Conosci la tua squadra di Conference League: Cluj
Al principio era la Dacia, uomini antichi vivevano in città antiche dai nomi bizzarri come Sarmizegetusa. Poi arrivarono i romani, si misero in Mesia e minacciarono i Daci di là dal fiume. Ogni volta che il fiume ghiacciava, per un dispetto diventata una vecchia abitudine, i Daci percorrevano il fiume e andavano a saccheggiare le città romane.
Poi fu la Transilvania, la terra oltre la foresta: il modo in cui gli ungheresi chiamano l’altopiano oltre i Monti Apuseni, oltre la grande pianura ungherese. Punto di intersezioni di etnie, culture e religioni estremamente diverse. Nebbia, alberi nodosi, architetture povere e medievali, corsi d’acqua da cui spira un vapore malefico, assoluta rarità di luce la rendono lo scenario ideale per Bram Stoker, che fa nascere lì il suo immaginario Conte Dracula, ispirato al Vlad di Valacchia detto “l’impalatore” per questa sua fissazione di voler impalare quelli che gli stavano antipatici. (L’impalazione, va ricordato, è forse la più crudele delle torture: col palo che entra nel deretano, stando attenti a non sfiorare gli organi vitali, i torturati potevano metterci giorni a morire del tutto, cioè a morire).
Poi fu Napoca, fondata dai celti, o almeno così si dice, e con i celti vennero gli scordisci, gli avari, gli unni, i sassoni, i romani, i greci, gli armeni, i rumeni, gli slavi, gli ebrei. E dopo Napoca arrivò Cluj, che significa chiuso per le colline che circondano la città, o significa Klaus come la dinastia Klausenburg, tra i fondatori dell’ebraismo chassidico, che santifica ogni momento della vita quotidiana con un sentimento di pietà. Cluj città santa quindi.
Poi venne il Cluj, la partita con la Roma del 2008 che per la prima volta mostrò la squadra all’Europa. Il telecronista che esordisce con la frase: «Buonasera dalla gelida Transilvania». Matteo Brighi, Simone Perrotta, Marco Cassetti da una parte; Cristian Panin, Sebastian Dubarbier, Alvaro Pereira, Emmanuel Culio dall’altra.
Doppietta di Matteo Brighi.
Dopo una vita per lo più passata in Divizia B, i destini del club sono cambiati nel 2004, quando il club viene promosso in Divizia A. Un anno dopo la squadra finisce in Coppa Intertoto e si spinge fino alla finale, battendo nel mezzo squadre come il Saint Etienne e l’Athletic Club di Julen Guerrero, affrontato in un vecchio campo che ha gli spalti da un lato e degli alberi sull’altro. Se vi piace il genere di gol con infortunio annesso, e un uomo che invece di esultare chiede il soccorso dei medici, è quel tipo di partita.
Poi venne pure il Cluj Crusaders, la squadra locale di football americano, capace di vincere, due RoBowl, ma magari ne parliamo nella prossima puntata.
Benvenuti nell’incredibile mondo di Aivar Pohlak, fondatore del Flora Tallinn
Guardate la fotografia di quest’uomo, secondo voi che lavoro fa?
Ha i capelli lunghi sale e pepe, uno di quei pizzetti con cui certi uomini sembrano nati, una giacca da cacciatore di renne, dei jeans strappati strategicamente all’altezza del ginocchio, una felpa blu da lavoro. Viene facile immaginarlo, nella provincia boscosa dell’Estonia, nascondere le proprie delusioni dietro i bicchieri, le risate, le partite a biliardo. Potrebbe fare uno di quei lavori che ti fanno le mani grosse e ruvide: fabbro, camionista, meccanico, i capelli sempre un po’ unti, ma mai davvero sporchi. Chi è innamorato di lui giura di aver visto la bontà stessa del mondo nei suoi occhi azzurri.
Quest’uomo non è niente di tutto ciò. Si chiama Aivar Pohlak ed è la figura più importante della storia del calcio estone. Nel 1990, insieme a un gruppo di amici, ha fondato il Flora Tallinn, la squadra più vincente d’Estonia; nel 1997 ha fondato invece l’FC Kuressaare, in una cittadina gioiello di meno di quindicimila abitanti che pare disegnata da Walt Disney. Ne è diventato presidente e allenatore, e per lui era in fondo un sacrificio, visto che all’inizio col Flora Tallin giocava centravanti.
Aivar ha l’aria rude ma è un uomo di intelletto e dalle moltitudini passioni. È laureato al politecnico di Tallinn, scrive libri per bambini, è uno studioso di letteratura estone e matematica. Ecco alcune delle sue foto che preferisco.
Questa in cui ha la giacca di pelle e corre come se stesse andando a salvare la vita di qualcuno, chioma al vento.
Questa in cui sta ricoprendo le proprie vesti istituzionali, ma non può fare a meno di farlo adagiato su un divano dai cuscini simpatici in modo ridicolo.
Questa in cui arbitra, come se in Estonia ci fossero numericamente troppe poche persone interessate al calcio e lui quindi sia costretto a ricoprire tutti i ruoli necessari allo svolgersi del calcio: fondatore, presidente, allenatore, attaccante, arbitro.
Questa in cui parla con aria concentrata, come Burzum rifugiatosi tra i boschi inseguendo la propria utopia survivalista.
E questo è tutto, ora vado a imparare l’estone per scrivere una nuova puntata.
Tre saluti che invece Spalletti avrebbe fatto
Al termine di Spartak Mosca-Napoli, giocata mercoledì ma vabbè: facciamo un'eccezione, Spalletti si è dileguato nel momento di scambiare il saluto con l’allenatore avversario Rui Vitória, un momento che un cameraman ha ripreso come se fosse una scena di un film di Scorsese.
https://twitter.com/fcsm_eng/status/1463572688232845315
Dopo la partita l’allenatore del Napoli si è giustificato dicendo che «è troppo facile salutare dopo una vittoria» e che il suo collega non si era degnato di salutarlo prima della partita, per questo lui aveva rifiutato il saluto dopo. Forse, però, ciò che ripudia Spalletti è il classico saluto capitalista della “stretta di mano”. Ecco 5 saluti che invece l’allenatore del Napoli non avrebbe rifiutato.
Il saluto massonico
Molto simile a quello “normale”, il grip della presa è diverso, più in punta. Il vero segreto però è un altro: nella stretta di mano massonica il pollice batte tre volte sulla nocca delle dita della mano del confratello, con diversi gradi di pressione e forza in base al grado del confratello stesso, dall’apprendista al gran maestro.
2) Il saluto Jeremy Lin e Landry Fields
Forse Spalletti è un appassionato di Linsanity, quel momento in cui tutti a New York veneravano Jeremy Lin. A questo punto cosa meglio del peculiare rituale che metteva in scena col suo fidato Landry Fields? È un saluto un po’ complicato, lo trovate spiegato qui. Comunque c’entra la Bibbia e la cosa più difficile è che bisogna avere un verso diverso per ogni occasione in cui lo si fa.
3) Bacio eschimese
Immaginatevi Spalletti e l’allenatore di turno che dopo la partita si salutano strofinandosi il naso. Tutto il nervosismo, le discussioni, tutto sparirebbe dietro a un gesto di intimità unica: due uomini che mettono le loro anime a nudo per un secondo. In realtà la versione “naso a naso” è più una deformazione di noi occidentali al Kunik, un saluto Inuit in cui piuttosto il naso di una persona si preme contro la guancia dell’altro. Ma abbiamo fatto ben di peggio nella storia quindi va bene.
4) Il bacio tra Gorbaciov e Honecker
Dopotutto Spalletti ha vissuto in Russia diverso tempo e non può che avere un parere verso questo momento della storia.
Indovina il giocatore della Conference League presente nella seguente frase
Mi hanno preso per uno stage alla Fineco, spero non ci sarà troppo da lavorare durante la settimana.
Le migliori recensioni Google di stadi delle squadre di Conference League
Il Mura è una di quelle squadre così piccole da non avere neanche uno stadio sufficiente per la Conference League, un torneo appena sopra il vostro CSI (si scherza). Di casa allo Stadio Fazanerija di Murska Sobota, 3782 posti a sedere, grandi alberi che spuntano all’esterno; la squadra slovena si è accontentata di disputare i suoi incontri casalinghi nel circa 4 volte più capiente Stadion Ljudski vrt - che in sloveno vuol dire “Giardino del popolo” - di Maribor. Una volta lo stadio - quando era Jugoslavia - arrivò a contenere 20000 persone, ma era il periodo in cui non era obbligatorio avere posti in piedi. Ieri, mentre il Mura faceva l’impresa della vita, una vittoria che potrebbe non sfiorare mai più neanche per sbaglio, lo stadio non era neanche pieno e i tifosi non parevano particolarmente esaltati. Lo stadio, comunque, è moderno e confortevole, almeno così lascia indicare il 4.6 su 5 di voti medi su Google Maps. In attesa di un più inflessibile Tripadvisor degli stadi, ecco le migliori sullo stadio Ljudski vrt.
1 Emozionante....si respira la storia della squadra più titolata di Slovenia...mi ricorda un po'la Dacia Arena di Udine (5 stelle).
2 Era chiuso (3 stelle).
3 Rilassante relax (5 stelle).
4 Un posto ostile e persone con una mancanza di senso della gente. Catastrofe (Traduzione Google, 1 stella).
5 Così noioso… (1 stella).
Il gol di del “Bufalo” Morelos su cross di un avversario
Classico giovedì per Alfredo Morelos detto “El Bufalo”: due gol, entrambi rubando tutto a tutti, seguiti da esultanze sfacciate, sgradevoli, da persona che pare aspettare un gol per fare un torto a qualcuno, non si sa chi. Il secondo gol, però, entra dritto nella storia di questa competizione di gol strani in cui qualche pezzo della realtà finisce in cortocircuito. Cosa succede qui. Dopo un’azione dei Rangers lo Sparta Praga prova a costruire dal basso. Quasi si riesce a percepire la distrazione della telecamera, mentre Panak si sposta la palla sul sinistro e crossa in mezzo per Morelos. Una cosa è chiara: Morelos è l’unico essere umano al mondo che per qualche ragione si aspettava quella palla. Probabilmente perché aveva gettato un incatesimo su Panak - «Passami la palla, crossami la palla sulla testa, fallo» - e sapeva che gli sarebbe arrivata.
Fa male al cuore le discrepanza emotiva tra i difensori dello Sparta che si mettono le mani in testa e non ci possono credere e Morelos invece che manda baci calmissimo come se tutto fosse, in fondo, andato secondo i piani.
La strada che ha portato Ryan Babel in Europa League per sempre
A un certo punto è sbucato questo alto due metri coi capelli platinati, il calzettone basso, che si muoveva tutto sgraziato e ci è sembrato di riconoscerlo. Si è avvicinato tenendo gli occhi fissi sulla palla e, appena prima che ci inciampasse sopra, ha aperto il piatto del destro come se lo stesse mettendo sotto il getto della doccia per togliersi la sabbia dai piedi. L’ha messa sotto al sette. Ci sembrava di riconoscerlo, era Ryan Babel, ma come è possibile? È davvero Ryan Babel?
Se vi steste chiedendo cosa fa ancora in Turchia, al Galatasaray, se aveste l’impressione che giocasse sempre in Turchia, ma non al Galatasaray, beh, avete ragione. Nel 2013, tenete conto, la sua carriera era di fatto finita, quando si è trasferito al Kasimpasa (la squadra dove si è trasferito a un certo punto Simone Scuffet, per capirci). Otto anni dopo dire che è sulla cresta dell’onda è esagerato, ma insomma: è ancora capace di segnare grandi gol nelle coppe europee di metà settimana. Dopo il Kasimpasa Babel aveva scavato più in giù, finendo a giocare all’Al-ain, negli Emirati. Finito? Macché. Dopo un cameo di qualche mese al Deportivo la Coruna, è andato per qualche ragione al Besiktas, dove ha vissuto l’epoca più splendente della carriera. Poi è riuscito a tornare all’Ajax, al Galatasaray per la seconda volta. Tutta la parabola della sua carriera converge però a queste notti europee in cui la sua chioma platinata riuscirebbe a fare luce nella più profonda oscurità dicembrina dell’Europa League. Nell’Europa League del 2560 Ryan Babel continuerà a segnare questi golletti maliziosi, incastrato nel metaverso del giovedì di coppa per sempre.
Il power ranking dei Mckenzie più importanti al mondo
Mark McKenzie ha 22 anni e gioca nel Genk come difensore centrale. È nato in The Bronx, come dice la sua pagina Wikipedia, cresciuto nei Bethlehem Steel e conta otto presenze nella Nazionale USA. Ieri non si è distinto particolarmente in campo, non rispettando quello che è il suo cognome, ovvero un cognome altisonante per gente altisonante. Mark McKenzie, quindi, a oggi rimane assolutamente irrilevante nella nostra cultura piena di McKenzie migliori di lui. Eccovene alcuni.
6.Benjamin McKenzie
Se avete visto almeno una puntata di O.C., sapete chi è. È Ryan Atwood, il burbero dal cuore d’oro, quello che si butta nelle zuffe, fumantino ma saggio. Se avevate 15 anni nei primi anni 2000, o volevate essere lui, o volevate essere l’altro, di cui ora mi sfugge il nome.
5. Robin McKenzie
Medico neozelandese che ha sviluppato il “Metodo Mckenzie”, che categorizza i dolori dei pazienti non su base anatomica, ma su sottogruppi basati dalla presentazione clinica dei pazienti. McKenzie afferma che il trattamento di sé è il modo migliore per ottenere un miglioramento duraturo della lombalgia.
4. Roderick McKenzie
Personalità di spicco della sociologia urbana della Scuola di Chicago, non sono sicuro al 100% sia stata una brava persona, ma aveva una bella barba.
3. La fattoria McKenzie
È dove si svolgevano le avventure di Lupo Alberto. Situata in una non meglio specificata “Valle delle fattorie”, in una non meglio precisata contea, è una classica fattoria con gli animali (che però parlano e hanno forme antropomorfe).
2. Bret McKenzie
Componente del duo musicale Flight of the conchords. Se non avete visto la serie tv, beh: guardatela. Inoltre ha vinto un Oscar scrivendo la canzone del film dei Muppet.
1. Father McKenzie
Father McKenzie / Writing the words of a sermon that no one will hear / No one comes near / Look at him working /Darning his socks in the night when there's nobody there / What does he care?
Non credo di dover aggiungere altro.
Gol più Conference League da centrocampo Edition
https://twitter.com/europacnfleague/status/1464202021993652227
Virilità: 10
Assurdità: 10
Anti-epicità: 7
Paura della morte: 7
In questo giovedì sera di Conference League è stato segnato non uno, ma ben due gol da centrocampo. Ma andiamo con ordine e partiamo dal primo.
Lazaros Christodoulopoulos è un po’ il padre putativo di questa rubrica, l’uomo che ha portato avanti il bello dell’Europa League quando era solo l’idea intrepida di un manipolo di pazzi. C’era lui col suo pizzetto e la somiglianza con Daniel Day Lewis a portare avanti i nostri sogni, la maglia dell'Olympiacos o dell’Aek sulle spalle e il talento strano di chi può inventarsi qualcosa da un momento all’altro, senza dare per nulla l’impressione di poterlo fare.
Il tempo passa però, e Lazaros è scomparso dai nostri radar, fagocitato da altri feticci, più feticci di lui. Ma mollare non è una cosa da giocatori Europa League. Come un novello Ulisse ha lasciato la Grecia per andare a Cipro e sbarcare dritto in Conference League. Ieri ha regalato la vittoria al suo piccolo Anorthosis sul più blasonato Gent con questo gol. Con intuito ha anticipato il retropassaggio dell’avversario e dopo un tocco ha scagliato un tiro da centrocampo che ha scavalcato il portiere. Dopo l’esultanza iconica: i capelli lunghi, il fedele pizzetto, il 10 sulle spalle. È invecchiato sì, ma invecchiato bene.
Ora passiamo a tutt'altro gol da centrocampo. Se ci pensate, i due gol sono sinistramente simili: entrambi segnati da squadre cipriote, entrambi arrivati nel finale di partita, entrambi segnati da due giocatori di talento (ma è quello che ci si aspetta da questi gol), entrambi respinti dall’Europa che conta. Qui, se volete aggiungere una sfumatura in più di ridicolo, c’è il portiere che scivola, come se il destino si fosse incaponito, piegando la sua corsa verso degli inevitabili gol da centrocampo. Per Jordi è sembrato tutto facile, come se stesse tirando un rigore, ma da centrocampo. Forse possiamo dire che Jordi Gomez è il miglior calciatore al mondo, se il calcio fosse solo fare gol da centrocampo. Lo spagnolo infatti aveva segnato da così lontano già nella sfida contro il PSV, il 2 novembre. Questo è quindi il suo secondo gol da metà campo in meno di un mese. Quanti gol da metà campo avrete visto nella vostra vita? Si arriverà a una ventina? Non credo. In qualche modo la Conference League ce ne ha dati 2 in un giorno, 3 in meno di un mese. Una cosa che dobbiamo rispettare.
Sai chi se la ricorderà sta serata: Davinson Sanchez
Ieri è stata una brutta serata per chiunque fosse anche lontanamente collegato all’universo Tottenham. Come se la Conference League fosse una favola più che una coppa, la squadra più micragnosa tra quelle presenti - battuta forse solo dal Red Lincoln Imps - è andata a battere la squadra per distacco più ricca e importante del torneo. Nella tragedia, c’è però la tragedia nella tragedia di Davinson Sanchez, difensore arrivato a Londra in pompa magna ma piuttosto mediocre da allora. Nel primo gol ha fatto la figura dello scemo mentre Horvat, un centrocampista da 10 gol in 140 partite, faceva la classica giocata che fanno tutti gli esterni del mondo, senza particolari orpelli. Con i piedi larghi ha pattinato sul terreno, riuscendo solo a rimanere in piedi per vedere l’avversario prendere la mira e piazzarla lì dove Gollini non poteva arrivare.
https://twitter.com/ronard_addo/status/1463931968433831943
Come se non bastasse, Sanchez ci ha messo lo zampino, in maniera piuttosto letterale. Nella confusione degli ultimi secondi sì è fatto trovare avanti rispetto all’avversario. Quando poi ha recuperato in area di rigore, e quello ha sterzato, sempre da sinistra verso il centro, invece di pattinare come uno scemo, si è intestardito mettendo la gamba a difesa della porta. Solo che il pallone ha sbattuto sul suo ginocchio superando di nuovo l’incolpevole Gollini. Chissà cosa avrà pensato Conte.
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The Rock NON RIESCE A CREDERE che Steve Austin si sia rialzato UN’ALTRA VOLTA
Rui Vitoria SE LA GODE dopo aver ASFALTATO Spalletti
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Horta ha segnato di punta o no?
Vi ricordate quella storia diventata virale del vestito che poteva essere bianco e oro oppure nero e azzurro a seconda di chi lo guardava? Ecco, abbiamo la versione gol Europa League di quella storia. Guardate questo gol di Horta e diteci se l’ha segnato di punta oppure di mezzo collo.
Perché Aribo porta dei calzoncini così corti?
Alcune ipotesi:
- è appassionato del tennis anni ‘70;
- in realtà sono le sue gambe ad essere troppo lunghe;
- i pantaloncini si indossano così, sono tutti gli altri a sbagliare.
È tornato il carta da zucchero
Prestige/Soccrates/Getty Images
Vi ricordate quel breve momento della realtà in cui se non avevi un Eastpak o uno Scarabeo carta da zucchero non eri nessuno? Questo valeva soprattutto per le ragazze, oggi però lo Sturm Graz l'ha reso un colore come un altro: guardate questi calzettoni: non li vorreste anche voi?
Quale fallo della Lokomotiv Mosca sei?
Ieri la Lokomotiv Mosca ha commesso 16 falli durante la partita con la Lazio, neanche troppi, ma tutti molto plateali ed evidenti. Quei falli che descrivono una personalità.
Fallo di Kamano, dopo 30 secondi
Sei istintivo, irrituale. Ami la vita in tutte le sue sfumature e non ti trattieni davanti a un bel piatto di pasta o un vino di quelli come dio comanda. La tua generosità può essere scambiata per invadenza, il tuo buon cuore per impiccio.
Fallo di Nenakhov
Anche meno oh. Devi avere ragione in ogni discussione, difendere l’indifendibile, stare dalla parte dell’improbabile. Sei arguto e acculturato, appassionato e stimolante. Eppure c’è sempre qualcosa di troppo nei tuoi slanci, come se covassi una rabbia che tieni nascosta chissà dove. Sfoga quella rabbia e capirai chi sei.
Fallo da rigore di Silyanov
Sei il disordine per eccellenza. Non riesci a tenere un appunto, a organizzare il tuo tempo o i tuoi spazi, tutte le cose della tua vita sembrano andare avanti come cumuli di polvere negli angoli. Ci metti anche il cuore, ma questo peggiora le cose. Trova il tempo per fermarti a respirare, fare meditazione, leggere quel libro sull’ordine che aveva tanto successo qualche anno fa. Non lo so, fai qualcosa o quella gastrite peggiorerà molto.
Il fallo di Rybus
Sei vendicativo, ma poi ti penti. Diceva un libro sulla filosofia dei Simpson che esistono vari tipi di persone (vado a memoria). Quelle che quando trovano un portafogli se lo tengono senza problemi (Bart), quelli che lo restituiscono e si sentono bene con loro stessi per averlo fatto (Lisa) e quelli che se lo tengono ma pentendosene (Homer). Ecco, tu sei questo.
Il cappotto nuovo di Vagner Love
https://twitter.com/fabiopaleixo/status/1463930783501017091
Magari non sarà profonda come il racconto di Gogol, ma ora anche Vagner Love ha un cappotto nuovo (sperando non gli accada quello che è accaduto al protagonista del racconto). Glielo ha regalato il Kairat, prima della sua ultima partita prima con la maglia gialla e nera dei kazaki. Non è chiaro se appenderà i proverbiali scarpini al chiodo o se a 37 anni continuerà ancora, chissà dove, a regalare gol al mondo. nel dubbio prendiamo questo regalo come i regalo di tutti noi. Grazie Vagner per averci regalato un calcio colorato e pazzarello, ti ricordermo. Forse non è proprio il copriabito perfetto per andare al centro commerciale, forse è più una vestaglia da gala, ma ha stile, è tradizionale, di velluto e dietro c’è il numero 9 e il nome del giocatore. Se potessi comprarlo, io lo comprerei.
Chi ha segnato tra Arthur Cabral e Samatta?
Tutti e due. Tutti e due.
Osservatorio di come va la vita di Arthur Cabral
Giocatore più giovedì sera: Sergio Canales
Quanto ci abbiamo creduto: 7
Quanto è stato realmente forte: 8
Quanto è caduto in disgrazia: 8
Quanto sembra depresso: 2
Che c’è di più Europa League che passare da promessa del Real Madrid a segnare magnifici gol a giro contro il Ferencvaros? È questa la parabola di Sergio Canales, uno di quei giocatori su cui nel 2010 avresti messo la mano sul fuoco. La faccia da pop star, la maglia bianca del Real come se fosse la seconda pelle. Anni dopo racconterà che la prima volta che è entrato nello spogliatoio dei Blancos era quasi morto di vergogna. Aveva 18 anni e le cose sarebbero potute andare meglio.
Poi però, lo sappiamo come vanno queste cose: la concorrenza al Real, il legamento del ginocchio che si rompe, altri infortuni sparsi. Tra il 2010 e il 2014 gioca pochissimo, prima di ritrovarsi alla Real Sociedad, dove si è assestato come quegli eroi minori del calcio spagnolo. Fortissimi ma non così forti da prendersi un posto al sole, in un paese che semplicemente sforna troppi centrocampisti di talento. Per dire: Sergio Canales potrebbe essere il più forte giocatore di cui non avete mai sentito parlare. Un paio di anni fa lo voleva Simeone all’Atletico Madrid, ma anche quel trasferimento non si concretizzò. Canales passò dalla Real Sociedad al Betis, continuando a dominare la classe media. A 28 anni si è fatto convocare in Nazionale, ora a 30 continua a segnare in Europa League. Ha due figli biondissimi, una casa stupenda e sembra stare bene con sé stesso. Non è poi questo il punto?
Due cose sul Midtjylland che ve lo faranno stare o antipatico o simpatico
1. Dopo i gol parte Viva la Vida dei Coldplay
2. Hanno fatto questa coreografia qui.
https://twitter.com/EuropaLeague/status/1463932200479510532
La riunione del Ku Ku Kux Klan al Victoria Stadium di Gibilterra*
Scherziamo: erano solo tifosi del Copenaghen che provavano a difendersi dalla pioggia con dei vistosi impermeabili di plastica bianchi.
* Ogni riferimento all’attuale scenario politico danese è puramente casuale
Cose che accadono solo il giovedì
Sta diventando stantia anche questa rubrica di una rubrica? È il ciclo della vita, il problema della ripetizione dei gesti. Quanto si può stare in cima? Per quanto si può essere i migliori? Sto mettendo le mani avanti, ma è solo perché non sapevo come introdurre i classici momenti boh del nostro giovedì sera.
L’Europa League ma come se fosse la vecchia Europa League
L’Europa League ma come se fosse un uomo sdraiato a terra con un tablet in mano
La Conference League ma come se fosse il film Up
Ciao a tutti!