Come sono andati i sorteggi delle italiane
Liverpool-Atalanta 75% - 25%
Stamattina Gasperini si è svegliato con un unico pensiero: evitare il Liverpool e invece il Liverpool gli è toccato. La squadra di Klopp sembra l’unica vera inavvicinabile tra le squadre rimaste in Europa League, con un considerevole scarto sulle altre. Con la mente libera dalle dimissioni annunciate, il tecnico tedesco ha ridato vita a una squadra che sembrava un po’ a fine ciclo. Senza neanche citare come hanno umiliato lo Sparta Praga, il pareggio con il City di poche settimane fa è abbastanza indicativo dello stato di forma della squadra, che nel secondo tempo ha messo sotto quella che è, fino a prova contraria, la migliore squadra al mondo.
Gli unici due problemi del Liverpool erano gli infortuni e un centravanti sciupone. Nelle ultime settimane però Darwin Nunez è diventato prime Benzema e Klopp sta tirando fuori giovani dall’Academy come se fossero suoi figli: tutti biondi e indiavolati, tutti fortissimi. Inoltre da qui ai primi di aprile, quando le due squadre si incontreranno, il Liverpool dovrebbe recuperare Alisson (il vero insostituibile), Trent-Alexander Arnold, Gravenberch, Matip e Alcantara. Salah dovrebbe essere al meglio. Magari altri nel frattempo si infortuneranno, ma - insomma - non è a queste cose che ci si può attaccare.
Il Liverpool, lo sappiamo, è una squadra spietata nella sua intensità. Se l’Atalanta è una squadra fisica, non è una squadra che reagisce bene quando deve abbassarsi e difendere nella propria area di rigore. Difficile pensare, però, che accadrà il contrario. Le possibilità per la squadra di Gasperini sono di reggere la qualità offensiva del Liverpool e provare a far male in transizione, che rimane un limite storico del Liverpool. Scamacca non è però quel tipo di attaccante e Bilal Tourè, che lo sarebbe, non sembra ancora pronto. È possibile immaginare un altro tipo di partita? Sbilanciarsi troppo, per l’Atalanta, vorrebbe dire rischiare di subire un pesante passivo. La paura del Liverpool quanto inciderà sull’approccio dell’Atalanta? Proprio contro la squadra di Klopp ha subito una delle peggiori sconfitte della sua storia, un 5 a 0 senza storia nel 2020.
La squadra di Gasperini meriterebbe un grande scalpo nel suo ciclo e per indole non è una squadra che parte battuta, ma è difficile leggere come potrebbe farcela. Ha avuto le sue notti in Europoa, ma questa volta è davvero difficile crederci. Il Liverpool, poi, sembra voler salutare Klopp con un trofeo e l’Europa League è probabilmente più facile che provare a inseguire il City in Premier League. Il doppio impegno è però anche la maggior speranza per l’Atalanta: il Liverpool che decide di fare turnover sottovalutando l’avversario. Chissà, sperare non costa nulla.
Milan-Roma 60% - 40%
La sconfitta contro il Milan per 3-1 di gennaio è stata fatale per la panchina di Josè Mourinho. Non era tanto la sostanza ma la forma: perdere col Milan ci sta, ma perdere col Milan con un tale senso di inferiorità. La partita d’andata - in cui i rossoneri erano più in forma - era stata ancora più sbilanciata. Insomma: se guardiamo i due confronti di quest’anno non ci dovrebbe essere gara. Appunto, però, dopo la sconfitta di gennaio sono cambiate moltissime cose nella Roma. È ancora presto per capire quanto sia promettente davvero questo nuovo ciclo di De Rossi, e molto si capirà appunto da questo doppio confronto.
Da parte sua il Milan ha definito l’Europa League l’obiettivo primario della sua stagione. Una stagione piuttosto indecifrabile, in cui la squadra ha perso poche partite ma fatali; e in cui ha alternato gioco brillante e tenuta psicofisica imbarazzante. I tifosi sono amareggiati, il ciclo di Pioli pare al capolinea, eppure il Milan sembra mantenere una specie di energia zombie che la rende ingiocabile in alcuni momenti in cui i suoi migliori talenti sono ispirati.
Il fatto di partire favorito, per il Milan, potrebbe essere una trappola, considerata l’instabilità emotiva della squadra quest’anno. La squadra di Pioli dovrà evitare quei momenti di buio che ogni tanto vive nelle partite, perché la Roma è una squadra in fiducia, e con un talento a disposizione forse sottovalutato.
Fiorentina - Viktoria Plzen 70% - 30%
Il Viktoria Plzen era stata la sorpresa dei giorni di Conference League: 18 punti su 18, nove gol fatti, uno subito. Agli ottavi però il re è rimasto nudo: la vittoria arrivata solo ai rigori dopo due 0 a 0 contro il Servette, forse la più scarsa tra le squadre rimaste, ha evidenziato una squadra non all’altezza di questo punto della competizione. Il Viktoria Plzen ha sofferto in trasferta e vivacchiato in casa puntando, forse, sulle abilità da pararigori di Martin Jedlicka, che non ha tradito. Contro la Fiorentina non basterà.
È indicativo come in campionato il Viktoria Plzen sia la squadra più prolifica, anche più di Sparta e Slavia, mentre in Europa diventa tutti dietro e vediamo. In attacco può contare su una coppia offensiva che sembra ripetersi continuamente nel calcio ceco. Pavel Sulc pesa 70 chili bagnato, porta il mullet biondo e un pizzetto tagliato a caso. È un trequartista/seconda punta molto rapido e sgusciante, autore di 14 gol stagionali, la migliore per distacco della carriera. Accanto a lui gioca Tomáš Chorý, centravanti di due metri (esattamente due metri, non così per dire), fatto tutto di spigoli e duelli aerei.
Per il resto è difficile individuare grandi punti di forza. Il Viktoria Plzen proverà a chiudersi e vedere che succede quando manda la palla a questi due. Non sembra un grande piano, ma con la Fiorentina vista contro il Maccabi Haifa tutto è possibile. La Fiorentina deve essere più concentrata e decisa, basta veramente poco per passare il turno, ma neanche in Conference League le cose ti vengono regalate.
Conosci la tua squadra del giovedì sera: Brighton Hove&Albion
La chitarra di Pete Townshend raggiunge un respiro orchestrale, metafisico, mentre James Michael Cooper detto “Jimmy” guida la sua vespa in direzione Brighton. Parka indossato con la solennità di una divisa dell’armata rossa, taglio di capelli fatto a cazzo disegnand il cranio con le forbici. Un desiderio di evasione confuso, che si mescola con l’alienazione, la rabbia sociale, un desiderio di violenza inesplicabile.
Ci sono i tre giorni di festa della “bank holiday” che i padroni concedono agli oppressi. Jimmy arriva a Brighton soprattutto con un obiettivo: corcare di botte i nemici rockers, la sottocultura rivale dei mods. I rockers sono esterofili e grossolani, indossano giacche di pelle, si impomatano i capelli a banana. I mods, invece, si vestono con i completi sartoriali, scarpe eleganti all’inglese. Sfoggiano un’eleganza assurda per la propria classe sociale, ed è un cortocircuito voluto, una forma di resistenza al degrado, alla depressione cosmica.
A Brighton ci si muova a bande di lupi e si cerca vendetta e riscatto. È una località balneare, i turisti benestanti guardano queste gang proletarie con una punta di disgusto. La spiaggia, il mare, si tingono di una metafisica fosca e minacciosa. La musica degli Who diventa una sinfonia da incubo, mentre sciami di vespe e lambrette si riversano sul lungomare. Poi il sangue, le botte, la polizia.
Col tempo i luoghi della battaglia sono diventati meta di pellegrinaggio per i mods che ancora resistono in Inghilterra o altrove come relitti di un’epoca passata.
Le scene di Quadrophenia prendono spunto da fatti accaduti realmente nel 1964, quando mods e rocker si pestarono di botte per due giorni consecutivi, spostandosi dalle spiagge di Brighton ad Hastings.
Sono scene che inquadrano bene l’umore caliginoso di Brighton, che è ben triste per essere una località balneare. Gli altri fatti che mi viene da associare a Brighton, in effetti, sono quelli che riguardano Nick Cave, costretto a vendere la propria casa con vista mare nella città perché gli provocava troppo dolore nel ricordo del figlio. Tutto ciò che riguarda Brighton, almeno per quanto mi riguarda, è mortifero, ansiogeno, funereo. Tutto tranne la sua squadra di calcio, ovviamente, che da anni ha il miglior sistema di scouting del mondo, compra fenomeni da ogni angolo del globo ed è allenata un allenatore-carabiniere che ha trovato un modo nuovo di costruire dal basso.
Il Brighton è sostanzialmente una squadra senza storia, prima che non imbroccasse questo nuovo corso visionario. Il più grande risultato della storia è una finale di FA Cup nel 1983. A quanto pare alla base di questo scouting c’è un intricato algoritmo segreto. C’è un tizio in una stanza, chiamato Tony Bloom, che preme dei tasti e un mega-computer - al termine di una serie infinita di calcoli impossibili - gli dice che c’è un tizio in Ecuador che diventerà il miglior centrocampista della Premier League. È grazie a questo che il Brighton riesce a competere nella parte sinistra della classifica di Premier pur con uno dei budget più bassi. E questo dovreste tenerlo presente ogni volta che avete la fregola di giudicare i risultati di De Zerbi.
Breve storia dell’ananas sulla pizza
Ieri i tifosi del Brighton, per vendicarsi dello striscione esposto dai tifosi della Roma all’Olimpico sul cui contenuto sorvoliamo, ne hanno esposto uno con su scritto che “Francesco Totti adora l’ananas sulla pizza”. Ma da dove salta fuori questa cosa dell’ananas sulla pizza? Davvero è un affronto così eccessivo per noi italiani? Sinceramente no: dopotutto noi sulla pizza ci mettiamo carciofini, olive, uovo, funghi e prosciutto e la vendiamo a nove, dieci euro. In ogni caso, come se fossimo Barbero, siamo andati a indagare.
Sebbene tutti credano abbia origini hawaiane, e in giro la trovate spesso con il nome di Hawaiian pizza, a mettere per primo l’ananas sulla pizza è stato un immigrato greco in Canada, Sam Panopoulos, nel 1962. Immaginate di essere greco e di gestire un ristorante mezzo italiano, mezzo americano a Chatham, in Ontario: finisci per pensare a queste cose, niente di cui colpevolizzarti. Il nome deriva dalla marca di ananas in barattolo che hanno usato e forse è la cosa peggiore di questa storia: frutta in barattolo, praticamente un affronto a dio che ci ha donato la frutta. Oltre all’ananas in barattolo, magari non lo sapevate, c’è del prosciutto. Prosciutto di qualità promiscua, una scelta peggiore dell'ananas per quanto mi riguarda.
In ogni caso, la pizza ha avuto successo. Erano anni in cui in Nord America andava forte la cultura Tiki, una specie di appropriazione culturale dello spirito artistico e spirituale polinesiano (o comunque di quel mondo lì). La pizza con l’ananas si diffuse prima in tutto il continente, poi nel resto del mondo. Come sia diventato un trigger per noi italiani è più difficile da scovare. Se, in generale, internet stesso ha creato il mito italians mad at food, ed è qualcosa di cui dovremmo vergognarci, la più importante tirata d’orecchi alla pizza con l’ananas non è arrivata da un italiano bensì da un islandese, per quanto ironico possa sembrare. Nel febbraio del 2017 il presidente islandese Jóhannesson disse che l'ananas doveva essere bandito dalle pizze, scatenando la reazione piccata del primo ministro canadese Justin Trudeau: «Ho un ananas. Ho una pizza. E sostengo questa deliziosa creazione dell'Ontario sudoccidentale». Canada.
Anche Panopoulos rispose a questa provocazione: «Questo tizio è pazzo. Non devono crescere molte ananas lassù. Hanno molto pesce però e allora lui ha detto “mettiamoci il pesce sopra”». Perché in Canada, invece, è pieno di ananas e manca il pesce. Comunque qualche mese dopo Panopulos è morto, ma non credo ci sia correlazione. Qualche tempo dopo ancora, in Germania, qualcuno ha rivendicato l’invenzione: pare che da quelle parti, negli anni ‘50, andasse molto un panino ripieno di ananas, formaggio e prosciutto. Praticamente, quindi, l’ananas sulla pizza è come la scrittura, come la ruota o la polvere da sparo: qualcosa che appartiene a un sostrato innato del nostro pensiero e non è l’invenzione di un uomo. Pensateci la prossima volta che volete farci un tweet contro.
Mi dispiace ma stanotte verrete visitati dal diavolo vestito da tifoso dell’Aston Villa
Esistono demoni chiamati mimic che possono assumere delle sembianze a noi famigliari per trarci in inganno e indurci al male. Possono essere sembianze particolarmente inoffensive, come quelle di un bambino. La manipolazione del mimic è graduale. Prima ci fa entrare in contatto con lui, poi ci dice qualcosa di solo lievemente stonato. Un’increspatura della realtà che inizia a inquietarci. Cominciamo a essere spaventati, e il mimic si ciba di quella paura, si ingrossa, e prende la forma di questo demone che vedete sulle tribune di Birmingham, che sorridendo visiterà le vostre prossime notti.
Essere colpiti da un bicchiere di birra in testa in una partita di Conference League a Plzen è un onore?
Ieri la partita più tesa tra quelle a cui non fregava niente a nessuno era Viktoria Plzen-Servette. Due squadre dal pedigree inesistente che si giocavano un posto nei quarti di una coppa Europea: cosa volere di più dalla vita. Si giocava a Plzen, allo Stadion města Plzně, un catino nel senso meno simbolico del termine: meno di 10mila posti, con i tifosi che arrivano praticamente fin dentro il campo. E i tifosi, si sa, sono un po’ così. A un certo punto dalla tribuna è stato lanciato un bicchiere di birra, atterrato dritto per dritto sulla nuca del portiere del Servette.
C’è onestamente della cattiveria in questo gesto: il bicchiere non è lanciato un po’ a caso dall’alto, ma dritto per dritto, quasi di taglio, da vicino. A colpire Jeremy Frick è stato uno di quelli dietro di lui e, nello spirito della competizione, avrebbe dovuto farlo faccia a faccia e subire le conseguenze. Il bicchiere sembrava uno di quelli in plastica dura, non vetro certo, ma neanche quella plasticaccia che non avrebbe fatto danni. Frick è rimasto qualche secondo a terra e poi si è rialzato. Poteva forse far squalificare il Viktoria Plzen rimanendo a terra? Non impossibile. Perché non lo ha fatto? Forse, semplicemente, perché è una brava persona. O, forse, perché Frick ha capito: essere colpito da un bicchiere di Pilsner nella città dove la Pilsner è stata inventata è una specie di battesimo. Se esistesse un battesimo della birra, indubbiamente dovrebbe svolgersi durante una partita di Conference League in Repubblica Ceca.
Comunque: Frick si è rialzato, non ha fatto tante storie, ha ripreso il suo posto in porta da battezzato ed è stato applaudito dai tifosi del Viktoria Plzen. Lui ha applaudito a sua volta. Ironicamente le due squadre finiranno ai rigori e il Servette finirà per perdere, con Frick che non andrà neanche vicino a pararne uno.
La protesta della Fiesole contro la UEFA e Israele
La partita d’andata tra Maccabi Haifa e Fiorentina si è giocata sul campo neutro di Budapest. Il motivo lo conoscete: Israele è uno stato in guerra, ma è anche un paese “aggressore”? Su questo si può dibattere, visto quanto successo il 7 ottobre.
Comunque, secondo i tifosi della Fiorentina Israele è un paese invasore e andava punito dalla UEFA come fatto con la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Per questo, e per le particolari misure restrittive pensate per la partita, la Curva Fiesole ha preso posizione con un comunicato.
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C’è una presa di posizione contro la decisione della UEFA di non escludere Israele, e poi anche contro l’obbligo a presentarsi ai cancelli alle 18 e 15 in un giorno lavorativo per ragioni di sicurezza.
È raro per le curve italiane prendere una posizione politica, e quindi bisogna rimarcarla - anche se, va detto, la questione palestinese è forse una delle poche in grado di smuovere gli ultras in modo trasversale. Il Maccabi Haifa, dal canto suo, è forse la meno sionista tra le tifoserie israeliane, come spiegato da questo articolo di Pallonate in Faccia - anche se i recenti fatti stanno facendo vacillare gli ideali progressisti della tifoseria.
Ieri, al termine del match, i nodi sono venuti al pettine. I tifosi della Fiesole hanno mostrato ancor più in primo piano le bandiere palestinesi, e a intonare cori in favore della Palestina. Nel frattempo i giocatori del Maccabi uscivano dal campo e si sono soffermati per mostrare ai tifosi della Fiorentina le bandiere di Israele, anche se solo attraverso lo schermo di un iPad. Un momento davvero strano.
Il Maccabi Haifa ha poi fatto un comunicato in cui ha sottolineato che in Italia è pieno di anti-semiti.
Il gol più giovedì sera
Virilità: 0
Assurdità: 3
Anti-epicità: 10
Paura della morte: 9000000000000000000
È stato un grande giovedì sera per i gol più giovedì sera. C’è stato il gol DI PETTO di un difensore del Paok per completare la rimonta dei greci; ancora una volta Schick, anzi due volte, a ricordarci l’ineluttabilità della storia. Ci sono i 4 gol segnati dal Liverpool in 14 minuti, con i giocatori dello Sparta come dentro un incubo o un libro di Stephen King, un gol su torre di Soucek. C’è stata la tripletta di El-Arabi, con un gol in rovesciata, il gol di Jovetic. Sì, proprio lui: Stevan Jovetic. Ma niente è più giovedì sera di un gol festeggiato disperandosi fino alle lacrime.
È il gol di Pedro Goncalves, bravo a scaricare su Gyökeres e poi buttarsi dentro per ricevere un tocco di ritorno e battere Musso. Ma, come detto, non è il gol: è quello che succede dopo. Goncalves non ha neanche un barlume di felicità, dell’Europa League non gliene frega davvero nulla. Dopo il gol allarga le braccia e si porta le mani al viso. Se non vedete i risultato in alto a sinistra, pensereste davvero che si è appena fatto un autogol.
I suoi compagni provano a consolarlo ma lui è inconsolabile. Ha appena segnato alla grande Atalanta di Gasperini eppure Goncalves non può far altro che pensare a quanto sia miserabile la sua vita. Il motivo apparente è un infortunio subito mentre calciava. Quegli infortuni muscolari che fanno parte della vita dei calciatori, come le belle donne e le macchine veloci. Niente nella sua storia medica lascia presagire che sia un grosso guaio: in carriera ha saltato al massimo un mese per un infortunio al piede quattro anni fa. Mentre esce dal campo sui propri piedi, camminando del tutto normalmente, Goncalves è però sempre più disperato, ormai singhiozza.
Le sue non sono neanche lacrime di dolore, c’è qualcosa di catartico nel suo pianto, in come scuote la testa, nella libertà in cui mostra le sue emozioni. Goncalves è l’uomo del giovedì sera spogliato di tutte le sue sovrastrutture, l’uomo che ripudia la morale dell’aridità. Goncalves, con la sua storia da talento portoghese passato per il Wolverhampton, con questo gol ci porta in una nuova era, un tempo migliore, dove non dobbiamo avere paura di avere paura della morte, dove la virilità non è un valore, dove a contare non è l’epica, ma il nostro io con tutte le sue debolezze (oppure si è fatto solo molto male, non lo so non vorrei neanche esagerare qui).
L’epica resistenza di noi del Qarabaq
Siamo andati veramente vicini a fare la storia. Noi, del popolo fiero del Futbol Klubu Qarabaq Agdam. Al minuto 93 eravamo ancora in vantaggio di un gol contro il Leverkusen, questo nonostante l’arbitro Taylor avesse fatto di tutto per favorire una facile vittoria dei tedeschi. Dopo essere andati in vantaggio, intorno all’ora di gioco, questo arbitro malefico ci cacciava il nostro inappuntabile difensore. Un giocatore il cui nome è semplicemente impossibile da trascrivere con una normale tastiera. Un nome che contiene diverse schwa al suo interno, quindi educatissimo. Sono costretto a postarvi la foto.
Avete visto cosa è successo? Una trattenutina innocente su Frimpong, quello cade 40 metri più avanti colto da un malore e l’arbitro decide di ammonirci. Viene richiamato al VAR e allora noi pensiamo ecco: giustizia sarà fatta. Ora ci toglie pure il cartellino giallo. A quello serve la tecnologia, a correggere la fallibilità umana. Il pelato va al monitor e quando torna ci dice “giallo, no” e noi siamo pronti lì per dargli la mano. Il nostro rispettabilissimo, inappuntabile terzino sinistro va lì per dare il cinque al senza capelli. Un gesto di comprensione, fraternità maschile. Come a dire, ti sei sbagliato ma è tutto a posto bro. E invece quel pezzo di merda ci caccia. Ci toglie il giallo e ci dà il rosso.
Roba da matti. Che figura ci ha fatto fare. Andando verso gli spogliatoi uno del Leverkusen ci fa, in tedesco (noi capiamo benissimo il tedesco), “ah scemo se lo va a rivedere il var è per darti il rosso mica per toglierti il giallo".
Comunque, dopo quell’espulsione abbiamo fatto pure il secondo gol. Alla faccia della UEFA che non ci vuole in questa competizione. Abbiamo segnato un gol bellissimo con il nostro campione: Juninho, che all’andata aveva fatto quel gol pazzesco saltando il portiere con la suola a rimbalzella. Con l’uomo in meno abbiamo segnato il 2-0 in faccia a una squadra che non perdeva da 400 partite consecutive.
Certo, eravamo comunque sfavoriti. Il Leverkusen ha segnato 63 gol in Bundesliga, che ci metteva a farne due a noi povero Qarabaq. Eppure fino al 93’ eravamo lì con la qualificazione in mano. Mancavano tre minuti. Il Leverkusen però hanno il terzino col piede migliore del mondo e ogni cross è diventato un incubo. Patrik Schick ha segnato due gol, il secondo di testa all’ottavo minuto dei supplementari, ormai ben oltre la fine del tempo di recupero. Ci volevate fuori a tutti i costi?
Jovetic out of nowhere
Stevan Jovetic ieri ha segnato il gol del vantaggio dell’Olympiacos durante i tempi supplementari contro il Maccabi Tel Aviv. Eravamo davanti a diretta gol e a un certo punto sentiamo “Jovetiiiiic”. Ci eravamo messi a fare altro e dal nulla nelle nostre orecchie piomba quel nome direttamente da un mondo altro. Un brusco teletrasporto spazio-temporale.
Eccovi il dato più incredibile che vi capiterà di leggere oggi. Jovetic non segnava un gol europeo da 14 anni.
Il suo ultimo gol risale alla doppietta segnata agli ottavi di Champions contro il Bayern Monaco nel 2010. All’epoca Jovetic portava i capelli di Jimmy Page e doveva ancora sviluppare la sua passione per il body building. È la Fiorentina di Prandelli, Cesare Natali, Per Kroldrup (la versione calcistica di Filippa Lagerback) e delle bombe pazzesche di Vargas. È il Bayern che verrà battuto dall’Inter in finale.
Vargas segna il gol dell’1-0 mettendo in porta un tap-in complicatissimo dopo tiro da fuori di Marchionni.
L’ultimo gol Stevan Jovetic lo segna spostando con malizia il ben più grosso Demichelis in area di rigore per segnare con un tocco furbo di piatto sinistro.
Da diversi anni Jovetic gioca sotto traccia nel calcio europeo. Segna sempre 5 o 6 o 7 gol l’anno, ma sono sempre gol irrilevanti. Lo sapevate che aveva giocato due anni nell’Hertha Berlino segnando 11 gol? E scommetto che vi siete persi i 4 anni in Ligue 1 con la maglia del Monaco.
Ma che carriera ha avuto Jovetic? Incomprensibile. E soprattutto: quanti anni ha? Difficile da dire. Quando aveva segnato il suo ultimo gol in Europa Matteo Renzi era stato eletto da poco sindaco di Firenze.
Il gol meno giovedì sera
Decostruzione maschile: 10
Raziocinio: 6
Epicità: 9
Voglia di vivere: 100
Se ieri è stata una grande notte per lo spirito generale di questa rubrica, al suo interno è stato facile trovare le prime crepe. Il gol di Mohammed Kudus, per dire, è una crepa gigante. Kudus è un calciatore fortissimo e il suo essere al West Ham è un po’ frutto del caso un po’ dell’egemonia economica della Premier League. Perché è qui e non in Champions League? Succede.
Ieri il West Ham ha frantumato il Friburgo. La squadra di Moyes ha questa natura da squadra europea e una notte nel loro stadio può essere lunghissima. Il gol di Kudus è stato incredibile. Il video qui sopra non gli rende neanche giustizia: Kudus è partito meno di 10 metri oltre la propria area di rigore. Ha saltato Gregoritsch - che in Germania chiamano Mister Europa League - come se fosse una statua di sale. Andate a rivederlo, è stato semplicemente ridicolo, Gregoritsch forse dovrebbe ritirarsi. Dopo ha sterzato verso destra per tagliare fuori Eggestein, che deve ritenersi fortunato a non essersi rotto il ginocchio. A quel punto aveva appena superato centrocampo ma era diventato inevitabile, come una pietra che rotola. Eggestein lo ha inseguito sempre sull’orlo di lasciarci un ginocchio, Kudus è arrivato fino al limite dell’area di rigore e gli è bastato spostarsi il pallone dal sinistro al destro per fare fuori anche Kubler, un altro che poi la notte se lo deve essere sognato.
Il gol è stata poi la parte più facile. Kudus ha calciato di piatto rasoterra sul palo più vicino, neanche il portiere era un problema. Dopo il gol è andato a prendere una di quelle seggiole che gli steward usano, perché c’è un limite di cattiveria anche nei loro confronti, e si è seduto davanti al suo pubblico: guardate che ho combinato.
È stata l’esultanza di un calciatore forte e consapevole, un’esultanza fica che segue un gol fico: un qualcosa che non dovrebbe avere senso di esistere qui, dove i gol sono tutti rocamboleschi o brutti o, se belli, segnati con la consapevolezza di essere stati fatti per sbaglio. Non c’è nessuna paura invece in Kudus, un uomo che non può morire, che anzi sta troppo bene ed è consapevole del suo privilegio sul resto del mondo. Purtroppo da qui in poi ci saranno altri gol così: abituatevi.
Onore ad Antonin Barak
Quanto è forte Antonin Barak? Difficile dirlo, ma una cosa è certa: sa fare gol. Questo superpotere in una squadra come la Fiorentina dovrebbe essere come acqua fresca, eppure Italiano continua a vederlo poco. Giocano gli altri, non segnano mai, poi entra Barak con i suoi calzettoni abbassati e fa gol: questa è la vita della Fiorentina, almeno in Conference League. Ieri ha segnato di nuovo, dopo aver segnato il gol del 4 a 3 all’andata. Se Italiano non ha fatto una figuraccia il merito è anche e soprattutto suo. Con questo gol Barak è arrivato a 8 gol nella fase finale di Conference League. Sapete quanti altri centrocampisti hanno segnato di più: nessuno. Anche tra gli attaccanti si contano appena sulle dita di una mano.
Barak ha segnato i suoi gol in poco più di 800 minuti, praticamente uno a partita. Ha segnato il primo gol della Fiorentina nel torneo e l’ultimo. Ha segnato l’incredibile gol al 129esimo contro il Basilea, per arrivare in finale lo scorso anno. Forse il gol più in là nella storia del calcio. Contro il Sivasspor è entrato e ha segnato, uguale col Ferencvaros, col Maccabi e con il Basilea. Ieri ha giocato titolare e ha segnato. Insomma, onore a Barak, un uomo nato per questa coppa.
Scegli la tua rimonta greca preferita
Gli ottavi sono il momento in cui queste due competizioni diventano più caotiche: lo scarto tra le squadre si è ridotto, ma non ancora così tanto da farle sembrare serie. Succede allora che nel doppio confronto può succedere di tutto, soprattutto rimonte. Quell’evento su cui la Champions League ha provato a fondare un culto, qui succede in un normale giovedì di marzo. Rimonte non tanto come eventi epici quanto piuttosto come scorci del possibile: rimonte tutte diverse per due competizioni fondate sulla diversità.
Paok-Dinamo Zagabria, da 2 a 0 a 3 a 5
All’andata il Paok era caduto sotto l’inevitabilità di Bruno Petkovic. Al ritorno però è stato come vedere un uragano abbattersi su un ombrellone: solo nel primo tempo sono arrivati tre gol, ma non tre gol normali: un gol di Baba, un autogol e un gol di Brandon Thomas, un attaccante spagnolo col nome di un drammaturgo inglese. No dico, guardate Brandon Thomas, ufficialmente un incrocio tra Salmo e Federico Bernardeschi.
Nel secondo tempo sono arrivati altri due gol. Il difensore 20enne Kōnstantinos Koulierakīs, che sembra dovrebbe ripercorrere le orme dei grandi difensori arcigni greci, ha segnato di petto. Sì, di petto: in quante altre competizioni che non vedono Ibra in campo è normale possa succedere una cosa del genere? Poi è toccato a un rigore di Andrija Živković chiudere lo stadio per il 5 a 1 finale. Quanto è facile segnare 5 gol? Certe volte sembra facilissimo: una manita del Paok, una di quelle cose che nella vita è davvero difficile aspettarsi e invece ieri è successa.
Maccabi Tel Aviv-Olympiacos Pireo da 3 a 1 a 4 a 6
All’andata avevamo assistito alla nascita del grande Maccabi Tel Aviv: Zahavi un fenomeno, Dor Peretz imprendibile. Per motivi imperscrutabili l’Olympiacos sembrava una spanna dietro, poi c’è stato il ritorno. Sul neutro di Backa Topola (è il suo anno, niente da dire), l’Olympiacos di Mendilibar si è abbattuto sul Maccabi come un fulmine su un cespuglio. Se il Paok ne ha segnati 5, perché noi non possiamo farne sei? L’Olympiacos sembrava poter segnare a ogni azione nel primo tempo, ed effettivamente ha segnato 3 gol. Poi però le cose si è erano complicate dopo un rigore ingenuo segnato da Zahavi, che comunque un gol a partita lo deve fare. L’Olympiacos si era impantanato e per uscire dal pantano è successa questa cosa qui.
Un gol in rovesciata, che dico sforbiciata, per andare ai supplementari. Ayoub El Kaabi che si trasforma in Pelé dentro Fuga per la vittoria. Ma non era ancora finita: perché questo gol è servito ad aprire lo scrigno di quello che veramente, nel nostro intimo, volevamo: un gol di Stefan Jovetic, tornare a quel momento delle nostre vite. Poi, a chiudere, il sesto gol, opera di Youssef El Arabi, e se anche voi lo avete confuso con Ayoub El Kaabi: sì è una sottile forma di razzismo, ma possiamo scusarvi.
Dopo il fischio finale l’Olympiacos ha festeggiato con un fotomontaggio con un leone: siamo leoni hanno scritto. Ora gli tocca il Fenerbahce, in quello che è più di un derby. In palio, si vocifera, il controllo di Cipro.
Antonello Venditti a Brighton
Ieri il grande cantautore romano Antonello Venditti si è travestito da steward per andare ad assistere da vicino, in incognito, a una partita della sua amata Roma. Eccolo nel video, con la sua occhialata classico, inneggiato dal settore ospiti che lo ha riconosciuto. Aaaantonello! Aaaantonello!
Un saluto a Connor Goldson, re degli autogol
Ci rivediamo il prossimo anno, leggenda.
Cosa fare dopo che hai preso 4 gol in 8 minuti?
Ieri è stata una serata dura per lo Sparta Praga: al settimo minuto pareggiava zero a zero, al quindicesimo perdeva 4 a 0. Nei quattro gol del Liverpool c’era un po’ di merito del Liverpool, ma anche tanto demerito dello Sparta. Sembrava quasi che avrebbero preso gol a ogni azione. A quel punto che hanno fatto? Mentre il Liverpool festeggiava l’ennesimo gol come se fosse una novità, il 24enne capitano Ladislav Krejčí ha messo tutti in circolo e fatto un discorsetto. La vita può metterti di fronte alle sfide più difficili, ma c’è sempre il modo di parlarci su e trovare una soluzione.
Questa immagine è un esempio di come anche nelle difficoltà è il collettivo a risolvere i problemi, mai il singolo. Un capo che responsabilizza e non scarica, parla e non grida. Ci sono molte lezioni in questa storia, trovate la vostra preferita. Lo Sparta da questo momento è riuscito a prendere solo altri due gol e perdere 6 a 1.
Cose che accadono solo il giovedì
Non c’è rimasto molto da dire, come società occidentale e come rubrica del giovedì sera. Dopo questa puntata il cuore pulsante della rubrica si inaridirà: le squadre rimaste schiereranno Salah sulla fascia, Florian Wirtz sulla trequarti. Ci saranno attacchi con Dybala e Lukaku, anche la Fiorentina, tutto sommato, è una squadra vera. Ma a tutto questo ci pensiamo la prossima volta, adesso dedichiamo un ultimo pensiero alle cose a caso.
La Conference League ma non hai mai imparato a dire no con le dita
L’Europa League, ma subito dopo hai le prove per il musical di Grease
L’Europa League, ma ti si spezza il cuore (scusate la ripetizione ma è un momento troppo incredibile per non usarlo come chiusura)
Bye Bye Bombay.