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Il bello del giovedi sera 2025 vol. 6
13 dic 2024
Due competizioni che non scioperano mai.
(articolo)
28 min
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CONOSCI LA TUA SQUADRA DEL GIOVEDÌ: VIKINGUR

La superficie di ghiaccio si ruppe e Halfdanr ci cadde dentro. In pochi minuti morì congelato, lasciando Harald - in futuro detto Bellachioma - orfano. Suo zio prese il potere, ma nessuno aveva paura di suo zio e non si fecero problemi, gli altri sovrani di Norvegia, a spartirsi il Ringerike. Poi pensarono di attaccare il Vestfold. Vennero respinti, e allora tornarono indietro, si radunarono per pianificare un grande attacco. Stiamo parlando di tutti i sovrani delle terre norvegesi in quel momento.

Nel frattempo Harald si era innamorato di tale Gyoa e così fece quello che facevano i giovani nobili dell’epoca: le mandò una lettera chiedendo di sposarlo. Quella rispose: “Mi piacerebbe prendervi per marito, ma vi definite re di Norvegia, ma come fate a definirvi tale se la Norvegia ha tanti re quante sono le stelle nel cielo? Voi mi sembrate, scusate l’impertinenza, uno tra tanti”. Che smacco, per Harald, che però apprezzò la risposta e si mise in testa di diventare re di Norvegia. Fino a quel giorno non si sarebbe tagliato i capelli, che arrivarono a crescere in volumi e lunghezze mai viste prime in tutte le terre vichinghe (e stiamo parlando di alcuni dei più grandi capelloni della storia, praticamente i precursori dell’heavy metal). Da qui il nome Harald Bellachioma.

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Una soffiata della riunione arrivò allo zio di Harald, che mandò i suoi uomini in gran segreto nel luogo dell’incontro. Questi uomini presero dei rami d’albero e li incendiarono, poi li posizionarono al di fuori della casa dove si stava tenendo la riunione. Morirono tutti i sovrani di Norvegia e alla fine ne rimase uno solo: Harald, in una volta sola diventato sovrano di tutte le terre esistenti. Il primo re di Norvegia, che a quel punto poté andare dal barbiere.

Non si stava molto bene in Scandinavia nel IX secolo. Non era ancora arrivata la piccola era glaciale ma le terre coltivabili scarseggiavano, e in più Harald Bellachioma era piuttosto pericoloso, e così i suoi avversari politici si rifugiarono in un’isola a nord ovest della penisola scandinava: l’Islanda.

1300 anni dopo il Vikingur gioca in Conference League. Che specie pazzesca siamo: vogliamo tantissimo sposare una ragazza, e alla fine provochiamo la colonizzazione dell’Islanda, che prima del 1000 era terra di vulcani, demoni e al massimo qualche folle monaco irlandese un po’ troppo radicale.

Fra le conseguenze di questa colonizzazione il Vikingur è la più trascurabile, direte voi, e avete ragione. Ma è pur sempre una conseguenza del giovedì e noi di questo parliamo: di tutte le conseguenze di azioni apparentemente inutili che hanno generato queste partite del giovedì sera. Con queste squadre così brutte che il loro logo sembra fatto su Paint, ma nemmeno, perché lo scudetto del VIkingur non ha una forma geometrica riconoscibile, o comunque graficamente ha qualcosa di profondamente sbagliato, di incomprensibile. È stato disegnato dal presidente del club, Þorbjörn Þórðarson, negli anni della guerra. Abbiamo tutti presente il tipo di capo: “ma quale grafico, non ci serve il grafico. C’è la seconda guerra mondiale e voi state a pensare al grafico. Lo faccio io il logo, datemi carta e penna”.

Il Vikingur nasce nel 1908, e com’era l’Islanda nel 1908, e più precisamente Reykjavik, è difficile da immaginare. Per questo vi metto la foto di questo che sembra un villaggio di pescatori altamente infiammabile (i rivali di Harald non avevano ancora imparato niente).

La pagina internet che racconta la storia del Vikingur sembra raccontare il mondo dei Peanuts:

«The founding fathers of Víkingur Reykjavik Football Club were:

  • Axel Andrésson (12 years old) who initially chaired the board of directors.
  • Emil Thoroddsen (9 years old) who served as a secretary.
  • Davíð Jóhannesson (11 years old) who took on the role of treasurer.
  • Páll Andrésson and Þórður Albertsson.»

Correggetemi se sto leggendo male. Il presidente aveva 12 anni, il tesoriere 11, il segretario 9.

Inizialmente ci sono solo squadre giovanili, ma queste, per i primi dieci anni di vita, non perdono mai. E così si fonda pure la squadra senior per farla partecipare al campionato nazionale. La squadra lo ha vinto 7 volte: l’ultima nel 2023. In panchina c’è Arnar Bergmann Gunnlaugsson, ex attaccante del Feyenoord e due volte vincitore del premio Scarpa d’Oro islandese e una volta eletto Giocatore islandese dell’anno (nel 1995). In Conference League sta facendo la sua dignitosissima figura. Ha persino vinto un paio di partite. È per squadre come il Vikingur che esiste questa coppa.

Sì, VIVIAMO ANCORA NEL MONDO DI PEDRO RODRIGUEZ LEDESMA
Ne avevamo scritto già un paio di puntate fa e forse pensavate fosse finita. Pensavate che l’incredibile momento di forma autunnale di Pedro fosse una fiammata transitoria, il canto del cigno - come si dice. La partita col Porto, dominata tecnicamente come un numero 10 degli anni ’80. Ieri sera, contro l’Ajax, è stato lo stesso. All’11' aveva già servito l’assist a Laoum Tchaouna per il gol dell’1-0. Pedro parte da sinistra ma poi viene in mezzo per far avanzare il pallone o dare l’ultimo passaggio. La sua maestria negli smarcamenti riesce a far saltare qualsiasi sistema difensivo. Riceve palla e velocemente va in verticale. La sua abilità tecnica e la sua visione di gioco si associa troppo bene con i giocatori intensi e verticali della Lazio.

Quella di ieri è stata un’altra masterclass. Se è vero che il regista della Lazio è Rovella, qualche metro più avanti Pedro svolge funzioni simili in modo diverso. Ieri ha toccato 50 palloni, a varie altezze di campo, ripulendoli, dribblando, all’indietro o in avanti. Quando dico “a varie altezze di campo” intendo “molto varie”. Tipo qui è quasi ultimo uomo.

La sua incisività negli ultimi metri, poi, è in crescita. A un quarto d’ora dalla fine, sul risultato già sul 2-1, Nuno Tavares parte nella sua solita conduzione da sinistra verso il centro. Quel tipo di conduzione che ci fa venire i flash di Theo Hernandez. Dà una palla in diagonale a Tchaouna un po’ scolastica, ma quello ha una bella lettura e la scarica all’indietro di prima, là dove arriva Pedro. La pulizia del suo primo controllo e del tiro a giro è d’alta scuola. Il controllo col destro e il tiro d’interno sinistro.

Il gol è stato rilanciato un po’ ovunque col pensiero “class is permanent”, come se la qualità tecnica di Pedro possa essere indifferente al tempo che passa. Mi sembrano considerazioni sempre un po’ fuori fuoco. È vero che sono le giocate tecniche di Pedro a rubare l’occhio, ma queste sono permesse soprattutto dalla sua brillantezza tecnica. Senza la condizione fisica che ne supporti i controlli in spazi stretti, gli smarcamenti a tutto campo, a Pedro non riuscirebbero queste cose. Il gol che segna è eccezionale, ma è soprattutto eccezionale che gli riesca a un quarto d’ora dalla fine, a 37 anni. Si sottovaluta nel calcio quanto le dimensioni tecnica e atletica siano collegate tra loro e l’una non può esistere senza l’altra. Certo, ci sono, e ci sono stati nella storia, giocatori con uno squilibrio grande tra possibilità fisiche e tecniche - ed è questa una dimensione che li rende di culto. Non è però il caso di Pedro, che ha sempre bisogno di essere in moto per funzionare, e ci riesce anche avvicinandosi ai 40 anni.

È il giocatore che ha contribuito a più gol in tutta l’Europa League: 4 reti e 3 assist.

CHE GIOCATORE DEI NEW SAINTS SEI

Ryan Brobbel

Sono giorni che prova a chiamarti e tu non rispondi. Lo sai cosa vuole: un altro prestito, oppure una parola buona con un editore, o peggio: una richiesta di recensione. Ci si può ridurre così? A chiedere al tuo amico una recensione che ti faccia vendere qualche copia in più? Quando le copie che vendi poi sono 100 o 150 arrivare a 1000 non ti fa mica chissà che differenza. Tecnicamente non puoi nemmeno definirti uno scrittore. Un romanzo sullo smart working, la crisi climatica, TikTok: tutti argomenti che rendono le persone infelici. Di questo a lui piace scrivere e a te l’unica cosa che viene da pensare è: cresci.

Lanci uno sguardo al telefono, leggi tre chiamate senza risposta e solo una remota parte di te arriva a sentirsi in colpa. Piuttosto ti sembra che gli stai facendo un piacere, a non farsi umiliare così.

La tua immagine di lui resta legata al corso di scrittura creativa in cui lo hai conosciuto. Era il più bravo, anni luce più bravo di tutti, anche dell’insegnante. Quel corso di scrittura non gli serviva ma aveva bisogno di validazioni ufficiali. Aveva bisogno di sentire che non stava sprecando il suo tempo, e i soldi del papà (azienda di micro-plastiche, la parte seria e di successo della famiglia).

Questo per te è stato il suo problema. Non dover pensare ai soldi, e voler scrivere per cancellare il suo mondo familiare. Il senso di colpa, la sua colpa. Non dover capire - capire a fondo, veramente - come si campa. Lo sai che lui non approva quello che fai, ma tu non hai bisogno della sua validazione. Che le serie tv con l’AI siano il futuro non ti interessa, non cerchi di proiettare un capitale simbolico sul tuo lavoro. Scrivi per lavoro perché è con la scrittura che paghi il mutuo, e gli alimenti per tua figlia. Non credi che questo ti renda migliore, ma tu sei un uomo e gli uomini fanno gli uomini, e cioè si limitano a fare quello che c’è da fare.

Josh Pask
Avevi immaginato che quel momento sarebbe potuto arrivare, ma non immaginavi che avrebbe fatto così male. Forse “male” non è nemmeno la parola giusta. Ti senti stanco, di una stanchezza abissale. Una stanchezza di esistere. Non lo sentivi da anni. L’ultima volta ti aveva scritto “ti chiamo io” domani, dopo che avevi provato a chiamarlo per fargli gli auguri per il suo cinquantesimo compleanno. Poi niente, erano passati due anni. Lui aveva continuato a fare successo, bilanciando coscienziosamente lavoro per la tv e romanzi artistici che lo avevano reso una voce sempre più riconoscibile della letteratura contemporanea. Veniva considerato “Il Proust della fine del mondo”.

Ora hai la lettera di sua moglie, Lina, in mano e ti senti esausto, non hai nemmeno finito di leggere la lettera. Ti stropicci gli occhi e ricominci a leggere: «Parlava sempre di te. Non ti chiamava ma ti rispettava moltissimo. Diceva che il tuo lavoro non era mai stato del tutto capito. Quello che facevi con l’intelligenza artificiale per lui era arte confusa per merce. Vuole che sia tu a prendere il suo ultimo manoscritto, il suo romanzo definitivo sulla fine del mondo. Vuole che lo pubblichi a tuo nome. Non dire di no, è un suo regalo: ci tiene. Ti aspetto».

D. J. Davies
Quel giorno Lina è bellissima e non c’entra la chirurgia plastica. Non c’entra il naso dritto, non c’entrano le labbra gonfie, né il suo seno perfetto o i suoi zigomi tirati. È bellissima perché sorride e in quei tre anni non l’hai mai vista sorridere. «È una mancanza di rispetto verso di lui» si giustificava. Era andato tutto così bene, dopo la sua morte che vi sembrava di indugiare nell’illecito. Non pensavi di poter tornare a essere così felice. Anzi: ti sembrava che tutto ciò che avevi vissuto prima di Lina non era mai stata vera felicità. Non era stata vera vita. Secondo la tua analista Lina c’entra poco. Tu ti dicevi che era Lina per semplificare, e per mascherare il fatto che ora ti senti pienamente tu: riconosciuto nel tuo lavoro, acclamato per il tuo talento. Le persone non riescono a far combaciare le due figure: il grande macchinatore dell’AI col romanziere sensibile, il diavolo del capitalismo col guerriero civile. Di solito agli artisti tocca un percorso di dannazione, non di redenzione.

Ora Lina ti aspetta sull’altare, bellissima. Che uomo crede che stia sposando? Ogni tanto senti un piccolo dubbio farsi strada nel territorio più remoto dei tuoi pensieri. È come un baluginio, un vermicello ai bordi della sua visione. Dopo tutto torna nitido.

REGALI DI NATALE A TEMA GIOVEDÌ SERA

Regali perfetti per tutti gli amanti del giovedì sera.

Il cronografo della Conference League

Non viene via a poco, ma non c’è niente di meglio del cronografo della Conference League per sapere quando è arrivato il momento della Conference League.

Il maglione di Natale del Bodo/Glimt

Non è Natale senza il maglione della tua squadra preferita del circolo polare artico.

La maglia di Afimico Pululu

Vabbè, che ve lo diciamo a fare. Sul sito dello Jagellonia potete comprare la maglia ufficiale del club, con la patch della Conference League, il numero 10 e il nome di Afimico Pululu. Non c’è niente di meglio.

Un pupazzo di carta da assemblare di Pavel Šulc

IL regalo perfetto per noi impallinati del giovedì, perché passare il Natale con la nostra famiglia quando possiamo farlo con Pavel Šulc?

La vuvuzela del Mlada Boleslav

Come puoi rendere il Natale il più irritante possibile per chi ti circonda? Suonando la vuvuzela brandizzata Mlada Boleslav.

Le mutande dello Slavia Praga

Per chi anche nei momenti di intimità sente il bisogno di parlare del giovedì sera, queste mutande sono un ottimo argomento di conversazione. Con quelle rosse ci svoltate anche agevolmente il capodanno.

Una spilla del Petrocub Hîncești

Il Petrocub Hîncești non ha il suo negozio online, o almeno noi non lo abbiamo trovato, ma su Ebay si trova questa bellissima spilla che viene via anche con pochi euro.

La calcolatrice dell’FCSB

Per contare tutti i gol di Darius Olaru.

Le freccette ufficiali dell’Heart of Midlothian

In tungsteno, professionali e affilate, per rendere il vostro darts corner un grande protagonista del giovedì sera.

La tazza con la coreografia dei tifosi dell’Omonia Nicosia

Magica.

Il pallone della Conference League

Vabbè che dire, un must have soprattutto quest'anno che è prodotto dalla Kipsta, la Conference League dei marchi sportivi.

VERSIONE DISCOUNT
Niente di particolarmente complicato: giocatori del giovedì sera con nomi quasi uguali a quelli di altri calciatori più forti, quindi praticamente, se vogliamo essere cattivi, la loro versione discount, la sottomarca in italiano.

Rémy Descamps
Cadu
Diogo Costa
Tim Drexler
Tomás Ribeiro
El Hadji Malick Diouf
Pablo Marín
Stefan Schwab
Miguel Crespo
Malachi Boateng
Ryan Brobbel
Tiago Silva
Tarik Ibrahimagic

MOURINHO È GIÀ ENTRATO NELLA SUA FASE AUTODISTRUTTIVA

Con i capelli stralunati e la faccia di chi non dorme da giorni, Mourinho si è presentato ai microfoni dopo la sconfitta per 2 a 0 del Fenerbahce contro l'Athletic Club. Non è stata una sconfitta tremenda, visto il livello dell’avversario e una situazione gestibile nel mega girone di Europa League, eppure l’allenatore portoghese è sembrato sull’orlo di una crisi di nervi: «L'1-0 già non era un risultato giusto, il 2-0 è stato come un coltello nel petto» ha detto, speriamo parafrasando. Quando gli hanno chiesto della contestazione dei tifosi, figlia della sconfitta per 1 a 0 nel derby contro il Besiktas in campionato, ha risposto: «Queste reazioni dei tifosi sono tristi, ma non la critico: loro sono la base di tutto. I tifosi sono tristi, ma non sono più tristi di noi. I tifosi possono essere emotivi, ma noi siamo professionisti. Possiamo essere tristi, ma dobbiamo rimanere calmi». Mourinho però non sembra calmo: dopo qualche battibecco coi giornalisti a chiuso con una frase di quelle che fanno pensare che potrebbe aver bisogno di aiuto (o che ci sta fregando tutti): «Conosco bene il Basaksehir. Se riesco a dormire, domani comincerò ad analizzarlo, se non dormo, comincerò oggi».

BADASS SAN BARTOLOMEO

I tifosi del Viktoria Plzen hanno accolto con questa coreografia il Manchester United, i Diavoli rossi più famosi del calcio. Se quella figura che strangola il diavolo vi sembra Gesù, o magari Dio stesso, probabilmente vi sbagliate: dovrebbe invece essere San Bartolomeo, a cui è dedicata la cattedrale di Plzen. 

Bartolomeo è stato uno dei 12 apostoli, citato nei Vangeli (secondo quello di Giovanni il nome sarebbe Natanaele), si dice che quando gli dissero che avevano trovato il Messia e che veniva da Nazaret, lui rispose: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?». Fu uno di quelli inviati a predicare sulla terra da Cristo dopo la resurrezione. Non sappiamo molto della sua vita da missionario: girò per il Medio Oriente e Mesopotamia, forse si spinse fino all'Atropatene e all'India. Morì scuoiato della pelle per mano dei re dei Medi (forse). Magari vi ricordate di lui, perché è quello che tiene in mano la propria pelle nel Giudizio Universale di Michelangelo.

BREVE STORIA DELLA TERRA SCANIA

Ieri a Malmo magari avete notato questo striscione, magari no, dopotutto perché avreste dovuto? In ogni caso, io l'ho notato e ora vi beccate una brevissima lezione di storia. La Terra Scania è un nome storico e culturale che si riferisce all'area geografica che oggi comprende la regione della Scania, e cioè l’estremo meridionale della Svezia. Secondo la mitologia, era parte della leggendaria Jotunheim, la terra che ospitava i Jötnar, giganti sovrumani spesso in contrasto con gli dèi di Asgard. Prima del Cristianesimo, la Scania era un importante centro per il culto pagano. Per secoli è stata parte delle dispute tra Svezia e Danimarca.

Ok, basta, in realtà era solo una premessa perché anche voi dovevate ascoltare questa canzone dei Ælfþingą Skaðinawjãs che si chiama Terra Scaniae.

LE PIÙ BELLE NUVOLETTE DI ASTANA-CHELSEA
Le condizioni avverse sono la parte migliore di tutta questa grande abbuffata che è il giovedì sera. Squadre costrette a giocare in mezzo alla furia degli elementi, attraversa l’Europa per rischiare l’assideramento, osservare il sole calare al circolo polare artico. Sognare la nebbia, inzupparsi le scarpe. La strofa ideale del clima del giovedì sera è certamente questa di Battiato: Un vento a 30 gradi sotto zero / Incontrastato sulle piazze vuote e contro i campanili / A tratti come raffiche di mitra / Disintegrava i cumuli di neve, eh, eh-eh

Insomma abbiamo visto tutti i climi in questa rubrica, ma forse mai un freddo come quello che c’era ieri ad Astana mai. In città negli ultimi giorni si è arrivato al -21°, la partita tra Astana e Chelsea si è giocata a -11°. Il freddo è invisibile agli occhi ma non lo erano le nuvolette di vapore che uscivano dalla bocca dei giocatori. Astana-Chelsea è sembrata una partita tra draghi antropomorfi, una specie di grande messaggio dei nativi americani. In ogni caso, visto che certo non vi parleremo della partita, vi parliamo delle nuvolette.

Marc Guiu - sferica

Nuvoletta circolare quasi perfetta, di quelle che faceva l’amico vostro più grande con la sigaretta. Se il fiato fosse una corrente artistica, questa sarebbe un protorinascimento.

Aleksandr Marochkın - matura

Nuvoletta a forma di pipa, da uomo maturo, che ha passato metà dei suoi inverni all’aperto a tagliare legna, spalare campi.

Marin Tomasov - nuvola a nuvola

Nuvoletta a forma di nuvola, questa ti rimane sopra la testa per giorni, condiziona il tuo stato d’animo, occasionalmente può portare anche pioggia. Ma quando svanisce ed esce il sole, la vita riprende.

Renato Veiga - Megafono

Immaginate che al posto del vapore acqueo (è vapore acqueo? Non lo so, ero scarso in scienze) ci sia la scritta AAAAAAAAAAAAAAAAH. 

I TIFOSI MONGOLI DEL CHELSEA

Enzo Maresca si è lamentato della trasferta ad Astana: «Otto ore di volo non sono un tempo normale», lasciando vagamente intendere che il Kazakistan non dovrebbe essere in Europa. L’allenatore italiano si è portato dietro la squadra C, lasciando a Londra tutti i titolari e molte riserve e riempiendo l'aereo di giovani: praticamente una gita scolastica in cui lui era il professore scazzato.

Portare il Chelsea nel bel mezzo della steppa, però, ha anche i suoi lati positivi. Questi tifosi mongoli del club inglese hanno potuto vedere la loro squadra del cuore senza dover attraversare mezzo mondo. Per loro la trasferta è stata più breve che per i tifosi londinesi del Chelsea, a cui invece è toccato fare oltre 6mila chilometri per stare fermi in piedi a -11° e veder giocare Kiernan Dewsbury-Hall. Almeno in cambio hanno avuto questo bel portachiavi che marmorizza la loro impresa. Tifosi: lo state facendo bene.

IL NON-GOL PIÙ GIOVEDÌ SERA

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Alla fine doveva succedere ed è successo. Per tutto un giovedì sera non ci sono stati gol sufficientemente giovedì sera. O almeno non ci sono stati per il mio personale giudizio, quello di una persona che ha scritto talmente tante volte questa rubrica che forse ha perso il senso del tempo e dello spazio. Forse avrei potuto mettere il primo gol del Vitoria Guimaraes, arrivato dopo una bellissima azione tutta di prima ma finalizzato con un rimpallo, un gol segnato forse con i gentiali; oppure avrei potuto mettere l’autogol del difensore del Lask. Cosa vuol dire buttarsi in porta da solo il pallone del 6 a 0? Poteva venirci una interessante riflessione filosofica. O forse avrei dovuto parlare dei gol sotto al diluvio di Vikingur Reykjavik-Djurgarden. Ma così non avrei potuto raccontare questo momento di assoluta purezza.

Certo, la Fiorentina ha vinto 7 a 0 e se questo pallone fosse entrato non avrebbe cambiato nulla. Sarebbe stato il pareggio, ma i viola sembravano poter segnare a ogni azione e quasi lo hanno fatto. Questo impiccio però è un po’ un segno: alla Fiorentina quest’anno gira tutto bene, anche in un'azione disastrosa riescono a cavarsela. Il primo che prova a farsi gol è Kayode, con uno stop davvero sciagurato (a un millimetro dal fallo di mano), poi tocca a Parisi, che porta il concetto di giocare sempre il pallone a un livello forse troppo estremo, provando un controllo a seguire sulla linea di porta, e facendolo male (guardate la sua faccia colpevole dopo). In mezzo però c’è Tommaso Martinelli, 18 anni, alla seconda partita tra i professionisti della sua vita. Martinelli se ne stava lì pensando ai fatti suoi quando ha dovuto raccapezzare al volo questa uscita. Non è un’uscita eccezionale, ma fa al caso nostro, e della Fiorentina. Zulj gli tira addosso e il pallone - che è il pallone della Conference League, non uno a caso - ritorna sullo stinco creando una parabola che bacia la traversa, tocca terra e poi con capriccio decide di non entrare.

Di seguito il punto di vista di Sottil, che spiega abbastanza bene il momento.

sottil

UN’ALTRA AZIONE A CASO, SE QUESTA SOPRA NON VI È PIACIUTA

azione

FINIS AUSTRIAE DALLA PROSPETTIVA CIPRIOTA

La dissoluzione dell’Austria-Ungheria continua a far sentire i suoi effetti anche in una certa secolarizzazione del calcio austriaco, in un suo certo disfacimento. Osserviamolo attraverso il punto di vista di un tifoso dell’Omonia Nicosia, che nei minuti di recupero di Omonia Nicosa-Rapid Vienna sta soffrendo per un calcio di punizione pericoloso fischiato per gli avversari. Ci si caca un po’ sotto, si stringono i denti. Arriva il portiere con la maglia gialla. Sono tutti molto alti, ma in particolare è alto Dion Beljio, nome da cestista NBA e fisico uguale. Il centravanti di quasi due metri che gioca nel Rapid e che ha già segnat il gol.

Mentre il giocatore parte per il calcio di punizione si trattiene il respiro ma poi, che succede? Il calcio di punizione è corto, è uno schema. Più precisamente è uno schema di merda che la difesa dell’Omonia Nicosia respinge e calcia in avanti come capita. Questo rilancio diventa un lancio per il camerunense Saidou Alioum, che sta lì apposta perché è il più veloce della squadra. Parte in velocità ed è strano perché è ancora ben dentro la sua metà campo ma è già chiaro che farà gol, anche se dovrà fare le cose per bene - non dovrà sbagliare il controllo, non dovrà inciampare, dovrà scegliere il momento giusto per tirare, né troppo vicino e né troppo lontano. Si sente un po’ di tensione mista ad eccitazione a vederlo correre in avanti, ma poi quello fa una cosa gratuita che cambia il senso di tutto: un no look in faccia all’idiozia del Rapid Vienna, che col portiere in area batte la punizione corta.

IL PEGGIOR RIGORE DEL MONDO
Mancano pochi secondi alla fine del recupero di Maccabi Tel Aviv-RSF, giocata sul campo del Partizan di Belgrado per motivi che sono chiari a tutti. Ci sono pochi tifosi che urlano nei microfoni aperti, il Maccabi vince 2-1, un attaccante parte da solo contro tutti, il campo è coperto di venature, sembra quasi una partita tra carcerati. L’RSF recupera palla ma non ci crede tanto, onestamente nessuno saprebbe spiegarsi perché sono lì, in Europa League. Il Maccabi però è pigro nella transizione negativa, e allora perché non provarci? Un singolo tifoso urla come un pazzo - BUUU, BUUU - il cross è lanciato da uno a caso, malissimo. Un pallone strozzato che viene risputato fuori dalla difesa. È finita? Non ancora, l’arbitro scrolla le spalle.

Un altro giocatore dell’RSF batte la rimessa, il pallone gira da destra a sinistra, un altro cross, questa volta almeno si alza da terra, poi succede qualcosa, ma che cosa? Il portiere esce, travolge qualcuno o qualcosa, il pallone finisce la sua corsa. È finità? Sembra di sì, ma ecco il colpo di scena: interviene il VAR. Secondo la grafica il motivo è un possibile rosso. Sarebbe una beffa, qui tutti vogliono il rigore, oppure la fine. Passano altri minuti, l’arbitro va al monitor: è rigore. L’arbitro torna indietro tempestato dagli insulti dei pochi presenti. Lo stadio è così vuoto che diventa una cosa personale. Come si fa a ignorare una singola persona che ti insulta a 10 metri? È un brutto mestiere.

Comunque, veniamo a noi. Il rigore. Sul dischetto si presenta Jānis Ikaunieks, uno che da quando è a Riga segna più o meno un gol ogni due partite. Che altro volete sapere su di lui? Su Youtube c’è questo video dal titolo: JĀNIS IKAUNIEKS: SCORING GOALS, LOVING CATS. È proprio come ve lo aspettate: c’è lui che parla della sua carriera mentre accarezza un gatto in una specie di gattile: adorabile. Ikaunieks deve solo puntare uno dei due angoli e calciare forte, far pagare il prezzo dell’errore al portiere del Maccabi, non sembra poi così difficile: è il 112’ se segna, la partita è finita, un punto è guadagnato, magari non ti cambia la vita, ma l’umore sì. A quasi trent’anni quanti rigori avrà calciato in vita sua? Eppure, ecco il risultato.

rigore

Sullo sfondo un tifoso continua a urlare il suo barbarico BUUUU.

TOP 3 CHILL GUY DEL GIOVEDÌ SERA
Siamo nell’era di internet, dei meme, facciamocene una ragione. Le tendenze arrivano sotto forma di cane con le mani in tasca ed è tutto normale. “Just a chill guy” è l’ultimo meme virale, forse una piccola rivincita dei maschi eterobasici: mani in tasca, jeans e felpa comoda, lo sguardo sereno di chi non ha nessunissimo problema.


Dai vostri smartphone il chill guy è passato rapidamente al calcio, perché lo sappiamo: i calciatori surfano lo spirito del tempo. Il primo è stato Huijsen, un esultanza con le mani in tasca e la posa del meme, poi in tanti l’hanno seguito. Segno ed esulto imitando il cane con le mani in tasca, il messaggio è chiaro: sono un ragazzo tranquillo. Ecco le tre migliori - o peggiori valutate voi - del giovedì sera.

Albian Hajdari - Lugano

Albian Hajdari, un fugace passaggio alla Juventus, un presente al centro della difesa del Lugano. È lui a segnare il gol vittoria contro il Legia Varsavia, finora imbattuto in Conference League e con zero gol subiti. Albian Hajdari: just a chill guy.

Sheraldo Becker e Take Kubo - Real Sociedad

Take Kubo con l’assist, Sheraldo Becker con il gol. Troppo facile per questi due chill guys come loro, due ragazzi nel chill, con le mani in tasca e la perenne voglia di indipendenza dalla Spagna.

Loum Tchaouna - Lazio

Tchaouna

Segno all’Ajax? Tutto normale per un ragazzo tranquillo come Loum Tchaouna. C’è poco da inventare in questa esultanza del chill guy, dopotutto è proprio quello il senso, ma il giocatore della Lazio riesce a metterci una sfumatura in più, la corsa verso la bandierina, la posa statuaria, gli occhi che guardano un punto lontano nell’orizzonte. La Lazio che domina l’Europa.

L’HEIDENHEIM NON PENSAVA FOSSE UNA PARTITA DI CALCIO MA A TEDESCA E COSì HA PROVATO A SEGNARE AL BASAKSEHIR SENZA METTERE LA PALLA A TERRA

heidenheim 1
  • - 5 per il colpo di testa
  • - 10 per l’assist in rovesciata
  • - 10 per il tiro in rovesciata

Se solo fosse entrata.

ALCUNI CALCIATORI DEL GIOVEDì SERA CHE MERITANO LA GALERA PIù DI LUIGI MANGIONE

THALISSON - OLIMPIA LUBIANA

Thalisson è entrato all’inizio del secondo tempo ed è riuscito a farsi espellere senza nemmeno toccare il pallone per questa gomitatina al suo avversario chissà uscita da dove.

MAKSIM TALOVJEROV - LASK

Avete mai visto un difensore più scarso di questo? Bo.

TAISON - PAOK

Non ci si crede che stia ancora in giro dai.

MATHEUS - BRAGA

Quest’uomo qua che fa il panico il giovedì da quando eravamo ragazzi. L’Ederson del giovedì sera.

ALCUNI FILM SI POTREBBERO RI-GIRARE NEL PAESAGGIO CHE SI VEDE DAL CAMPO DEL VIKINGUR

Sacrificio - Andreij Tarkovski

Satantango - Bela Tarr

Trainspotting - Danny Boyle

FATE SPAZIO A JOHNNY KENNY
Sligo è una città del nord dell’Irlanda, dove l’isola si ferma per fare spazio all’oceano, famosa per le ostriche. Sligo, dice Wikipedia, è infatti l'anglicizzazione dell’irlandese Sligeach, che significa per l’appunto “posto pieno di ostriche”. Il calcio, come potrete immaginare, non ha invece un posto d’onore. Lo Sligo Rovers, di proprietà di una cooperativa di cittadini di Sligo, ha avuto più bassi che alti (principalmente tre campionati irlandesi, l’ultimo vinto nel 2012) e le sue partite, giocate allo Showgrounds, vengono viste da circa tremila persone. Il suo pantheon è composto da nomi che sanno di provincia britannica: Johnny Armstrong, Padraig Moran, Paul McGee, Brendan Bradley. Tra questi, chissà esattamente dove, c’è anche quello di Johnny Kenny, rinominato Senior dopo la nascita del Johnny Kenny di cui vuole parlare questo verboso contributo, ieri diventato capocannoniere della Conference League a pari merito con Christopher Nkunku e Amifico Pululu grazie a una doppietta al Borac Banja Luka. Non vi stupirà sapere, quindi, che la carriera di questo Johnny Kenny è iniziata proprio allo Sligo Rovers, che molti anni prima permise già a Johnny Kenny Senior di segnare in una partita europea.

Per arrivare da Sligo a farsi notare dal Celtic, che lo ha acquistato nel 2022 per 140mila sterline, evidentemente qualcosa era chiaro fin dall’inizio. Prima di arrivare alla partita di ieri, in cui ha raggiunto una confidenza tecnica tale da segnare il suo secondo gol superando il portiere in uscita con uno scavetto, ci sono voluti un paio di prestiti, prima al Queen’s Park Rangers (12 presenze, 0 gol), poi, per l’appunto, allo Shamrock Rovers. Nella squadra irlandese tutto si è sbloccato quest’anno. Prima 13 gol in 29 partite di campionato, che in Irlanda si gioca tra febbraio e novembre; poi 7 gol in 8 partite europee, tra playoff di Champions League e le gare di Conference. Dopo ieri, a quanto pare, il Celtic si è convinto a riportarlo alla base per dargli una chance già a gennaio, e anche dalle dichiarazioni del suo allenatore allo Shamrock, Stephen Bradley, sembra che la via ormai sia segnata: «Vada come vada: dobbiamo solo goderci quello che sta facendo quest'anno, è un piacere vederlo giocare». Bradley ha detto di essere convinto che Kenny possa diventare un «top player» ed effettivamente la completezza del suo bagaglio tecnico nell’ultimo quarto di campo sembrano suggerire potenzialità ancora inespresse. Qualcuno a Glasgow lo ha paragonato a Henrik Larsson, ma immagino che il giovedì non avremo più modo di scoprirlo per un po’. Ultima fermata: giovedì 19 dicembre, a Stamford Bridge, per mettere la testa davanti a Nkunku prima di sparire per il resto della stagione.

«No free boots in this industry»: frase di Johnny Kenny alla fine di questa intervista che utilizzerei come promo per sponsorizzare la sua sfida con Nkunku, pagato 60 milioni di euro dal Chelsea.

MISTICA ABDULHAMID
Fino a ieri, i tifosi della Roma avevano colmato la mancanza di informazioni sul suo conto con l’ironia, il sarcasmo, l’esagerazione. Si sapeva che era arrivato dall’Arabia Saudita, probabilmente su consiglio di Roberto Mancini, che aveva un sorriso contagioso e che non esisteva foto in cui non sembrasse sul punto di scoppiare a ridere, e questo è bastato ai romanisti per trasformarlo in meme, senza praticamente averlo mai visto in campo. Alla fine di settembre, contro l’Athletic, al suo ingresso in campo la Curva Sud era esplosa in un boato. “Tanto entusiasmo per il debutto di Saud”, aveva scritto il Corriere dello Sport, evidentemente ignaro del gusto che ha Roma per le cialtronate.

Ieri quindi è successo questo miracolo: l’immagine parodica di Saud - Saud IL CALCIO Abdulhamid, come scrive qualche utente su X - ha iniziato a combaciare con la realtà, dove la Roma ha asfaltato il Braga anche grazie a una prestazione sontuosa del suo terzino destro, diventato il primo giocatore saudita della storia a segnare in una coppa europea. Claudio Ranieri, dopo la partita, ha dichiarato che «in allenamento è una freccia», ed effettivamente in campo la sua velocità è stata impressionante. I giocatori del Braga non riuscivano come contenerlo, il portiere Matheus è stato costretto a un fallo di mano fuori area da rosso per fermare una sua corsa in campo aperto, e sul suo gol Soulé sembra fermarsi un attimo prima di essere investito. Su X circola un’immagine fatta con l’intelligenza artificiale che ritrae l’allenatore giallorosso con la kefiah in testa, intento a cucinare qualcosa su un braciere in mezzo al deserto. Sono ancora i meme a dirci che l’exploit di Abdulhamid non si può spiegare razionalmente, ma solo con le arti magiche, con la mistica orientale.

Ieri, sugli spalti dell’Olimpico, c’era un bambino che indossava una maglietta della Roma originale con scritto: Saud. Un padre, quindi, ha pensato di comprare questa maglietta a suo figlio PRIMA che Abdulhamid segnasse il suo primo gol in Europa e si rivelasse per un buon terzino, o per lo meno un terzino su cui contare. Se non è una profezia autoavverante questa, di sicuro lo è in Europa League.

COSE CHE SUCCEDONO SOLO IL GIOVEDÌ
Sta finendo il 2024, lo stato sociale, l’acqua dolce, le foreste tropicali, la mia pazienza, ma purtroppo non questa sottorubrica.

La Conference League, ma trovatevi un partner che vi guarda come questo tifoso guarda Filip Đuričić

L’Europa League, ma ti fai male alla schiena provandoti ad appendere alla traversa, poi ti radicalizzi e uccidi un CEO di un’assicurazione medica e noi siamo costretti a fare i meme su Bajrami vendicatore del popolo.

bajirami

La Conference League, ma l’ho visto io e dovete vederlo anche voi

sputo

Se non ci si vede prima di Natale, succede oh, mica possiamo sempre stare qui a fare sta pagliacciata.

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