Conosci la tua squadra del giovedì sera: Pafos FC
Pafos non sembra nemmeno il nome di una squadra ma di uno snack. Una di quelle tortine soffici come una nuvola, con la consistenza eterea creata dai conservanti. Una mega brioche da riempire come si desidera: un pafos con petto d’anatra, burro e salsa wasabi, grazie.
Pafo è il nome della figlia di Pigmalione re di Cipro, e di Galatea, tecnicamente una statua, resa viva da una preghiera di Afrodite.
Paphos è la quarta cittadina più grande sull’isola di Cipro, ed è stata dichiarata patrimonio Unesco. Il suo nome viene dalla figlia di Pigmalione ed è celebre soprattutto per un tempio dedicato ad Afrodite, che rese viva la statua Galatea e pare nacque proprio nelle acque di fronte a Pafo, cullata da un faraglione splendido a venti chilometri dalla città. Una baia dalle acque cristalline e dai poteri magici. Immergendovi potrete diventare più giovani. C’è chi giura di aver visto, in quelle acque, immergersi Silvio Berlusconi tutto incartapecorito, e poi riemergere splendido come il cavaliere che tutti noi amavamo.
È difficile immaginare che la cittadina consacrata alla dea della bellezza sia in realtà una di quelle cittadine frutto dell’allucinazione di qualche inglese che ha bevuto troppo Jamaican Breeze. Pub legnosi, flipper, cover band dei Queen, serate karaoke, patatine fritte a pranzo e cena di fronte alla spiaggia a godersi un tramonto con una bottiglia di vino spagnolo col tappo svitabile. Chissà se in uno di questi pub, tra una serata quiz e l’altra, si vede sventolare una bandiera del Pafos. Al centro campeggia la mascella fiera di Evagoras Pallikarides, poeta e rivoluzionario che negli anni ’50 ha combattuto per l’indipendenza di Cipro dall'Inghilterra.
Un giorno Evagoras fu sorpreso a trasportare una mitragliatrice a dorso d’asino e fu arrestato dagli inglesi. L’anno dopo venne giustiziato, destando scandalo. Durante il processo dichiarò «So già che mi condannarete a morte, ma qualsiasi cosa io abbia fatto l’ho fatto da cipriota che vuole la sua libertà». È il più giovane martire di Cipro e i suoi cittadini ne hanno fatto un’icona, sventolata anche davanti alla Regina Elisabetta durante una sua visita ufficiale.
Chissà cosa penserebbe, un turista inglese, guardando la faccia di Evagoras Pallikarides sulla bandiera del Pafos nel suo pub, in attesa che inizi la serata quiz (in cui dovrà indovinare Jonjo Shelvey guardando solo le squadre in cui ha giocato). Chissà se qualcuno gli racconterà la sua storia oppure la capirà da solo, guardandolo negli occhi.
Come sta l'Union Saint Gilloise
Certe volte ciò che circonda una partita di calcio è meglio della partita di calcio in sé. Anzi, diciamo quasi sempre, specie se c’è di mezzo l’Union Saint Gilloise.
Se siete lettori di questa rubrica, o anche semplicemente lettori o lettrici di Ultimo Uomo, non è rimasto più niente di sconosciuto per voi sull’USG. Ne scriviamo da anni qui, e gli abbiamo dedicato un reportage di Paolo Riva e Diego Ravier. Ho sentito Paolo, giornalista di Irpi Media, per chiedergli della partita di ieri e che aria tira per l’Union.
La stagione per ora è stata più deludente delle precedenti. Non stanno arrivando grandi risultati, l’Union è lontana dalle prime posizioni e c’è meno entusiasmo. «Non abbiamo ancora trovato qualcuno che ci ha fatto innamorare, come poteva essere Amoura l’anno scorso o Boniface due anni fa. In tribuna io e i miei amici rimpiangiamo i venduti e tra i tanti nuovi acquisti non c’è nessuno che ci gasi».
I tifosi però sono consapevoli del miracolo che l’USG mette in piedi ogni anno: non c’è niente di scontato in questo percorso, non in tutti gli anni si possono superare i propri limiti attraverso delle intuizioni. Prima della partita l’Union ha pubblicato un video in cui un suo tifoso parla direttamente in italiano alla Roma e ai suoi tifosi.
La persona che parla si chiama Fabrizio, è italo-belga ed è un personaggio noto nella tifoseria dell’Union. Secondo Paolo è interessante, di questo video, che l’Union parli di sé come la squadra di Bruxelles, rivolgendosi a Roma quindi «da squadra della capitale a squadra della capitale». È qualcosa su cui l’Union punta molto a livello di immagine, calcolando che ci sarebbe un’altra squadra a Bruxelles, con una storia più vincente, ovvero l’Anderlecht.
In ogni caso i legami tra Union e l’Italia sono conclamati e vanno oltre i Righeira, che hanno suonato prima della partita. I Boys - la tifoseria organizzata - hanno una specifica sezione italiana, perché la comunità italiana a Bruxelles è molto forte ed è forte il legame di questa con l’Union. «Kostas, il capo dei Boys, porta un braccialetto degli Union Boys Italia» mi dice Paolo. La partita non ha avuto la classifica atmosfera delle partite dell’Union, che non può giocare nel proprio stadio in Europa, il Marien, e ieri ha giocato all'Heysel. L’atmosfera è un po’ cupa e burocratica, gli spalti sono mezzi vuoti. Si capisce pure dalla tv. «Anche il concerto è stato un po’ tristino» mi dice Paolo. «La cosa bella è che era la partita della doppia appartenenza. Un mio amico è arrivato con la doppia sciarpa, Roma e Union; un altro mi ha detto “stasera io vinco comunque”, ma in generale ho visto che gente che viene con me a tifare Union che ieri sera è dovuta tornare a tifare la Roma». Paolo chiude con una battuta amara: «Un mio amico mi ha detto che almeno, se continuiamo così, non c’è il rischio di perde il campionato all’ultima giornata».
Johnson Righeira è la migliore persona del mondo?
Alcuni fatti pro:
- Si muove spesso da Torino al Belgio per andare a tifare una squadra della periferia di Bruxelles.
- Indossa ancora il chiodo.
- È stato ingiustamente carcerato per cinque mesi per traffico di stupefacenti. La condanna era a «un anno e quattro mesi di reclusione e due milioni di multa per aver messo a disposizione la loro abitazione per alcuni droga-party». Da quant’è che non sentivate l’espressione “droga party”? «Mi è crollato il mondo addosso» dichiarò Johnson, che raccontò di essere stato aiutato dai suoi compagni di cella. È stato poi riconosciuto innocente.
- Ha scritto No Tengo Dinero, una delle cose migliori che finirà nelle vostre orecchie e nei vostri occhi oggi.
- Quando i tifosi dell’USG cantano Vamos a la Playa, il primo tormentone estivo della storia, è ancora capace di commuoversi.
Alcuni fatti contro:
- Vota Marco Rizzo e lo ha più volte sostenuto nelle sue campagne elettorali e candidandosi come consigliere (ha ottenuto 8 voti e non è stato eletto), cercando una conciliazione ideologica tra i tormentoni estivi e il partito comunista.
- Ha collaborato al singolo “Formentera”, peggiore di ogni cosa che finirà nelle vostre orecchie nella giornata di oggi.
Nell’ultimo singolo a cui ha collaborato, uscito poche settimane fa, vive un momento auto-riflessivo. La canzone si intitola “ho sempre odiato gli anni ’80” ed è una tirata contro le cose iconiche di quel periodo. Alla fine del video, però, Johnson guardando un video anni ’80 - che rimanda un tantino a George Michael - si commuove e scoppia in un pianto nostalgico. Cosa c’è di più malinconico di un ex punk rimasto intrappolato nella sua epoca?
La seratina intensa ad Amsterdam
Ogni giovedì sera europeo si mette in moto un complesso meccanismo geopolitico. Gli ultras vedono nelle partite di coppa un’occasione per attraversare l’Europa e sbloccare gli intricati meccanismi che regolano simpatie e antipatie tra le varie tifoserie del mondo. Queste logiche sono per lo più sfuggenti, e fanno riferimento a sistemi di valori ermetici e inafferrabili da fuori, o a episodi storici che non sono noti. Altre volte, però, gli scontri hanno radici geopolitiche sotto gli occhi di tutti.
Si è discusso sull’opportunità di includere Israele e le squadre israeliane nelle competizioni europee, visto il precedente ban alla Russia. Se ne è fatta soprattutto una questione di principio ed è naturale che sia così, quando si sta parlando di un piano simbolico che diventa politico. Ci si è però posti poco una questione pratica e meno simbolica: cosa sarebbe successo con i tifosi israeliani in trasferta? Non sarebbe stato forse pericoloso far circolare questi esseri umani che appartengono a una sottocultura militarizzata di uno stato fortemente militarizzato? Non sarebbe stato pericoloso, innanzitutto per loro, esporli alla violenza di altri movimenti ultras anti-semiti, calcolando che non sono pochi in Europa? Oppure farli entrare in collisione, in Europa, con frange fortemente critiche della politica militare israeliana?
Se ricordate, a marzo la curva Fiesole a Firenze ha cantato cori a favore della Palestina e i giocatori del Maccabi Haifa sono andati lì sotto a litigare. Prima della partita la città era blindata. In quel periodo, prima della partita contro l’Olympiakos, ad Atene, i tifosi del Maccabi Tel Aviv hanno picchiato un ragazzo egiziano che indossava una bandiera della Palestina.
I club di calcio e basket israeliani sono strettamente legati ai lati più radicali del movimento sionista. La denominazione Maccabi rimanda ai guerrieri ribelli maccabei che cercavano di proteggere le regioni giudaiche dall’influenza greca. Nel tempo è diventato sinonimo di “club sportivo” anche le sue origini sono storicamente situate: nascono dagli ebrei discriminati ed esclusi dagli altri club sportivi. Nascono con l’idea di assecondare la visione di Max Nordau, secondo cui gli ebrei dovevano modificare la propria immagine di popolo debole verso una forte e in forma. Il tutto per sostenere la lotta del movimento sionista. D’altra parte i club denominati Hapoel nascono in ambito sindacale, e hanno quindi una tendenza socialista. Queste divisioni, per quanto si siano smorzate nel tempo, parlano ancora della differenza di orientamento tra le tifoserie delle varie squadre.
A Tel Aviv il clima è certo meno estremo che a Gerusalemme, ma il gruppo dei Fanatics - ultras del Maccabi - ha alzato il livello della violenza. Come riportato da Valerio Moggia su Pallonate in Faccia, sono riusciti a cacciare un giocatore di origini arabe dalla squadra, Maharan Radi.
Nessuno però ha pensato che potesse essere un problema far circolare questi tifosi in Europa. Ieri ad Amsterdam, prima e dopo la sfida contro l’Ajax - che ironicamente si definisce “la squadra degli ebrei”, lunga storia - è successo il caos. È difficile ricostruire la cronologia dei fatti ma sappiamo alcune cose.
Sappiamo che i tifosi del Maccabi hanno circolato per Amsterdam inneggiando al genocidio degli arabi e dei palestinesi. Anche dei bambini palestinesi.
Sappiamo che alcuni tifosi del Maccabi hanno tirato giù da un palazzo una bandiera palestinese e le hanno dato fuoco.
Sappiamo che un tifoso del Maccabi ha aggredito un taxi con a bordo un tassista di origini arabe con una catena.
Sappiamo che i tifosi del Maccabi non hanno rispettato il minuto di silenzio per le vittime dell’alluvione a Valencia, probabilmente per la posizione della Spagna a favore della Palestina.
Sappiamo che alcuni olandesi di origini arabe hanno fermato, inseguito e picchiato i tifosi del Maccabi gridando “Palestina libera”. Sappiamo che alcuni passaporti sono stati rubati.
Sta anche circolando la notizia che alcuni di loro sono militari ma questo è difficile da dire. L’unica prova che circola sono delle foto su Instagram del passato in abiti militari: niente di strano in un paese con la leva obbligatoria.
Sappiamo che ci sono stati dieci feriti, tutti israeliani. Netanyahu ha parlato di attacco “grave” e “premeditato”. Il ministro della sicurezza Itamar Ben-Gvir (estrema destra) ha dichiarato: «Questo non è solo un danno per ebrei e israeliani ma un segnale di avvertimento per tutti i paesi europei contro la violenza musulmana radicale». Anche il primo ministro olandese ha definito gli attacchi “anti-semiti”.
Sappiamo che Netanyahu ha inviato due aerei cargo ad Amsterdam per recuperare i tifosi del Maccabi Tel Aviv.
E in campo?
In campo l’Ajax ha cancellato il Maccabi Tel Aviv con la sicurezza delle squadre in stato di grazia. Del resto la squadra di Farioli ha battuto PSV e Feyenoord nelle ultime settimane e sembra aver fatto un piccolo salto di qualità. L’Ajax ha vinto 5-0 distribuendo i gol nella sua partita su un minutaggio ben scandito. Il conto degli xG a fine partita conta 3.68 per l’Ajax e 1.02 per il Maccabi. La qualità delle combinazioni palla al piede ci ha esaltato come solo la versione dell’Ajax di Ten Hag di recente ha saputo fare. Dopo il secondo gol questa è la reazione di Farioli:
Nell’azione c’è un gioco a tre tra Kian Fitz-Jin - il regen di Steven Pienaar -, Bryan Brobbey e Kenneth Taylor, che con l’interno piede, con un colpo anti-agonistico, ha infilato la palla in rete. Un breve trattato di come si attacca una difesa schierata, se hai giocatori tecnici e allenati per associarsi tra loro in velocità.
Molte azioni dell’Ajax sono nate dalla riaggressione a uomo, ingestibile per una squadra non abituata a essere pressata così come il Maccabi. Da una situazione così nasce il terzo gol del 2005 Mika Godts, una delle rivelazioni di questa Europa League - 3 gol in 4 partite. Cresciuto nel settore giovanile dell’Anderlecht, ha fatto una stagione nella squadra B dopo aver rifiutato il prolungamento del contratto. Si è poi trasferito all’Ajax, dove non gioca ancora sempre titolare, ma è spesso decisivo. Contro il PSV ha segnato il gol vittoria del 3-2 - arrivato rubando palla alla costruzione bassa del PSV.
Per l’Ajax è stata la grande partita di Brobbey, autore di un gol e di un assist. Farioli ha detto di aver parlato con lui prima della partita per tirarlo su di morale. In una squadra in cui tutto funziona Brobbey è riuscito a sbagliare gol incredibili finora in stagione.
Un tunnel di Pienaar come tributo a Fitz-Jin
Ve lo ricordate questo? Riuscite a indovinare, dietro il video sgranato, di che partita si tratta? Ajax-Roma; il giocatore a subire il tunnel è Jonathan Zebina, grande amante dell’arte pittorica.
Gol più giovedì sera
Virilità: 1
Assurdità: 10
Anti-epicità: 100
Paura della morte: 1000
Quando vi chiederanno il perché, fategli vedere questo gol. Pensate di poter vedere questo gol da qualunque altra parte? In qualunque altro momento? Un gol dove si incrociano i destini di una squadra danese stile Moneyball, costruita sull’algoritmo, allenata con idee radicali, e una che nasce dalle ceneri di un club storico, posseduta da un tipo che si chiama Gigi Becali e che, insomma, non ha una storia né sportiva né politica proprio limpida.
Ma dicevamo, può succedere solo qui perché si incrociano una squadra che batte un calcio d’inizio disponendo tutti i suoi giocatori sulla linea di metà campo per far lanciare il suo portiere, Elias Rafn Olafsson, mentre l’altra squadra ha un centravanti abbastanza smaliziato da pressare quel portiere come se fosse una possibilità.
Ma non è neanche per questo che vi scrivo, cerco cioè di raggiungere tutti voi che magari conoscete o magari non conoscete il giovedì sera. Vi scrivo perché dopo che il portiere ha colpito il centravanti dell’FCSB (ex Steaua Bucarest), dopo che il pallone lo ha scavalcato, dopo che questi - il portiere sempre, l’eroe positivo di questa storia - ha accettato il suo destino rinunciando anche solo a provare a rimediare al suo errore. Dopo che il pallone stava viaggiando libero e felice verso la porta del Midtjylland, dopo tutto questo, arriva il vero momento leggendario di questo gol: e cioè che Daniel Bîrligea lo ha segnato di esultanza (citazione presa da qualcuno che era a Berlino a vedere la partita con me e che ringrazio). Perché infatti questo non è un gol di petto, banalmente, è un gol segnato col pallone che lo colpisce mentre già esultava, e questo credo sia un unico o quasi. Un unico che può succedere solo qui.
Power ranking dei Joao
1. João Moutinho
Il suo passaggio allo Spezia ci ha fatto divertire: non era quel Joao Moutinho, era un altro Joao Moutinho. Oggi è in prestito allo Jagiellonia
2. João Moutinho
Leggenda minore di questo gioco, eterno con la maglia del Portogallo, capostipite dei portoghesi al Wolverhampton; a 38 anni è tornato al Braga per chiudere la carriera in Europa League. Rispetto.
3. João Mário
João Mário si è presentato a Milano definendosi «medioala», una definizione che avrebbe meritato più fortuna nel calcio dei nerd (cioè noi, sia chiaro).
4. João Figueiredo
La sua pagina Wikipedia: “Ha giocato nella prima divisione brasiliana, in quella lituana, greca ed emiratina”. Ora però gioca in quella turca, nell’İstanbul Başakşehir.
5. João Ferreira
La carriera di João Ferreira, che sapevamo già anche senza saperla davvero: Benfica B, Benfica, Vitória Sport Clube, Rio Ave, Watford, Udinese, Braga.
6. João Pedro Araújo Correia
L’unico a essere sia nel Power Ranking dei Joao e in quello dei Pedro di qualche settimana fa. Speriamo di riuscire a fare anche quello degli Arajuo e dei Correia.
7. João Mário Lopes
Effettivamente era strano ci fosse solo un João Mário nel calcio, ci ha pensato il Porto a rimediare.
8&9 João Mendes e João Mendes
In questo momento storico ci sono ben due João Mendes nel Vitória Guimarães. Se ci pensate, su una squadra di 22-23 giocatori non è poco, è quasi il 10%. Comunque: potrei spiegarvi come distinguerli, ma onestamente mi sembrerebbe fatica sprecata.
10. João Félix
Joao Felix mi ha deluso più di quanto io abbia deluso me stesso.
Organizza la tua trasferta: Hîncești
L’iperturismo è l’ultima beffa della società contemporanea. Ci hanno detto che viaggiare ci avrebbe arricchito l’anima e reso persone migliori, ci hanno dato voli a poco prezzo per battere la nostra povertà, vetrine dove condividere le foto tutte uguali da i posti più belli del mondo per farci sentire meno soli e solo dopo abbiamo scoperto che è un modo come un altro con cui stiamo rovinando l’esperienza umana.
Come fare a far convivere la nostra voglia di viaggiare e quella di non essere una pedina? Andate in Moldavia. La Moldavia è il paese meno visitato d’Europa, ma è anche il posto che ospita il Fotbal Club Petrocub Hîncești. E se quest’anno volete farvi una trasferta Conference League, nessuno posto rimanda quel senso di fatalismo e freddo umido tipico di questa coppa più di Hîncești (le partite di Conference le gioca a Chisinau, ma dovreste aver già capito il non-senso di questa rubrica).
Come arrivare: macchina
Perché no? Se partite adesso, cioè nel momento in cui scrivo, da casa mia, sono esattamente 24 ore di viaggio. Se partite dal nord Italia anche meno. Se siete tre o quattro, potete alternarvi alla guida e non fermarvi mai, mettendoci esattamente un giorno. In aereo, tra raggiungi l’aeroporto, aspetta il volo, il volo fa ritardo, orientati in Moldavia, trova un modo di raggiungere Hîncești. Quanto meno ci mettereste. Il consiglio, però, è di prendervi del tempo. Il viaggio in macchina passa per Lubiana-Lago Balaton-Budapest-Sghedino-Timisora-Brasov e poi, se ci pensate, non è importante la meta ma il viaggio.
Un personaggio: Grigori Kotovski
Nel 1905 Grigori Kotovski è una specie di Robin Hood moldavo, un brigante a capo di una banda di haiduks che batte la Bessarabia sfidando autorità e oppressori. Nel 1906 viene arrestato, ma scappa. Viene arrestato di nuovo. Rimane per 7 anni nella Katorga di Nerchinsk, poi riesce a scappare. Dopo l’ennesimo furto abbraccia l’ideale rivoluzionario e diventa un comandante dell’Armata Rossa. Partecipa alla prima guerra Mondiale, dove diventa una figura leggendaria. Si batte sul fronte ucraino e su quello romeno, diventa una figura leggendaria, temuto e ammirato. Muore nel 1925, tradito da qualcuno dei suoi compagni, lasciando un alone di mistero sulla sua storia controversa.
Perché ne parlo? Perché Kotovski è nato a Hîncești, e qui troverete, in cima a una collina, una statua a lui dedicata che rimanda delle fortissime vibrazioni sovietiche. Per capire l’importanza per la città del cittadino Kotovski, basti sapere che dal 1965 al 1990 la città venne chiamata Kotovski.
Un museo: Conacul lui Manuc Bei
Immaginatevi una sontuosa villa dall’architettura neoclassica con elementi decorativi che mescolano influenze europee e orientali piazzata in mezzo a un paese di 15 mila abitanti in stile piuttosto rurale. Fu commissionata da Manuc Bei Mirzaian, un celebre mercante e diplomatico armeno quando si trasferì in Moldavia. La tenuta è immersa in un parco pittoresco e, oltre alla residenza principale, comprende diversi edifici di servizio e giardini che riflettono lo stile di vita aristocratico dell’epoca.
Oggi ospita un museo sulla storia della Moldavia e sullo stile di vita aristocratico del XIX secolo. Collezione di mobili, arredi d'epoca, profumo di antichità: cosa volete di meglio?
Un posto: Popas Vînătoresc
Di solito non consiglio posti per mangiare, ma qui sento di dover fare un’eccezione, anche perché non c’è davvero molto a Hîncești se tutto quello che volete fare non è girare per pompe di benzina in stile sovietico o comunque girare a caso (cosa che, se volete la mia, è sempre consigliata). Popas Vînătoresc è uno di quei ristoranti in cui trovate delle riproduzioni di carri armati in giardino e un camino sempre acceso all’interno. Si mangia carne, ovviamente, ma anche pane di segale, cipolle, patate, verdure arrosto. Quel tipo di cucina contadina che ti scalda l’anima: coi tavoli in legno, oggetti di legno alle pareti, legno per cucinare, travi di legno, porte di legno, l’insegna fatta col legno. Insomma avete capito: un sacco di legno.
Le migliori recensioni Google di stadi delle squadre di Conference League: Stadionul Zimbru
La Uefa ha creato una terza coppa per dare risalto anche alle squadre meno blasonate d’Europa, però poi storce il naso davanti ai loro stadi. Per questo ha spedito il Petrocub Hîncești a giocare a Chișinău, dove nel 2006 è stato costruito questo stadio, sede degli acerrimi rivali del Zimbru.
Sorge lungo la Dacia Boulevard, la strada che dal centro di Chișinău porta verso la Transnistria. Se avete quella visione del mondo, vi farà piacere sapere che alle sue spalle c’è un enorme complesso di palazzi in stile sovietico, che rimbalzano sullo sfondo dello stadio tutto sommato recente e anche ben tenuto. Un’impressione confermata dalle 2629 recensioni con una media di 4.5. Ecco allora le migliori (in alcune potrebbe esserci un lieve problema di traduzioni, ma ehi: è anche questo parte dell’esperienza).
E ok (5 stelle)
Fienile (1 stella)
Signore e signori, miei cari amici, la telecamera è migliore in FIFA 2002, mi dispiace di averlo detto, mi dispiace. Beh, resisti in qualche modo (1 stella) (qui credo si riferisca alla visione dalla televisione, sono diverse le lamentele sulla telecamera).
Lo straordinario stadio della Repubblica di Moldavia...Lo stadio che ha ospitato il leggendario Ronaldo...Lo stadio che ha ospitato Bale, Ibrahimovic, la Nazionale e i vincitori della Coppa del Mondo 2018 - Francia.... L'atmosfera è sempre favolosa... Non dimentichiamo certo i fortunati dai balconi degli appartamenti che sono accanto allo stadio.... L'ultima partita da spettatore è stata al Petrocub con l'Apoel! (5 stelle)
Pensavo di essere sul campo di allenamento ma era lo stadio (3 stelle)
Ottimo posto per il calcio! (5 stelle)
Il soul club degli abitanti di Chisinau (5 stelle)
È tornata la nebbia!!!!
Nelle prime edizioni di questa rubrica il meteo era centrale nel discorso. Negli anni, forse complice il cambiamento climatico, abbiamo ridotto i contributi a tema freddo, neve, pioggia, grandine, nebbia. Ci piace però far notare le prime volte: cioè la prima volta che torna la nebbia, come in questo caso, in Elfsborg-Braga, che è un po’ come il primo volo di rondine: la prima nebbia vuol dire che il giovedì sera è davvero tornato e infatti questo è stato uno dei turni più incredibili da molto tempo a questa parte, probabilmente il migliore dell’anno.
Natan è quasi morto per segnare un gol il giovedì sera
Se siete stufi dei soliti role model che fanno i video su TikTok ecco un vero uomo che si è fracassato la testa per colpire una palla di testa e vivere la sensazione unica di segnare un gol il giovedì sera, regalandoci questa immagine epica. E voi cosa sareste disposti a fare per segnare un gol il giovedì sera?
Le volte in cui la Dinamo Kiev è andata più vicina a fare gol
Ieri hanno segnato le ultime squadre che non avevano fatto ancora gol il giovedì sera (il Backa Topola ha esagerato). Ne è rimasta una, triste e solitaria, a non aver ancora provato la gioia della rete nelle partite del giovedì, la serata cosmologicamente più propizia ai gol di tutto il calcio mondiale. (Ieri c’è stato un momento di delirio, intorno all’ora di gioco delle partite delle 21, in cui ogni stacco di collegamento di diretta goal segnalava una nuova rete, e mi sentivo felice e frastornato come quando succedono cose innaturali ma comunque belle, che non sappiamo del tutto spiegarci.
Comunque, la Dinamo Kiev non ha ancora mai segnato e veramente non mi viene in mente niente di più triste di una squadra che gioca il giovedì sera senza mai far gol. Nessun gol in quattro partite giocate. Ironico per la squadra prima in classifica nel campionato ucraino e con una media di quasi tre gol segnati a partita. Per tante volte ci è andata vicina, ma molte cose sembrano remarle contro. Per esempio al 17’ è finita in 10 e la partita si è fatta maledettamente difficile. La Dinamo ha comunque tirato verso la porta, ha preso una traversa col punteggio ancora sullo 0-0 dopo mezz’ora circa.
Contro la Roma la Dinamo si era costruita un’occasione pulita che Voloshin sembra aver sfruttato come meglio non poteva, o quasi. Dopo uno stop di petto in corsa e un tiro al volo la palla è finita fuori di un soffio. Al 42’ di quella partita la Dinamo ha poi segnato, ma è stato segnalato un piccolo fuorigioco che ha fatto annullare la rete.
Contro l’Hoffenheim un’altra traversa. Contro la Lazio un mezzo miracolo di Provedel su un tiro forte di Yarmolenko. L’allenatore Shovkovsky, con i suoi capelli da bassista dei Ride, ha l’aria sempre sconvolta. In totale la Dinamo Kiev ha tirato 35 volte verso la porta e non ha mai segnato.
Pedro
Questa rubrica del giovedì è diventata, inaspettatamente, nel 2024, una rubrica su Pedro Rodriguez Ledesma, che ieri sera contro il Porto ha segnato il gol vittoria della Lazio, che ora è solitaria in cima alla classifica del mega-girone di Europa League. Ha segnato un gol furbo, appostato sul secondo palo in attesa del liscio del difensore, e pronto nello stop di petto e il tiro in porta. In 4 partite di Europa League ha segnato 3 gol e servito 1 assist. Siamo già a 6 gol stagionali.
Tutto questo, di per sé, non avrebbe senso. La classe, si dice, è eterna, ma in genere intorno ai 35 anni finisce, o ci va molto vicina. Pedro invece sta vivendo un’improbabile stagione di resurrezione. Ha già segnato il doppio delle reti segnate lo scorso anno e al momento sembra alla portata la possibilità che arrivi a segnare il suo record di gol dal 2013/14, quando ne segnò 19 con la maglia del Barcellona. Stiamo parlando di undici anni fa. Dopo quell’anno il suo record è 13 con la maglia del Chelsea. Stiamo parlando di sei anni fa.
Pedro lo scorso anno sembrava finito, e due anni fa pure, tre anni fa c’eravamo quasi, quattro anni fa, quando era ancora alla Roma, sembrava dovesse francamente ritirarsi. Pedro è insomma passato attraverso diversi momenti del processo di bollitura di un campione di calcio, e al termine di questo processo - quando tutto sembrava pronto per buttare tutto via - è risorto.
Abbiamo parlato dei gol ma questi non dicono tutto. Anzi, non dicono niente. Anche in questi anni di esaurimento Pedro ha avuto grandi momenti di brillantezza offensiva, ma spesso entrando a partita in corso, in contesti molto precisi, mostrando una capacità immutata di trovare una giocata estemporanea. Ieri, contro il Porto, ha tirato fuori una prestazione completa per novanta minuti. Qualcosa che non gli vedevamo fare da tanto tempo, peraltro in un contesto di alto livello - visto che il Porto è sembrato una squadra forte e discretamente in forma.
Pedro è stato il migliore in campo per l’incisività negli ultimi metri (oltre al gol, 2 passaggi chiave), ma è stato anche straordinariamente influente in fase difensiva, con dei recuperi sbalorditivi, fino alla propria area di rigore. Uno di vitale importanza verso il finale di partita, prima che la Lazio trovasse l’energia per sferrare il proprio assalto finale. Recuperi che fatti da un giocatore come lui, di 37 anni, col suo curriculum, suonano davvero la carica. La squadra di Baroni, per i rischi che si assume in fase offensiva, chiede molto sacrificio individuale ai suoi giocatori in fase difensiva - a volte devono davvero impegnarsi in recuperi disperati a livello individuale per ricucire le distanze che si allungano in modo drammatico.
Pedro sembra essersi calato alla perfezione in queste richiesta. È incredibile l’intensità atletica con cui riesce ancora a giocare a questi livelli. Col pallone, poi, è un giocatore prezioso per il lavoro qualitativo sulla trequarti, che non è nelle corde di nessun giocatore della Lazio al momento - una squadra ricca di profili intensi e verticali, ma che manca di pausa e qualità tecnica, talvolta. Il vuoto lasciato da Luis Alberto è stato colmato dal lavoro spalle alla porta di Castellanos, dalla crescita di Rovella ma anche da Pedro. E questo davvero non potevamo aspettarcelo. Qui per esempio raccoglie una palla sulla trequarti, si gira con calma e cambia gioco verso il lato debole.
Per il gusto da highlights invece dobbiamo mostrarvi per forza questo dribbling col primo controllo su un pallone salito a campanile. Qualcosa che ieri sera solo lui, tra quelli in campo, poteva fare.
«Se stai bene non c’è età» ha detto Baroni a fine partita.
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UFFICIALE
Berg è quel tipo che suona la batteria in una band Trash Metal nella provincia di Brescia ma 6 giorni su 7 va a lavorare al cantiere col padre, al bar lo chiamano “ragioniere” perché ha il diploma da ragioniere e alle 18.30 lo trovi sempre con la Ceres in mano nel dehor di un bar in cui campeggia la scritta “si organizzano corsi di recupero per astemi”. Passa le serate in mezzo ai cani molossi dei suoi amici e parla molto di cronaca nera. Ha una toppa dei Guns n’ roses sulla giacchetta jeans che non lava dal 2004. Gira con una Seat Ibiza a diesel ricevuta in eredità da una zia morta in circostanze sospette.
Steal his look! Ruba l’outfit a un allenatore del giovedì sera
Marco Baroni (Lazio) 6/10 - € 345,59 valore complessivo
Pataloni neri Shein Slim Fit - € 16,80
Sneaker Saucony Jazz - € 59,99
Giacca sociale Lazio - € 79,80
Dolcevita Roberto Cavalli - € 80,00
Orologio Sector No Limits 270 limited edition - € 109,00
Igor Jovicevic (Ludogorets) 8/10 - € 1525,99 valore complessivo
Cappotto Uomo misto lana doppio petto Piazza Italia - € 24,99
Cravatta Vintage presa al mercato - € 1,00 (contrattato da € 1,50)
Camicia Valentino in mussola di cotone con Plastron e dettagli in pizzo - € 1500,00
Cappello glitterato del merch ufficiale della Sala Slot “Las Vegas” di Razgrad - gratis dopo € 5000,00 di spesa alle Slot Machine
Manuel Pellegrini (Betis) 8/10 - € 549,98
Mocassino Doucal’s in pelle nera con fibbia - 450,00
Jack&Jones Pants Studio - € 59,99
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La connessione Mertens-Osimhen e un po’ di nostalgia per i tifosi del Napoli
Il Galatasaray è una delle squadre più matte oggi in Europa. Non sembra solo rifiutare le dinamiche tattiche del calcio contemporaneo, ma un’idea di tattica più in generale. Questo non dice molto di Okan Buruk, che è un allenatore molto bravo ma che quest’anno è costretto, sostanzialmente, a schierare contemporaneamente in campo Mertens, Icardi e Osimhen. Già uno di questi giocatori rappresenterebbe un lusso per l’equilibrio di una squadra normale, figuriamoci tre. E così il Galatasaray crea queste partite imprevedibili in cui riesce a creare occasioni da gol a ripetizioni, ma poi ha momenti di sbandamento imbarazzanti e potrebbe subire gol a ripetizione. Ieri contro il Tottenham - che schierava una specie di squadra d - è andato in vantaggio di un paio di gol, e di un uomo, e in superiorità numerica ha rischiato di prendere il pareggio al termine di una partita dominata in cui avrebbe potuto segnare 10 reti. A fine partita ha messo insieme 3,12 xG; il Tottenham, comunque, 2,13.
I due gol decisivi li ha segnati Victor Osimhen, entrambi su assist di Dries Mertens, che con la 10 sulle spalle a Istanbul si è trasformato in un rifinitore anni ’90. Uno che capisce al volo il suo compagno con cui probabilmente parla in napoletano. Vi metto qui questo video di cui vi chiedo di ignorare la strana analisi tattica in turco (un’esaltazione di Davison Sanchez) per guardare la palla di prima di Dries, e la finalizzazione classica di Osimhen che vi farà salire una gran nostalgia. Guardate a che altezza sale Victor per prendere quel pallone con l’interno sinistro. Sembra passato un secolo da quando segnava questi gol in Serie A.
Osimhen ha segnato 6 gol e servito 4 assist in 8 partite giocate con la maglia del Galatasaray.