dell’Olimpija Ljubljana;
https://x.com/partidazocope/status/1544006940422021127
- Vincere il doblete in Slovenia con l’Olimpija Ljubljana;
- Allenare il Bordeaux nella stagione del suo fallimento;
- Aprire una scuola calcio, “la Academia Española de Futbol Albert Riera”, a Omsk, in Siberia;
- Incassare la peggiore sconfitta europea nella storia del Celje il giorno dopo aver annunciato un rinnovo biennale col club (6-1 in aggregato contro lo Slovan Bratislava);
- Essere il primo allenatore a raggiungere un quarto di finale di una competizione europea con una squadra slovena.
COSE CHE ACCADONO SOLO QUI
Dio santo, questa volta non pensavamo di farcela. È stata un bagno di sangue, una camera delle torture, l’inferno di Dante. In ogni caso ci siamo: è finita.
- LA CONFERENCE LEAGUE, MA SIETE VOI CHE SCOPRITE CHE QUESTA RUBRICA, INTESA PROPRIO COME IL BELLO DEL GIOVEDÌ, È FINITA

- LA CONFERENCE LEAGUE, MA SONO IO CHE SCOPRITE CHE QUESTA RUBRICA, INTESA PROPRIO COME IL BELLO DEL GIOVEDÌ, È FINITA
- L’EUROPA LEAGUE, MA SIAMO IO E VOI CHE SIAMO ARRIVATI FIN QUI CONTRO TUTTO E TUTTI
Ci rivediamo? Chissà.