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Il bello del giovedì sera vol. 12
21 apr 2023
Tutto il meglio da due competizioni colorate di bianco, rosso e verde.
(articolo)
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Conosci la tua squadra del giovedì sera: Bayer Leverkusen

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Nel discorso critico che ruota attorno alle squadre dell’universo Red Bull ci si dimentica che è dagli albori del calcio che le squadre vengono create dalle aziende. Tra fine ‘800 e inizio ‘900 le fabbriche creavano le proprie squadre di dipendenti, e siccome intorno alla fabbrica - nell’era industriale - si strutturava la vita della città. Allora la squadra della fabbrica diventava la squadra della città. Certo, non voglio giustificare eticamente l’operazione Red Bull, che è differente: una colonizzazione di una squadra pre-esistente, con i suoi tifosi espropriati di colori e identità.

Con i cambiamenti storici ed economici spesso la presenza industriale nel club può dissolversi, e quando resta può dar vita a uno strano residuato.

Leverkusen non era nemmeno una vera città, più una serie di campi di grano conosciuto col nome di Wiesdorf. Lì il chimico Carl Leverkus decide di costruire la sua fabbrica di coloranti. È il 1860 e nasce la città di Leverkusen. Fatta la città, manca la squadra. Wilhelm Hauschild manda una lettera al proprio datore di lavoro, è firmata da 170 dipendenti e richiede il finanziamento per la fondazione di una società sportiva. È il 1904 e tre anni dopo verrà formata la società calcistica. Il Bayer passa praticamente un secolo nelle serie inferiori ed è solo negli anni ’80 che si affaccia alla prima divisione tedesca, nella neonata Bundesliga. Prova a fare le cose in grande assumendo anno dei grandi profeti del calcio totale, Rinus Michels, ma le cose non vanno come sperato. Il primo lampo di gloria arriva nel 1988, con la vittoria della Coppa UEFA in finale contro l’Espanyol. Si giocava ancora il doppio confronto, ed è stato particolarmente folle: sconfitta 0-3 all’andata, vittoria 3-0 al ritorno, calci di rigore, vittoria del Leverkusen dopo un rigore di Losada calciato praticamente fuori dallo stadio. La squadra era in divisa bianca, una poco elegante croce “Bayer” sulla pancia.

Il picco storico del Leverkusen doveva però ancora arrivare, e prenderà le sembianze vampiresche dell’incantatore bulgaro Dimitar Berbatov, della belva Lucio, dell’elegante Michael Ballack (23 gol stagionali da centrocampista). La squadra a fine aprile aveva 5 punti di vantaggio sulla seconda, era in finale di Coppa di Germania e in finale di Champions League. Una squadra che non ha mai vinto la Bundesliga, che non ha mai vinto niente a dire il vero, a un passo dal treble, dal triplete. Tutti ripetono questa cosa, che è incredibile che il Leverkusen sia lì. E quando arrivano le prime avvisaglie del crollo quella cosa viene ripetuta così spesso che comincia a succedere.

Il primo scricchiolio, che poi è quando ha cominciato a crollare la casa, è la sconfitta contro il Werder Brema, alla trentaduesima giornata. Se proprio vogliamo trovare il momento esatto del crollo è stato il pallonetto immaginifico di Krisztián Lisztes, il cruyff ungherese. Lisztes, col suo nome da compositore romantico, scava il pallone, che però assume una traiettoria tesa che finisce sotto l’incrocio dei pali. Ze Roberto aveva pareggiato e Ballack guadagnato un rigore. Sul dischetto si presenta Hans Jorg Butt - perché il Leverkusen era quel tipo di squadra stravagante che faceva calciare i rigori al proprio portiere. Rost para, Butt deve farsi mesto tutto il campo con la testa bassa. Il gol del 2-1, a quel punto telefonato, lo segna un sodissimo Ailton.

Il Leverkusen perde la Coppa di Germania in finale contro lo Schalke 04, poi perde la Champions League in finale contro il Real Madrid, nella partita che rimarrà cristallizzata nella piroetta di Zidane; e infine perderà anche il campionato, rimontato dal Borussia Dortmund per un punto. È uno dei cinque secondi posti del Leverkusen in Bundesliga (4 negli ultimi 6 anni): nessuna squadra ne ha accumulati così tanti senza mai vincere. Il Leverkusen si guadagna così l’appellativo, misero, di “Neverkusen”. Il suo equivalente tedesco è Vizekusen, che la Bayer decide di registrare come marchio, dando quindi una svolta ironica a questa maledizione. L’espressione diventa di uso comune, per parlare delle squadre che arrivano vicino a un trofeo senza vincerlo - forse la ricetta migliore per impazzire nel calcio.

Che giocatore dell’Union Saint-Gilloise sei

Koki Machida

Al mercato dell’antiquariato di Medicina non c’è mai niente di buono. Dovresti sviluppare una competenza molto specifica, per provare a scucire un affare ai banchisti. Non è questo il caso: loro sono, in genere, molto più preparati e furbi di te. Se c’è qualcosa di buono, si paga caro. Questo lo sai, e quindi sai anche che questo dipinto da quattro soldi (25 euro) che ti sei accattato oggi non vale davvero niente. Un’opera, appunto, d’accatto. “Una crosta”. Era una scena domestica, una donna cuce a macchina, tutto intorno una luce oscura che si intiepidiva attorno al suo lavoro. Lo hai comprato per una stupida ragione sentimentale. Ti ricorda quei pomeriggi in cui eri a casa a studiare giurisprudenza e tua madre lavorava a macchina. Lo faceva per passione, visto che il lavoro da sarta lo aveva abbandonato quando eri nato tu, per fare la casalinga. Lo faceva per hobby, ma lo faceva con una dedizione minuziosa, che ti affascinava. Volevi avere la dedizione da artigiana giapponese di tua madre, e quel dipinto di quella donna te la ricordava. Una donna forse nel ‘600, forse nel ‘700. Indossa una cuffia turchese e i suoi occhi si riescono a malapena a indovinare. È sola, ma sola di una solitudine cosmica. E la tristezza che ti mette non si può dire, è metafisica. Però c’è qualcosa che ti consola, che ti fa piangere di un pianto riconciliante.

Sono passati ormai dodici anni da quando ti sei liberato di quella “crosta”. La tenevi nel tuo studio appesa al muro di fronte alla tua scrivania e passavi così tanto tempo a osservarla che ti sentivi incatenato a lei. Non riuscivi a far niente, prendeva la tua concentrazione e la faceva volare dentro la finestra di questo dipinto (i quadri sono finestre). Lo hai dovuto adagiare di fianco al cassonetto. Vedi la notizia al tg regionale: un quadro trovato nella spazzatura venduto per 700 mila euro.

Teddy Teuma

Dove saresti, ora, se non avessi lasciato gli studi in medicina dopo un solo esame? Dove saresti, con una laurea vera, la prospettiva di un lavoro eticamente ed economicamente appagante? Forse tuo padre ti tratterebbe con più rispetto, forse Giorgia, la tua compagna, rispetterebbe di più la tua opinione. Non ti tratterebbe con addosso quel lieve sorriso di sufficienza. Forse avresti una macchina più decente, di quello scassone. Ogni tot di mesi devi portarlo dal meccanico che ti dice “te conviene rottama’”. Forse non avresti quella immancabile tachicardia serale, appena prima di addormentarti, quando ti risalgono in testa tutti i brutti pensieri. Passi un’ora o due (chi può dirlo) in uno stato indefinibile tra sonno e veglia. Forse avresti più libri, non ti limiteresti a prenderli in biblioteca e a restituirli sempre in ritardo. Forse avresti dei bicchieri migliori, rispetto a questi sgorbi dell’Ikea, delle stoviglie più raffinate, un profumo meno dozzinale, delle t-shirt meno anonime, delle vacanze più interessanti. Come si fa ad accettare questa vita, che è una sola?

I tifosi del Lech Poznan dominano ancora l’Europa

Se fate moltissima attenzione, e aguzzate bene la vista, vedrete persino una donna. No, non è vero.

Un po' di cose buone successe alle italiane ieri

  • Dybala ha fatto un gol calciando praticamente da seduto al 90esimo per mandare la Roma ai supplementari. È un gol molto simile a un altro che aveva segnato quando indossava la maglia della Juventus, fatto contro la Lazio, nella stessa porta, ancora più avanti nei minuti della partita.

  • Adrien Rabiot è diventato il miglior marcatore stagionale della Juventus segnando un gol in girata su mischia da calcio d'angolo. Un evento che sembra accadere in tutte le partite della Juventus.

  • La Fiorentina si era fatta recuperare tre gol dal Lech Poznan giocando la peggior partita della stagione, ma poi in suo soccorso è arrivato Riccardo Sottil, che ha segnato l'1 a 3 con un piattone al volo.

Ora gli toccano: Siviglia alla Juventus, e vabbè; Bayer Leverkusen alla Roma e Basilea alla Fiorentina. Avremo modo più avanti di approfondire.




Se non avete tempo per rivedervi tutta Feyenoord-Roma riguardatevi almeno questa azione di Matic

Questa:

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La Roma ha giocato una partita eccezionale persino per la Roma che gioca una partita europea in casa. E forse il più eccezionale di tutti è stato Nemanja Matic. Centoventi minuti di corse in avanti e di lato con quelle gambe lunghe e pesanti con cui però è arrivato quasi sempre primo sul pallone, vincendo contrasti con la sua sola presenza. Vincendo contrasti grazie al solo carisma, si direbbe.

Al settantesimo - la Roma era ancora 1-0, in campo c’era ancora Smalling - Hancko esce palla al piede da un duello con Pellegrini e prova a far ripartire Szymanski. La palla non è lunga ma Szymanski fa l’errore di sottovalutare la proiezione dell’ombra di Matic nel centrocampo, e la lascia scorrere. Matic allunga l’esterno e vince un primo contrasto.

A quel punto arriva Geertruida che, così, a occhio, sembra una novantina di chili di fibre rosse ed esplosività. Arriva anche primo sulla palla ma Matic allarga il piede come fosse un retino da pesca e tira su tutte le telline che ci sono da tirare sù. Gli sradica letteralmente il pallone dai piedi semplicemente correndogli addosso.

Terzo duello vinto: quello con Jahanbakhsh che in effetti è in ritardo, e allora Matic scivola con eleganza per passarla a El Shaarawy. L’Olimpico, ovviamente, va in fiamme. Se c’è un momento in cui i tifosi della Roma hanno capito che quella partita si sarebbe potuta vincere per semplice forza di volontà è stato questo. Matic, forse, chissà, avrebbe vinto anche da solo contro tutti i giocatori del Feyenoord.


Breve storia dei falli di Alan Czerwiński su Riccardo Sottil

Ieri la Fiorentina aveva bisogno di un eroe e quell’eroe è stato Riccardo Sottil. Il suo gol ha raddrizzato una giornata che poteva diventare tragica. Sottil è, ancora, quel giocatore fumoso e inconcludente che ricordavamo, ma nelle notti migliori sembra poterti promettere la luna. Ieri, oltre il gol, ha fatto sostituire il suo avversario diretto dopo 30 minuti. Alan Czerwiński, terzino con 1 presenza nella Nazionale polacca, semplicemente non poteva tenerlo con le buone. Allora è passato alle cattive. Ma è andata peggio: Czerwiński ha steso tre volte Sottil nel giro di sei minuti, tre falli tutti teoricamente punibili con un giallo. L'arbitro (che non ha arbitrato bene) ha punito solo il secondo, ma dopo il terzo, saggiamente, il suo allenatore lo ha sostituito.

Primo fallo

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Sottil riceve spalle alla porta e si gira con la rapidità di un ballerino di danza classica. Czerwiński si attacca al suo busto massiccio, come gli uomini una volta coi tram. Sottil riesce comunque a sfuggirgli all’interno e scappare via, ma l’arbitro Obrenović fischia. Non ha dato il vantaggio perché vuole ammonirlo? No, probabilmente perché gli sta antipatico Sottil (che, comunque, ha una bella faccia da schiaffi) (questo però non dovrebbe valere come giustificazione per gli arbitri) (neanche per il resto dell’umanità, a dire il vero).

Secondo fallo

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Qui bisogna stare attenti, perché viene facile pensare che il vero fallo sia quello su Jovic sulla rimessa laterale. L’arbitro questa volta dà il vantaggio sul primo fallo però. Barak allora può ricevere e a palla scoperta lanciare Sottil nello spazio. L’ala della Fiorentina è più lesta di Czerwiński e gli scappa come l’acqua di una fontanella tra le mani. Czerwiński allora fa quello che fanno i terzini buggerati, si attacca a Sottil come se fosse l’assegno con gli straordinari d’aprile. In questo caso l’arbitro non può fare altro che ammonire, anche perché sono passati neanche tre minuti dal fallo precedente.

Terzo fallo

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Passano tre minuti e Czerwiński ci ricasca. La sua attrazione verso Sottil ormai è ai limiti del morboso. Siamo a centrocampo e Sottil gli è sfuggito di nuovo, questa volta una traccia interna. Il terzino del Lech potrebbe lasciarlo andare, accettare che tocca ai compagni, ma no: gli si avvinghia al braccio, gli vuole stare “vicino vicino”. Sottil capisce che può essere il suo momento, rallenta, si fa tamponare, gesto universale per far ammonire il rivale. L’arbitro, però, è di altro avviso. Sottil impazzisce, vuole vedere il giallo sventolare, che vorrebbe dire rosso, ma niente. Van den Brom, l’allenatore del Lech, ha già mandato a scaldare Joel Vieira Pereira.




Marcus Edwards dribbla tutti

L’Europa League serve anche per scoprire giocatori che, a breve, non saranno più da Europa League. Lo Sporting è caduto, contro una Juventus troppo cinica e compatta per soccombere, ma è riuscito a mettere in mostra il talento che ha in casa. Pedro Goncalves certo, ma anche Ugarte, Morita e Ignacio. Su tutti però la scena se l’è presa Marcus Edwards, molto oltre il gol segnato su rigore.

Inglese, prodotto dell’accademia del Tottenham, finito allo Sporting chissà come, ieri gli sono riusciti 11 dribbling riusciti su 14 tentati, record per questa Europa League. Basti pensare che in totale allo Sporting ne sono riusciti 16 (quindi appena 5 non suoi) e alla Juventus 12. Dribblare per 11 volte i difensori della Juventus, si può dire, è un’impresa abbastanza eccezionale. Alex Sandro, probabilmente, se lo sarà sognato ieri notte.

https://twitter.com/TrustChalobah/status/1649248421688102916

La sua grande prestazione, però, non è bastata. Un po’ per l’imprecisione dei suoi compagni, un po’ per la grande capacità della Juventus di difendere l’area di rigore. Tutte le sue azioni, infatti, hanno finito per sbattere contro un muro. Per Edwards, comunque, è stato un trampolino di lancio: se alla vostra squadra serve un dribblatore seriale, mandate questo contributo al vostro Direttore Sportivo.


Tornano le inchieste dell’Europa League, questa volta su una cosa che forse bastava chiedere a una persona che conosce i colori

Tornano le inchieste dell’Europa League, questa volta su quello stereotipo di genere per cui i maschi non sanno distinguere i colori, o almeno le loro sfumature. Ora, io sono un maschio, voi facilmente siete dei maschi, ma anche se non lo foste: sapreste nominare questo colore?

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Possiamo dire, con abbastanza certezza, che qualunque colore sia, non è il colore naturale dei capelli di Hidemasa Morita, che invece come si vede sulla sua pagina Wikipedia è mezzo nero (per quanto mi riguarda è difficile trovare un corrispettivo anche dei colori normali). Nella sua pagina c’è anche scritto che ha segnato il primo gol in Nazionale in una vittoria per 14-0 con la Mongolia. Avete mai visto una partita finita 14 a 0? Comunque, non divaghiamo.

Quella foto è del 2017, ma già nel 2019 i capelli tendono verso una sfumatura ramata. Nel 2020, mentre è ancora un calciatore del Kawasaki Frontale, prendono un colore molto simile a quello attuale. Si può dedurre allora che sia una scelta fatta quando era ancora in Giappone. Morita non è né il primo né l'ultimo caso di calciatore giapponese a tingersi i capelli di un colore particolare, cosa vuol dire questo? Su Quora - ottimo strumento per queste inchieste strampalate - un utente si è chiesto Perché i delinquenti delle scuole superiori negli anime spesso si tingono i capelli di biondo? La risposta è molto elaborata, ma purtroppo è di quelle risposte quantomeno qualunquiste, ovvero che si tingono per somigliare agli occidentali. Tuttavia, a mia memoria, nessun occidentale ha i capelli di quel colore.

Più interessante questo video, in cui si sostiene che gli anziani giapponesi si tingono di fucsia, perché hanno stile o questo articolo sul Chapatsu che - in maniera letterale - vuol dire “capelli tè”, una forma di ribellione nata tra i giovani giapponesi negli anni ‘90 che consisteva nel tingersi o decolorarsi i capelli, dopo che questo stile era stato vietato nelle scuole. Col tempo il Chapatsu perse la sua carica anti-sistema per diventare solo una moda. Insomma, si può dire che quella di Morita sia una scelta di moda, e - se conoscete la storia di Nakata - sapete che moda e calciatori giapponesi vanno a braccetto.

Sì, ma che colore è? Chapatsu dicevamo sta per colore del tè. E se fosse proprio quello il colore? Color tè, mi pare, sia una discreta definizione dei capelli di Morita. Certo, i tè sono milioni. Che tè sono i capelli di Morita? Diciamo questo tè. Dovessi dargli un nome, e qui torniamo da capo a dodici perché il problema era proprio quello, sarebbe castano tè nero in cui qualcuno ha messo troppo limone. Comunque, a parte questa cosa, Morita è sembrato proprio un bel giocatore.




Organizza la tua trasferta: Basilea

Fare una trasferta in Svizzera vuol dire principalmente una cosa: spendere un sacco di soldi. Quando si va a tifare, però, i soldi non vogliono dire nulla, c'entra solo il cuore e la paura di prendere una scoppola, fisica e sportiva. In questo caso vuol dire però conoscere anche un Paese spesso bistrattato, che però ha dato tante cose alla nostra storia, non tutte positive certo, ma aggiungeteci anche Roger Federer (grande tifoso, magari lo beccate allo stadio).

Come arrivare: aereo

Siete in semifinale di Conference League: sti cazzi dell’ambiente (scherzo). C’è però questa cosa curiosa per cui l’aeroporto di Basilea (Svizzera) è anche l’aeroporto di Mulhouse (Francia) e Friburgo (Germania). Insomma, una dimostrazione a forma di architettura scadente e caffè troppo costoso che la storia della Mitteleuropa è parecchio incasinata. Occhio a quando arrivate perché una delle uscite, la vostra, è in Svizzera, mentre l’altra è in Francia.

Cosa vedere: un mini-museo

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Questo è per dire a vostra madre che siete stati in un museo, senza però la rottura di scatole di andarci veramente. Questo perché l’Hoosesagg Museum (che vuol dire circa museo tascabile) è piuttosto una finestra, anzi due finestre o - forse è più corretto dire - due vetrine in Imbergässlein 31. Si vanta di essere il museo più piccolo del mondo, ma onestamente mi pare una specie di trucco contabile, piuttosto la definizione è "negozio dove la merce non è in vendita". Tuttavia, se ci pensate, non è questa una definizione valida anche per un museo? Insomma, questo non è un corso per curatori d'arte, l'importante è avere qualcosa da dire a vostra madre. Se invece vi interessano davvero i musei, dovreste sapere che Basilea è una città incredibilmente ricca di arte, con alcuni dei migliori musei al mondo.

Un mezzo di trasporto: il nuoto

Il vero re di Basilea, più di Federer, è il Reno. Fiume magico che impreziosisce il centro storico. Perché non farci un tuffo? Ora, io sono abituato a Roma, per cui non è che proprio mi sembra una buona idea questa, ma è una di quelle attività che fanno i veri basilesi. Ci sono due piccoli stabilimenti balneari, detti Badhysli, da dove potete tuffarvi e muovervi lungo il centro storico. Come supporto potete usare delle sacche a forma di pesce, chiamate Wickelfisch, che potete anche usare per tenere all’asciutto i vostri vestiti. Io, personalmente, continuo a non fidarmi, ma dai video sembra una delle cose più rilassanti del mondo.

Un dolce: Mässmogge

Questi non potete farli a casa, a meno che non facciate parte della famiglia Ambrosoli o Sperlari o quelli che fanno quelle gelatine zuccherosissime. I Mässmogge sono caramelle lunghe come un pollice e striate con due colori. Il colore identifica il sapore del guscio: giallo per limone, rosa per lampone e così via. All’interno, invece, sono ripieni di una pasta alle nocciole di color marrone, come ogni pasta alle nocciole che si rispetti. Perché dovrei mangiare una cosa che è nocciola + frutta? Perché è di Basilea, ovvio. Se pensate che in Svizzera, di dolce, dovreste mangiare la cioccolata, forse avete ragione, ma questo spazio è fatto per cose strane no? Siamo capaci tutti di comprare una tavoletta di cioccolato in Svizzera.

Occhio però: esistono anche i Glasmögge, che al contrario dei Mässmögge sono fatti di una pasta di caramella aromatizzata e colorata. Questi sono “duri come sassi e trasparenti”, praticamente un attentato al vostro rapporto con i dentisti. Se vi succede qualcosa, in ogni caso, non andate da un dentista a Basilea: non potete davvero permettervelo. Al contrario i Mässmögge si possono mordere facilmente.


I tifosi del Basilea si sono fermati a Sanremo

https://twitter.com/TunnelPodcast/status/1649094286577745931

Con già i biglietti in tasca e la voglia di tifare, i tifosi del Basilea si sono visti chiudere le porte di Nizza in faccia. Visti gli scontri avuti in precedenza col Marsiglia e una certa maretta con quelli del Nizza, il sindaco della città francese gli ha impedito la trasferta all'ultimo. Loro, allora, si sono fermati a Sanremo, Italia, ma distante solo 55 chilometri dallo stadio in cui si sarebbe giocato. Questo tipo di vicinanza ha un senso? Il Basilea, in ogni caso, ha vinto nei supplementari, con una rimonta storica. Dopo il gol vittoria hanno anche mostrato una maglia dedicata ai tifosi (col numero 12, ovviamente). Loro, intanto, a Sanremo hanno fatto festa, reso la città dei fiori il centro del mondo oltre la settimana del festival. Almeno, il loro mondo. Dopo la festa hanno pulito tutto e sono rientrati a casa: Firenze li aspetta.




Non è stata una grande serata per Harry Maguire e David de Gea

Lo United ha subito la mistica del Siviglia in Europa League e l’ha fatto nel modo peggiore: suicidandosi. Cosa dire di un doppio confronto in cui su 5 gol subiti 2 sono autogol e 2 sono terribili errori dei suoi giocatori? Ieri sul primo gol a rimpallarsi le colpe sono stati Harry Maguire, già storico meme, e David de Gea, le cui prestazioni oscillano come se fosse su un ottovolante: un giorno sembra il portiere più forte del mondo, l’altro una sciagura.

Ma cosa è successo? Al settimo minuto de Gea riceve da Maguire un passaggio all’indietro. Il difensore poi si mette in mostra, al centro, e col braccio sembra chiamare il passaggio del portiere (sembra, perché è materia di dibattito).

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De Gea esegue, ma - intanto - i tre giocatori del Siviglia hanno stretto il loro pressing sul difensore. Maguire non ha il talento per uscire da quella posizione e messo alle strette prova uno sciagurato passaggio di prima, che però viene intercettato da Lamela e diventa un assist per En-Nesyri che porta in vantaggio gli spagnoli.

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Mentre lo stadio erutta di gioia, sullo sfondo, si può vedere Maguire prendersela con de Gea e de Gea prendersela con Maguire. Su internet ancora si discute su chi sia il più colpevole: il portiere per il passaggio avventato o il difensore per non aver trovato un modo di uscire dalla pressione? Qualcuno ha fatto notare come, in situazioni simili, Lisandro Martinez se l’era cavata egregiamente. Ma, è scontato dirlo, Maguire non è l’argentino e metterlo in quelle situazioni non è il massimo. Certo, lui il pallone l’ha chiamato (l'ha chiamato).

Più avanti Maguire farà il gesto universale del “parli troppo” al suo portiere e - se anche il mondo non ha deciso le responsabilità - non sembrano averlo fatto loro due. Non proprio la migliore delle serate per il Manchester United.

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Il gol più Europa League

Virilità: 1

Assurdità: 4

Anti-epicità: 8

Paura della morte: 10

Cosa c’è di più Europa League del Siviglia? Niente, neanche l’Europa League stessa mi viene da pensare. Allora come non infilare questo gol in questa cornice, ricordarci che non si può scappare al proprio destino, neanche quando si è il portiere del Manchester United, una delle più grandi squadre al mondo. L’Europa League è democratica, come la morte e quel senso di vuoto che ti colpisce la domenica sera. Potete anche pensare che sia colpa di de Gea, che dopo un gol preso così dovrebbe andarsi a sotterrare, ma la realtà è che era del tutto inevitabile. È inutile combattere le forze dell’Europa League, de Gea l’ha capito. Basti pensare che a Siviglia, qualche anno fa, aveva giocato una delle migliori partite della carriera, ma quella era la Champions League. In Europa League, invece, è meglio seguire la marea, il flusso bianco del Siviglia, lasciarsi dolcemente cullare verso il proprio destino. I gol Europa League sono come un sogno onirico, una scena in un film di David Lynch. Non devi davvero capirli, devi solo accettarli. Se lo fai, la tua vita sarà migliore.




I rigori di Az Alkmaar-Anderlecht, raccontati da i tifosi

Niente è come i calci di rigore, se non è coinvolta la vostra squadra del cuore. Lo stesso non si può dire di chi ieri era all’AFAS Stadion per Az Alkmaar-Anderlecht, finita alla lotteria. Ecco come i presenti hanno vissuto quei momenti drammatici, quando piuttosto che essere lì vorresti non aver mai sentito la parola calcio in vita tua.

Il gol di Clasie

Il primo tiro tocca allo Xavi olandese, Clasie. Leggenda vivente dell’AZ, non poteva essere lui a sbagliare e rovinare l’amore per il calcio di questo piccolo tifoso.

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La parata su Vertonghen

Cosa vuol dire essersi fatto una trasferta (non lontanissima ma vabbè) che prometteva di essere mitica e invece essere presi a pallate per 120 minuti? L’Anderlecht si era presentato in Olanda con due gol di vantaggio, ma non è bastato. Questi tifosi, poi, hanno dovuto vedere pure Vertonghen(145 presenze con il Belgio) farsi parare il rigore da un australiano.

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Il Gol Sugawara

Rigore perfetto, centrale al millimetro. 2 a 0 celebrato dall’esultanza di questo tifoso, che come se fossimo all’opera applaude Sugawara con il giusto garbo.

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Il Gol di Kano

Era tanto che non vedevo un rigore cool come quello segnato da Kano, cosa che però non ha fatto questo tifoso dell’Anderlecht. Normalizziamo l’atto di non vedere i rigori: abbiamo un cuore solo.

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Il Gol di Reijnders

Quando la tua squadra segna i primi tre rigori, senti che allora ce la possiamo fare. L’esultanza diventa più sciolta, l’urlo più liberatorio. La faccia, più o meno, come quella di questo ragazzo.

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La Parata di Mat Ryan su Killian Sardella

Mathew Ryan - la pancetta da chi una birretta se la fa, il taglio da 15 euro - si è presentato all’appuntamento col destino con due borracce in mano e un telo da mare. A volte però gli eroi non portano il mantello, ma - appunto - dei teli da mare. Parando il rigore di Killian Sardella (sì, ha origini italiane) ha spianato la strada all’AZ. Giusto allora celebralo con una bandiera.

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Il Gol di Mexx Meerdink

Mexx Meerdink non trema (e come potrebbe) e segnando il suo rigore porta l’AZ in una semifinale europea a distanza di 43 anni. Dopo scoppia la festa. L'immagine perfetta è di un invasore temerario che riesce a infilarsi nell'abbraccio collettivo dei giocatori. Un immagine vista in diretta ma che non ho ritrovato da nessuna parte. Forse è stata la mia immaginazione, perché è un tipo di esperienza che vorrei fare prima o poi. In ogni caso i festeggiamenti sono stati belli, di quel bello del tifo identitario e minore, dove calciatori e pubblico finiscono per mischiarsi come se fossero lo stesso lato della medaglia.




Un'esultanza molto cool di Declan Rice

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Il West Ham in Conference League non ci piace molto. Ne avevamo cantato le gesta l'anno scorso in Europa League, ma qui sembra stonare. Ieri hanno segnato un titolare del Brasile e uno dell'Inghilterra. I suoi giocatori sembrano fatti di una materia diversa degli avversari. Non importa se stanno avendo una pessima stagione, è un fatto di estetica. Questa esultanza di Declan Rice, però è davvero bella, sembra quasi creata da qualcuno alla Pixar.


Cose che succedono solo il giovedì sera

Ormai questa rubrica è più bollita del vostro bollito, se voi foste un cuoco in un ristorante che fa solo bollito. Non mi ricordo neanche il vero titolo, ma non ho voglia di controllare. Detto questo, ecco altre cose successe ieri sera.

L'Europa League ma Mancini non ha capito quando bisogna saltare

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L’Europa League ma a Gatti gli hanno insegnato sta mossa con il piede che se con la punta ti colpisce il pomo d’Adamo ti addormenti per mezz’ora

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La Conference League ma c’è qualcosa dentro la rete che tutti vogliono, tipo l’anello del potere o una di queste scemenze fantasy (scherzo, viva il genere)

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Ci rivediamo tra due venerdì, che è curioso per una rubrica che contiene la parola giovedì nel nome.




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