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Il bello dell'Europa League 2018 vol. 5
24 nov 2017
24 nov 2017
I momenti più molesti dal quinto turno dell'unica vera coppa europea.
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Everton - Atalanta 1 a 5 :o

Prima di questa partita va subito detto che l’Atalanta era in una buona situazione di classifica, gli sarebbe bastato il pareggio per assicurarsi il passaggio del turno, mentre l’Everton - a un punto solo dopo 4 partite - era già eliminato. Nessuna delle due squadre sta però attraversando il suo miglior momento di forma. L’Atalanta, come spesso quest’anno, cercava dall’Europa League le risposte che stanno arrivando meno in campionato, dove la situazione di classifica comincia ad essere non entusiasmante. L’Everton invece sta passando il suo peggior momento della stagione dall’inizio della stagione: quando le cose sembrano quanto meno non poter andare peggio, trovano comunque il modo per riuscirci. Da quanto Unsworth ha preso il posto di Ronald Koeman in panchina, l’Everton ha vinto una sola volta in cinque partite.

Se non vi basta come suona il semplice “Everton-Atalanta 1 a 5” ecco qualche altra statistica.
Prima di ieri, le squadre italiane avevano affrontato l’Everton in trasferta tre volte e nessuna di loro era mai riuscita a vincere.
Prima di ieri, l’Atalanta non aveva mai segnato più di un gol in una trasferta europea.
L’Atalanta è la prima squadra italiana della storia ad aver segnato 5 gol sul campo di una squadra inglese.

In realtà la partita è rimasta su un punteggio equilibrato, di 2 a 1 per l’Atalanta, fino a 5 minuti dalla fine, quando Gosens ha messo in rete una respinta dal calcio d’angolo con un giro di collo esterno sinistro, palo-gol. Quel tipo di palle che entra solo quando è proprio la tua serata. Dopo il 3-1 l’opposizione dell’Everton si è ridotta a un leggermente sovrappeso Ashley Williams lasciato solo a contrastare giocatori neroazzurri che arrivavano da ogni parte. Dall’87’ al fischio finale l’Atalanta ha avuto almeno 5 occasioni pulite per segnare, e ci è riuscita due volte con Cornelius (che si sta specializzando nel segnare i classici gol del 3 a 0 o del 5 a 1).

È stato comunque un caso che la partita è rimasta in bilico fino a quel punto. L’Everton è forse la squadra europea ad aver cambiato più moduli dall’inizio della stagione (insieme al Milan) e anche ieri sera è apparsa in grande confusione. Il 4-2-3-1 dell’Everton, come da inizio stagione, è apparso spezzato in due. Uno dei pochi modi che la squadra di Unsworth aveva di risalire il campo era cercare la linea di passaggio di Rooney, bravo a muoversi per disordinare le marcature a uomo dell’Atalanta, muovendone la struttura. Ma sono stati momenti sporadici.

Nonostante la partita dell’andata, finita 3 a 0 per gli “orobici”, l’Everton non ha imparato dai propri errori e non ha preso nessuna contromisura per le peculiarità tattiche dell’Atalanta. La squadra di Gasperini prendeva il proprio vantaggio tattico sin dalla prima costruzione. L’Everton mandava Rooney e Sandro a marcare in inferiorità numerica i tre centrali dell’Atalanta, mentre gli altri due treqquartisti, Klaassen e Mirallas, si mettevano su Hateboer e Castagne. I centrali dell’Atalanta sono sempre bravi e sicuri con la palla tra i piedi, e non si sono fatti pregare per sfruttare la superiorità numerica. Bastava un minimo giro palla e una piccola conduzione per mettere uno dei due attaccanti in mezzo e far saltar il pressing inglese, anche perché sui lati Mirallas e Klaassen erano spesso in ritardo nelle scalate.



Il primo gol dell’Atalanta è abbastanza paradigmatico. È bastata una breve conduzione di De Roon palla al piede per disinnescare il meccanismo difensivo dell’Everton. Una volta sfruttata la superiorità numerica in zona arretrata e porta palla sulla destra, creando il solito triangolo laterale con il trequartista (Cristante) e l’esterno (Castagne). Klaassen è attirato dal pallone e scopre il corridoio per Castagne, servito dal passaggio di prima di Cristante. Il laterale belga brucia in progressione Klaassen - la scelta di schierare l’olandese in quel ruolo è inconcepibile - e sul fondo restituisce la palla a Cristante.



Nel secondo tempo Unsworth ha messo l’Everton su una specie di 4-3-1-2, con Rooney alle spalle di Mirallas e Sandro. Così da mettere anche più a loro agio Davies e Klaassen, che si sono messi mezzali. A quel punto però l’Everton ha perso ulteriore compattezza e ha cominciato a difendere molto peggio il centro. A 2 minuti dall’inizio della ripresa Baningime (classe 98, come Davies) si è alzato su De Roon, che ha cercato la sponda di Petagna, a quel punto Cristante si è infilato alle spalle di Davies, in un corridoio centrale apertissimo ed è andato uno contro contro il povero Ashley Williams, che ha commesso poi il fallo da rigore.



Cristante è stato schierato da trequartista destro, una posizione dove quest’anno Gasperini schiera Ilicic, un altro centro di gioco, in grado di bilanciare il peso della creazione offensiva di Gomez dalla parte opposta. Lo scorso anno però Gasperini amava sbilanciare la costruzione a sinistra proprio sul “Papu”, preferendo schierare a destra un giocatore come Kurtic, fisico e bravo negli inserimenti senza palla. È proprio con questa idea che Gasperini ha schierato Cristante, che ha giocato una partita di altissimo livello. Ha segnato 2 gol, servito 2 passaggi chiave ed è stato tatticamente ingestibile per l’Everton.

A fine partita Rooneynon aveva parole: «Ye, i think… No, i think… i just said…». Unsworth inveceha dichiarato che aveva chiesto ai suoi ragazzi di rendergli difficile la decisione di metterli in panchina domenica, «Ma la maggior parte di loro me l’ha resa molto semplice». Come per addossare le colpe ai giocatori - molti dei quali giovani, peraltro - di una partita preparata male: l’Everton ha soprattutto dimostrato quanto sia pericoloso affrontare l’Atalanta con un piano tattico “naif”. Fino a qualche anno fa le squadre inglesi mettevano in difficoltà le italiane spesso sfruttando la differente intensità che siamo abituati a esprimere in partita, ma a livello agonistico l’Atalanta può giocare alla pari con chiunque e a quel punto la sua superiorità tattica è bastata a scavare una differenza di quattro gol.

André Silva attaccante di coppa?

Ieri sera a San Siro c’era Kakà. Dopo la partita il brasiliano, tra le altre cose, ha detto: «André Silva mi piace tantissimo, stasera ha fatto questi gol. È un giocatore molto bravo, ha un gran futuro. Avrebbe potuto far parte anche del Milan dei nostri tempi», una dichiarazione a metà tra la buona educazione ed una genuina ammirazione per il portoghese. I numeri di André Silva fin qui sono ambigui: in serie A ha segnato 0 gol in 367 minuti giocati, mentre in Europa League il discorso cambia: ben 8 gol in 627 minuti di impiego, 6 di questi nei gironi, di cui 2 ieri nella vittoria per 5 a 1 contro l’Austria Vienna.



Poi diventate 8.

Se da una parte è lecito dire che il livello delle squadre affrontate fin qui dal Milan in Europa League non sia equiparabile a quello delle squadre incontrate in campionato, la partita di ieri ha evidenziato i progressi dell’attaccante portoghese. Se le sue prestazioni sono ancora lontane, a livello di apporto al gioco della squadra da quelle di Kalinic, è anche vero che André Silva è un giocatore più complesso dei gol che segna o non segna. Ieri in coppia con Cutrone ha giocato una buona partita, al di là dei due gol segnati.

I due sembrano trovarsi molto a loro agio insieme: Cutrone è infatti un giocatore che ama “fare reparto da solo”, tenere occupare tutto il fronte offensivo con i suoi continui movimenti, liberando così Silva da compiti quali allungare la difesa o giocare molti duelli aerei. Questo ha permesso a Silva di fare il suo gioco, venire incontro ai compagni e usare le proprie qualità tecniche al servizio della squadra, ma anche la sua forza e la voglia di partecipare nel recupero palla.


I passaggi di André Silva occupano tutto il fronte offensivo.

Se il primo gol di André Silva ha ricordato molto Inzaghi e la sua capacità di stoppare tiri e renderli palloni da spingere in rete, la costruzione del secondo spiega molto bene come ha funzionato la coppia d’attacco.

Silva recupera un pallone a centrocampo intuendo una linea di passaggio dell’esterno verso l’interno del campo. Una volta recuperato il pallone si gira e immediatamente serve Cutrone che è scattato davanti a lui. Cutrone controlla il pallone ed invece di puntare la porta si gira su se stesso e la ripassa a Silva, che nel frattempo è andato ad occupare la zona centrale del campo rimasta sguarnita. Il portoghese fa un paio di passi in avanti e allarga subito per Calhanoglu sull’altro lato del campo, creando un triangolo di cui Silva è il vertice basso.

A quel punto il turco non affretta la giocata, ma aspetta il movimento di Silva, che taglia in mezzo alla difesa per ricevere un lob davanti al portiere. La giocata che conduce al gol non è poi semplice: lo stop di petto lo costringe spalle alla porta e alle sue spalle si posiziona un difensore dell’Austria Vienna. Silva però è bravo a crearsi lo spazio per il tiro accennando un movimento verso l’interno verso l’interno per far perdere il tempo al difensore, per poi invece portarsi il pallone sul destro ed incrociare il tiro sotto le sue gambe, facendo rotolare gentilmente il pallone nell’angolo basso alla destra del portiere.

Silva è un giocatore che al momento ha bisogno di spazi e secondi di gioco per eccellere. Ancora deve ripulire il suo gioco per renderlo essenziale come conviene ad un grande attaccante. Per sviluppare il suo gioco ha bisogno di prendere un vantaggio fisico sul marcatore, come in questo gol, un vantaggio che in Serie A viene concesso difficilmente. Negli ultimi sedici metri si muove molto bene, ma non è ancora molto preciso quando si tratta di concludere. Per questo in Europa League sembra trovarsi così bene: le difese sono meno fisiche e le occasioni maggiori. Più andrà avanti, più questa tendenza cambierà, eppure Silva in coppia con Cutrone sembra avere tutte le carte in regola per continuare a fare bene e portare al Milan quelle soddisfazioni che in campionato stanno mancando.



Conosci la tua squadra di Europa League: Zlìn



Tomas, Antonin e Anna Bata erano dei bravi calzolai, come prima di loro lo erano stati i loro padri e i padri dei loro padri. Per generazioni la famiglia Bata aveva costruito scarpe solide e sincere per ogni bravo moravo, senza distinzioni di classe. Gli affari vanno bene, il loro mestiere riconosciuto e nel 1895 i tre fratelli pensano di cominciare a fare le cose in grande: fondano un’azienda e assumono 10 dipendenti, regolarmente pagati e assicurati, come era un’assoluta rarità all’epoca.

Non sempre però la bontà paga. Pochi anni dopo Tomas - grande padre dell’azienda di famiglia - è in difficoltà finanziarie. Dovrebbe licenziare i suoi dipendenti, oppure chiudere la fabbrica di scarpe: il sogno di tutta una vita. Sfogliando una rivista piena di foto di indiani vestiti in abiti tradizionali, ha un’idea: sostituire la pelle delle scarpe con la più economica tela. Le scarpe di tela di Bata diventano un vero e proprio “must" nelle feste alle corti austro-ungariche e l’azienda fiorisce. 5 anni più tardi dalla sua scoperta l’azienda è arrivata a 50 dipendenti e circa 130 anni più tardi è una multinazionale delle scarpe potente e riconosciuta.

È attorno alla Bata che è prosperata la città di Zlìn, patria di Tomas, Antonin e Anna e vero fiore all’occhiello della Moravia. Nel 1923 Tomas Bata è diventato anche sindaco di Zlìn, ha espanso la sua azienda a settori non strettamente legati alle calzature e ha portato a vivere in città validi lavoratori da tutta la Cecoslovacchia. Bata era una specie di Olivetti austro-ungarico, un imprenditore illuminato e ha fatto costruire per i suoi dipendenti dei quartieri architettonicamente e urbanisticamente all’avanguardia. Chiama quindi a Zlìn Ebenezer Howard, uno dei maggiori esponenti della corrente delle città-giardino: un impianto urbanistico che dovrebbe rompere i legacci dell’alienazione capitalistica per favorire invece il cooperativismo sociale.

Anni più tardi la città sarà protagonista di una nuova rivoluzione architettonica, quando František Lydie Gahura, allievo di Le Corbusier, ripensa Zlìn sul modello della città lineare. Oggi Zlìn è una una città che brulica di teatri, cinema, bar di artisti, università e persone con la barba molto lunga e i baffi molto arricciati. Se siete di passaggio non mancate una visita ai giardini giapponesi della città: un delizioso angolo di oriente in Moravia.

È nel mezzo di questo fermento artistico che nel 1919 viene fondato l’SK Zlìn, la squadra di calcio locale, che cambierà una dozzina di nomi nella propria storia e che ha un logo tutto d’oro come i sogni decorativi di Gustav Klimt. Lo Zlìn ha una narrazione umile ma piena di pathos. Il punto più basso della propria storia è stato forse toccato nella stagione 2008/09, quando per salvarsi lo Zlìn aveva bisogno di vincere all’ultima giornata contro il Baumit Jablonec. Lo Zlìn non solo non è riuscito a vincere, ma perdendo 6 a 1 ha rimediato la sconfitta più dura della propria storia.

Da quel momento lo Zlìn ha iniziato una gloriosa risalita. Nel 2015/16 la squadra ha visto spalancarsi di nuovo il baratro della retrocessione, ma è riuscita miracolosamente a salvarsi e l’anno dopo, cioè lo scorso, ha vinto il campionato dopo una marcia trionfale che l’ha portata a farsi etichettare dalla stampa mondiale come “Il Leicester di Repubblica Ceca”.

Lo Zlìn purtroppo non è riuscita ad affrontare questa Europa League con lo spirito giusto e a una giornata dalla fine è ultima nel suo girone, con appena 2 punti. Se non volete però perdervi le meraviglie architettoniche di Zlìn, e magari qualche glorioso inserimento centrale di Petr Jiracek, siete ancora in tempo per andare a guadarvi Zlìn - Lokomotiv Mosca il 7 dicembre. È prevista neve e una temperatura sotto i zero gradi, la città giardino promette di essere mistica.

Chi sa solo di Europa League, non sa niente di Europa League

Poche settimane fa è caduto il centesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, la fase finale della rivoluzione russa che segnò la fine degli Zar e l’inizio della Repubblica sovietica. E cos’è l’Europa League se non una traslitterazione sportiva dell’ideologia bolscevica? L’Europa League contiene in sé tutte le spinte internazionaliste del movimento e prima della vittoria del Manchester United nella scorsa edizione era anche riuscita a far credere possibile una dittatura del proletariato (o Siviglia).
Se pensate che io sia nel torto, provate a districarvi all’interno del quiz di questa settimana che mischia il socialismo reale con le squadre eliminate dall’Europa League. Di seguito trovate i nomi di 16 squadre, quello che dovete fare voi è individuare quali sono le otto che hanno partecipato almeno una volta alla Vysšaja Liga, il principale campionato di calcio sovietico disputato tra il 1936 al 1991, e quali sono le otto eliminate nei turni preliminari dell’Europa League 2017/18.



1)Nogometni klub Domžale
2)Futbolo Klubas Sūduva
3)Ararat Fowtbolayin Akowmb
4)Fotbalový klub Mladá Boleslav
5)Futbolo klubas Žalgiris
6)Futbol'nyj Klub Rotor
7) Futbol'nyj Klub Metalurh Zaporižžja
8) Futbol'nyj Klub Olimpik Donec'k
9) Neftçi Peşəkar Futbol Klubu
10) Qəbələ Peşəkar Futbol Klubu
11) Ordabası Fwtbol Klwbı
12) Futbol'nyj Klub Moskovskij Voennyj Okrug
13) Futbol'nyj Klub Ural
14) Sportyvnyj Klub Tavrija Simferopol'
15) Sapekhburto K'lubi Chikhura Sachkhere
16) P'yownik Fowtbolayin Akowmb

Facile, no?

P.S.: Per le risposte mandate un messaggio privato a Marco Rizzo.

Giovani che forse non rivedrete mai, ma che ieri erano in campo almeno per qualche minuto
Il penultimo turno dei gironi di Europa League è quello in cui iniziano a spuntare i giovani. Le squadre più forti sono già qualificate e ne approfittano per fare turn over, quelle più scarse sono già eliminate e allora ne approfittano allo stesso modo. Qualunque sia il motivo, è sempre piacevole vedere qualche giovanissimo cercare in tutti i modi di lasciare il segno nella competizione più belle tra quelle che non prevedono i 7 a 1. Alcuni partiranno da qui per intraprendere una carriera straordinaria, per dire Romelu Lukaku ha messo in fila i primi minuti di qualità proprio in Europa League, altri invece toccheranno il picco delle loro carriere in queste fredde notti, finendo poi in squadre e campionati di livello inferiore. Di seguito trovate alcuni dei giovani più interessanti visti ieri che finora avevano messo insieme così pochi minuti da professionista da essere indecifrabili. Alcuni troveranno la forza di crearsi una solida carriera, altri si scioglieranno come neve al sole. Ma è difficile dire chi e allora non lo diciamo apertamente.

Maximilian Mittelstädt

Maximilian Mittelstädt ha 20 anni e un ciuffo mosso dal vento. Nella sua vita ha messo insieme solo 8 minuti in Bundesliga, ma 180 in Europa League, tutti con la maglia dell’Herta Berlino. Ieri ha giocato titolare nella rocambolesca sconfitta in casa dell’Athletic Bilbao senza lasciare ricordi indimenticabili. Se dovesse fallire col calcio, con quel cognome potrebbe diventare un tipico rappresentante della mentalità materialistica dell'Ottocento.

Daniel Raba

Daniel Raba, spagnolo di Santander, non è più giovanissimo, nel senso che a 22 anni nel calcio non lo sei più. Eppure fino a ieri aveva rimediato solo 19 minuti in Coppa del Re, 12 in campionato e 0 in Europa League e tutti pensavamo che la sua strada fosse andare in prestito all’Eibar o al Levante. Poi è arrivata l’Astana: Raba ha giocato 77 minuti e segnato un gol, che se gli dovesse andare male è sempre un gol in più di Messi in Europa League.

Mason Mount

Mason Mount ha il nome di una star di Hollywood e il cartellino in mano al Chelsea. Oggi gioca per il Vitesse, domani chi può dirlo.

Alessio Miceli

Di Alessio Miceli sappiamo che non ha la patente (è un classe ‘99) e che con il padre si fa ogni giorno 140 chilometri per andare agli allenamenti. Che era un trequartista diventato difensore e che ieri Inzaghi gli ha concesso 4 minuti di Europa League. Basterà?

Morgan Feneey



Morgan Feneey sembra un personaggio secondario di This is England ‘86. Magro magro, pelle bianchissima e capelli rosso peperone. Ieri Unsworth l’ha mandato in campo al minuto ‘69 con la sua squadra sotto 0 a 2 per giocare i primi minuti da professionista della sua carriera e aiutare la sua squadra in una difficile rimonta. La partita poi è finita 1 a 5.


"How old are u" - la nuova metarubrica del Bello dell’Europa League: Raphael Holzhauser



In questa nuova rubrica dovete indovinare quanti anni ha un giocatore dell’Europa League, la coppa in cui una partita di 90 minuti dura in realtà 130 anni del tempo empirico.
Cominciamo con il regista dell’Austria Vienna, ribattezzato anche “The Austro Hungarian Maestro” - o anche “Il Pirlo della mitteleuropa (se Pirlo fosse nato nel corpo di un appendiabiti)”.

Se amate questa rubrica lo sapete che non potete barare cercando su Wikipedia. Se durante il quiz vi viene voglia di aprire Wikipedia guardate questa rovega di Moussa Sow.

Per aiutarci ci siamo serviti dell’applicazione “How-old”, dove abbiamo messo delle foto di Holzhauser e la app ci ha detto quanti anni ha secondo il suo algoritmo.

Ecco una foto con la maglia dello Stoccarda, dove Holzhauser presenta un bel ciuffo adolescenziale, da persona che sta cercando il suo posto nel mondo con una certa speranza.



E improvvisamente ecco Holzhauser che torna in Austria e gli cadono i capelli e si imbolsisce, già 28 anni?



Holzhauser posa per la foto di squadra, poi se la ritocca con photoshop per usarla come foto profilo. Quanti anni ha? 35?



Ed ecco Holzhauser che arriva a 38 anni non appena sorride e si mostra vulnerabile.



Soluzione: Holzhauser è nato nel 1993, quindi ha 24 anni.

Giocatore più Europa League: Luc Castaignos

Non potendo mettere una tessera associativa alla rubrica Il bello dell’Europa League, non sappiamo se siete quel tipo di clienti che arriva al bancone e dice “il solito” oppure se siete guardie in borghese. Per questo, per farvi capire chi è un giocatore Europa League, riportiamo qui una breve spiegazione già apparsa nella scorsa puntata: chi è un giocatore “Europa League”? Un giocatore su cui a un certo punto qualcuno ha creduto molto, ma che poi, per qualche motivo, è caduto in disgrazia, ritrovandosi alla periferia del calcio a districarsi fra le nebbie di una partita d’Europa League. Quindi, i giocatori Europa League sono un grande manifesto di come possono cambiare velocemente i destini di un essere umano.

Quanto ci abbiamo creduto: 9
Quanto è stato realmente forte: 5
Quanto è caduto in disgrazia: 10
Quanto sembra depresso: 10



A 18 anni Castaignos segnava spesso e volentieri con la maglia del Feyenoord e tutti credevamo fosse fortissimo, per dire in una qualche edizione di PES diventava fortissimo. Tra tanti ammiratori la spuntò l’Inter, che lo acquista nel gennaio del 2011 con lo scopo di ringiovanire una squadra di fenomeni che iniziava a sentire il peso dell’età e del successo. Purtroppo per lui Luc arriva alla Pinetina quando la magia si è già spenta. Come allenatore trova Gasperini, nell’esperienza peggiore della carriera, e invece di farlo diventare una giovane bestia come fa oggi viene esonerato dopo poche giornate. Luc gioca poco e tutto quello che ci ricordiamo della sua stagione è un gol al Siena e uno sputo a Raggi che gli costa tre giornate di squalifica e la retrocessione in Primavera.

L’Inter lo boccia subito cedendolo al Twente, ma nessuno pensa sia davvero l’inizio della fine. In quel momento infatti nessuno mette in dubbio il talento di Castaignos, un attaccante rapido e potente con un buon senso del gol. Eppure quello è l’inizio della fine. In tre stagioni in Olanda va sempre in doppia cifra, ma non raggiunge mai il numero di gol segnati nella prima stagione ad appena 18 anni. Gioca un calcio senza picchi e presto finisce nel dimenticatoio.

La scalata verso il meglio del calcio mondiale diventa una passeggiata in collina: dal Twente passa all’Eintracht Francoforte, dove resta un anno senza lasciare il segno, per poi venire acquistato dallo Sporting Portugal, la squadra perfetta per un attaccante di talento che deve ritrovare se stesso. Invece in Portogallo si trova davanti un altro olandese, Bas Dost, che segna gol a secchi e deve accontentarsi delle briciole, ovvero di zero gol in pochi minuti giocati. Questo è il momento in cui la parabola del nostro eroe tocca l’Europa League: lo Sporting non sapendo cosa farsene lo rimanda nuovamente in Olanda, dove c’è sempre qualcuno che ci spera. In questa occasione a sperarci è il Vitesse che lo prende per fare la riserva di Matavz. Oggi Castaignos subentra in partite di Europa League già decise, giocate in stadi mezzi vuoti, mentre tutti i suoi compagni sono giovani finiti lì in prestito dal Chelsea o da qualche squadra di valore. Questo rende Luc il giocatore più Europa League in una delle squadre più Europa League tra quelle che non passano mai i gironi.

Il gol più Europa League

L’autogol di Hrechyshkin in Östersund - Zorya

Virilità: 10
Assurdità: 3
Anti-epicità: 9
Paura della morte: 8

L’Östersund aveva bisogno di una vittoria in casa contro gli ucraini dello Zorya per assicurare una cosa inassicurabile fino a qualche mese fa: il passaggio del girone con un turno di anticipo. Il problema principale per gli svedesi però è stato però un altro.




Lo stadio era così coperto di neve che hanno dovuto chiedere aiuto ai tifosi per spalarla via tutta. Mentre i tifosi si davano da fare ai bordi del campo, la squadra lo ha fatto in. Al minuto 40 del primo tempo un traversone dalla destra di Edwards è finito nella zona in cui battagliavano Gera e Hrechyshkin terminando la sua corsa alle spalle del portiere. Sulle prime è sembrato un grandissimo gol di tacco di Gera, poi si è capito che Gera i gol di tacco non li fa, e allora forse è un gol di Edwards che quel pallone non l’ha toccato nessuno. Alla fine la UEFA non sapendo che fare ha pensato che - in un’epoca in cui fare un autogol è sempre più difficile - fosse autogol di Hrechyshkin.

Io se è colpa sua non riesco a dirvelo, non sono la UEFA, ma sicuramente uno che si chiama Dmytro Hrečyškin è la persona perfetta per segnare nella propria porta il gol più Europa League del quinto turno.

Le squadre che dobbiamo abituarci a salutare

Ti dico addio ma come è triste riperderti


e più mi guardi e più capisco di amarti


ma c'è qualcuno che sta aspettandomi


cosa farebbe mai senza di me.


Ti amo tanto ma io ritorno da lui.


È troppo tardi, troppo tardi per noi.


Ancora un bacio ma sarà l'ultimo,


io dovrò vivere senza di te.


E più ti guardo e più capisco di amarti,


ma è troppo tardi, troppo tardi per noi.


E più mi guardi e più capisco di amarti


Mina, Addio



Fastav Zlìn



Lo Zlìn è la tipica squadra senza segni particolari. Ma sarebbe meglio dire una delle poche squadre senza segni particolari. È difficile che una squadra, una qualsiasi squadra, non abbiamo almeno una cosa, una cosa qualsiasi, che ci si stampa nella memoria. Un giocatore particolare, una maglia bella, un logo. Per dire, lo Sheriff ha la stella dello sceriffo sulla maglia, l’Astana ha Kabananga, l’Ostersund ha il logo col gufo demoniaco, la Stella Rossa ha l’odio verso il prossimo. Ma lo Zlìn no: sono 11 giocatori messi a caso su un rettangolo verde. In compenso in Moravia c’è sempre una nebbia magnifica. Qualche settimana fa uno Zlìn - Copenaghen ha aperto un varco spazio-temporale verso una quarta dimensione in cui tutto il mondo è l’Europa League e abbiamo tutti le treccine di Badibanga.

Young Boys



Il fatto che se cerchi young boys su google immagini trovi questa foto.

Hoffenheim

Il loro allenatore Julian Nagelsmann, che ha da poco compiuto 30 anni.

Hertha Berlino

Solo oggi, dopo molti anni, ho scoperto che si scrive Hertha con due h. Mi dispiace quindi non avere la possibilità di scriverne il nome correttamente almeno per qualche altro mese.

Apollon



Lo stemma bellissimo.

Maccabi Tel Aviv

Il fatto che quando qualcuno diceva Maccabi Tel Aviv potevi legittimamente pensare alla squadra di basket, molto più forte.

Vitesse

Del Vitesse ci mancherà il fatto che se dicevi Vitesse a tua madre lei pensava ad uno yogurt.

Hapoel Beer Sheva



Ci mancheranno i meme che potevano scaturire qualora gli israeliani fossero finiti a battere di nuovo una squadra italiana.

Ma forse no.

Zulte Waregem

Dello Zulte Waregem ci mancherà l’idea che squadre come lo Zulte Waregem possano arrivare fino ai gironi, dire la loro (cioè quasi nulla) e poi andarsene sommessamente senza rompere le scatole. Sono le squadre come lo Zulte Waregem a rendere grande questa competizione per cui ci dispiacerà molto non poter scrivere ancora una volta Zulte Waregem.

Skënderbeu

Lo stadio dello Skënderbeu si chiama Skënderbeu Stadium e come il nome lascia intendere è un posto piatto, vuoto. Quando il clima è nuvoloso e te ne stai seduto da solo allo Skënderbeu Stadiumti viene da pensare allo spirito universale, la storia del mondo, i popoli, gli individui. Quando poi cala la notte, nello stadio dello Skënderbeu, puoi solo pensare alla morte. Forse per questo gli albanesi hanno giocato le loro partite di Europa League in uno stadio differente e adesso tornano a casa.

Rosenborg



Del Rosenborg in Europa League ci mancherà la possibilità che le partite di Europa League potessero per qualche motivo essere decise da Nicklas Bendtner, un giocatore la cui narrazione è così lontana dalla narrazione dell’Europa League da esserne una parte fondamentale.
Poi ci mancheranno i suoi tifosi, che possiedono un ingegno creativo impareggiabile per adattare la lingua norvegese al pop anni ‘80.

FK Vardar

Per issarsi fin dentro ai gironi di Europa League, il Vardar ha eliminato il Fenerbahce di Valbuena, Soldado e Van Persie andando addirittura a vincere in casa loro, un’impresa anche per squadre ben più blasonate dei macedoni. Da quel momento ha fatto 0 punti in 5 partite, l’unica ancora ferma al palo, ha subito 19 gol, tre in più di ogni altra squadra, diventando per diritto la peggior squadra dell’Europa League tra quelle che ce l’hanno fatta. Ci mancherà.

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