CONOSCI LA TUA SQUADRA DEL GIOVEDI: NK CELJE
Butti un occhio alle partite del giovedì, e ogni tanto esce fuori una squadra nuova. È un fenomeno paranormale. Certi club suonano come altri che avevi già sentito, che avevi già coperto, e quindi non ci fai troppo caso. Poi stringi gli occhi, fai più attenzione e ti chiedi, inesorabilmente, cos’è il Celje?!
Siamo a fine novembre e di questa squadra slovena non avevo avuto ancora traccia. Colpa mia, sicuramente, oppure qualcuno si diverte a infilare nella competizione, silenziosamente, nuove squadre di settimana in settimana. Noi non ci accorgiamo di niente, ci sembra tutto normale (oddio, normale…).
Cosa dire del Celje se non che, come immaginerete, è la squadra della città di Celje, di cui sono venuto oggi a conoscenza. Eppure era una città così importante che ai tempi dei romani era soprannominata “Troia II” o “Piccola Troia”. Un’importante strada partiva da Aquileia, passava per Celje e arrivava in Pannonia. C’erano alte fortificazioni, un tempio di Marte, ricchi mercanti, donne e uomini bellissimi. Poi sono arrivate le tribù slave, l’hanno razziata, e molti ci si sono stabiliti. Nel medioevo diventa città mercantile; le mura romane vengono ulteriormente fortificate. Nasce un castello, il Vecchio Castello. Una di quelle stratificazioni di pietra militari che fanno il loro effetto paesaggistico, ma poi le visiti da turista e pensi che stai buttando il tuo tempo. Vari lord hanno combattuto tra queste mura, buttate giù e ricostruite innumerevoli volte, per contendersi cosa? I conti di Celje, che controllavano le mura del Castello, erano la dinastia medievale più potente del territorio sloveno. Alla loro morte sono arrivati, ovviamente, gli Asburgo (squadra in territorio asburgico: DOCG giovedì sera), e loro si sono portati dietro i turchi, che per qualche motivo erano ossessionati dall’invadere questo pezzo d’Europa. Vengono respinti. Poi arrivano i contadini, che in rivolta riescono a occupare il vecchio castello di Celje. La guerra con Venezia aveva asciugato l’economia, portato via braccia dai campi e aumentato, quindi, la pressione fiscale all’inverosimile.
Un dipinto sulla rivolta dei contadini sloveni.
Il Celje nasce a inizio ‘900 e non retrocede mai in seconda divisione. È l’unica squadra slovena a riuscirci insieme all’Olimpia Lubiana. Eppure ha vinto solo due volte il campionato. Quindi presenza costante della massima serie, ma senza grossi acuti. Una squadra presenzialista. Lo scorso anno, però, ha vinto il campionato. Merito soprattutto del genio spagnolo della panchina Albert Riera, che può vantare, forse, un record piuttosto stravagante: è sempre stato primo in classifica nel campionato sloveno.
Ha iniziato con l’Olimpia Lubiana, ha vinto il campionato, si è dimesso, o gli è scaduto il contratto, non è chiaro. Nel frattempo ha vinto il premio di manager dell’anno del campionato. Si è seduto sulla panchina del Celje e, mentre era in testa al campionato, si è dimesso di nuovo. Nel frattempo aveva eliminato il Vitoria Guimaraes. È andato al Bordeaux, è arrivato dodicesimo, poi il club è fallito e nessuna grande squadra si è fatta avanti per prendere Riera come allenatore. Nonostante i risultati ottenuti e il brillante gioco di posizione delle sue squadre. Così è tornato al Celje per scrivere la storia e diventare una leggenda del club. Random, ma pur sempre leggenda. Nel 2023/24 il Celje vince il secondo titolo della propria storia (il primo era arrivato solo 5 anni prima).
In Conference la squadra, che indossa queste maglie e blu che sembrano quelle del dopolavoro della Lidl, sta facendo un’ottima figura, se consideriamo i giocatori a disposizione. La rosa prevede nomi pazzeschi che suonano come potenziali nomi di esseri umani diversi: Nino Kouter (progetto solista post-punk di una band berlinese degli anni ’80); David Zec (commesso viaggiatore di un racconto di Kafka); Armadas Kucis (oscuro personaggio est-europeo di un noir hollywoodiano); Marco Dulca (meccanico); Edmilson (calciatore, ma un altro); Aliaz Krefl (marca di biscotti tipo wafer).
Ieri il Celje è stato protagonista della più grande partita del giovedì sera.
LA PIU GRANDE PARTITA DI QUESTO GIOVEDI SERA: CELJE-JAGIELLONIA
A Celje arrivava una delle migliori squadre del giovedì: lo Jagiellonia. Va detto: anche una delle più strane, con questo nome da Civilization, una bandiera polacca sul petto, le righe orizzontali da maglia da rugby, lo sponsor Viking. Una squadra, però, a punteggio pieno in Conference e seconda in classifica in Ekstraklasa.
Dopo sei minuti il Celje passa in vantaggio con uno schema da calcio d’angolo che prevede: battuta corta, cross sul secondo palo del 10, torre, tiro con lo spigolo del ginocchio. Il gol viene propiziato da quest’azione che si candida a essere uno dei migliori replay che vi capiterà di vedere oggi. Una serie di colpi di testa sconnessi l’uno con l’altro, in cui i calciatori sembrano esseri lobotomizzati a cui è rimasto solo l’istinto a colpire il pallone di testa.
Tre minuti dopo lo Jagiellonia colpisce due pali nella stessa azione. Prima il palo destro con un tiro d’interno sul secondo palo, poi il palo sinistro con un sinistro di collo tirato a 4 metri dalla riga di porta.
Nel frattempo il campo del Celje si sfalda. Ha piovuto parecchio e si cominciano a vedere cose strane. Controlli ripetutamente ciccati, amnesie, grandi giocate nate dal caso. Il Celje sbaglia due gol a un passo dalla porta. I calciatori non sembrano del tutto professionisti, non so, il dubbio ti viene. Lo Jagiellonia sembra oggettivamente più forte, con un centrocampo di palleggiatori con grande visione di gioco. Poco dopo la mezz’ora riesce a pareggiare su calcio di rigore. Sul dischetto si presenta Amifico Pululu, prende una rincorsa strana, come quelli youtuber che cercano di prendere le misure per la prima volta nella loro vita con un pallone da calcio. Dietro la porta si alza una collina. Pululu è angolano ma non ha ancora mai giocato per la Nazionale angolana.
Pululu tira un rigore osceno con una parte del piede che di solito non si usa per calciare la palla. Sulla respinta però segna l’1-1.
All’inizio del secondo tempo il Celje va vicino al 2-1 con una palla che non è chiaro come abbia fatto a non entrare in porta - ma probabilmente c’entrano le pozze di fronte alla porta.
Poco dopo segna Juanjo Nieto a finalizzare un’azione del Celje magnifica col numero 11 Seslar che gioca come giocava Riera da calciatore. In generale gli sloveni hanno il controllo del gioco, tengono palla nella metà campo avversaria, hanno altre occasioni in cui la palla danza in area ma i giocatori si dimenticano come si tira. C’è persino un tentativo di rovesciata di Matko. Poi lo Jagiellonia pareggia perché un tizio chiamato Jesus Imaz tira un mig sotto al sette. Sembra in zona cross, ma poi lascia partire uno di quei calci che sembrano proprio un “vaffanculo”.
Che non sembra la serata del Celje ci viene da pensarlo quando Matko sbaglia un gol impensabile. Un’occasione nata dal solito ricamo di Seslov, da un cross teso, da un intervento così goffo che non sembra reale di Matko. Che comunque, a giudicare dal suo Instagram, è un bravissimo ragazzo.
Lo Jagiellonia passa in vantaggio nell’azione successiva con un’azione che sembra quella dell’Inter di Inzaghi. Pululu sembra Thuram, Imaz con la sponda sembra Lautaro, Hansen che segna il terzo gol dello Jagiellonia pare Frattesi. Se ve lo steste chiedendo: sì, Hansen è il pronipote di Sverre Hansen, 15 presenze con la Nazionale norvegese negli anni ’30. Wikipedia ha decisamente troppe pagine.
Succedono altre azioni oscene tipo questa, in cui non sono i calciatori a colpire la palla ma la palla a colpire i calciatori.
Questa partita ha però ancora qualcosa da dirci. Le migliori partite del giovedì sono quelle che si chiudono con un gol di merda, magari un autogol, una di quelle volte in cui la palla entra in porta perché qualche giocatore si è dimenticato come si muovono i propri arti. E così Adrian Dieguez se la butta dentro nel tentativo di respingere un tentativo del migliore in campo, Brnic. Dieguez è uno dei tanti spagnoli che per ragioni ignote costituiscono la spina dorsale dello Jagiellonia.
Ora ecco la stessa partita giocata però su FIFA.
Scusate, forse non avete visto bene questa foto di Matko.
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QUANTO SONO ATTRAENTI QUESTI CALCIATORI DAI CAPELLI ROSSI?
Vaclav Jemelka - 6.11
Con le lentiggini, lo sguardo arrabbiato - ma in modo goffo - Jemelka viene spietatamente giudicato appena sufficiente. “Confidence is the key” consiglia l’intelligenza artificiale, per incoraggiare Jemelka.
Dejan Kulusevski - 4.81
La foto con la bocca aperta non gli rende giustizia, qui l’intelligenza artificiale paga gusti troppo convenzionali, e poi scrive una frase incoraggiante che suona come un insulto. Kulusevski non ha proporzioni perfette, ma ha una sua piacevolezza.
Jón Guðni Fjóluson - 7.33
La calvizie gli dona, facendo risaltare le simmetrie perfette del suo volto. Piuttosto sexy.
Juchym Konoplya - 5.36
Tratti ravvicinati di Konoplya che non piacciono alla app, nonostante abbiamo scelto la foto in cui Konoplya somiglia meno a Milhouse Van Houten.
Antonin Kinski - 5.88
Caro Antonin, se non sei attraente a 21 anni ho una brutta notizia per te.
Hugo Larsson - 7.11
Oggettivamente uno dei rosci più belli del giovedì. Foto random.
MIGLIORI GIOCATORI GIOCATORI DEL GIOVEDì SERA CHE SOMIGLIANO O QUASI A NOMI, COSE CITTA', ANIMALI, SENSAZIONI:
Leo Scienza
Centrocampista brasiliano dell'Heidenheim, per qualche ragione che non mi andava di scoprire è in possesso del passaporto lussemburghese.
George Bello
Difensore del LASK, ma nato negli Stati Uniti. Il suo film preferito è Deadpool, il suo piatto invece gli spaghetti con le polpette.
Adam Gnezda Čerin
Non ironicamente uno dei miei giocatori preferiti scoperti all’Europeo (centrocampista del Panathinaikos).
Lucas Lima
Secondo Fbref è un attaccante, secondo Wikipedia è un difensore centrale. Indossa la 6 del Başakşehir e in questa stagione ha giocato 15 minuti in Conference League da terzino sinistro.
Lars Lukas Mai
Difensore del Lugano. Caratteristiche: grosso.
Wesley Patati
Brasiliano atterrato a Tel Aviv per stravolgere per sempre il concetto del termine “Patatino”.
Miguel Maga
Difensore del Vitoria Guimaraes, sei settimane fa era a Londra.
Noah Pallas
Finlandese, ha un fratello gemello calciatore che si chiama Emil Pallas.
Ciro Immobile
Vabbè, troppo facile.
Gary Magnée
Ieri in gol, si pronuncia così come è scritto.
L’HEIDENHEIM HA DAVVERO PERSO PALLA TRA IL PRIMO E IL SECONDO TOCCO DEL CALCIO D’INIZIO?
Sembra di sì, anche se purtroppo la realtà non la sapremo mai, visto che la regia ha pensato bene di perdersi in mille replay dei calciatori del Chelsea, come se ci fosse poi chissà che da esultare per il gol in Conference League di una squadra che è un happening artistico mal riuscito.
I MIGLIORI BAFFI DEL GIOVEDÌ SERA
Movember è una di quelle iniziative nate sui social, dove è difficile scindere tra buone intenzioni e voglia di mettersi in mostra. Il senso è farsi crescere i baffi per sensibilizzare rispetto al cancro alla prostata. Il giovedì sera, però, i baffi non hanno quello scopo nobile. I baffi rappresentano una parte dell’esperienza, sono legati a una certa idea di mondo, un modo non migliore o peggiore, ma più ideologico. Sono baffi da cortina di ferro, baffi da grande freddo. Sono baffi belli, baffi brutti, baffi più o meno riusciti: ecco i migliori.
Daniel Stensson
Daniel Stensson ha baffi folti e ben disegnati che ne arricchiscono il viso e l’espressività. Sono baffi che raccontano di notti fredde e maglioni a collo alto; di latte e rum e abbracci virili. Sono baffi che gli altri uomini odiano per invidia. Tutti gli uomini, infatti, dentro di loro, per qualche motivo ancestrale, vorrebbero i baffi, ma quasi nessun uomo può portarli senza apparire ridicolo.
Il guardalinee di Tottenham-Roma
Il demone dei sogni dei tifosi della Roma, il guardalinee coi baffi: praticamente una versione Playmobil di un gerarca nazista (scherzo).
Karlo Bartolec
Purtroppo non ho trovato un immagine migliore. Il baffetto di Bartolec è quel baffetto dalla riga perfettamente dritta, che sembra disegnato con un gesso nero. Il baffo più brutto tra tutti i baffi, quello che si fa crescere un uomo così sicuro di sé da non capire il mondo estetico che lo circonda.
Patrick Berg
Patrick Berg sapeva che il 28 novembre sarebbe stato a Old Trafford, a giocarsi la partita, se non della vita, quella più iconica della sua carriera. Quella forse più vista, con più telecamere addosso, con più gente a guardare. E ha deciso di farlo con questi baffetti da adolescente che sta affrontando una battaglia molto più grande di lui.
Respect.
I 3 MIGLIORI FIRMINO DI QUESTO TURNO
Visto che fare gare di sosia sembra sia diventato una moda, lo facciamo anche noi.
3° - Chimy Ávila
Non ci somiglia poi molto, al massimo è una versione uber-coatta di Firmino. Ha lo stesso sguardo un po’ strafottente, di chi sa che in campo, prima o poi, ti fregherà con qualche trucco di magia. Manca però quella gioia del viso, il sorriso aperto, i denti bianchi, l’idea che il calcio ha la sua stessa forma.
2° - Jairo
Jairo sembra il risultato di uno dei multiversi peggiori della possibile vita di Firmino: arrivato in Europa troppo giovane, non è riuscito a far emergere il suo talento finendo a raccattare contratti in contesti sempre minori, un eterno girovagare che lo ha portato fino a Cipro e ne ha piegato i tratti del viso, rendendoli meno vitali, un po’ depressi. Ieri, però, grande gol contro la Fiorentina.
1° - Matheus Saldanha
Matheus Saldanha sembra uno di quelli che ha pagato migliaia di euro di chirurgia estetica per assomigliare a Firmino e incredibilmente ci è riuscito. Non sembra avere una propria fisionomia, ma ha esattamente quella di Firmino. Tutto in lui ricorda Firmino, forse anche più di Firmino stesso, che comunque ora sarà invecchiato. Questa cosa dovrebbe far paura, a Firmino certo, ma anche a noi altri, perché comunque - magari, chissà dove - anche voi avete il vostro Matheus Saldanha.
IBRACORE
MUSLERA PARA CON LA FACCIA, ORMAI È UN DATO DI FATTO
Ieri Fernando Muslera ha fatto la sua seconda parata di faccia in questa edizione dell’Europa League. Forse sono anche di più, due sono quelle che abbiamo documentato noi che - purtroppo - non passiamo tutta la vita a guardare Muslera giocare.
È stata una parata strana, arrivata dopo una prima respinta con le mani. Il pallone è schizzato verso il dischetto dell'area di rigore dove arrivava di gran carriera Lhado. Muslera invece di rimanere in porta e provare a parare, gli è corso incontro col corpo aperto come se dovesse proteggere i suoi compagni da una granata. Lo ha fatto senza pensare al pericolo, senza istinto di conservazione. È andato anche oltre la pazzia del portiere: era pazzia pura e semplice. Il tiro a botta sicura di Lhado - un pallone calciato con la violenza di chi chiude gli occhi e pensa che o la va, o la spacca - lo ha preso pieno in faccia. Onestamente Muslera è stato un grande e noi gli vogliamo bene.
GOL PIÙ GIOVEDÌ SERA
Virilità: 2
Assurdità: 9
Anti-epicità: 10
Paura della morte: 8
La Fiorentina sta brillantemente, almeno per il momento, sappiamo quanto può essere difficile, trascinandosi fuori dalle sabbie del giovedì sera. Che magari non vuol dire che diventerà una squadra di Champions League, la concorrenza in Italia è comunque notevole, ma che non sembra più quella squadra pazza e disfunzionale che passava turni su turni in Conference League come se fosse una corsa spericolata su un ottovolante progettato da un cieco per poi perdere in finale. Nel suo profondo, però, conserva questa anima, e questa anima a un nome e un cognome: Christian Kouame.
Questo gol sembra confermarlo: un gol uscito dalle sabbie mobili del caso, frutto di geometria impazzita, di un festival di rimpalli. Una schizofrenia che abbiamo imparato a conoscere e rispettare quando capita di giovedì, ma che con Kouame si ammanta di speranza. Kouame è infatti di quei centravanti che semplicemente non sanno segnare. Difficile dire se non lo hanno mai saputo fare o, a un certo punto, hanno smesso. Può tornare a farlo in Conference League? Dopotutto è un torneo in cui il miglior marcatore è Cabral, dove Abraham ha una media gol alla Lewandowski. Forse questo gol apre un nuovo squarcio sulla realtà, Kouame che segna solo gol di petto, inciampando, dopo mille rimpalli. Una realtà che sa di giovedì sera, una realtà dove vivremmo tutti più felici.
GIGOT STENDE GENTE
Questa rubrica era quasi perfetta, ma ora che è arrivato Samuel Gigot è perfetta. Col mullet da centro sociale, i tatuaggi punk-rock, la barba visionaria, Gigot gioca come se dovesse sempre uccidere qualcuno. È uno di quei giocatori che paiono provare piacere fisico nello scontro. Qui abbatte a centrocampo due giocatori del Ludogorets in sequenza, e guadagna tanti XP quante sono le capriole fatte dai giocatori stesi.
CHI SI È FATTO PIÙ MALE NEL GOL DI DOR PERETZ?
Tornano le inchieste del giovedì sera e parlano di uno degli argomenti preferiti del giovedì sera: il dolore, inteso in tutte le sue sfumature. Guardate con attenzione questo gol, secondo voi chi è quello ad aver provato più dolore?
Il marcatore: Dor Peretz
Dolore fisico: 8,5
Dolore emotivo: -8
Dor Peretz (forse vi ricorderete di lui per un breve passaggio nel Venezia algoritmico di Alex Menta) arriva sul cross basso del compagno come un treno. È così che fanno i centrocampisti che si inseriscono come lui. Va dritto per dritto, impatta il pallone tra i due difensori, segna e perde l’equilibrio. Casca a terra violentemente, finisce la sua corsa contro la rete, ma soprattutto contro il sostegno basso della rete. Un tubo metallico duro come il metallo (credo, onestamente non so bene di cosa sia fatto). Pertz rimarrà a terra diversi minuti, avrà bisogno delle cure mediche e tornerà in campo claudicante. Il suo dolore fisico, però, è ovattato dalla gioia per il gol.
Il difensore: Arthur Masuaku
Dolore fisico: 4
Dolore emotivo: 8
Ora riguardate il gol, e concentratevi su Arthur Masuaku, il numero 26 del Besiktas. È quello che viene falciato dal compagno, un intervento da dietro non violento ma improvviso, che lo manda gambe all’aria. Non subisce un colpo particolarmente duro, a livello fisico, ma è lui il più colpevole, quello che, in qualche modo, usando il corpo o muovendosi prima, doveva coprire il taglio di Dor Peretz.
Il difensore: Emirhan Topçu
Dolore fisico: 7
Dolore emotivo: 5
Forse vi conviene riguardarlo ancora questo gol e cercare la faccia di Emirhan Topçu. Sì, è lui che si prende in pieno quell’ottantina di chili che peserà Masuaku. Se li becca proprio mentre vede Dor Peretz arrivare sul pallone al contrario suo. Non un bel momento, onestamente.
Il portiere: Mert Günok
Dolore fisico: 10
Dolore emotivo: 10
Ora arriviamo al vero martire di questa storia: il portiere. È inevitabile: quando c’è un gol, quello che soffre di più è il portiere, lo diceva anche Umberto Saba. La sua è la sofferenza dell’uomo novecentesco, di quello che non può fare nulla, solo vedere la sua interiorità rompersi in mille pezzi. Mert Günok qui non può provarci, fare parte di uno sforzo collettivo, deve subire il gol e stare muto. Ora riguardate questo gol e capirete.
ALCUNE COSE MENO BELLE DI QUESTO GOL DI MIKAUTADZE
- Il primo bacio
- La colazione sull’erba di Manet
- Il purè col bollito
- Un soffio di vento che entra dalla finestra imprevisto in una giornata d’afa
ALCUNE REGOLE AUREE DEL GIOVEDI
a) Il Ludogorets non perde mai. E quando perde voi non avete visto la partita.
b) Se non sai dove sono finiti, tendenzialmente sono in Grecia.
FALCE, OMONIA E MARTELLO
Tra i motivi che rendono il giovedì di coppa il giorno più bello della settimana ci sono le coreografie dei tifosi, quasi sempre superiori a quelle semi-brandizzate e loffie della Champions. D’altra parte per buona parte delle squadre che partecipano alla Conference e all’Europa League giocare una coppa europea è un evento, e un evento merita una coreografia speciale. Anche per gli standard dell’Europa e della Conference League, però, l’idea avuta dai tifosi dell’Omonia Nicosia per la partita di ieri contro il Legia Varsavia spicca. La coreografia in questione, infatti, non celebrava l’orgoglio della squadra e/o della città ma voleva ricordare agli ultras della squadra polacca, notoriamente neo-nazisti, la liberazione di Varsavia da parte dell’Armata Rossa durante la Seconda Guerra Mondiale. Forse l’aspetto più incredibile di questa coreografia è che, come si può leggere facilmente dallo striscione in basso, questa scelta non è stata dettata nemmeno da un anniversario da celebrare, ma da una pura ripicca ideologica. Che insomma di questi tempi, come si dice, è grasso che cola.
Non voglio qui dilungarmi su quanto sia giusto definire quella dell’Armata Rossa una liberazione (il vero muro ideologico che divide l’Europa sud-occidentale da quella nord-orientale, per cui invece quella è stata un’altra occupazione), e nemmeno sulla gesta degli ultras del Legia Varsavia che hanno indirettamente portato a questa coreografia, mentre vale una piccola divagazione la storia della tifoseria organizzata dell’Omonia, una delle poche di estrema sinistra in Europa. Parliamo nei fatti di Gate 9, un gruppo ultras talmente importante da meritarsi una pagina Wikipedia in inglese, e che dal 1992 segue e sostiene l’Omonia Nicosia (città che tra l’altro di muri ne sa qualcosa). Più che le bandiere del Che e le coreografie con falce, martello e nessun altro layer, il Gate 9 è famoso soprattutto per essersi ufficialmente staccato dalla sua squadra di riferimento dopo la decisione da parte del club, nel 2018, di convertirsi in una società for-profit (decisione controversa ancora oggi, se pensiamo che il miliardario cipriota proprietario del club, Stavros Papastavrou, si è dimesso la scorsa estate per le polemiche generate dal suo tentativo di far entrare nuovi investitori per permettere all’Omonia di farsi un suo stadio di proprietà).
Dal 2018, quindi, il Gate 9 continua a tifare le altre squadre dell’Omonia mentre per il calcio ha deciso di crearsi un suo club completamente controllato dai tifosi: il PAC Omonia 29M (dove 29M sta per 29 maggio, data di fondazione del club). Due le cose piuttosto incredibili di questa nuova squadra: lo stemma di ispirazione sovietica; e la sua scalata al calcio cipriota, che in soli sei anni l’ha portata dai dilettanti alla prima divisione del Paese. Oggi quindi l’Omonia Nicosia e il PAC Omonia 29M giocano nello stesso campionato e, anche se quest’ultima al momento occupa l’ultimo posto in classifica, potrebbe in un prossimo futuro prendere il posto della sua “matrigna” nelle coppe europee. Tutto è possibile, se si rivolge lo sguardo verso il sol dell’avvenire.
I PRIMI 35 SECONDI DI NOAH-VIKINGUR PER SPIEGARE IL CALCIO A UN ALIENO
Sapete quella frase che si dice sempre? Questo è quello che farei vedere per spiegare tale fenomeno a un alieno. Per riuscirci servono fenomeni particolarmente indicativi, eppure spesso si cita il gol di Maradona all’Inghilterra, il colpo di testa di Pelè contro l’Italia. Invece questi 35 secondi, l’inizio di Noah Vikingur, sono quelli che farei vedere a un alieno per fargli capire il calcio. Non il giovedì sera, ma il calcio. In questi 35 secondi non succede niente, ma in realtà succedono un sacco di cose.
Uno schema - Fjoluson innanzitutto prova uno schema su calcio d’inizio, un lancio lungo su cui il Vikingur cerca di recuperare la seconda palla.
Una serie di colpi di testa - Poi una serie di colpi di testa che mantengono la palla in aria per un tempo inopportuno.
Un tentativo di razionalità - Qualcuno dice “no aspetta, giochiamo”, quindi la stoppa e torna indietro. Il collettivo prova a organizzarsi intorno a ciò che ha studiato in allenamento. Il portiere indica le posizioni, i centrali si allargano, il centrocampista viene incontro.
Lo scontro con la realtà - Il problema è che, incontrando un avversario, le cose si disfano prendendo una forma meno perfetta di quella nella nostra testa. Il pallone sembra una bestia strana, difficilmente domabile, e arriva un brasiliano che fa un dribbling con doppio passo rivolto verso la riga laterale.
MANU KONE OVUNQUE
Manu Kone sembra stare semplicemente troppo in forma. Quando corre non pare faticare, né spingere, ma solo andare a un trotto moderato con cui si mangia, uno a uno, i centrocampisti avversari. Forse tiene troppo palla, ragiona troppo lentamente, ma sono dettagli.
LA FENICE HUMMELS
Prima della partita contro il Tottenham, Mats Hummels aveva dichiarato di non essersi pentito di essersi trasferito a Roma e che era convinto che la sua storia nel club giallorosso avrebbe avuto un lieto fine. La Roma aveva scelto proprio lui per ottemperare alla norma UEFA che impone alle squadre di mandare un giocatore in conferenza stampa accanto all’allenatore, come un soldato di fronte alla corte marziale. L’esperienza di Hummels a Roma, fino a ieri e forse anche ieri compreso, aveva avuto del surreale. Prima le teorie più disparate per spiegare la sua assenza dal campo, poi i suoi post provocatori sui social, le foto con i tifosi a San Callisto, i selfie davanti Trapizzino. Praticamente una pagina TripAdvisor più che un difensore. Il centrale tedesco sembrava venuto per trollare i tifosi romanisti che credono che un giocatore di lusso ma avanti con l’età possa venire a Roma solo per stare in vacanza, e d’altra parte le poche volte che era sceso in campo non aveva fatto nulla per smentire questo cinismo. All’esordio stagionale autogol con la Fiorentina, poi la partita da titolare contro il Napoli in cui ha tolto la gamba sul gol decisivo di Lukaku, dirà per evitare lo scontro con Svilar che però era in ritardo.
Ieri dopo pochi minuti sembrava essersi subito completato il trittico dell’orrore che avrebbe messo fine alla sua esperienza giallorossa. Intervento in ritardo su Sarr, rigore procurato, Roma sotto di un gol al Tottenham Stadium in uno dei momenti più critici della sua storia recente. C’era un solo modo per uscire indenni da un momento simile, una via strettissima che passa attraverso una grande prestazione suggellata da un gol del pareggio all’ultimo minuto, e incredibilmente Hummels è riuscito a imboccarla. Evidentemente non si fanno certe carriere per caso.
Sbagliare questo intervento complicatissimo avrebbe portato al secondo giallo e a un altro rigore per il Tottenham: la via era davvero, davvero stretta.
Finita la partita, Hummels - uno di quei trentenni a cui andrebbero semplicemente tolti i social - è andato su Instagram per pubblicare la foto del suo gol con la caption: “Finalmente qualcosa è andato per il verso giusto”. Detta così, sembra un commento estremamente razionale (perché il pallone calciato da Angeliño era davvero molto forte e poteva anche andare letteralmente nel verso sbagliato: essendo tedesco non lo escluderei) o un piccolo colpo di fortuna, il fatto di trovarsi al posto giusto al momento giusto. In realtà la prestazione di Hummels è stata incoraggiante molto al di là del gol, soprattutto perché, come ha detto lui stesso prima della partita, non si allenava da tre mesi. La Roma, contro la squadra di Postecoglou, ha adottato un pressing inaspettatamente alto e offensivo con marcature fortemente orientate sull’uomo, e questo portava Hummels a seguire Solanke fin nella trequarti avversaria, o, quando la prima linea di pressione veniva saltata, affrontare difficili situazioni di inferiorità numerica dietro. Non sempre il centrale tedesco è riuscito a sbrogliare la situazione o ad anticipare il suo diretto marcatore, ma i momenti più esaltanti della partita della squadra di Ranieri sono nati quasi sempre da un sua palla recuperata in avanti. Insomma, non è stata una partita che permetteva a Hummels di nascondersi, né atleticamente né tatticamente, e quello che abbiamo visto lascia ben sperare. Se queste sono le premesse, come si dice, sky is the limit.
L’UNICO TIRO DI DENDONCKER CON LA MAGLIA DEL NAPOLI
Ieri ho visto Dendoncker calcare i campi del giovedì e non ci ho visto niente di strano. È una vita che lo fa. Il telecronista però lo ha chiamato “l’ex Napoli” e lì mi è tornata in mente questa informazione che la mia memoria aveva rimosso. Arrivato nel mercato di gennaio nella stagione peggiore della storia recente del Napoli, Dendoncker non ha mai giocato titolare ed è riuscito a distinguersi in nulla. Questo è l’unico tiro provato con la maglia del Napoli.
RASMUS HOJLUND HA VISTO IL GLADIATORE MA NON È CHIARO QUALE
Ieri sera contro il Bodo Hojlund ha giocato una grande partita. Ha propiziato il primo gol andando a pressare il portiere avversario, e poi ha segnato il secondo e il terzo gol del Manchester United. Dopo il primo gol ha esultato così, citando il gesto che facevano gli imperatori romani nell’arena. Una evidente citazione del film Il Gladiatore, recentemente tornato al cinema nella sua parte 2. Nel dopo partita gli hanno chiesto se per caso avesse visto un film, parlando della sua esultanza. Hojlund ha confermato: ha detto proprio “Yeah, The Gladiator one”, che in inglese può essere inteso sia come “Sì, il Gladiatore I” (e cioè quello giusto, l’unico che andrebbe visto) oppure “Sì, quello col gladiatore” (e quindi probabilmente il più recente, il secondo, quello che non andrebbe visto). Ha anche detto che il sistema di gioco di Amorim, con la difesa a 3, lo esalta, perché gli ricorda l’Atalanta di Gasperini.
A. FORRESTER E A. FORREST
Ieri la fascia destra degli Hearts of Midlothian era composta da Adam Forrester e Alan Forrest. Uno dietro, uno più davanti. Possibile sia solo un caso? Possibile che sia successo così, perché doveva succedere?Ovviamente c’è una spiegazione di fondo: Forrest è un cognome particolarmente diffuso in Scozia. È un’anglicizzazione del cognome gaelico "Forrestair" o "Forrester", che voleva dire “guardiano della foresta”. Eppure uno strano senso di presa in giro rimane, come se qualcuno (o qualcosa) volesse scherzare con la nostra psiche, una specie di poltergeist del giovedì sera.
COSA CI INSEGNA IL PRIMO GOL DELLA DINAMO KIEV IN EUROPA LEAGUE
Dopo 49 tentativi andati a vuoto, la Dinamo Kiev ha finalmente fatto gol. Ci aveva provato in tutti modi, che avevamo raccontato anche l’altra volta. Pur giocando sempre peggio degli avversari, fare un gol è nelle possibilità di tutti. La Dinamo ci era andata vicino spesso, con occasioni più o meno ghiotte: ma la porta sembrava piccolo e i portieri grandi. I tiri sempre troppo deboli, o troppo forti; troppo angolati o troppo centrali. Altri erano stati segnati con un piede, o mezzo piede, oltre la linea del fuorigioco. Ieri la Dinamo aveva segnato un gol che l’avrebbe rimessa in partita, ma gli è stato annullato, e così si è dovuta rimangiare l’esultanza per la prima rete in coppa.
Infine questa è arrivata all’ultimo minuto, con un tiro che non è un tiro ma un cross. Il primo gol arriva senza provarci, e di fatto non serve a niente. Il difensore vede il pallone entrare in porta e sputa per terra. Mi sembra che questo fatto contenga una profonda lezione sulla vita ma non ve la esplicito perché dovreste arrivarci da soli.
LA DIFESA DEL BACKA TOPOLA CREDE DI ESSERE IL BARCELLONA DI FLICK
COSE CHE ACCADONO SOLO QUI
Torna l’unica meta-rubrica che sopravvive solo grazie ai soldi del canone RAI, ed è per questo che in punto di morte Silvio Berlusconi ha chiesto che non venisse tolto.
L’Europa League, ma non sai neanche tu come hai fatto
L’Europa League, ma - ehi - che cazzo è successo?
La conference League, ma si sono dimenticati di dire che c’era una partita
L’Europa League, ma siamo noi che esprimiamo affetto verso di voi sotto forma di Pavel Šulc che balla
Un abbraccio grande grande.